IN
AIUTO DELLA FAMIGLIA IL GOVERNO SOSTIENE I NUOVI “CAPITANI ”.
PRESENTE
ANCHE
EMMA MARCEGAGLIA, PRESIDENTE DELL’ENI. RISCHIA SOLO BONDI
TARANTO
ASPETTA
Il
commissario ricevuto
a
Palazzo Chigi
Tra
i padroni dell’acciaio
pronti
a entrare in campo:
Gozzi,
Arvedi
e
l’ex presidente
di
Confindustria
di
Salvatore
Cannavò
Un
cambio di passo
per
l’Ilva”.
Così
ha detto
Matteo
Renzi ieri,
nel
corso della direzione
Pd,
parlando della crisi dello
stabilimento
di Taranto. “Un
cambio
di passo per l’Ilva”.
Le
stesse, identiche, parole
aveva
utilizzato la scorsa settimana
il
presidente di Federacciai,
Antonio
Gozzi,
chiedendo
al
governo, a nome dei
“padroni
dell’acciaio”, di finirla
con
il commissario
Enrico
Bondi inviato
a Taranto
dalla
famiglia Riva, e poi
entrato
in rotta di collisione
con
questi dopo la nomina a
commissario
straordinario.
Il
cambio di passo auspicato
da
Renzi ha iniziato a prendere
forma
ieri pomeriggio
in
una girandola di incontri
tra
l’esecutivo, i “padroni
dell’acciaio”
e la famiglia Riva,
con
i sindacati a fare da
osservatori.
Un triangolo incestuoso,
al
quale non ha esitato
a
prendere parte anche
Emma
Marcegaglia,
in rappresentanza
della
famiglia
nonostante
sia stata appena
nominata
alla presidenza
dell’Eni.
Triangolo che è stato
allestito
per stringere d’assedio
proprio
Bondi, il quale
al
tavolo sul futuro della siderurgia
non
è stato invitato,
mentre
è stato ricevuto a Palazzo
Chigi
per un colloquio
con
il sottosegretario Grazia
-
no
Delrio.
Silenzio tombale
sull’esito
dell’incontro da entrambe
le
parti, ma il mandato
di
Bondi scade il 4 giugno.
NELLE
STESSE ORE, al
ministero
dello
Sviluppo economico,
si
è invece riunito il gotha
dell’acciaio
per discutere
di
futuro della siderurgia:
Gozzi
(Duferco), Arvedi
,
Marcegaglia
(Antonio e Emma),
Tenaris,
il commissario
straordinario
della Lucchini,
Piero
Nardi,
fresco di condanna
a
otto anni dal Tribunale
di
Taranto per l’amianto
all’Ilva,
il ministro Federica
Guidi,
i sindacati. A latere si è
poi
avuto l’incontro tra il ministro
Guidi
e la famiglia Riva.
In
ballo c’è l’ipotesi di allestire
una
“cordata” insieme
alla
franco-indiana Arcelor-
Mittal
che garantisca i Riva
e
i loro, come li definisce
Gozzi,
“legittimi interessi
proprietari”.
Interessi che
passano
per la messa in soffitta
del
piano industriale
predisposto
da Bondi, sulla
base
della vigente legge e definito
dai
Riva “poco credibile
e
privo di solidità finanziaria”.
Il
piano, che per legge preve-
de
il benestare dei Riva, prevede
4,8
miliardi di investimenti fino
al
2020 di cui 1,8 per la bonifica
ambientale.
I Riva non
hanno
gradito il progetto che
prevede
un prestito-ponte da
parte
delle banche di 7-800 milioni
ma
anche – è qui c’è il nodo
– l’utilizzo
degli 1,8 miliardi
sequestrati
ai Riva dalla magistratura
milanese
e che Bondi
vorrebbe
reinvestire in azienda
ai
fini dell’ambientalizzazione.
“I
legittimi interessi” dei Riva
sono
qui, oltre che negli asset
tarantini.
Nel piano di Bondi,
inoltre,
non piace l’ipotesi di riconvertire
l’azienda
nel preridotto
di
ferro, tecnologia che ridurrebbe
le
emissioni di anidride
e,
in prospettiva, eliminerebbe
le
cokerie. “Bondi se ne deve
andare”
ha detto Federacciai la
scorsa
settimana nella sua assemblea
annuale.
I Riva hanno
giocato
più diplomaticamente
ma
con l’intervista dell’altro ieri
– la
prima dopo tanto tempo
– concessa
al Sole
24 Ore hanno
esplicitato
i giudizi taglienti sul
commissario:
“L’unica cosa sicura
è
che l’Ilva perde 80 milioni
al
mese, con noi guadagnava”.
Quello
di Claudio
Riva,
figlio
di Emilio, l’unico della famiglia
titolato
a parlare, è un
invito
agli industriali italiani di
tirare
fuori i soldi al posto della
famiglia.
Il senatore Pd, Mas
-
simo
Mucchetti,
teme invece lo
scorporo
tra “l’Ilva di Novi e
quella
di Genova
a
disposizione
dei
privati
e Taranto
a
Mittal
che ne ridurrebbe la produzione
a
5 milioni di tonnellate
tagliando
l’occupazione”.
La
novità resta comunque “il
dialogo
avviato con Renzi” che
ha
preso di sorpresa i sindacati
dubbiosi
sulle reali intenzioni
dei
nuovi “capitani” dell’ac -
ciaio.
“Di cordate all’italiana ne
abbiamo
viste tante”, spiega al
Fatto
Marco
Bentivogli della
Fim-Cisl:
“Per l’Alcoa, Terni,
Lucchini.
Ma alla fine sono sparite
tutte”.
Cauta anche la Fiom
che
più genericamente, con Ro
-
sario
Rappa,
avverte Renzi che
“il
semestre di presidenza italiano
della
Ue” è insufficiente
per
una “soluzione automatica
ai
problemi del settore”. Il timore,
diffuso,
è che tutto ruoti
attorno
a un nuovo intervento
governativo
che appoggi l’ope -
razione
al ribasso degli industriali
italiani.
“Del resto, aggiunge
Bentivogli,
il profilo
dell’imprenditoria
italiana si
riassume
in una Marcegaglia
che
si rifugia all’Eni o in una
Todini
alle Poste”.
BONDI,
QUINDI, a meno
che
non
decida di modificare il piano
industriale,
potrebbe avere i
giorni
contati. Lo si deduce anche
dalle
parole di Nichi
Vendola,
presidente
pugliese: se
Renzi
vuole chiudere la gestione
commissariale
sarebbe
positivo,
dice il leader di Sel,
“visto
che Bondi era l’uomo
scelto
dai Riva come amministratore
delegato
e dal governo
come
commissario che
doveva
estromettere gli stessi
Riva
nella gestione dell’azien -
da”.
Una contraddizione evidente
la
cui soluzione, però, oggi
significa
il ritorno dei Riva.
il fatto quotidiano 30 maggio 2014
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