mercoledì 7 agosto 2013

Biomasse: per l'Italia si vince o si muor

Ormai non passa giorno senza che qualche centrale a biomassa venga chiusa. Può essere un magistrato, può essere un sindaco, può essere una conferenza dei servizi, può essere, addirittura, l’azienda stessa che, vista la mala parata, si auto-chiude prima di cominciare i lavori di costruzione dell’impianto.
Negli ultimissimi giorni abbiamo bloccato
Cinigiano (Grosseto), la magistratura ha sequestrato Galatone (Lecce) con tanto di denunce al progettista, al direttore dei lavori e ai legali rappresentanti, la Procura sta acquisendo i dati di Trasacco a due passi da Avezzano, ancora la Procura ha lavorato a Rapolano (Siena) dove la centrale è stata sigillata, il sindaco (donna) di Crescentino (Vercelli) ha chiuso l’impianto locale… Insomma, un trionfo.

Davvero?
A guardare i fatti, direi di no. O, almeno, non ancora.
Grazie all’arrogante follia degl’incentivi che il popol bue italiota assicura a una manciata d’imprenditori corsari (immancabili i politici ghiottoni al seguito), gl’impianti a biomasse crescono dovunque come funghi. È una vera e propria epidemia. La truffa e la corruzione che stanno alla radice del fenomeno sono più che evidenti: grazie agl’impianti di varia natura di cui dispone, l’Italia può produrre oltre 120 GW (miliardi di Watt) di energia (in crescita) contro i circa 25 che consumiamo (in calo). Di energia, dunque, ne abbiamo un enorme eccesso, eppure, grazie alla disinformazione corrente, la percezione popolare è quella che stiamo per restare a secco. Allora, dunque, dobbiamo “fare dei sacrifici”. Così, per ingrassare ancora un po’ di obesi, non contenti dei falò che facciamo dei rifiuti negl’inceneritori, ora stiamo massacrando il territorio per far crescere i vegetali destinati non più a finire in tavola ma ad essere sacrificati per impinguare alcuni conti bancari con quattrini truffati a Pantalone. Ricordo che per produrre un MW (milione di Watt) di elettricità si devono avere a disposizione 300-350 ettari di terra e ricordo pure che quelle centrali consumano molto più di quanto non producano in termini energetici.
A seconda delle tecniche - tutte, comunque, imbevute di rozza ingenuità e scientificamente a dir poco grottesche – vegetali, a volte scarti di macellazione, a volte deiezioni animali (per intenderci, merda), a volte rifiuti tout court (per intenderci, molto peggio della merda), vengono trattati per produrre un gas combustibile di cui nessuno è in grado di certificare davvero la composizione insieme con ceneri tossiche da destinare chissà dove, o insieme con il micidiale “digestato”. Quest’ultimo è spacciato come concime o ammendante mentre, di fatto, altro non è se non un rifiuto che, sparso sui campi, li avvelena ai limiti dell’irreversibilità. Noi ora stiamo studiando, facendolo con le difficoltà che chi mi legge forse almeno in parte conosce o immagina, certi effetti su fiori e cereali e posso assicurare che non si tratta di bazzecole. Di fatto siamo di fronte a malformazioni orrende e alla presenza all’interno dei vegetali di sostanze che proprio non dovrebbero esserci. Insomma, ci stiamo avvelenando partendo dal basso.
E i sindaci, per legge le massime autorità sanitarie del comune di pertinenza, che fanno? Con qualche rarissima eccezione (vedi Marinella Venegoni, la sindachessa di Crescentino), in genere nulla. A volte guardano con affettuosa e speranzosa simpatia gl’“imprenditori”, a volte fingono di schierarsi contro le centrali ma in realtà ben si guardano da mettere in atto azioni efficaci, a volte affermano, mentendo e approfittando della credulità popolare, di non poter fare nulla. Mai, comunque, rispettano le leggi che, piaccia o no, vigono in Italia così come vigono in ambito europeo comunitario. Ignoranza? Sì, spesso. Viltà? Anche. Collusione? Beh, fate voi: che dire di quei sindaci che, ignoranti come le capre spesso evocate da Sgarbi, sostengono a spada tratta l’innocuità delle centrali a biomassa fino a certificarne il beneficio sociale?
Venendo ai fatti, qualche centrale si chiude. Qualche altra non parte nemmeno. Ma quante in rapporto a quelle che si aprono quotidianamente, spessissimo nella totale inconsapevolezza dei cittadini a dispetto delle leggi che obbligano le amministrazioni a tutt’altro comportamento? Pochissime: contandole, siamo quasi a livello di non significatività. A ben guardare la “mortalità” delle centrali è un rischio più che accettabile da parte di chi le propone: per una che muore o che non nasce, cento altre fioriscono nella più completa indifferenza o, al massimo, accompagnate da qualche inoffensivo mugugno di cittadini che, in fondo, non hanno né la voglia né gli attributi per difendere né loro stessi né il loro territorio né il futuro dei loro figli.
Se vogliamo sconfiggere uno dei tanti scempi che già ci devastano e che renderanno molto difficile la vita a chi ci seguirà, dobbiamo svegliarci tutti. Dobbiamo informarci davvero usando fonti attendibili, rifiutando quelle ridicole dei politicuzzi ignoranti e truffaldini e dei tromboni prezzolati, e mettendo in moto il cervello. Quasi sempre basterebbe il più normale buon senso o anche solo un po’ di dignità personale. Poi dobbiamo punire i politici fraudolenti togliendo loro le poltrone, giù fino agli sgabelli, e dobbiamo pretendere che i magistrati facciano il mestiere per cui li paghiamo (nemmeno poco). Certo le gesta amorose del cavalier Silvio sono morbosamente interessanti, ma io, magari andando controcorrente, preferirei lasciarle macerare consumandosi nel loro essere oggettivamente e penosamente ridicole e dedicare, invece, tempo, denaro ed energie a cercare di salvare questo misero Paese che corre ignaro e bendato verso un salto da cui non si risale. Lo stato dei fatti è che in più di un caso abbiamo superato il punto di non ritorno.

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