giovedì 8 agosto 2013
nucleare Radioattività nell'Oceano Pacifico. Viaggio nell'incubo di Fukushima
Acqua contaminata che finisce quotidianamente in mare: la grande paura che si vive a ancora a due anni e mezzo dallo tsunami che causò il disastro della centrale nucleare. Cresciuta dopo le ammissioni della Tepco, la società che gestisce i reattori
dal nostro corrispondente GIAMPAOLO VISETTI PECHINO - Il Giappone trema di fronte all'ultima maledizione di Fukushima: l'oceano radioattivo. A due anni e mezzo dallo tsunami che ha causato il disastro nella centrale atomica di Daichi, il liquido usato per raffreddare i reattori in crisi ha raggiunto il Pacifico. Nella falda acquifera sotto l'impianto, in cinque giorni, la radioattività è aumentata di 47 volte e oltre trecento tonnellate di liquido contaminato finiscono quotidianamente in mare. Il quotidiano "Asahi" ha rivelato che i campioni d'acqua prelevati sotto la centrale, fanno segnare una concentrazione di 56 mila becquerel per litro. La Tepco, gestore dei reattori, è stata costretta ad ammettere l'ennesima reticenza dopo che già il 23 luglio, dopo indignate smentite, aveva dovuto confermare una prima infiltrazione tossica nel Pacifico.
Il premier conservatore Shinzo Abe, che ha vinto le elezioni anche grazie alla promessa di riaccendere le 53 centrali atomiche del Paese, spente dopo lo tsunami-record del 2011, ha convocato una riunione d'emergenza, annunciando nuovi finanziamenti per fronteggiare "una questione urgente". Fino ad oggi Tokyo ha versato alla Tepco 23 miliardi di euro per coprire i costi di smantellamento della centrale e gli indennizzi alle vittime. Secondo i tecnici, la battaglia più difficile, e onerosa, comincia però adesso. Per scongiurare una catastrofe nel Pacifico, capace di travolgere la pesca in tutto l'Oriente, si tenterà di costruire un muro di ghiaccio attorno ai reattori, così da contenere le acque sotterranee. Nell'estate monsonica le colline alle spalle dell'impianto scaricano fiumi d'acqua nelle fondamenta su cui poggia la centrale, mescolandosi al liquido usato per raffreddare i reattori nucleari. Il by-pass realizzato in giugno per incanalare la pioggia non è bastato e l'ultima speranza è dunque quella di congelare il terreno, tecnica a cui si ricorre anche nella costruzione delle metropolitane.
Nel caso di Fukushima, avvertono gli esperti, il problema è più complesso: si dovrà mantenere ghiacciata l'area per mesi, forse per anni, con costi colossali. Il governo di Abe, al massimo della popolarità grazie alle misure di rilancio economico, andrà dunque a caccia di fondi nel prossimo bilancio e i mercati temono un rinvio degli annunciati tagli fiscali. Le autorità di Tokyo, a soli 220 chilometri da Daichi, rischiano invece di perdere la fiducia dei giapponesi. Dal giorno dello tsunami hanno sistematicamente tentato di minimizzare l'emergenza e a metà luglio sono state costrette a riconoscere che oltre 2 mila operai, impiegati nelle ore della crisi, hanno accumulato radiazioni che possono causare patologie mortali. L'incubo di una contaminazione dell'oceano, con conseguenze devastanti per la fauna marina, fa però scattare l'allarme in tutta l'Asia e gli scienziati avvertono che, a causa dei venti, esiste pericolo di "piogge atomiche" anche su altri continenti. Il disastro restituisce dunque forza a chi, specie a Tokyo e nelle metropoli, si oppone al riavvio delle centrali nucleari e chiede maggiori investimenti nell'energia pulita. Scelte strategiche: ma oggi il Giappone deve affrontare l'emergenza e ancora una volta non sa se riuscirà a superarla.
http://www.repubblica.it/ambiente/2013/08/07/news/fukushima_acque_allarme_nucleare-64433135/?ref=HREC2-11
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