martedì 3 giugno 2014

Nigel Farage, un cinico che pontifica Europee 2014 cosa faranno Grillo e il M5S?

Parlo ritenendomi persona informata sui fatti. Ho osservato in questi anni Nigel Farage, ho lavorato nella mia commissione con alcuni suoi parlamentari, ho ascoltato i suoi interventi in plenaria. Farage non è xenofobo, e la sua posizione pro-nucleare non deve scandalizzare, in un'Europa dove in molti Paesi anche la sinistra lo è.
A stento si troverà nei suoi discorsi o nel suo programma qualcosa che vada oltre una "linea rossa" del razzismo o del maschilismo. Farage sa come presentarsi, è un grande seduttore, dallo sguardo imperturbabile e sempre rilassato. A differenza di Grillo, non impreca, ed è sempre abbigliato in modo impeccabile. Credo che sia uno che rispetta i patti, concordare con lui un modus vivendi per convivere nello stesso gruppo non deve essere difficile. La sua spregiudicatezza lo rende capace di grandi e piccoli compromessi.
Perché il suo è il sorriso dello sprezzo, del campione del cinismo. Lui come i suoi sono sempre stati capaci solo di criticare con veleno, ma guardandosi bene da lavorare, dal proporre. Nelle sue posizioni pubbliche non ho mai riscontrato un minimo cenno di amore per qualcosa o per qualcuno, nemmeno per un'idea ormai tramontata della sua patria - forse l'unica cosa che gli interessa oltre al suo ingente patrimonio.
Non si troverà mai in Farage un moto di simpatia per qualcosa, ma soprattutto una volontà dissacrante di demolire e saper piacere grazie al facile esercizio del sarcasmo, in cui eccelle. In questo la sua idea di conservazione è saldata alla spocchia di chi ha sempre avuto molto e sa come piacere. Le sue critiche all'opera della Troika non furono certo solitarie, ma furono le più sterili: si compiaceva di metterne a nudo le contraddizioni, ma il popolo greco non avrebbe trovato nessuna vera simpatia, nessuna solidarietà effettiva.
Farage è stato, con tutto il suo gruppo, quanto di meno produttivo in questi anni di Parlamento. Un cinismo che pontifica, e poco più. Ovvero, quel che serve per rendersi funzionali al sistema, per ritagliarsi un ruolo da privilegiato.
Per questo, al limite, è preferibile perfino Marine Le Pen, che non si nasconde dietro a formule generiche e difende da sempre una linea ideologica riconoscibile e trasparente, facendosi amare o detestare per quello che propone. Fatta di un'altra pasta, la vincitrice di Francia è più pericolosa, ma più seria.
Ho criticato il M5S quando ha tirato fuori posizioni per me inaccettabili - c'est la vie - ma a differenza di tanti non ho mai, non dico demonizzato, ma neppure snobbato i grillini, ho sempre ascoltato le loro ragioni, apprezzato la voglia di smontare il sistema ingessato, di rottamare davvero, invidiandone la capacità innovativa di lavorare in modo diverso, aggiornati e entusiasti. Non reputo il risultato di Grillo una sconfitta, ad averlo un 20%. Basta metterlo a frutto - ci fu chi rovinò il suo capitale di fiducia imbarcando vecchi arnesi del consenso politico e si è rovinato sui comportamenti morali dei quadri, e chi potrebbe dilapidare il consenso elettorale adagiandosi su frequentazioni superficiali, rinunciando a provare a seminare in campi ideologici più esigenti e più strutturati.
I cinquestelle hanno capito che trovarsi battitori solitari al Parlamento europeo vuol dire non contare un'acca, in un'istituzione il cui regolamento è concepito per rendere operativi coloro che rompono le barriere nazionali e si aggregano su base programmatica, attraverso l'adesione a un gruppo transnazionale.
Come sempre accade con le frequentazioni in Europa, la scelta è limitata, ma le alternative ci sarebbero - Verdi o Liberaldemocratici - gruppi di larghe vedute e a loro modo anti-sistema (che infatti non votarono la Commissione Barroso), ma ferocemente europeisti e troppo impegnativi rispetto al confronto programmatico.
La decisione va oltre Bruxelles, perché l'alleanza con Farage avrebbe un effetto svelamento. Scegliere Farage avrebbe implicazioni analoghe a quale che ebbero a suo tempo la scelta di Berlusconi di portare Forza Italia nel PPE - uscire dall'angolo e conquistare il centro della politica italiana - o quella più recente di Renzi con l'ingresso del PD nel PSE - un posto alla tavola del grande potere socialdemocratico europeo.
Per Grillo sarebbe la consacrazione di un movimento irrecuperabile rispetto alle tante battaglie di progresso che sono indispensabili nel nostro paese - sfide sui diritti civili e sull'ambiente, sul buon governo e sul ruolo dell'Europa verso gli europei e verso il mondo, e via dicendo.
Cose di cui a Farage non importa niente. Resterebbe solo la denuncia, la polemica, il volto rivoluzionario della conservazione. Peccato. http://www.huffingtonpost.it/niccola-rinaldi/nigel-farage-grillo-alleanza-ukip-europa_b_5431055.html?utm_hp_ref=italy

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