Molti animali simbolo della ricchezza della biodiversità italiana erano a un passo dall'estinzione. Grazie alle aree protette alcuni sono fuori pericolo, altri lottano ancora per la sopravvivenza
Anche il falco pescatore, che nidifica in Maremma ormai da quattro anni, era sparito per mezzo secolo. Come il gipeto, che gli spagnoli chiamano "spaccaossa" perché lascia cadere dall'alto le ossa di cervi e altri ungulati in modo che si rompano e lui possa succhiarne il midollo: dal 1930 aveva smesso di nidificare sulle Alpi, oggi se ne contano 150.
Non solo rapaci, anche alcuni grandi mammiferi simbolo della ricchezza della biodiversità italiana si sono salvati grazie alla rete di protezione dei parchi. L'orso bruno alpino alla fine del secolo scorso era praticamente fuori gioco: ne erano rimasti 3 o 4 asserragliati sulle montagne dell'Adamello-Brenta. Sembravano condannati all'estinzione, ma il rilascio di una decina di esemplari ha permesso alla popolazione di arrivare a una trentina di animali, con nuove cucciolate ogni anno. E la diversità genetica del gruppo viene accresciuta dalla migrazione spontanea di orsi provenienti dalla Slovenia. Anche di orsi marsicani all'inizio del Novecento se ne contavano una ventina. Le aree protette hanno permesso una faticosa risalita a 50-60 animali. Ancora troppo pochi, come sottolinea la Red List italiana aggiornata lo scorso anno daFederparchi e dal ministero dell'Ambiente, ma comunque con migliori possibilità di sopravvivenza.
Fuori pericolo invece il camoscio appenninico, la Rupicapra pyrenaica ornata, di cui un secolo fa restavano pochi superstiti in un fortino di rocce in alta quota, in Abruzzo. Oggi sono quasi 2mila, diffusi in cinque regioni e promossi al ruolo di "ambasciatori dei parchi". È un successo della ricerca made in Italy: il parco nazionale d'Abruzzo ha rappresentato non solo la roccaforte genetica che ha permesso la sopravvivenza dei camosci appenninici, ma anche il luogo dov'è scattato l'orgoglio della rimonta. "La voglia di far tornare i camosci in quota è stata un'idea che è venuta dal basso, dai Comuni del parco, dagli ambientalisti e dalla comunità scientifica, e che ha trovato subito una sponda a Lama dei Peligni, sulla Majella, e poi negli altri parchi", spiega Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente. "Così, poco alla volta, prelevando alcuni esemplari dalla Val di Rose, è stato messo in moto un meccanismo di ripopolamento che continua a funzionare grazie all'uso di tecniche d'avanguardia".
Anche lo stambecco alpino si è salvato nelle valli del parco del Gran Paradiso, mentre il lupo ha superato quota mille. Alcuni pesci, come la cernia bruna del Mediterraneo, riescono a evitare la scomparsa grazie alle aree marine protette dell'Asinara, delle Tremiti, delle Egadi e di Portofino. E la nuova Lista rossa europea degli uccelli a rischio estinzione redatta da Birdlife International vede - mentre sono minacciate il 18% delle specie di uccelli in Europa - la moretta tabaccata, l'occhione, il nibbio bruno e il grillaio migliorare la loro posizione.http://www.repubblica.it/ambiente/2015/06/12/news/grifoni_camosci_e_cernie_cosi_i_parchi_li_hanno_salvati-116692544/?ref=HRLV-16

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