venerdì 30 maggio 2014

Ilva, la cordata di Renzi per soccorrere i Riva, Taranto aspetta


IN AIUTO DELLA FAMIGLIA IL GOVERNO SOSTIENE I NUOVI “CAPITANI ”. PRESENTE
ANCHE EMMA MARCEGAGLIA, PRESIDENTE DELL’ENI. RISCHIA SOLO BONDI
TARANTO ASPETTA
Il commissario ricevuto
a Palazzo Chigi
Tra i padroni dell’acciaio
pronti a entrare in campo:
Gozzi, Arvedi
e l’ex presidente
di Confindustria
di Salvatore Cannavò
Un cambio di passo
per l’Ilva”.
Così ha detto
Matteo Renzi ieri,
nel corso della direzione
Pd, parlando della crisi dello
stabilimento di Taranto. “Un
cambio di passo per l’Ilva”.
Le stesse, identiche, parole
aveva utilizzato la scorsa settimana
il presidente di Federacciai,
Antonio Gozzi, chiedendo
al governo, a nome dei
padroni dell’acciaio”, di finirla
con il commissario
Enrico Bondi inviato a Taranto
dalla famiglia Riva, e poi
entrato in rotta di collisione
con questi dopo la nomina a
commissario straordinario.
Il cambio di passo auspicato
da Renzi ha iniziato a prendere
forma ieri pomeriggio
in una girandola di incontri
tra l’esecutivo, i “padroni
dell’acciaio” e la famiglia Riva,
con i sindacati a fare da
osservatori. Un triangolo incestuoso,
al quale non ha esitato
a prendere parte anche
Emma Marcegaglia, in rappresentanza
della famiglia
nonostante sia stata appena
nominata alla presidenza
dell’Eni. Triangolo che è stato
allestito per stringere d’assedio
proprio Bondi, il quale
al tavolo sul futuro della siderurgia
non è stato invitato,
mentre è stato ricevuto a Palazzo
Chigi per un colloquio
con il sottosegretario Grazia -
no Delrio. Silenzio tombale
sull’esito dell’incontro da entrambe
le parti, ma il mandato
di Bondi scade il 4 giugno.
NELLE STESSE ORE, al ministero
dello Sviluppo economico,
si è invece riunito il gotha
dell’acciaio per discutere
di futuro della siderurgia:
Gozzi (Duferco), Arvedi ,
Marcegaglia (Antonio e Emma),
Tenaris, il commissario
straordinario della Lucchini,
Piero Nardi, fresco di condanna
a otto anni dal Tribunale
di Taranto per l’amianto
all’Ilva, il ministro Federica
Guidi, i sindacati. A latere si è
poi avuto l’incontro tra il ministro
Guidi e la famiglia Riva.
In ballo c’è l’ipotesi di allestire
una “cordata” insieme
alla franco-indiana Arcelor-
Mittal che garantisca i Riva
e i loro, come li definisce
Gozzi, “legittimi interessi
proprietari”. Interessi che
passano per la messa in soffitta
del piano industriale
predisposto da Bondi, sulla
base della vigente legge e definito
dai Riva “poco credibile
e privo di solidità finanziaria”.
Il piano, che per legge preve-
de il benestare dei Riva, prevede
4,8 miliardi di investimenti fino
al 2020 di cui 1,8 per la bonifica
ambientale. I Riva non
hanno gradito il progetto che
prevede un prestito-ponte da
parte delle banche di 7-800 milioni
ma anche – è qui c’è il nodo
l’utilizzo degli 1,8 miliardi
sequestrati ai Riva dalla magistratura
milanese e che Bondi
vorrebbe reinvestire in azienda
ai fini dell’ambientalizzazione.
I legittimi interessi” dei Riva
sono qui, oltre che negli asset
tarantini. Nel piano di Bondi,
inoltre, non piace l’ipotesi di riconvertire
l’azienda nel preridotto
di ferro, tecnologia che ridurrebbe
le emissioni di anidride
e, in prospettiva, eliminerebbe
le cokerie. “Bondi se ne deve
andare” ha detto Federacciai la
scorsa settimana nella sua assemblea
annuale. I Riva hanno
giocato più diplomaticamente
ma con l’intervista dell’altro ieri
la prima dopo tanto tempo
concessa al Sole 24 Ore hanno
esplicitato i giudizi taglienti sul
commissario: “L’unica cosa sicura
è che l’Ilva perde 80 milioni
al mese, con noi guadagnava”.
Quello di Claudio Riva,
figlio di Emilio, l’unico della famiglia
titolato a parlare, è un
invito agli industriali italiani di
tirare fuori i soldi al posto della
famiglia. Il senatore Pd, Mas -
simo Mucchetti, teme invece lo
scorporo tra “l’Ilva di Novi e
quella di Genova
a disposizione
dei
privati e Taranto
a
Mittal che ne ridurrebbe la produzione
a 5 milioni di tonnellate
tagliando l’occupazione”.
La novità resta comunque “il
dialogo avviato con Renzi” che
ha preso di sorpresa i sindacati
dubbiosi sulle reali intenzioni
dei nuovi “capitani” dell’ac -
ciaio. “Di cordate all’italiana ne
abbiamo viste tante”, spiega al
Fatto Marco Bentivogli della
Fim-Cisl: “Per l’Alcoa, Terni,
Lucchini. Ma alla fine sono sparite
tutte”. Cauta anche la Fiom
che più genericamente, con Ro -
sario Rappa, avverte Renzi che
il semestre di presidenza italiano
della Ue” è insufficiente
per una “soluzione automatica
ai problemi del settore”. Il timore,
diffuso, è che tutto ruoti
attorno a un nuovo intervento
governativo che appoggi l’ope -
razione al ribasso degli industriali
italiani. “Del resto, aggiunge
Bentivogli, il profilo
dell’imprenditoria italiana si
riassume in una Marcegaglia
che si rifugia all’Eni o in una
Todini alle Poste”.
BONDI, QUINDI, a meno che
non decida di modificare il piano
industriale, potrebbe avere i
giorni contati. Lo si deduce anche
dalle parole di Nichi Vendola,
presidente pugliese: se
Renzi vuole chiudere la gestione
commissariale sarebbe
positivo, dice il leader di Sel,
visto che Bondi era l’uomo
scelto dai Riva come amministratore
delegato e dal governo
come commissario che
doveva estromettere gli stessi
Riva nella gestione dell’azien -
da”. Una contraddizione evidente
la cui soluzione, però, oggi
significa il ritorno dei Riva.

il fatto quotidiano 30 maggio 2014

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