Ogni mese, durante l'omelia, il sacerdote legge l'elenco delle vittime per l'inquinamento del petrolchimico. La procura ora apre un'inchiesta
di Antonio Massari | 1 settembre 2014 Dal terrazzo l’orizzonte è struggente. Ti affacci sulle navi militari attraccate al molo – ne mancano un paio, impegnate per l’operazione Mare Nostrum – mentre a oriente intravedi l’antica fortezza spagnola che presidia il porto. È sera. L’orizzonte è costellato da una processione di luci rosse e intermittenti e da una piccola fiamma, che s’alza come da un minuscolo fiammifero, ma non c’è vento che possa spegnerlo, quel fiammifero alto circa 120 metri. “Non posso neanche immaginare che lo spengano, ma se le aziende del petrolchimico si preoccupassero almeno di bonificare, di riparare i danni che hanno fatto”, spiega don Palmiro Prisutto, parroco della Chiesa Madre. Il cancro gli ha ammazzato una sorella, suo fratello lotta contro un tumore, ha visto nascere due nipoti con gravi malformazioni, e giù in canonica ci mostra un raccoglitore, copertina in plastica e anelli, e sfogliandolo commenta: “Vede, qui ad Augusta, da tempo ormai la gente mi dice: ‘don Palmiro, meglio morire di cancro, che di fame’. Non ne posso più di sentire questa frase: o il lavoro o la salute, questo è il ricatto”.
È il ricatto della grande industria, lo conoscono bene i tarantini avvelenati dall’Ilva, per esempio, e lo conoscono anche qui – tra Augusta, Priolo e Melilli, in provincia di Siracusa – dov’è insediato il più grande polo petrolchimico d’Italia: Esso, gruppo Erg, Syndial e poi cementifici e produzione di gas liquidi. Don Palmiro da gennaio ha iniziato una nuova protesta: ogni 28 del mese, durante la messa, legge i nomi dei morti ammazzati dall’inquinamento. “Questi sono477 nomi – racconta sfogliando quel raccoglitore – con data di morte e patologia. Ho invitato i familiari delle vittime a realizzare questo censimento e ormai abbiamo raccolto più di cinquecento casi. Il 28 del mese leggo questo elenco, durante la messa, come si fa per ricordare le vittime della mafia, perché qui ad Augusta abbiamo vissuto una strage. Silenziosa. E questo silenzio va rotto una volta per tutte: voglio che questa strage venga riconosciuta. Soltanto dopo potremo fermarla e ottenere un risarcimento per le vittime”. Il 10 luglio, qui in chiesa, s’è presentato un investigatore inviato dalla procura di Siracusa, che ha ufficialmente acquisito l’elenco stilato da don Palmiro: è stato aperto un fascicolo, per ora senza indagati e senza ipotesi di reato, ma la protesta di don Palmiro ha già avuto l’effetto di accendere i riflettori su questo lungo elenco di morti per cancro. I primi cinque nomi dell’elenco, che riempie nove pagine, sono scomparsi a neanche vent’anni. “Legga qua”, continua don Palmiro, porgendo un foglietto. È una lettera indirizzata al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: “Con questa lettera voglio invitarLa a partecipare alla messa in suffragio delle vittime del cancro che si celebrerà nella Chiesa Madre di Augusta, il prossimo 28 settembre 2014”. Non è l’unica lettera destinata a riempire la scrivania di Napolitano: “La stanno scrivendo, e in molti l’hanno già scritta, anche i parenti delle altre vittime”, continua don Palmiro. Per ora, nessuna risposta. “Il Presidente – conclude – deve degnarci della sua attenzione, deve rompere questo silenzio, e continueremo a scrivergli finché non verrà qui, in questa chiesa, ad ascoltare i nomi delle vittime di questa strage: invito a scrivergli chiunque, da qualsiasi parte d’Italia, voglia rompere questo silenzio”. È difficile da credere, ma don Palmiro lotta quasi in solitudine, perché non sono in tanti a schierarsi al suo fianco: “La gente teme che protestando possa perdere il lavoro. Ma io sono un prete. Su di me il ricatto non può funzionare”. Poi allunga un’altra lettera. L’ha scritta l’8 agosto alla dirigenza della raffineria Esso. “Egregio direttore, con la presente intendo ringraziare lei, e l’azienda che rappresenta, per non averci concesso il tradizionale contributo annuale per la Festa del patrono di san Domenico”. Insomma: niente contributo dalla Esso, quest’anno, per festeggiare il patrono di Augusta. “È un buon segno – spiega don Palmiro – vuol dire che la nostra protesta inizia a creare dei problemi”. E i problemi sono iniziati a dicembre, quando la Esso ha donato, alla popolazione di Augusta, il consueto albero di Natale installato inpiazza Duomo. “Alla sua base – racconta don Palmiro – abbiamo posato centinaia di lumini: v’erano scritti i nomi di alcuni morti per cancro nella nostra città”. http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09/01/augusta-il-petrolchimico-ha-causato-500-morti-e-il-prete-scrive-a-napolitano/1104090/
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