lunedì 19 maggio 2014

Casinò e discariche la mafia made in Italy conquista l’Europa


I CLAN SI INFILTRANO NELLA POLITICA E MIRANO A RICICLARE
IL DENARO SPORCO: COSÌ FALSANO L’INTERO MERCATO
CRAUTI E ‘NDUJA
Il procuratore Gratteri:
La Germania nega
la presenza delle cosche:
dovrebbe ammettere
che ha ignorato
le ‘ndrine per venti anni

di Beatrice Borromeo
Ventiquattro ore dopo
la caduta del Muro
di Berlino, un
boss reggino viene
intercettato dalla Dia mentre
comanda a un suo luogotenente
di invadere la Germania
dell’Est. “Cosa devo comprare?”,
chiede l’uomo. “Compra
tutto”, ordina il capo-cosca.
Quando lo fermano, le forze
dell’ordine trovano nella macchina
dell’affiliato 2 miliardi e
600 milioni di lire in contanti.
Venticinque anni dopo ‘ndran -
gheta, Camorra e Cosa Nostra
confermano: il valore dell’Eu -
ropa, più che nel narcotraffico,
sta nelle infinite possibilità che
offre per riciclare capitali sporchi.
E dato che le mafie riproducono
sempre i loro paradigmi
all’estero, emerge oggi un altro
fattore: quei miliardi servono
sì a infiltrare l’economia legale,
minacciando così il libero
mercato (come sottolinea un
rapporto dell’Europol, “i clan
possono operare in perdita,
creando nel lungo periodo una
situazione di quasi-monopolio),
ma non solo. L’intento è
d’introdursi nell’unico mondo
che può offrire appalti, appoggio
e protezione: la politica.
Da Scampia
a Madrid
Per il capo degli scissionisti,
Raffaele “o’ Lello” Amato, lasciare
Napoli per fuggire a Madrid
non è stata una scelta: scappava
dalla faida di Scampia, che
il clan Di Lauro stava vincendo.
Ma l’esilio, per i malavitosi intraprendenti
come lui, si traduce
spesso in opportunità. Perché
l’Europa, per le mafie, è una
prateria da conquistare”, che
leggi inadeguate e crisi economica
hanno reso ancora più appetibile.
Nel 2006 “o’ Lello”
sbarca nella capitale spagnola
con progetti ambiziosi: in pochi
mesi apre un bar, due pizzerie e
un’azienda di import-export di
prodotti alimentari. Ma dare lavoro
ad amici e membri del
clan, e riciclare i soldi provenienti
da traffico di droga ed
estorsioni, non gli basta. Amato
vuole avvicinare chi conta. E
trova l’idea giusta: fonda una
società di catering e seleziona
con molta attenzione la clientela.
Dopo pochi mesi il boss, che
era ricercato per traffico internazionale
di droga, mafia e
omicidio (oggi è confinato al 41
bis), venga scelto per organizzare
ricevimenti presso l’ambasciata
italiana a Madrid. Il camorrista,
nonostante fosse latitante,
risulta anche tra gli sponsor
di alcune serate organizzate
dalla Camera di Commercio
italiana per la Spagna.
L’obiettivo? Insegna la ‘ndrangheta
che infiltrare la politica –
anche all’estero –non serve solo
a ottenere appalti. Si legge nel libro
Fratelli di sangue” (Gratteri
e Nicaso, Mondadori): “Secondo
i rapporti dei servizi
d’Intelligence (Bnd), la ‘ndrangheta
avrebbe acquistato azioni
della Gazprom, monopolista
russo del gas e coazionista della
North Europe Pipeline, l’azienda
ai cui vertici c’è l’ex cancelliere
Gerhard Schröder”. Le
amicizie altolocate, per i mafiosi,
possono coincidere con la
salvezza. Come nel caso di Mario
Lavorato, titolare di un ristorante
in Germania, prestanome
del clan “Farao”di Cinò e
grande amico di Gunther Gettinger,
l’allora leader del Cdu.
Quei milioni di marchi con cui
Lavorato sosteneva il deputato
cattolico, negli anni Novanta,
fruttarono eccome: tanto che,
quando la polizia cominciò a
indagare su di lui, l’ex ministro
della Giustizia avvertì Gettinger,
che a sua volta chiamò Lavorato,
compromettendo così il
corso delle indagini. “Dopo la
strage di Duisburg – spiega al
Fatto lo storico Enzo Ciconte –
la ‘ndrangheta ha comprato bar
e ristoranti davanti alle sedi istituzionali
come le stazioni di polizia
e i ministeri. E non solo
perché sanno come gestirli: il
vero scopo era carpire informazioni.
Stringevano amicizia facendo
grandi sconti agli agenti
e orecchiavano le loro conversazioni.
E di cosa si parla, tra
colleghi, a tavola? Di come procedono
le inchieste”.
Non è un caso che proprio Spagna
e Germania registrino, dopo
l’Italia, la più alta presenza di
mafiosi nella Ue.
Le mani sul settore
immobiliare in Baviera
Secondo Michele Riccardi, presidente
di Transcrime (centro
di ricerca gemellato con l’U n iversità
Cattolica di Milano), i
clan vengono attratti tanto dalla
recessione spagnola quanto
dall’espansione immobiliare
tedesca, soprattutto attorno a
Berlino e in Baviera. L’intero
settore della costruzione nazionale,
secondo il quotidiano Der
Spiegel, sarebbe poi in pericolo
per via di Cosa Nostra. “Le mafie
spiega Riccardi – vanno
dove ci sono opportunità. E
quei Paesi spiccano per i loro
vuoti normativi”. Tanto che
l’OECD, l’organizzazione per
la cooperazione e lo sviluppo
economico, ha duramente criticato
la legislazione tedesca,
sostenendo che chi ricicla soldi
sporchi non subisce alcuna
conseguenza. Per Transcrime,
la ‘ndrangheta considera la
Germania come “il nuovo
nord-Italia, terra di conquista
prediletta dalle ‘ndrine”.
Sono andato a parlare al Parlamento
Europeo e il partito dei
Verdi tedeschi si è scaldato sostenendo
che da loro la mafia
non c’è”, racconta il procuratore
aggiunto di Reggio Calabria,
Nicola Gratteri. Che ci spiega:
Se c’è uno Stato infiltrato, invece,
è proprio quello. Non lo
ammettono perché dovrebbero
dire ai propri elettori che hanno
ignorato la presenza della
ndrangheta per 20 anni, e poi
hanno paura di scoraggiare investimenti
esteri”. Riccardi
parla anche di una prassi che si
starebbe consolidando: “A l c uni
procuratori esteri si rifiutano
di sequestrare le aziende infiltrate
sia perché funzionano
molto bene sia perché temono
di creare disoccupazione”.
Capire l’entità di questi investimenti
però è molto difficile.
Dati ufficiali non ne esistono,
ma si può azzardare un paragone:
in Italia, dal 1983, sono state
confiscate circa 2mila aziende.
Nel resto d’Europa i casi accertati
sono solamente 220. “Non è
un numero basso –spiegano da
Transcrime –perché gli episodi
riguardano più aziende: magari
il gruppo è uno ma investe in sei
o sette affari diversi. È una stima
al ribasso. E poi si servono
sempre più spesso d’i m p r e n d itori
locali”. Il progetto OCP ha
pubblicato sul suo sito (o c p o rtfolio.
eu ) i risultati preliminari
del primo studio con valenza
statistica sugli investimenti
mafiosi nell’Unione europea.
Secondo l’analisi i ricavi del
narcotraffico, calcolati in sette
Paesi europei (Spagna, Finlandia,
Francia, Italia, Inghilterra,
Irlanda e Paesi Bassi) ammontano
a diversi miliardi di euro
l’anno: più di 6 miliardi per
l’eroina, circa 5 per cocaina e
cannabis (da spartire tra le varie
famiglie). Sottratti i costi fissi,
OCP sostiene che l’ammontare
dei guadagni che rientrano
nell’economia legale è più che
sufficiente a falsare il mercato
europeo. E tra chi s’intreccia alla
politica locale – in cambio di
affari e aiuti –non può mancare
Cosa Nostra, che da sempre basa
la sua stessa sopravvivenza
sul controllo del territorio.
Ciancimino junior
e i rifiuti in Romania
I siciliani sono presenti in quasi
tutti i Paesi della Ue, superati
solo dalla ‘ndrangheta. Le due
discariche sequestrate a Ciancimino
jr, figlio dell’ex sindaco
mafioso di Palermo, a Bucarest,
Romania, erano le più grandi
d’Europa. E “ottenerne il controllo,
senza forti contatti con la
pubblica amministrazione locale,
sarebbe stato impossibile”,
spiegano da Transcrime . E
mentre l’Italia comincia ad accettare
che anche il Nord è in
mano alle cosche, l’Europa si rifiuta
di aggiornare i propri codici
e addirittura di ammettere
la presenza delle organizzazioni
criminali nei suoi confini. I
mafiosi ringraziano e continuano
a espandersi. Con un intero,
vecchio continente come
parco giochi.
Twitter: @BorromeoBea

il fatto quotidiano 18 maggio 2014

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