di
Antonello
Caporale
Come
becchini di un cimitero
aggiorniamo
quotidianamente
la lista della
scomparsa
delle tratte ferroviarie.
Ogni
giorno un vagone
viene
mandato in rimessa,
un
collegamento si
cancella,
una locomotiva si
ferma,
un binario muore. È il
paradosso
un po’ stupefacente
di
questa nostra modernità:
più
il mondo intero
diviene
connesso e interattivo,
la
mia vita legata alla tua
con
un semplice clic,
più gli
spostamenti
elementari da
città
a città, dalla periferia al
centro,
dal nord al sud del
Paese
divengono proibitivi.
Come
se potessimo conoscere
la
mobilità solo stando seduti,
perciò
immobili, davanti
al
computer. Oramai
intere
regioni d’Italia non
hanno
collegamenti non solo
sufficienti
ma minimamente
decenti.
NEL
SALENTO si
arriva con
l’aereo,
altrimenti non resta
che
farsi la croce. Come pure
in
Calabria è impossibile
pensare
al treno come vettore
della
nostra vita. Il treno rese
unita
l’Italia. Oggi la ruggine,
frutto
della dissipazione e di
una
assenza assoluta della
cultura
del mantenimento
del
territorio, la disunisce.
Esiste
Frecciarossa o Italo,
ma
per chi se lo può permettere.
E
soprattutto per chi vive
in
un’area del Paese. La divisione
in
classi è restituita in
modo
formidabile dalla rimodulazione
della
possibilità
di
viaggiare. Se sei ricco, se
vivi
in una grande metropoli,
magari
a Nord, hai la possibilità
di
trasferirti in modo
veloce
e puntuale. Se non hai
quella
fortuna, se sei un operaio
o
un impiegato costretto
a
fare il pendolare, ti freghi.
Aspetti
e speri che il treno arrivi
e
ti conduca maciullato al
lavoro.
Se infine hai la pecca
di
vivere al di sotto della linea
della
civiltà, che geograficamente
coincide
con la città di
Salerno,
sei fritto.
NON
C’È speranza,
nessuna
possibilità
che si possa ottenere
un
segno minimo di attenzione.
In
Sicilia e in Sardegna
tutto
è fermo al secolo
scorso,
e anche peggio. Così
pure
in Calabria, in Lucania,
nelle
Puglie. Tanti piani per
le
infrastrutture e altrettanti
miliardi
scomparsi, bruciati
da
una classe politica insipiente
alle
miserabili logiche
della
clientela. Il treno non è
solo
un vettore, ma è un connettore
di
comunità. La storia
insegna,
diceva Gramsci,
ma
ha cattivi scolari.
il fatto quotidiano 30 maggio 2014
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