B I PA RT I S A N
Ci sono soldi per tutti,
anche per i sindaci
e il colore del sindaco
non faceva alcuna
differenza. E nessuno
si è mai opposto
a tutto questo
il fatto quotidiano 29 maggio 2014
di
Vincenzo
Iurillo
Intendo
collaborare con
la
giustizia per chiudere
una
pagina. Ho 50
anni
e credo sia giunto
il
momento di avere una vita
più
giusta”. Sono le 10:56 del
13
maggio e dal carcere de
L’Aquila
Antonio
Iovine, il
capo
del
clan dei Casalesi, inizia
il
suo percorso di pentito. Ha
sei
mesi di tempo per raccontare
le
sue verità. Nei primi
undici
giorni ha già riempito
quattro
verbali. Costellati di
omissis,
sono i verbali che ieri
mattina
il pm della Dda di Napoli
Antonello
Ardituro ha
depositato
in
un processo a Santa
Maria
Capua Vetere (Caserta)
che
vede tra gli imputati
Enrico
Fabozzi,
consigliere regionale
campano
eletto nel Pd
ed
ex sindaco di Villa Literno
(Caserta),
accusato di concorso
esterno
in associazione camorristica
per
un presunto
appalto
truccato da 13 milioni
di
euro. Fabozzi è indagato
con
un imprenditore, Giovan
-
ni
Malinconico,
che Iovine indica
come
un proprio “socio”.
Il
7 giugno il boss testimonierà
in
videoconferenza. Nel frattempo
‘o
Ninno ha già iniziato
a
parlare. I suoi interrogatori
descrivono
l’esistenza di “un
sistema
completamente corrotto”,
dove
“c’erano soldi per
tutti,
anche per i sindaci” e dove
il
colore del sindaco “non
faceva
alcuna differenza”.
IOVINE
DIPINGE così
la grande
abbuffata
degli appalti. Il
luogo
degli accordi irriferibili
tra
camorra, imprenditoria e
politica.
“Le assegnazioni nelle
nostre
zone erano alterate
dall’intervento
dei pubblici
funzionari”.
L’imprenditore
“automaticamente
si presentava
per
il pagamento a chi
controllava
quel territorio”.
Un
sistema cresciuto grazie alla
violenza
del clan. “Anche io
ne
ho ammazzati tanti, ne è
derivato
un potere col quale
mi
sono potuto dedicare agli
affari”.
È la mentalità “casale -
se”:
“la regola del 5 e delle mazzette,
che
prima ancora che i
camorristi,
ha diffuso sul nostro
territorio
proprio lo Stato”.
Riflessioni
alla base della
scelta
di pentirsi. “So benissimo
di
quali delitti mi sono
macchiato.
Sto spiegando un
sistema
di cui la camorra non è
l'unica
responsabile... Forse
non
mi crederà – dice al pm –
ma
quando nel 2008 il governo
emanò
provvedimenti emergenziali
per
dare risposte di legalità,
io
ne fui contento”.
Iovine
si chiede per quale ragione
la
politica non abbia denunciato.
“Nessuno
si è opposto,
nemmeno
Lorenzo
Diana
che
pure ha svolto un’azione
dura
di contrasto alla criminalità
organizzata.
Diana ha
permesso
che un’impresa a me
riferibile,
l’Anav, ha continuato
ad
avere appalti per la refezione
scolastica
anche quando
i
sindaci di San Cipriano
d’Aversa
erano della sua parte
politica”.
L’ex parlamentare
Ds
replica: “Iovine scopre l'acqua
calda
sul fatto che gli appalti
fossero
condizionati dalla
criminalità
organizzata dal
momento
che non c'era la libertà
di
partecipare senza il loro
assenso.
Questa realtà era
da
me denunciata con evidenti
prove
in Commissione Antimafia.
Su
tutto il resto basta
aggiungere
che il mio impegno
contro
la camorra dava
talmente
fastidio che Iovine e
gli
altri clan si riunirono per
decidere
di ammazzarmi con
una
bomba”.
Un
altro politico di peso tirato
in
ballo è Gianni
Alemanno.
Iovine
parla
dei milioni di euro
in
appalti per il rimboschimento
nel
casertano, assegnati
dal
ministero dell’Agricoltura
nei
primi anni 2000 e “gestiti
per
conto del clan” da un imprenditore
“amico”,
Vincenzo
Della
Volpe.
“Ricordo in particolare
che
il ministro (Alemanno,
ndr)
venne a San Cipriano
per
una manifestazione
elettorale
su invito di mio nipote
Giacomo
Caterino”.
Un
ex
sindaco.
ALEMANNO
RESPINGE in -
dietro
ogni sospetto: “I finanziamenti
furono
erogati prima
del
mio insediamento al ministero,
fummo
noi a denunciare
lo
scandalo. E nel 2005
partecipai
a una normalissima
manifestazione
di An organizzata
da
un candidato al Consiglio
Provinciale,
Caterino, su
cui
all'epoca non pendeva nessuna
accusa
e nessun sospetto”.
Iovine
ricorda il suo passato di
killer.
I molti omicidi. Ne confessa
uno
del 1991 per il quale
pende
un processo in appello.
E
illustra i meccanismi finanziari
del
clan. L’esistenza di
“una
cassa comune” nella quale
fino
al 2008 la “cupola” dei
casalesi-Iovine,
Michele
Zagaria,
Nicola
Panaro e Giuseppe
Caterino
– versava
quote mensili
di
“60.000 euro ciascuno”.
No
problem, perché al netto
dei
profitti personali dei capi
“ogni
mese il clan aveva introiti
per
circa 350 mila euro”.
Iovine
spiega che, da superlatitanti
più
ricercati del paese,
lui
e Michele Zagaria si sono
visti
a lungo almeno una volta
al
mese per fare “i conti”. Prima
che
i rapporti si raffreddassero
per
questioni economiche.
Nel
luglio 2007 i due –
verbalizza
‘o Ninno – si sono
incontrati
per caso nei pressi
di
Ajaccio, in Corsica, sulla
spiaggia
di Porticcio. Erano
entrambi
in vacanza. Ci fu un
incontro
al ristorante, un tentativo
di
chiarimento, un impegno
a
rivedersi a settembre.
“Effettivamente
ci siamo visti
per
un paio di volte ma di fatto
le
cose non cambiarono. Io ebbi
chiara
l’idea che Zagaria era
ormai
mosso sempre più dal
suo
interesse per i soldi ed era
disposto
per questo a passare
sopra
ogni altra cosa”.
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