Le
spiagge distrutte
dal
gioco della guerra
CAPO
TEULADA, IN MEZZO ALLE DUNE SI TROVANO LE BOMBE
LA
RIVOLTA SARDA
Il
governatore Pigliaru
non
firma il rinnovo
della
servitù militare:
“Ottanta
chilometri
di
costa interdetti al
turismo,
è inaccettabile”
di
Mario
Marcis
Èla
propaggine più
a
sud della Sardegna.
Capo
Teulada
ha
tutte le potenzialità
per
fare bella mostra
nei
depliant delle agenzie turistiche:
mare
cristallino, sabbia
bianca
e colline ricoperte
da
macchia mediterranea. E
invece,
in mezzo alle dune, capita
di
trovare le bombe. Come
quella
che il deputato ed
ex
governatore della Sardegna
Mauro
Pili ha mostrato martedì
in
una conferenza stampa
a
Cagliari, denunciando 50
anni
di bombardamenti. Poi
mercoledì
si è reso protagonista
di
un’irruzione all’interno
del
poligono militare. In
un
video pubblicato su Youtube,
si
vede il leader di Unidos
correre
con una bandiera dei
Quattro
mori in mezzo
all’area
usata per le esercitazioni.
Il
deputato è stato denunciato
a
piede libero per
occupazione
abusiva di una
base
militare. “È quello che
volevo.
Ora voglio un pubblico
processo
per poter spiegare
con
carte alla mano che lo Stato
impedisce
ai sardi di godere
di
questo straordinario patrimonio
e
nel contempo lo utilizza
per
distruggerlo a colpi
di
bombe e missili”, ha detto
Pili.
A Capo Teulada si fa la
guerra
da più di 50 anni. Per
finta
– esercitazioni, tutto
perfettamente
legale –ma si fa
la
guerra. In alcune bellissime
spiagge
della zona, come per
esempio
Porto Zafferano, si
può
prendere il sole solo a luglio
e
agosto.
IL
RESTO DELL’ANNO l’acces
-
so
è limitato ai militari. Esiste
perfino
una zona interdetta, la
cosiddetta
‘penisola delta’.
“L’unica
zona di arrivo dei
proiettili
esplodenti presso la
quale
l’accesso è interdetto sin
dagli
anni ‘60 al personale militare
e
civile”, si legge nella
relazione
della Commissione
uranio
impoverito del Senato,
che
ha visitato l’area a dicembre
2011.
Perché nel frattempo,
sul
solco dell’inchiesta del
procuratore
della Repubblica
di
Lanusei Domenico Fiordalisi
sui
sospetti casi di tumori
nelle
aree vicine a un altro poligono
sardo,
quello di Quirra
(Sardegna
sudorientale) la
Commissione
del Senato ha
avviato
un’indagine anche sugli
altri
poligoni. Tra questi
Capo
Teulada e Capo Frasca,
sempre
in Sardegna e Torre
Veneri,
vicino Lecce.
La
sensazione è che la Sardegna
non
sia più disposta a farsi
carico
di più della metà – il
65%
– delle servitù militari
presenti
sul territorio nazionale.
Discorso
che vale anche
per
i vertici della politica regionale.
Ieri
la giornata politicamente
più
calda. Il governatore
della
Sardegna Francesco
Pigliaru
ha infatti deciso di
non
firmare il protocollo di
intesa
con il Ministero della
Difesa
sulle servitù militari.
Fallito,
almeno per la parte
sarda,
il vertice organizzato
dal
ministro della Difesa Roberta
Pinotti
con i presidenti
di
Sardegna, Puglia e Friuli
Venezia
Giulia. “Da troppo
tempo
i sardi protestano ma
non
vengono ascoltati. Esiste
una
pesante sproporzione tra
le
servitù sarde ed il resto
d’Italia:
si tratta di 30 mila ettari
e
80 chilometri di costa
interdetti
al turismo. Sono numeri
enormi
che facciamo fatica
ad
accettare ulteriormente.
Non
sono qui per sentire
dire
che l’attuale dimensione
dei
poligoni non è negoziabile,
è
tempo di cambiare copione.
Il
rischio è che si intacchi la
fiducia
nella leale collaborazione
fra
i diversi livelli istituzionali”,
queste
le parole del
governatore
della Sardegna. Il
ministro
Pinotti ha ammesso
di
“comprendere la posizione”
di
Pigliaru. “Puntiamo ad arrivare
ad
un’intesa”, ha aggiunto.
Intesa
raggiunta invece
con
la presidente del Friuli
Venezia
Giulia Debora Serracchiani
che
ha firmato “con -
vintamente”
il protocollo.
il fatto quotidiano 20 giugno 2014
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