sabato 6 settembre 2014

Sardegna bombardata da un caccia bruciato un bosco di 32 ha esplode la protesta contro i poligoni di tiro

SARDEGNA BOMBARDATA
UN CACCIA DISTRUGGE UN BOSCO
ESPLODE LA PROTESTA CONTRO I POLIGONI DI TIRO SUL MARE DOVE ESERCITI
DI TUTTO IL MONDO TESTANO LE LORO ARMI. SCONTRO TRA REGIONE E DIFESA
COME IN GUERRA
Il 60% del demanio
militare è nell’isola
e gli eserciti lo usano
senza limiti: basta
un’autocertificazione
e un obolo al ministero
di Maddalena Brunetti
da Cagliari
Il Tornado tedesco sorvola
le bianche spiagge di
Cabras e molla la sua
bomba da allenamento
sul poligono militare di Capo
Frasca, 10 chilometri in linea
d’aria dalla città di Arborea.
L’ordigno centra una roccia e le
scintille provocano un incendio
che distrugge 32 ettari di macchia
mediterranea. Ma stavolta
a prendere fuoco è anche la protesta
della Sardegna, ostaggio
del ministero della Difesa: 37
mila ettari di paradisi terrestri
in riva al mare sequestrati per
provare armi di ogni genere, il
60 per cento dell’intero demanio
militare italiano.
LA DINAMICA dei fatti può
sembrare surreale, ma per i sardi
è un’abitudine. Tutto inizia
mercoledì scorso, quando il
Corpo forestale riceve una chiamata
dai militari che chiedono
aiuto perché nel poligono è
scoppiato un incendio. Ci sono i
Tornado tedeschi che, come da
programma, si stanno esercitando
a Capo Frasca, facendo il
tiro a segno per testare la precisione
del bombardamento.
Sganciano bombe, in questo caso
inerti, per vedere se riescono
a centrare gli obiettivi: il danno è
limitato, il fuoco viene domato
in poco tempo e la notizia non
supera il filo spinato. Il giorno
dopo, giovedì, alla stessa ora, il
copione si ripete: la Forestale riceve
un’altra telefonata, c’è un
altro incendio nel poligono.
L’autobotte corre a Capo Frasca.
I militari, che non hanno nessuna
unità di pronto intervento,
offrono la “massima collaborazione”,
cioè accompagnano i forestali
nei pressi delle fiamme.
Gli uomini dell’antincendio si
trovano davanti un rogo imponente
e, mentre iniziano le loro
operazioni, sentono a meno di
50 metri da loro una violenta
esplosione. Si alza una densa colonna
di fumo. Per l’Aeronau -
tica è una banale “fumata da segnalazione
che ha sviluppato un
lampo e rilasciato una modesta
quantità di fumo senza alcuna
esplosione”. Punti di vista. Gli
uomini della Forestale però
scappano, e in costanza di bombardamento,
proseguono lo
spegnimento dall’elicottero.
Nel frattempo le linee telefoniche
tra Cagliari e Roma si sono
arroventate. Il presidente della
Regione, Francesco Pigliaru, alza
la voce e chiede la convocazione
straordinaria del consiglio
regionale, l’opposizione sollecita
le dimissioni del ministro della
Difesa Roberta Pinotti e le associazioni
antimilitariste si preparano
ad affollare la già prevista
manifestazione di protesta
del 13 settembre. In questo putiferio,
l’Aeronautica dirama un
tranquillizzante comunicato in
cui parla di “piccoli focolai d’in -
cendio sotto controllo”. Sarà.
Alla fine Pigliaru - che non aveva
ottenuto il prolungamento
della pausa estiva fino al 30 settembre
- giusto per risparmiare
ai turisti di fare gli ultimi bagni
in scenario bellico, strappa la sospensione
delle esercitazioni fino
a che la Difesa non abbia istituito
il presidio antincendio a
cui finora non aveva pensato.
Il dramma delle servitù militari
in Sardegna è antico: da anni la
Regione chiede che questo peso
venga alleggerito e tanti sono già
gli accordi firmati e disattesi.
COSÌ IL PARADISO delle vacanze
si ritrova con i 37 mila ettari
racchiusi in chilometri di filo
spinato, senza contare lo spazio
aereo e quello a mare bloccati
per le esercitazioni. La sola Ca -
gliari si trova con 2 milioni di
metri quadrati occupati da
strutture militari, compresi gli
stabilimenti balneari di Esercito,
Marina e Aeronautica, chiamati
centri elioterapici”. Oltre alla
base aerea di Decimomannu, ai
tunnel polveriera di Santo Stefano
all’isola della Maddalena,
dove sono stipati armamenti di
tutti i tipi nel cuore di un parco
naturale internazionale, la Sardegna
è occupata dagli immensi
poligoni costieri di Capo Frasca,
di Quirra (tra le province di Cagliari
e Ogliastra) e di Capo Teulada
(Sulcis) più quelli - definiti
occasionali” - di Macomer
(Nuoro) e del lago Omodeo
(Oristano). Impianti che, messi
assieme, costituiscono il fronte
interno più vasto d’Europa.
Ogni anno le Forze armate propongono
il loro calendario di
bombardamenti al Comipa , il
Comitato paritetico per le servitù
militari, che sistematicamente
lo boccia. Ma il parere
non è vincolante. A Roma storcono
il naso e poi, per decreto,
danno via libera ai giochi di
guerra. Così da decenni nei poligoni
sardi si addestrano gli
eserciti di mezzo mondo, basta
firmare un’autocertificazione –
poiché lo Stato italiano si fida –e
pagare un canone. I soldi vanno
tutti nelle casse della Difesa,
all’isola non restano che gli scarni
indennizzi – sempre in ritardo
- e i danni collaterali.

il fatto quotidiano 6 settembre 2014 

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