Il primo cittadino di Ausonia è stato nominato dal presidente Zingaretti a capo dell'area protetta dei Monti Aurunci. Ma una legge del 1997 dice che non si può far parte dei consigli direttivi se si è alla guida di amministrazioni comunali
Il parco regionale dei Monti Aurunci è stato affidato a Michele Moschetta, amministratore di un’azienda alimentare e dal 2004 sindaco di Ausonia, provincia di Frosinone. Al vertice del parco naturale regionale di Veio (Roma) è stato invece nominato Giacomo Sandri. Dal 2009 a oggi, membro del comitato direttivo dell’Anci Lazio e soprattutto, dal 2012, assessore alle Politiche Territoriali del Comune di Formello, in provincia di Roma. Le aree protette che si troveranno a gestire Moschetta e Sandri rientrano proprio nel territorio amministrato dalle giunte comunali di Ausonia e di Formello.
La norma non prevede la figura del commissario, eppure l’incarico prevede maggiori poteri di quelli stabiliti per un membro del consiglio direttivo. La legge non tiene in considerazione il ruolo del commissario perché, in teoria, dovrebbe essere una figura provvisoria anche se nel Lazio, per la gestione di queste aree, è ormai presente da 3 anni, cioè, da quando si insediò la ex presidente della Regione Renata Polverini.
Le due nomine cadono anche in un momento nel quale si sta tentando di riorganizzare la gestione dei parchi e delle aree protette della regione. Una nuova pianificazione accennata già nella delibera regionale del 3 luglio avente come oggetto le “Linee guida e d’indirizzo sulla revisione della normativa regionale in materia di conservazione della natura, aree protette e tutela della biodiversità e della geodiversità”. “Al di là di Moschetta e Sandri – spiega Domenico Farina, coordinatore Usb pubblico impiego della Regione – commissari comunque incompatibili con il loro ruolo nelle rispettive giunte comunali, sarebbe stato un importante segnale politico, di effettivo rinnovamento, presentare un progetto di legge regionale di revisione del testo del 1997. Delle norme con le quali disporre l’accorpamento dei 13 enti parco, delle circa 70 aree protette e dell’Agenzia Regionale Parchi che oggi appesantiscono la gestione del territorio, frammentando e, in molti casi, sovrapponendo le competenze, con inutili aggravi di spesa a carico dell’erario, piuttosto che reiterare per l’ennesima volta una dichiarazione di intenti”.
La Regione non è stata interessata a replicare. Ma una riforma a quanto pare dovuta e non più prorogabile visto che i dipendenti dei parchi regionali nel Lazio, poco meno di 900, corrispondono più o meno al numero complessivo di tutti i dipendenti dei 24 parchi nazionali presenti in Italia. Una situazione insostenibile che si riversa anche sul funzionamento delle aree amministrate. Tant’è che dei fondi regionali a disposizione, si spende quasi tutto il budget per pagare gli stipendi e poco o nulla per il funzionamento e la gestione dei parchi stessi.
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