martedì 13 agosto 2013

Referendum, c’è un buco nell’acqua. Bilanci in rosso da Sassari a Napoli

Sotto accusa le mani dei politici locali sulla gestione del servizio idrico. La Procura di Cagliari indaga sui ricorsi inevasi e sui crediti non certificati, mentre in Calabria la società che distribuisce l’acqua ai Comuni è stata messa in liquidazione. E anche a Napoli regna il caos http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/08/13/referendum-ce-buco-nellacqua/680698/ di Roberto Morini | 13 agosto 2013 Piccole voragini si aprono nelle strade con uno zampillo che diventa presto un rivolo e poi un fiume. Succede a Sassari, mentre, la voragine di 800 milioni di euro è sul tavolo del sostituto procuratore di Cagliari Giangiacomo Pilia che, dopo la decisione dei revisori di non controfirmare il bilancio 2012, ha aperto un’indagine. Ipotesi di reato: peculato e abuso d’ufficio. E anche la Procura di Nuoro ha aperto un fascicolo. È il declino di Abbanoa, gestore unico dell’acqua in Sardegna, controllata dalla Regione e dai Comuni. Il primo ritorno dell’acqua dal privato al pubblico, nel lontano 2005, ben prima del referendum che due anni fa (in teoria) impose quel percorso a tutta Italia. Sardegna, Abbanoa sotto inchiesta La Procura di Cagliari indaga sulle cifre perché la comunicazione indirizzata nel maggio scorso dal collegio sindacale all’assemblea degli azionisti e all’amministratore unico Carlo Marconi, facendo propria la relazione del revisore legale Michele Caria, è stata durissima. I crediti sono messi a bilancio, ma non certificati. I ricorsi inevasi sono 50mila. E ancora : “La società ha ricevuto fondi pubblici per le infrastrutture di gran lunga superiori ai lavori eseguiti”. Molti lavori non possono essere conclusi perché “tali risorse sono state utilizzate per la gestione corrente”. Voragini e bollette pazze hanno reso Abbanoa nemico pubblico numeroduedeisardi,secondo solo a Equitalia. I dipendenti, senza stipendio per tre mesi, hanno scioperato in luglio. Secondo uno studio commissionato dal presidente della Provincia di Nuoro, Roberto Deriu, il problema è il gigantismo: la Sardegna è troppo grande per un unico gestore. Sulla base della sua campagna contro Abbanoa Deriu, Pd, ha lanciato la sua candidatura alle primarie del centrosinistra. Altri puntano il dito contro il passaggio dell’acqua in mani pubbliche. Meglio i privati, dicono. In tanti accusano direttamente i politici, a partire dall’attuale governatore Ugo Cappellacci, intenzionato a ricandidarsi per il centrodestra alle regionali del 2014. Intanto, la ricapitalizzazione di Abbanoa, indispensabile per evitare il crac, è ferma all’esame dell’Ue, che potrebbe considerarla un aiuto di stato e bloccarla, facendo precipitare la situazione. Calabria, Sorical in liquidazione In Calabria la Regione controlla, col 53 per cento Sorical, la società che distribuisce l’acqua ai Comuni, che gestiscono poi la distribuzione agli utenti. I francesi di Veolia hanno il rimanente 47% attraverso Acqua di Calabria. La situazione è almeno altrettanto drammatica, con dipendenti senza stipendio e proteste. Il debito è “solo” di 200 milioni. I crediti di 170, ma i Comuni non pagano. Così il 9 luglio scorso il Consiglio di amministrazione ha messo la società in liquidazione. Si parla di una inchiesta della magistratura sui rapporti tra Regione e Veolia, partita un anno fa intorno alla vicenda dell’invaso dell’Alaco, messo sotto sequestro dalla procura di Vibo Valentia per carenze igieniche e strutturali. Veolia è anche tra i soci privati che detengono il 75% di Siciliacque, la società che in Sicilia porta l’acqua dai bacini ai singoli ambiti locali. Una gestione tutt’altro che efficiente, parte della polemica siciliana tra il governatore Rosario Crocetta e il Pd. Il partito accusa il governatore di aver presentato un disegno di legge che vuole mantenere privata la gestione del-l’acqua, nonostante il referendum. Napoli, la nuova gestione nel caos A Napoli, sulla spinta del referendum e dell’inchiesta aperta dalla magistratura sull’Arin, la Spa che fino a poco tempo fa gestiva l’acqua in città, la giunta De Magistris ha dato via libera alla pubblicizzazione con un nome che è un programma: Abc, Acqua bene comune. Le prime bollette con la nuova intestazione sono arrivate un paio di mesi fa nelle case dei napoletani. Immediata la protesta perché non si può più pagare alle ricevitorie del lotto. Ma soprattutto perché le tariffe sono aumentate: un rincaro del 5 per cento per l’acqua e del 25 per cento per la depurazione, più 13 per cento per le fogne. C’è caos nel passaggio dalla vecchia alla nuova gestione. Accusata tra l’altro di lasciare i vertici vacanti, la giunta procede nella strutturazione della nuova società: il 20 giugno ha pubblicato un bando per chiedere alle associazioni ambientaliste di indicare due nomi per il cda. E contestualmente ha nominato il presidente e i due amministratori di sua competenza. Passano due mesi e il Cda ancora non è completo. Per gli oppositori è de Magistris che vuole impedire l’ingresso della società civile nell’azienda. Tant’è. il sindaco decide di commissariare l’azienda. Toscana, servizio efficiente ma caro Solo esempi negativi? Accanto alle situazioni vicine al crac, c’è chi, come la Toscana e l’Emilia Romagna, offre un servizio efficiente agli utenti, come certificato di recente da Federutility. Il servizio che funziona costa però molto più caro degli altri. Tra le dieci città in cui l’acqua ha tariffe più alte, sette – secondo la Federconsumatori – sono toscane. Le prime sette. In Toscana in media un metro cubo d’acqua viene pagato 2,53 euro, contro gli 0,72 euro del Molise, la regione più economica. E non bisogna attendersi nessun calo delle tariffe. Secondo gli esiti dei referendum i gestori dovrebbero tagliare il 7 per cento previsto per la remunerazione del capitale, ora vietata. Ma “le società di gestione rispondono caricando sul costo finale un riconoscimento dei costi finanziari fino al 6,4 per cento”, spiega Giuseppe Minigrilli, presidente di Federconsumatori Toscana. E anche chi non sceglie questa strada non abbatterà le tariffe. Nichi Vendola, uno dei leader della campagna referendaria, annuncia: “Abbiamo deciso di intraprendere la strada dell’efficienza e su quella proseguiremo. Per questo non abbasseremo le tariffe”. Servono investimenti prima di tutto per ridurre la perdita di acqua dalle condotte, che in Puglia raggiunge il record, a pari merito con la Sardegna, del 47% dell’acqua immessa in rete, contro una media nazionale del 32%, 120 litri a testa al giorno (il minimo è del 20 per cento in Lombardia e Trentino Alto Adige). Lontanissimi comunque dal 7 per cento della Germania. da Il Fatto Quotidiano del 7 agosto 2013. Aggiornato da redazione web

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