I
CLAN SI INFILTRANO NELLA POLITICA E MIRANO A RICICLARE
IL
DENARO SPORCO: COSÌ FALSANO L’INTERO MERCATO
CRAUTI
E ‘NDUJA
Il
procuratore Gratteri:
“La
Germania nega
la
presenza delle cosche:
dovrebbe
ammettere
che
ha ignorato
le
‘ndrine per venti anni
di
Beatrice
Borromeo
Ventiquattro
ore dopo
la
caduta del Muro
di
Berlino, un
boss
reggino viene
intercettato
dalla Dia mentre
comanda
a un suo luogotenente
di
invadere la Germania
dell’Est.
“Cosa devo comprare?”,
chiede
l’uomo. “Compra
tutto”,
ordina il capo-cosca.
Quando
lo fermano, le forze
dell’ordine
trovano nella macchina
dell’affiliato
2 miliardi e
600
milioni di lire in contanti.
Venticinque
anni dopo ‘ndran -
gheta,
Camorra e Cosa Nostra
confermano:
il valore dell’Eu -
ropa,
più che nel narcotraffico,
sta
nelle infinite possibilità che
offre
per riciclare capitali sporchi.
E
dato che le mafie riproducono
sempre
i loro paradigmi
all’estero,
emerge oggi un altro
fattore:
quei miliardi servono
sì
a infiltrare l’economia legale,
minacciando
così il libero
mercato
(come sottolinea un
rapporto
dell’Europol, “i clan
possono
operare in perdita,
creando
nel lungo periodo una
situazione
di quasi-monopolio),
ma
non solo. L’intento è
d’introdursi
nell’unico mondo
che
può offrire appalti, appoggio
e
protezione: la politica.
Da
Scampia
a
Madrid
Per
il capo degli scissionisti,
Raffaele
“o’ Lello” Amato, lasciare
Napoli
per fuggire a Madrid
non
è stata una scelta: scappava
dalla
faida di Scampia, che
il
clan Di Lauro stava vincendo.
Ma
l’esilio, per i malavitosi intraprendenti
come
lui, si traduce
spesso
in opportunità. Perché
l’Europa,
per le mafie, è una
“prateria
da conquistare”, che
leggi
inadeguate e crisi economica
hanno
reso ancora più appetibile.
Nel
2006 “o’ Lello”
sbarca
nella capitale spagnola
con
progetti ambiziosi: in pochi
mesi
apre un bar, due pizzerie e
un’azienda
di import-export di
prodotti
alimentari. Ma dare lavoro
ad
amici e membri del
clan,
e riciclare i soldi provenienti
da
traffico di droga ed
estorsioni,
non gli basta. Amato
vuole
avvicinare chi conta. E
trova
l’idea giusta: fonda una
società
di catering e seleziona
con
molta attenzione la clientela.
Dopo
pochi mesi il boss, che
era
ricercato per traffico internazionale
di
droga, mafia e
omicidio
(oggi è confinato al 41
bis),
venga scelto per organizzare
ricevimenti
presso l’ambasciata
italiana
a Madrid. Il camorrista,
nonostante
fosse latitante,
risulta
anche tra gli sponsor
di
alcune serate organizzate
dalla
Camera di Commercio
italiana
per la Spagna.
L’obiettivo?
Insegna la ‘ndrangheta
che
infiltrare la politica –
anche
all’estero –non serve solo
a
ottenere appalti. Si legge nel libro
“Fratelli
di sangue” (Gratteri
e
Nicaso, Mondadori): “Secondo
i
rapporti dei servizi
d’Intelligence
(Bnd), la ‘ndrangheta
avrebbe
acquistato azioni
della
Gazprom, monopolista
russo
del gas e coazionista della
North
Europe Pipeline, l’azienda
ai
cui vertici c’è l’ex cancelliere
Gerhard
Schröder”. Le
amicizie
altolocate, per i mafiosi,
possono
coincidere con la
salvezza.
Come nel caso di Mario
Lavorato,
titolare di un ristorante
in
Germania, prestanome
del
clan “Farao”di Cinò e
grande
amico di Gunther Gettinger,
l’allora
leader del Cdu.
Quei
milioni di marchi con cui
Lavorato
sosteneva il deputato
cattolico,
negli anni Novanta,
fruttarono
eccome: tanto che,
quando
la polizia cominciò a
indagare
su di lui, l’ex ministro
della
Giustizia avvertì Gettinger,
che
a sua volta chiamò Lavorato,
compromettendo
così il
corso
delle indagini. “Dopo la
strage
di Duisburg – spiega al
Fatto
lo storico
Enzo Ciconte –
la
‘ndrangheta ha comprato bar
e
ristoranti davanti alle sedi istituzionali
come
le stazioni di polizia
e
i ministeri. E non solo
perché
sanno come gestirli: il
vero
scopo era carpire informazioni.
Stringevano
amicizia facendo
grandi
sconti agli agenti
e
orecchiavano le loro conversazioni.
E
di cosa si parla, tra
colleghi,
a tavola? Di come procedono
le
inchieste”.
Non
è un caso che proprio Spagna
e
Germania registrino, dopo
l’Italia,
la più alta presenza di
mafiosi
nella Ue.
Le
mani sul settore
immobiliare
in Baviera
Secondo
Michele Riccardi, presidente
di
Transcrime (centro
di
ricerca gemellato con l’U n iversità
Cattolica
di Milano), i
clan
vengono attratti tanto dalla
recessione
spagnola quanto
dall’espansione
immobiliare
tedesca,
soprattutto attorno a
Berlino
e in Baviera. L’intero
settore
della costruzione nazionale,
secondo
il quotidiano Der
Spiegel,
sarebbe poi in pericolo
per
via di Cosa Nostra. “Le mafie
– spiega
Riccardi – vanno
dove
ci sono opportunità. E
quei
Paesi spiccano per i loro
vuoti
normativi”. Tanto che
l’OECD,
l’organizzazione per
la
cooperazione e lo sviluppo
economico,
ha duramente criticato
la
legislazione tedesca,
sostenendo
che chi ricicla soldi
sporchi
non subisce alcuna
conseguenza.
Per Transcrime,
la
‘ndrangheta considera la
Germania
come “il nuovo
nord-Italia,
terra di conquista
prediletta
dalle ‘ndrine”.
“Sono
andato a parlare al Parlamento
Europeo
e il partito dei
Verdi
tedeschi si è scaldato sostenendo
che
da loro la mafia
non
c’è”, racconta il procuratore
aggiunto
di Reggio Calabria,
Nicola
Gratteri. Che ci spiega:
“Se
c’è uno Stato infiltrato, invece,
è
proprio quello. Non lo
ammettono
perché dovrebbero
dire
ai propri elettori che hanno
ignorato
la presenza della
‘ndrangheta
per 20 anni, e poi
hanno
paura di scoraggiare investimenti
esteri”.
Riccardi
parla
anche di una prassi che si
starebbe
consolidando: “A l c uni
procuratori
esteri si rifiutano
di
sequestrare le aziende infiltrate
sia
perché funzionano
molto
bene sia perché temono
di
creare disoccupazione”.
Capire
l’entità di questi investimenti
però
è molto difficile.
Dati
ufficiali non ne esistono,
ma
si può azzardare un paragone:
in
Italia, dal 1983, sono state
confiscate
circa 2mila aziende.
Nel
resto d’Europa i casi accertati
sono
solamente 220. “Non è
un
numero basso –spiegano da
Transcrime
–perché gli episodi
riguardano
più aziende: magari
il
gruppo è uno ma investe in sei
o
sette affari diversi. È una stima
al
ribasso. E poi si servono
sempre
più spesso d’i m p r e n d itori
locali”.
Il progetto OCP ha
pubblicato
sul suo sito (o
c p o rtfolio.
eu
) i
risultati preliminari
del
primo studio con valenza
statistica
sugli investimenti
mafiosi
nell’Unione europea.
Secondo
l’analisi i ricavi del
narcotraffico,
calcolati in sette
Paesi
europei (Spagna, Finlandia,
Francia,
Italia, Inghilterra,
Irlanda
e Paesi Bassi) ammontano
a
diversi miliardi di euro
l’anno:
più di 6 miliardi per
l’eroina,
circa 5 per cocaina e
cannabis
(da spartire tra le varie
famiglie).
Sottratti i costi fissi,
OCP
sostiene che l’ammontare
dei
guadagni che rientrano
nell’economia
legale è più che
sufficiente
a falsare il mercato
europeo.
E tra chi s’intreccia alla
politica
locale – in cambio di
affari
e aiuti –non può mancare
Cosa
Nostra, che da sempre basa
la
sua stessa sopravvivenza
sul
controllo del territorio.
Ciancimino
junior
e
i rifiuti in Romania
I
siciliani sono presenti in quasi
tutti
i Paesi della Ue, superati
solo
dalla ‘ndrangheta. Le due
discariche
sequestrate a Ciancimino
jr,
figlio dell’ex sindaco
mafioso
di Palermo, a Bucarest,
Romania,
erano le più grandi
d’Europa.
E “ottenerne il controllo,
senza
forti contatti con la
pubblica
amministrazione locale,
sarebbe
stato impossibile”,
spiegano
da Transcrime . E
mentre
l’Italia comincia ad accettare
che
anche il Nord è in
mano
alle cosche, l’Europa si rifiuta
di
aggiornare i propri codici
e
addirittura di ammettere
la
presenza delle organizzazioni
criminali
nei suoi confini. I
mafiosi
ringraziano e continuano
a
espandersi. Con un intero,
vecchio
continente come
parco
giochi.
Twitter:
@BorromeoBea
il fatto quotidiano 18 maggio 2014
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