Comitato nazionale vota SI per fermare il nucleare
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Argomenti per votare SI contro l’energia nucleare
Il nucleare ha un ruolo fondamentale e viene rilanciato in tutto il mondo. NON E’ VERO.
Non è così, né in termini relativi, né in termini assoluti. In termini relativi il peso del nucleare nella produzione
globale di elettricità è sceso dal 17,2% del 1999 al 13,5% del 2008 (International Energy Agency, 2010).
In termini assoluti nel periodo si è avuta una lieve crescita della produzione da 2.538 a 2.731 TWh (miliardi di kilowattora), che è
comunque una quantità inferiore a quella della produzione idroelettrica che nel 2008 ha raggiunto i 3.288 TWh.
Il nucleare – che produce solo bombe o elettricità copre circa il 2% degli usi finali di energia a livello
mondiale. Nelle statistiche si riporta un valore maggiore della quota di energia primaria totale coperta dal
nucleare (5,8%), ma si conteggia anche il calore di scarto che, nei nuovi impianti che si vogliono costruire, non
verrà recuperato ma scaricato nell’ambiente.
Per mantenere costante la potenza installata attuale nel mondo – circa 370.000 MW – tenendo conto dei reattori che dovranno
essere fermati per raggiunti limiti d’età, bisognerebbe mettere in linea un reattore ogni mese e mezzo fino al 2015. Successivamente
dal 2015 al 2025, un reattore ogni 19 giorni, sostituendo i reattori di pari potenza.
Anche assumendo l’estensione di 20 anni delle licenze d’esercizio dei 54 reattori USA che ne hanno già fatto
richiesta, di quelli inglesi, olandesi, spagnoli e tedeschi, sarebbe necessario mettere in linea circa un nuovo
reattore al mese per mantenere costante la potenza installata.
Infatti, gran parte dei reattori in funzione sono stati costruiti tra il 1975 e il 1985, e attorno al 2030 molti
dovranno essere chiusi per limiti d’età. Questo è evidentemente impossibile, e infatti negli USA si pensa già di
portare l’autorizzazione al funzionamento fino a 60 anni di tutti i reattori che erano stati progettati per 30-40
anni. Con qualche dubbio sulla sicurezza: come tutte le macchine anche i reattori nucleari, invecchiando,
sono più soggetti a guasti.
L’agenzia dell’energia dei Paesi dell’OCSE, la IEA, propone uno scenario di raddoppio del nucleare al 2030. Quanto è realistico questo scenario?
Per raddoppiare al 2030 l’attuale potenza nucleare installata, e sostituire quella esistente che andrà in pensione, si dovrebbero allacciare alla
rete circa 500 mila MW di nuovi impianti nucleari. Questo richiederebbe nel mondo l’allacciamento alla rete di un nuovo reattore da 1000 MW
ogni 15 giorni per 20 anni. Supponendo invece di installare impianti più grandi, per la metà EPR (1.600 MW) e per la metà AP-1000 (1.100 MW)
bisognerebbe costruire 370 impianti, dunque per i prossimi 20 anni nel mondo bisognerebbe allacciare alla rete un nuovo impianto ogni 20
giorni. Una “mission impossible” e, in ogni caso, a questo raddoppio corrisponderebbe un dimezzamento delle riserve operative di Uranio fissile;
per queste ragioni l’industria nucleare in molti Paesi, per sopravvivere alla chiusura del settore, punta a prolungare ulteriormente la vita dei reattori.
Per questi motivi, e per l’affermarsi del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili, non è difficile capire
perché alcuni autorevoli studi prevedano per i prossimi decenni un declino costante dell’energia
nucleare.
L’energia nucleare è abbondante, serve all’Italia per la sua sicurezza energetica e dà
lavoro.
NON E’ VERO.
La propaganda filonucleare continua a ripetere che tra 50 anni le fonti fossili potrebbero non bastare. Che le
fonti fossili avranno un declino è certo, ma anche l’uranio è un elemento che si estrae da risorse limitate e
dunque anche l’Uranio tra 50 anni sarà in declino.
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Nella stragrande maggioranza dei reattori in funzione nel mondo, e anche per l’EPR il reattore dell’accordo Italia-Francia, si usa
l’Uranio-235, che rappresenta solo lo 0,7% (meno cioè dell’1%) della miscela naturale dei vari tipi (“radionuclidi”) di Uranio presenti
nei minerali (carnotite, autunnite ecc.) da cui può essere estratto. Nell’ultimo rapporto congiunto della IAEA (Agenzia Internazionale
per l’Energia Atomica di Vienna) e della NEA (Agenzia per l’energia atomica dell’OCSE), le due agenzie per il nucleare delle Nazioni
Unite e dell’OCSE, le riserve di Uranio fissile sono state rivalutate rispetto alle stime precedenti, attraverso una classificazione
più ottimistica di quella del precedente studio ad hoc della sola IAEA (che prevedeva riserve per 35 anni ai ritmi attuali di consumo),
a circa 80 anni al ritmo dei consumi attuali. Ma, se il parco di centrali nucleari raddoppiasse, come prevede per il 2030 il già citato
scenario dell’IEA, l’orizzonte di esauribilità della risorsa scenderebbe a circa la metà. Ci sarebbero allora guerre per l’Uranio,
come già quelle per il petrolio.
Il nostro Paese non possiede significative riserve di Uranio e quindi sarebbe costretto ad importarlo
comunque da altri Paesi. Quindi se decidessimo di puntare sul nucleare per produrre l’energia elettrica
sostituiremo la dipendenza dai combustibili fossili con quella dall’Uranio, che, oltre a essere una risorsa assai
limitata, richiede una complessa filiera (che va dall’estrazione all’arricchimento del minerale) tutta in mano di
pochi Paesi, come la Francia. Quindi, oltre alla dipendenza energetica, col nucleare, aggiungeremmo una
dipendenza tecnologica. In sostanza per il “sistema Italia” il danno sarebbe doppio.
Inoltre la Francia, che genera circa il 78% della propria energia elettrica dal nucleare, ha un consumo procapite di petrolio più
alto di quello italiano e dunque una dipendenza dal petrolio maggiore, non inferiore. Infine, man mano che si andranno
esaurendo i giacimenti migliori di Uranio – quelli con la più elevata percentuale di Uranio nelle rocce – si passerà a usare minerali
con un tasso inferiore di Uranio; dunque occorrerà estrarre quantità maggiori di rocce, cosa che produrrà un progressivo aumento
delle emissioni di CO2 (oltre che dei costi di estrazione).
In Italia il potenziale di riduzione dei consumi con misure di efficienza negli usi finali dell’elettricità è di oltre 100
TWh al 2020 e quello di sviluppo aggiuntivo delle fonti rinnovabili di circa 100 TWh. Questa quantità è il
quadruplo di quella che possono produrre i 4 EPR previsti dal memorandum Enel-EDF.
L’impatto occupazionale del nucleare in Italia è valutato in 10 mila posti di lavoro, per la maggior parte
nella fase di costruzione (8-10 anni).
Per centrare gli obiettivi europei obbligatori al 2020 per le fonti rinnovabili secondo uno studio della Bocconi,
l’impatto occupazionale può generare in Italia fino a 250 mila posti di lavoro.
Secondo il Piano 2010-2020 sull’efficienza energetica promosso da Confindustria, con le misure identificate
nel rapporto è possibile generare 160 mila posti di lavoro ogni anno per 10 anni, per un totale di 1 milione e
seicentomila. E si taglierebbero i consumi energetici nel periodo per oltre 50 milioni di tonnellate di petrolio.
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L’energia nucleare costa meno.
E’ FALSO: CON I NUOVI IMPIANTI I COSTI AUMENTERANNO.
Che si debba tornare al nucleare per ridurre i costi è un mito, che rappresenta il migliore risultato della
propaganda nucleare.
La quota principale (80%) del costo dell’elettricità da nucleare è rappresentata dal costo dell’impianto, dunque sapere quanto costa
una nuova centrale è fondamentale. Alla fine del 2010 il Dipartimento USA per l’energia ha rivisto le precedenti stime dei costi per la
costruzione delle nuove centrali nucleari (come quelle per le altre tecnologie). Se già prima di questa revisione l’elettricità da
nucleare da nuovi impianti costava più dell’eolico e delle altre fonti fossili, l’aggiornamento delle stime rende il costo industriale
dell’elettricità da nucleare ancora più costoso.
Costi attuali dell'elettricità da varie fonti al 2020 (nuovi impianti)
centesimi di dollaro del 2008 per kWh
Revisione stime dell’Energy Information Administration- US DOE (2010)
Fonti Capitale O&M Combustibile Trasmiss. Totale
Gas CC 2,16 0,16 5,37 0,36 8,05
Eolico 9,87 0,89 0,00 0,56 11,32
Carbone 9,64 0,53 1,96 0,36 12,49
Nucleare 11,91 1,17 0,99 0,30 14,37
Capitale: costi di costruzione; O&M: costi di funzionamento e manutenzione; Trasmiss.: quota costi incrementali di trasmissione alla rete. Il costo
del kWh da gas rispecchia un minore costo di questa fonte negli USA, ma non considera l’effetto sul mercato dello “shale gas” (estrazione di gas da
rocce di scisti)
Dunque, secondo le ultime stime del Dipartimento USA per l’energia, il costo industriale del kilowattora da
nucleare costerà al 2020 il 27 per cento in più dell’eolico, e il 75% in più del gas. Ad ogni modo, in tutti gli
studi più autorevoli sui costi futuri dell’elettricità, come ad esempio l’aggiornamento dello studio del MIT di
Boston, quella da nucleare risulta la più costosa rispetto alle fonti convenzionali.
E anche per l’agenzia di rating Moody’s il costo del nucleare supera quello dell’eolico. Se alla tabella qui presentata imponessimo
una tariffa alle emissioni di CO2 di 30 dollari alla tonnellata, il costo del kWh da gas aumenta di 1 centesimo e va a 9,05
centesimi/kWh mentre quello da carbone aumenterebbe di 2 e supera di poco il kWh da nucleare.
Negli Stati Uniti l’ultimo reattore costruito è stato ordinato nel 1974. Per stimolare investimenti privati nel settore nucleare – che
rischia in quel Paese un declino in assenza di nuovi reattori che sostituiscano quelli che dovranno essere chiusi – il Presidente Bush
aveva introdotto incentivi, tra cui fondi di garanzia statali per le banche (se il progetto fallisce il prestito delle banche è rimborsato
dallo stato). Nessuna banca USA, infatti, presta soldi per la costruzione di centrali nucleari senza una piena garanzia dello stato. Tra
le domande presentate per accedere ai fondi di garanzia, una riguardava la costruzione di un EPR, lo stesso reattore che si vuole
costruire in Italia e che, secondo Enel-EDF costa 4,5 miliardi di euro. Il DOE aveva proposto all’azienda USA Constellation di coprire
i rischi bancari con una quota di 7,5 miliardi di dollari su un costo totale preventivato del reattore di 9,6 miliardi di dollari, vale a dire
circa 7 miliardi di euro.
Questa non è una valutazione accademica, ma il costo accettato dall’amministrazione USA per erogare fondi di garanzia per
la costruzione di un EPR. Ad ogni modo, l’azienda Constellation – socia di EDF nel consorzio Unistar - ha rifiutato il fondo di
garanzia e ha cancellato il progetto per la costruzione del primo EPR negli USA. Questa notizia, pubblicata dal Washington
Post l’8 ottobre del 2010, è stata ignorata dalla gran parte degli organi di informazione in Italia.
La stima del costo non poi è campata in aria: rispecchia i ritardi e i problemi emersi nella fase di costruzione nei due cantieri europei,
uno in Finlandia a Olkiluoto - gestito dal costruttore francese Areva - e l’altro in Francia a Flamanville (Enel partecipa col 12%)
indicano che i costi dell’EPR sono ben maggiori di quanto propagandato. In Finlandia lo schema contrattuale coinvolgeva un
consorzio di grandi consumatori industriali (ELFI), associati come no-profit per ragioni fiscali, che avrebbero acquistato energia
elettrica a prezzi di costo. E’ dunque uno schema che prevede una cessione dell’elettricità “fuori dal mercato”.
Alla firma del contratto il costo del reattore era previsto in 3,2 miliardi di euro (con prestiti bancari “politici” con interessi al 2,6%) e la
costruzione in 4 anni. Ma i tempi e i costi sono nel frattempo raddoppiati. Per questa ragione l’azienda elettrica finlandese TVO (che
acquista il reattore) nel 2009 ha fatto causa ad Areva accusata dei ritardi del cantiere a Olkiluoto (e dei conseguenti maggior costi)
chiedendo un risarcimento di 2,4 miliardi di euro; Areva, a sua volta, faceva causa alla TVO cui imputa le responsabilità dei
ritardi, chiedendo danni per 1 miliardo di euro
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In definitiva, si può affermare che gli elevati investimenti richiesti per un piano nucleare richiedono le garanzie
del governo sia per le variazioni di costo in corso d’opera (o per il fallimento del progetto) che per gli oneri
finanziari sui crediti aperti dalle banche alle società costruttrici; e questi costi vengono scaricati sulle bollette
dei cittadini. Senza intervento pubblico, senza incentivi – a oltre 50 anni dal suo decollo industriale –
non c’è spazio per il nucleare. Poiché il costo di un EPR è, a oggi, di circa 7 miliardi di euro, i quattro
reattori dell’accordo Berlusconi – Sarkozy costerebbero circa 30 miliardi di euro; e questo per coprire un
dieci per cento (ma quale 25% di cui parla il governo!) della richiesta di elettricità prevista per il 2020. Ma
neanche il più accanito nuclearista crede poi che questo modesto ma costosissimo contributo sarebbe
disponibile prima del 2022-24.
La mole degli investimenti richiesti, il complesso di risorse da mobilitare (industriali, organizzative,
amministrative) rendono la scelta nucleare incompatibile con il conseguimento degli obiettivi europei – i
tre 20% al 2020 – al di là delle chiacchiere della propaganda. E infatti il governo ha tentato più volte, finora
invano, di abolire la detrazione del 55% per la riqualificazione energetica delle abitazioni private, e ha spento
le fonti rinnovabili col decreto del 3 marzo scorso. Intanto Enel vende il suo comparto energie rinnovabili per
fare cassa per il nucleare.
L’energia elettrica è in Italia più cara perché non abbiamo fatto il nucleare?
Balle!
Se in Italia l’energia elettrica per le utenze domestiche costa più che negli altri paesi non è certo per
l’assenza d’impianti nucleari (costruiti negli anni 70 e 80 a costi minori di quelli di oggi) ma piuttosto per vari
aspetti ed extracosti caratteristici del sistema elettrico italiano.
Sulla tariffa che paghiamo nelle nostre case, circa un terzo è il costo di produzione, mentre la maggior parte è fatta da altre
componenti legate al ricarico dei produttori, ai costi di distribuzione, alle tasse eccetera.
Uno dei fattori che incidono è il meccanismo di formazione del prezzo dell’elettricità nella Borsa elettrica, detto anche “sistema del
prezzo marginale”. Secondo tale sistema il prezzo orario dell’energia elettrica scambiata è fissato sul prezzo più alto offerto
dai produttori. In sostanza con questo meccanismo a tutti i fornitori di energia elettrica è riconosciuto il prezzo più alto tra tutte le
offerte fatte in una certa ora. Come dire un meccanismo dove tutti i produttori ci guadagnano a scapito dei cittadini che si
vedono lievitare le bollette.
In Italia, infatti, i margini di guadagno per i produttori sono quasi doppi rispetto a quelli degli altri paesi europei.
A gonfiare poi le nostre bollette ci sono anche le incentivazioni del famigerato meccanismo CIP 6 (dal nome della deliberazione del
Comitato Interministeriale Prezzi del 1992) con cui non solo le energie rinnovabili ma, soprattutto, le così dette “fonti assimilate”
(scarti della lavorazione del petrolio, rifiuti indifferenziati, ecc.) hanno beneficiato di tariffe fortemente incentivanti pagate dai cittadini
tramite la componente tariffaria A3 della bolletta elettrica. L’aspetto scandaloso è che circa l’80% degli incentivi CIP 6 sono stati
destinati alle cosiddette “assimilate” che tutto sono tranne che fonti rinnovabili e pulite. Un vero regalo a petrolieri e
inceneritori.
A queste si possono aggiungere altre “peculiarità” italiane: la rendita di posizione dell’operatore dominante (Enel) per la
cessione all’Acquirente Unico dei contratti pluriennali d’importazione (ovviamente fatta a prezzi molto vantaggiosi per l’Enel) oppure
il costo d’interrompibilità (la possibilità per certe utenze industriali di subire l’interruzione del servizio in cambio di tariffe scontate)
che, di fatto, consente a soggetti industriali di beneficiare di tariffe elettriche particolarmente vantaggiose.
Tutto l’insieme di distorsioni che caratterizzano il sistema elettrico italiano, che, come abbiamo visto, non
c’entrano nulla con il nucleare, fanno si che le bollette pagate dai cittadini lievitino di almeno un 20%,
senza cui sarebbero equiparabili a quelle degli altri paesi europei.
Le centrali di ultima generazione sono totalmente sicure.
ASSOLUTAMENTE NO!
I nuovi reattori di generazione “III+” o “avanzata” – l’EPR francese o l’AP-1000 della Westinghouse –
dovrebbero reggere l’impatto con un aereo senza subire danni gravi. Già nel 2006 in Francia era emerso da
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documenti riservati di fonte EDF che l’EPR può reggere a un incidente aereo con un velivolo militare di piccole
dimensioni (che produca un incendio che si esaurisca in 2 minuti). Di fronte a questa notizia EDF aveva
dichiarato che la protezione dal terrorismo è compito dello stato e non delle aziende. I nuovi grandi aerei di
linea sono invece di dimensioni assai maggiori e possono avere alla partenza anche 100 tonnellate di
carburante (in caso d’impatto col reattore, provocherebbero un incendio che non si esaurisce certamente in 2
minuti).
Alla fine del 2010 la Nuclear Regulatory Commission (NRC, l’Autorità di sicurezza nucleare USA) ha respinto
lo studio sui rischi da impatto con un aereo presentato dalla Westinghouse nella procedura di autorizzazione
del suo reattore AP-1000. La motivazione del rigetto dello studio – che andrà ripresentato – è che lo scenario
dell’incidente non è realistico.
Inoltre, sia l’EPR che l’AP-1000 prevedono di “bruciare” di più il combustibile nucleare, con un aumento della
radioattività delle scorie. Dunque, in caso di incidente grave con rilascio di emissioni all’esterno, potremmo
avere rilasci maggiori di radioattività avendo questi reattori quantità maggiori di radioattività al loro interno. Nel
caso dell’EPR, questo è ancora più evidente, trattandosi della più grande unità nucleare mai costruita (1.600
MW).
Gli EPR in costruzione nel mondo sono solo tre, due in Europa (Finlandia, Francia) e uno in Cina. Sono
quindi, a proposito di sicurezza, dei prototipi industriali, la cui realizzazione viene pertanto seguita con
doverosa attenzione dagli enti preposti alla sicurezza nucleare. La NRC 6, negli Stati Uniti, non ha licenziato
nessuno dei due tipi di centrale (EPR, AP-1000). E tre agenzie europee per la sicurezza nucleare, la
britannica HSE’sND, la finlandese STUK e la stessa agenzia francese ASN hanno clamorosamente bocciato
con un comunicato congiunto (novembre 2009) l’EPR di Areva (rilevando che il sistema che, secondo il
progetto, deve garantire in modo autonomo l’emergenza non è invece disaccoppiato da quello d’esercizio
ordinario).
Gli interventi dell’agenzia di sicurezza stanno causando ritardi enormi per il reattore di Olkiluoto (Finlandia), il primo dei due che
doveva entrare in esercizio alla fine 2010. Anche negli USA la NRC ha chiesto la modifica dei sistemi di automazione e controllo
d’emergenza dell’EPR, problema che ad oggi (marzo 2011) non è ancora stato risolto e che è una delle questioni ancora aperte per
le quali i tempi di autorizzazione dell’EPR sono stati ulteriormente ritardati.
Ad ogni modo, nessuno dei due tipi di reattore, EPR e AP-1000, è stato progettato secondo criteri di sicurezza intrinseca,
cioè la previsione che il reattore sia in grado di “autoregolarsi” (senza l’intervento di un operatore umano o di un feedback
elettronico) anche in caso di incidente.
Nati negli anni ‘50 da progetti militari – i motori per le navi da guerra e i sottomarini atomici – tutti i reattori
nucleari oggi diffusi nel mondo non potevano certo avere come priorità la sicurezza o la gestione delle scorie
radioattive. Gli indubbi miglioramenti apportati hanno richiesto molto tempo (30 anni dall’incidente di Three
Mile Island ad Harrisburg, Usa) e sono puramente ingegneristici, non toccano la Fisica del reattore. Pertanto
tutti i problemi di sicurezza restano sostanzialmente invariati anche con la terza generazione
“avanzata”.
Si capisce allora la critica di Rubbia: “I miglioramenti sono marginali, non vanno a intaccare il cuore del
problema.. stiamo parlando di una tecnologia che risale agli anni ’60, ai tempi dei primi sottomarini
nucleari. Ma veramente vogliamo tenerla in vita fino al 2050, quando avrà quasi un secolo di storia
sulle spalle?”
Il nucleare è una fonte pulita che di norma non produce impatti.
Decisamente falso.
Al di là del rischio di incidenti gravi, i reattori nucleari rilasciano radioattività in aria e in acqua, nel corso del
normale funzionamento e a causa di incidenti piccoli che sono abbastanza frequenti. Sulle “emissioni di
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routine” e sui rischi sanitari delle basse dosi di radiazioni impartite alla popolazione esposte per lungo tempo vi
è una polemica da decenni.
Il nucleare non è pulito. La contaminazione radioattiva riguarda tutto il ciclo del “combustibile” nucleare: dall’estrazione in miniera
dell’uranio, alla lavorazione per preparare le pasticche (“yellow cakes”) da impilare nelle barre che vanno inserite nel “cuore” del
reattore, ai rilasci radioattivi durante il funzionamento della centrale, al ritrattamento del combustibile “irraggiato” nel reattore (in
appositi impianti dove la contaminazione è elevatissima), al condizionamento delle scorie radioattive, al loro confinamento e, infine,
allo smantellamento della centrale (“decommissioning”) che produce il maggior volume di scorie.
Limitandoci alla centrale nucleare – la fase più importante del ciclo –, durante il suo normale esercizio
vengono contaminati non solo i lavoratori al suo interno ma anche le popolazioni che vivono intorno alla
centrale, in quanto sono consentiti dei rilasci di radioattività all’esterno dell’impianto.
Questa contaminazione è quindi responsabile delle dosi di radioattività a carico dei lavoratori, professionalmente esposti nella
centrale, e delle popolazioni intorno alla centrale; per i lavoratori è ammessa una dose venti volte superiore (20 milliSievert) a quella
della popolazione (1 milliSievert).
L’ICRP, l’organo tecnico internazionale di radioprotezione, ha riconfermato nel suo ultimo documento che i valori limite di dose, sia
per gli addetti alla centrale che per la popolazione, con una stima di rischio per danni somatici (tumori, leucemie) e genetici che
corrisponde non al minimo possibile ma a quel livello di rischio al di sotto del quale i costi per la difesa della salute
renderebbero inattuabile il ricorso all’energia nucleare.
In Germania è stata realizzata un’indagine epidemiologica, statisticamente rigorosa, per valutare i danni alla
salute della popolazione. Commissionata all’Università di Mainz (Magonza) dall’Ufficio Federale tedesco per la
radioprotezione (Kikk Study), che ha riguardato tutte le 17 centrali nucleari tedesche relativamente al periodo
1980 – 2003.
Questa accurata indagine, la più ampia mai condotta sul campo, conclusa nel 2008, e successivamente
approvata dal governo tedesco, ha mostrato una dipendenza dell’insorgenza di patologie infantili (bambini
da 0 a 5 anni) dalla vicinanza alla centrale: addirittura, nel raggio di 5 km dalla centrale è stato rilevato un
incremento rispetto alla media di 1,6 volte dei tumori embriogenetici (del feto nel ventre materno) e di 2,2 volte
delle leucemie infantili rispetto ai casi attesi.
Con buona pace del prof. Veronesi, presidente dell’agenzia italiana per la sicurezza nucleare, che, ignaro del
lavoro ultradecennale dell’ICRP e del Kikk study, continua a dichiarare a proposito dei danni alla salute: «E’
un’invenzione assoluta. Non esce nulla. Meglio, esce dell’acqua, che può avere minime quantità di radiazioni,
ma molto inferiori anche rispetto al livello di legge. Non crea problemi». E dovrebbe essere il “garante” dei
cittadini per la sicurezza nucleare. Da rabbrividire.
Siamo già circondati da reattori, allora tanto vale farne anche da noi.
Una logica “atomica”.
E allora, tanto peggio tanto meglio? L’osservazione finge poi di ignorare – la formulò per primo Felice Ippolito
oltre trent’anni fa – che il rischio in caso di incidente nucleare è puntuale, cioè è tanto maggiore quanto
più vicini si è alla sorgente di radiazioni: questa semplice osservazione è alla base di uno dei principi
della radioprotezione. Anche nei piani d’emergenza nucleare, la pericolosità e le misure conseguenti si
vanno riducendo man mano che ci si allontana dal reattore. Nel caso di incidente grave è possibile che la
contaminazione viaggi molto lontano e poi ricada con le piogge; l’Italia nel caso di Cernobyl è stata
parzialmente schermata dalle Alpi (alcune zone delle quali sono state contaminate dalla nube) ma i livelli di
contaminazione riscontrati da noi sono di gran lunga inferiori a quelli registrati in Bielorussia, Ucraina, Austria
ed Europa centrorientale.
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Argomenti principali sul nucleare - pag 7 di 9
Secondo i dati ufficiali a Cernobyl, in fondo, non è successo niente di grave.
Un’offesa alle vittime, anche quelle che purtroppo ancora ci saranno.
Alcuni riescono perfino a dire che i soli morti “dimostrabili” sono le poche decine di “liquidatori”, quei pompieri,
soldati e personale tecnico che fu coinvolto nello spegnimento dell’incendio. Ma si tratta di una affermazione
intellettualmente disonesta: le radiazioni ionizzanti produrranno certamente delle conseguenze sanitarie, ma le
stime divergono. Le stime (ufficiali) dell’IAEA sono di 4.000 casi di tumore. L’OMS aveva fatto una stima di
oltre 9.000 casi di tumore in 70 anni, mentre altre stime oscillano tra i 30-60.000 casi fatali di tumore ma altri
studi portano a valori molto più alti.
Ad esempio, un ampio studio di una cinquantina di ricercatori delle Accademie delle Scienze di Bielorussia e
Ucraina stima 250 mila casi fatali di tumore nell’arco dei 70 anni dall’incidente, cui vanno aggiunti quelli di
altre patologie che porterebbe il conto fino a circa un milione. Lo studio finale è stato pubblicato dalla
Accademia delle Scienze di New York nel 2009.
Lo studio TORCH, elaborato dai ricercatori inglesi Ian Fairle e David Sumner, ha valutato i tassi di
malformazione nei nuovi nati tra il 2000 e 2006 in alcune aree contaminate da Cernobyl. A Rivne, 200 km
da Cernobyl si è riscontrato un tasso di difetti del tubo neurale di 22 su 10 mila nati e a Polissia di 27 contro
una media europea di 9 casi su 10 mila nati. Anche per altre malformazioni come la microcefalia e la
microftalmia, sono stati riscontrati tassi del triplo rispetto alla media europea.
L’ultimo rapporto delle Nazioni Unite (UNSCEAR 2008) ancora una volta minimizza i danni
dall’incidente, ciò nonostante sottolinea come si siano verificati 6.800 tumori alla tiroide nei bambini delle
aree più colpite. Uno degli autori del rapporto, il radiologo Fred Mettler dell’Università del New Mexico, ha
affermato che “La domanda che ci fanno è: quale percentuale di questi è dovuta all’incidente? La risposta è: la
maggior parte”.
La costruzione del secondo sarcofago per coprire il reattore numero 4 colpito dall’incidente, prosegue con
molti ritardi. Funzionari della Commissione Europea hanno valutato in 750 milioni di euro il costo per costruire
una copertura più sofisticata sopra il sarcofago che rischia di crollare. In questo modo i costi totali per
coprire il reattore saliranno a 1,5 miliardi di euro, il doppio del previsto.
La questione delle scorie nucleari è risolta.
Magari!
Negli Stati Uniti è dagli anni ’70 che si sta studiando un deposito definitivo per le scorie radioattive a più alta
intensità. Nel 1978 furono avviati gli studi nel sito di Yucca Mountain, nel deserto del Nevada. I costi di
costruzione di questo sito supereranno i 54 miliardi di dollari (che dovranno essere pagati con le tasse dei
contribuenti), ma non è affatto certo che questo entrerà mai in funzione.
La data d’inizio dello stoccaggio, infatti, è stata più volte fatta slittare (oggi si parla forse del 2017), questo a
causa di numerosi problemi, non ultimo il fatto che il DOE statunitense ha denunziato omissioni e irregolarità
negli studi geologici che minano la sicurezza stessa del sito. Peraltro proprio a marzo 2010 l’amministrazione
Obama ha tagliato ingenti fondi a questo progetto, dando un forte segnale di non ritenerlo idoneo come
deposito geologico per le scorie.
Ma anche se il deposito di Yucca Mountain dovesse, un giorno, entrare in servizio, potrà contenere circa
70.000 tonnellate di rifiuti radioattivi, peccato che nel 2017 gli Stati Uniti avranno accumulato 85.000 tonnellate
di combustibile esausto dalle loro centrali nucleari.
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Argomenti principali sul nucleare - pag 8 di 9
Agli attuali ritmi di produzione mondiale di elettricità nucleare e armamenti nucleari, il mondo avrebbe
bisogno di un deposito con capacità di Yucca Mountain ogni due anni.
Oltre alle scorie che si producono a valle del reattore nucleare ci sono quelle che vengono generate dalla
produzione del combustibile. Per produrre le 160 tonnellate di Uranio necessarie a un reattore standard per un
anno, se si parte da rocce di granito ricche di Uranio (1000 parti per milione) è necessario lavorare 160 mila
tonnellate di roccia che finisce come rifiuto essendo, oltre che radioattivo, fortemente contaminato dalle
sostanze chimiche impiegate. Si tratta quindi di materiali inquinati e inquinanti che spesso vengono
abbandonati sul posto con gravissimi danni per l’ambiente e la salute delle persone stesse. Un caso recente è
stato denunciato in Niger, dove gli scarti dell’estrazione di Uranio contaminavano i villaggi esponendo le
popolazioni a dosi di radiazione.
I pur modesti programmi nucleari che l’Italia aveva sviluppato nel passato e che furono chiusi con il
referendum del 1987, ci hanno lasciato la pesante eredità dello smantellamento delle centrali e della gestione
delle scorie. Aspetti che sono assai lontani da qualsiasi vera soluzione malgrado l’elevato costo che i cittadini
italiani hanno già dovuto sostenere con le proprie bollette elettriche.
Nel Regno Unito i costi per smantellare i reattori di prima generazione e per bonificare il sito nucleare di
Sellafield – impianto di ritrattamento del combustibile irraggiato da cui si estrae plutonio – sono stati stimati
in 90 miliardi di euro. Il piano approvato dal governo prevede di effettuare i lavori nel corso dei prossimi
120 anni.
La questione delle scorie radioattive più pericolose e di tempo di dimezzamento (il tempo che occorre per
ridurre della metà la radioattività di un elemento) enorme (dalle migliaia ai milioni di anni) costituisce ancora
un problema di ricerca fondamentale. La “vetrificazione”, spesso contrabbandata come soluzione del
problema, è soltanto una fase di condizionamento di queste scorie, resta aperto il problema del loro
confinamento in siti geologici adeguati; ma dopo il venir meno, con la chiusura del sito sperimentale di
Carlsbad (WIPP, nel New Mexico, Usa), delle certezze sulla capacità di isolamento dall’acqua delle rocce
saline, sia negli Stati Uniti che in Francia si è alla ricerca per sperimentare nuove soluzioni. D’altro canto, i
megaprogetti di ricerca fondamentale per “incenerire” le scorie “bombardandole” con acceleratori di particelle
(ADS), tipo quello del CERN di Ginevra, o con laser, in modo da ridurre i tempi di dimezzamento dei
radionuclidi a una gestione possibile, incontrano grandi difficoltà a decollare a causa degli elevati costi previsti.
Solo nella “provincia” italiana il prof. Veronesi si può permettere di affermarendo che lui dormirebbe con le scorie in camera da
letto. Come Presidente dell’Agenzia della sicurezza nucleare, il prof. Veronesi andrebbe denunciato per falso ideologico. Infatti, a
seconda del tipo di contenitore, la radioattività delle scorie vetrificate a un metro di distanza è di 40, 100 o 200 microSievert all’ora
(World Nuclear Transport Institute, luglio 2006). Supponendo che il professor Veronesi dorma 6 ore a notte riceverebbe una dose
di radioattività che, grosso modo, è da 80 a 430 volte superiore a quella consentita. Quali conseguenze? Se, per assurdo, tutti
i cittadini italiani seguissero l’esempio di Veronesi riceverebbero una dose collettiva di oltre 5 milioni di Sievert, cui corrisponde un
aumento di 250 mila casi mortali di tumore all’anno (piu di 2 volte l’atteso!).L’Autorità di sicurezza nucleare dovrebbe garantire
la salute e la sicurezza dei cittadini e non promuovere propagandisticamente il nucleare usando argomenti irresponsabilmente falsi,
oltre che ridicoli..
Comitato nazionale vota SI per fermare il nucleare
Argomenti principali sul nucleare - pag 9 di 9
Il nucleare serve a combattere i cambiamenti climatici?
Assai poco e fuori tempo massimo.
Il nucleare copre, come si è detto, una quota minima degli usi finali dell’energia a livello globale.
Anche raddoppiando entro il 2030, secondo lo scenario dell’Agenzia internazionale per l’energia dell’OCSE
(IEA), la potenza nucleare attualmente installata, si ridurrebbero le emissioni di CO2 di meno del 5% (non
contando la CO2 prodotta per tutto il ciclo), e non certo del 20% entro il 2020, l’obiettivo confermato dalla
sedicesima Conferenza delle Parti della Convenzione sui Cambiamenti Climatici a Cancun nel dicembre 2010.
Non è davvero col nucleare che si può dare una risposta all’urgenza con cui, già nel 2005, le Accademie delle
Scienze richiedevano al G8 di Gleneagles una “prompt action” per far fronte ai cambiamenti climatici *.
*Joint science academies’ statement: Global response to climate change, 7 giugno 2005
Stando ai dati ufficiali (Terna 2009 Dati statistici sull’energia elettrica in Italia), gli impianti di produzione elettrica presenti nel nostro Paese hanno una capacità di produzione potenziale di circa 105.000 MW (erano 101.447 MW a fine 2009).
A fronte di ciò, il picco massimo dei consumi ha sfiorato nel 2007 i 57.000 MW (nel 2009 è stato invece di 51.873 MW).
In poche parole la potenza elettrica installata oggi in Italia è pari al doppio del consumo massimo di cui abbiamo bisogno.
Inoltre, va considerato che sono in fase di costruzione centrali per ulteriori 5.000 Mw e sono sottoposte ad iter autorizzativo altre centrali per complessivi 15.000 Mw.
Conseguentemente, il problema dunque non è quello di avere bisogno di nuova energia, ma di un’energia diversa, capace di diminuire la nostra dipendenza dalle risorse fossili e capace di inquinare di meno. Il dibattito dell’energia oggi è dunque di scenario, di prospettiva, ed in quanto tale di modello di sviluppo.
Per motivi strettamente legati alla recessione economica, la domanda di energia in Italia è calata. Sempre stando ai dati TERNA, nel 2009 la richiesta di elettricità è stata pari a 320,3 miliardi di kWh , cioè il 5,7 % in meno rispetto all’anno precedente. La gran parte di questa energia (cioè l’86 %) viene prodotta in Italia.
Il motivo per cui importiamo energia, pur avendo a disposizione impianti capaci di soddisfare anche quest’esigenza, è generato dalla convenienza economica dell’acquisto del surplus non utilizzato dell’energia prodotta soprattutto (ma non esclusivamente) in Francia con le centrali nucleari: le centrali nucleari non si spengono nè se ne può modulare la produzione e dunque la notte, quando i consumi sono ridotti, l’energia non utilizzata viene “svenduta” e dunque conviene comprarla piuttosto che produrla in proprio a costi maggiori.
La produzione elettrica derivante da centrali termoelettriche in Italia è ormai per circa la metà garantita dal gas naturale (era per il 22% nel 1994). Importante (e preoccupante per le emissioni in relazione ai cambiamenti climatici) la quota del carbone attestata all’11,9%. (per avere un quadro di sintesi della situazione italiana basti vedere le relazioni TERNA).
Un aumento significativo degli impianti e della potenza istallata, pari a circa al 20% del totale, si è avuto negli ultimi anni a seguito dei provvedimenti normativi adottati dopo il “blackout” del 28 settembre 2003.
Com’è ormai noto e documentato l’evento fu causato da un problema verificatosi sulla rete svizzera che, per motivi di convenienza economica, di notte trasferisce in Italia una significativa quantità di energia; l’effetto sul nostro Paese fu clamoroso e la successiva comunicazione - sbagliata quanto “pilotata” - portò a far credere che la situazione gravissima che si era determinata avrebbe potuto certamente ripresentarsi se non si fosse provveduto rapidamente ad aumentare la nostra capacità di produzione elettrica.
Da un lato, grazie al processo di privatizzazione e liberalizzazione avviato, dall’altro grazie a nuove norme approvate (tra cui la legge 239/2004 detta “sblocca centrali”) furono semplificate le procedure per nuovi impianti che in larghissima parte prevedevano l’utilizzo del gas.
L’aumento esponenziale dei consumi di gas naturale ha reso necessaria la realizzazione di un’apposita rete di metanodotti capaci di garantire l’importazione costante dai principali Paesi di approvvigionamento che sono Algeria, Russia, Olanda e Norvegia.
I gasdotti nazionali d’importazione, gestiti dall’ENI, sono il TEMP di 924 km che collega l’Olanda, il TRANSITGAS che aggiungendo 291 km al TEMP collega la Norvegia, il TAG lungo 1018 km che garantisce l’arrivo di gas dalla Russia; due infine i gasdotti di collegamento con l’Algeria, il TTPC di 742 km e il TMPC di 775 km. A questa rete s’innesta poi un complesso sistema di gasdotti minori che garantisce la distribuzione sul territorio nazionale.
A fronte di circa 80 miliardi di metri cubi di gas annualmente utilizzati in Italia (76.7 miliardi nel 2009 contro 83,4 nel 2008), solo un decimo di questi viene prodotto nel nostro Paese, ed oltre la metà di questi sono importati da Russia (23 miliardi di metri cubi) ed Algeria (22 miliardi di metri cubi).
Non v’è dubbio alcuno che nel campo elettrico l’Italia abbia sostituito la propria dipendenza dal petrolio con una nuova dipendenza dal gas. Ma questo giustifica la scelta nucleare?
Ammesso ed assolutamente non concesso che sia così, c’è un elemento di clamorosa contraddizione che va analizzato, rappresentato dalla proliferazione di impianti di rigassificazione a cui si sta assistendo. Indubbiamente, a seguito dell’aumentato utilizzo di gas naturale, il nostro Paese ha necessità di alcuni impianti di rigassificazione. In passato il primo Governo Berlusconi ne aveva stimati 4 o 5 a secondo della taglia; il Governo Prodi ne aveva ipotizzati 3 o 4.
In realtà, tra quelli autorizzati e quelli con l’iter autorizzativo avviato, in Italia si prospetta una situazione con 11 impianti (Augusta, Brindisi, Gioia Turo, Livorno offshore, Porto Empedocle, Porto Recanati, Portovesme, Rosignano, Taranto, Trieste offshore; Trieste Zaule) con una capacità complessiva di rigassificazione addirittura maggiore al quantitativo annuale di gas importato: stando all’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas, l’insieme degli impianti di rigassificazione avrà una capacità pari a 84,75 miliardi di metri cubi annui.
E’ di tutta evidenza che tale quantità di gas non serve al nostro Paese: il sistema che si sta realizzando serve per fare dell’Italia un terminale della distribuzione del gas a livello mediterraneo; tutti hanno cavalcato una presunta crisi energetica per facilitare la realizzazione di servizi e strutture con finalità ben diversa dall’approvvigionamento nazionale.
Nel frattempo sono stati rinnovati i contratti d’importazione che, nel caso della Russia con l’accordo ENI GAZPROM, garantiscono forniture al nostro Paese sino al 2035. Tutto ciò significa che stiamo aumentando con certezza la dipendenza del nostro sistema economico dal gas.
A fronte di questo dato, i 6.400 MW degli impianti nucleari che s’intende realizzare non modificano la situazione. Allo stato attuale, dunque, l’apporto di energia elettrica che il nucleare porterebbe in Italia con i quattro impianti previsti dal Governo Berlusconi sarebbe pari a circa il 6% della potenza elettrica installata.
A fronte di tutto ciò si registra un aumento anche della produzione elettrica delle energie rinnovabili. Gli impianti di energia eolica sono passati dai 1.127 MW di potenza istallata nel 2004 ai 4.897 MW del 2009.
Importante anche la crescita dell’energia solare: secondo il Gestore Servizi Energetici alla fine del 2010 a beneficiare i vantaggi del cosiddetto “conto energia” sono impianti che complessivamente hanno una potenza installata superiore ai 3000 MW (leggi). Se si considera che nel 2009 in Italia sono stati istallati impianti per 730 MW (contro i 183 MW della Francia istallati nello stesso periodo, ma anche contro i circa 3.000 MW della Germania istallati sempre nel 2009) ci si rende conto della forza con cui questo settore cresce.
Ma al di là dei risultati anche eccezionali, quello che occorre domandarsi ai fini di una corretta valutazione dell’energia rinnovabile nel contesto energetico complessivo, è se queste fonti siano state realmente alternative.
Purtroppo dobbiamo dire che, a causa di un’errata politica energetica (o se si preferisce, a causa della mancanza di una politica energetica pubblica) l’energia da fonte rinnovabile è stata aggiuntiva e non sostitutiva di quella fossile.
Queste rappresentano certamente l’alternativa possibile, in parte già oggi lo sono, ma non vengono trattate in quanto tali, anzi vengono utilizzate dai grandi produttori più come posizionamento d’immagine che non come scelta strategica aziendale.
A supportare questa riflessione sono i dati percentuali. Nonostante la crescita delle energie rinnovabili, infatti, considerando ovviamente anche il fondamentale apporto dell’idroelettrico dovuto ad impianti ereditati dai nostri nonni, la loro percentuale rispetto al totale della produzione elettrica non ha avuto significativi incrementi, questo perché contemporaneamente aumenta anche il numero di impianti ad energia fossile e conseguentemente la quantità di elettricità da essi offerta.
Il dibattito italiano viene anche condotto attraverso molti luoghi comuni, primo fra tutti quello relativo al costo delle produzioni elettriche che vedrebbero svantaggiate le fonti rinnovabili rispetto a quelle fossili ed in particolare rispetto al nucleare.
Come hanno dimostrato tutte gli studi internazionali, gli investimenti nel campo delle fonti rinnovabili hanno ricavi a medio e lungo termine addirittura maggiori rispetto alle fonte fossili.
Una corretta analisi del nucleare evidenzia poi come questo sia addirittura meno conveniente delle fonte fossili. A tale proposito uno studio della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, comparando sette studi internazionali, ha documentato come il costo medio di produzione delle nuove centrali a gas sia di 61 Euro/MWh, pari al 16% in meno del costo medio del kilowattora prodotto dalle nuove centrali nucleari.
Il rafforzamento delle energie rinnovabili dunque, non consiste solo nel garantire la loro crescita in termini di impianti ed utilizzo, ma anche nel creare le condizioni affinché progressivamente queste si sostituiscano ai consumi di energia fossile.
Questo significa in Italia ristabilire i termini di un confronto pubblico basato sulla verità e correttezza dei dati che vengono forniti oltre che sull’affermazione di interessi collettivi che spesso non coincidono con quelli dei grandi gruppi industriali di produzione energetica.
Dopo anni di confusione indicibile, dopo che le Istituzioni colpevolmente hanno lasciato che le rinnovabili creassero problemi ambientali tali da aprire un dibattito improprio che anziché concentrarsi sulla loro corretta localizzazione si è trasformato in una spaccatura dello stesso mondo ambientalista, oggi l’Italia si trova nuovamente i conti con lo spettro del nucleare.
Il capitolo del nucleare in Italia viene riaperto a seguito dell’art. 7 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, poi convertito in legge (L. n. 133/2008), che demandava al Governo il compito di predisporre entro sei mesi una “strategia energetica nazionale” che prevedesse “la realizzazione sul territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare”.
Il Governo provvede con alcuni articoli della legge n.99/2009 successivamente integrati da un decreto legislativo emanato sempre dal Governo n. 31 del 15 febbraio 2010. Le integrazioni sono state emanate per contenere i ricorsi presentati da alcune Regioni alla Corte Costituzionale; in realtà alcune Regioni hanno poi sollevato eccezione di costituzionalità anche avverso questo decreto e, attraverso la sentenza n. 33/2011, hanno visto riconoscere alcune delle ragioni avanzate soprattutto in relazione alla necessità del parere che le Regioni interessate devono rilasciare per l’autorizzazione unica necessaria alla costruzione ed all’esercizio degli impianti nucleari.
Inoltre le Regioni Puglia, Campania e Basilicata con norme proprie avevano dichiarato il proprio territorio precluso ad insediamenti per la produzione di energia nucleare e per lo stoccaggio delle scorie; avverso queste decisioni il Governo ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale che lo ha accolto positivamente con la sentenza n. 331 del 17.11.2010 ).
Nel frattempo è in discussione il decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri nel febbraio 2011 che in attuazione alla legge delega 31/2010 disciplina le modalità di localizzazione non solo delle nuove centrali, ma anche degli impianti di fabbricazione del combustibile nucleare e di quelli di stoccaggio delle scorie compreso il sito nazionale per lo stoccaggio definitivo.
Appello internazionale della CRIIRAD per la pubblicazione dei risultati sulla contaminazione
COMUNICATO STAMPA CRIIRAD
RABBIA E INDIGNAZIONE – 1ª Parte
I dati relativi alla contaminazione dell'aria ci sono ma sono confiscati dagli Stati!
La pubblicazione dei dati della rete CTBTO (1) e le informazioni dalle centrali nucleari in America del Nord ci dovrebbero informare in maniera precisa sui livelli di contaminazione dell'aria per permetterci di valutare in modo affidabile i livelli di rischio molto prima che le masse di aria contaminata arrivino in Europa.
CRIIRAD (Commissione di Ricerca e di Informazione Indipendente sulla RADioattività) lancia un appello internazionale invitando cittadini, associazioni, scienziati, eletti… di ogni paese a mobilitarsi insieme per esigere che i risultati relativi alla contaminazione radioattiva dell'aria, ottenuti grazie al denaro pubblico, siano messi a disposizione del pubblico e siano UTILI ALLA SUA PROTEZIONE.
Dati non interpretabili dall'America del Nord!
Più di 10 giorni dopo l'inizio delle emissioni radioattive, le masse di aria contaminata hanno attraversato anche paesi estesi come gli Stati Uniti ed il Canada, paesi che dispongono di impianti efficienti che gli permettono con precisione la concentrazione di attività (2) di ciascuno dei radionuclidi presenti, in ogni caso di quelli più problematici dal punto di vista sanitario. Tuttavia nonostante le ricerche condotte da parecchi giorni, la CRIIRAD non ha trovato nessun dato sulla contaminazione dell'aria. Sono accessibili solo i risultati sulle dosi e sui tassi di emissione di radiazioni beta e gamma che non permettono di valutare il livello di rischio. Del resto questi dati non permettono neanche di stabilire una relazione sicura tra valori elevati ed il passaggio di masse di aria contaminata.
CRIIRAD invierà alle ambasciate di questi due paesi le richieste ufficiali affinché i risultati che detegono i gestori degli impianti nucleari, sia civili che militari, siano pubblicati il più presto possibile.
Precisiamo nel merito che i rilevatori dell'IRSN situati a Saint Pierre e Miquelon, in Martinica ed in Guadalupa, misurano solamente il livello di radiazione (i debiti di dose espressi in mSv/h). Questi risultati non permettono di valutare i rischi.
Blackout Internazionale
Cercando le stazioni di rilevazione tra il Giappone e la Francia, il laboratorio della CRIIRAD si è rivolto alla Rete istituita dall'Organizzazione del Trattato di Interdizione Completa delle Prove nucleari (OTICE) [in francese: CTBTO] (1).
Si tratta di stazioni di monitoraggio situate in tutto il pianeta che registrano i diversi parametri per controllare che nessuna prova nucleare sotterranea sia effettuata in violazione delle disposizioni del trattato (v. Corea del Nord). Esse misurano diversi parametri: dati sismici, idroacustici, infrasuoni e radionuclidi. Una sessantina di queste stazioni sono dotate di laboratori di analisi radiologiche (vedi mappa). Sono in grado di misurare anche livelli molto bassi di contaminazione dell’aria perché uno dei loro compiti è di misurare la contaminazione derivante dai test nucleari atmosferici.
Questi laboratori dispongono di sistemi per la rilevazione di radioattività perfettamente adatti all'identificazione ed alla quantificazione dei prodotti radioattivi presenti nelle masse di aria contaminata dai dagli scarichi radioattivi della centrale nucleare di Fukushima Daiichi.
Sabato 19 marzo la CRIIRAD ha inviato quindi la richiesta di comunicazione dei risultati alla Sig.ra THUNBORG, responsabile della pubblica informazione presso l'OTICE. L'indomani sera ci rispondeva che avrebbe trasmesso la nostra richiesta alla divisione incaricata della sicurezza dei dati (3). Il lunedì successivo, in mancanza di risposta, la CRIIRAD reiterava la sua richiesta insistendo sull'urgenza della situazione e precisando che in mancanza di una risposta veloce avrebbe denunciato pubblicamente la situazione. La Sig.ra THUNBORG ci suggeriva di rivolgerci alle autorità francesi e, desiderosa di aiutarci, ci orientava verso gli articoli che le istituzioni austriache, svedesi e tedesche che hanno accesso ai dati avevano lasciato trapelare alcuni risultati.
Abbiamo ottenuto così alcuni dati ma troppo frammentati ed impossibili da correlare nello spazio e nel tempo.
Due ore più tardi una mail del Sig. SCOTTI (4) indicava che "I dati raccolti dalla rete delle stazioni del STP possono essere comunicati solo ai corrispondenti (centri di dati nazionali) designati dagli Stati Firmatari del TICE.
Per la Francia, l'organizzazione beneficiaria di questi dati è il Commissariato dell'Energia Atomica". Il responsabile del laboratorio della CRIIRAD si rivolgeva il giorno stesso al CEA:
"Vi sarei grato di indicarmi come la CRIIRAD può avere accesso al più presto ai dati raccolti dalle stazioni di monitoraggio della rete OTICE, in particolar modo a ciò che concerne i radionuclidi (particolarmente Cs137 , I131, Sr 90, gas rari, tritium, trans uraniani). Si tratta per noi di affinare le previsioni riguardo all'impatto delle emissioni del sito di Fukushima e di rispondere alle preoccupazioni del pubblico francese.”
La risposta è arrivata a mezzogiorno del giorno dopo: nessun dato ci è stato comunicato.
La rete internazionale delle misurazioni obbedisce alle regole di riservatezza rigorosamente definite dagli Stati membri del Trattato di Interdizione Completa delle Prove. "I dati sono trasmessi unicamente ai punti di contatto nazionale designati dagli Stati, e vengono elaborati nell'obiettivo del Trattato, vale a dire per rilevare se eventuali test nucleari sono effettuati in contraddizione con l'impegno degli Stati che hanno firmato il TICE." Per la Francia si tratta del Commissariato dell'Energia Atomica (CEA), organismo incaricato dello sviluppo delle attività nucleari militari e civili.
La risposta indicava inoltre che "In seguito all'incidente di Fukushima, su richiesta degli Stati firmatari del TICE, i dati sull'attività dei radionuclidi sono trasmessi all'Agenzia Internazionale dell'energia Atomica (AIEA) ed all'Organizzazione Mondiale della Salute (OMS). Le equipe di entrambe le organizzazioni responsabili degli aspetti di sicurezza e radioprotezione possono utilizzarli per integrare tutti i dati forniti dagli Stati, per stabilire le valutazioni necessarie alla protezione delle persone, che possono essere interessate dalle ricadute dell'incidente." Tuttavia né l'AIEA, né l'OMS hanno pubblicato questi risultati.
Bisogna dire che l'AIEA è incaricata della promozione delle attività nucleari civili [v Statuto (5)] e che l'OMS, che normalmente è incaricata della salute pubblica, nel 1959 ha firmato con l'AIEA un accordo che prevede che le due agenzie "agiranno in stretta cooperazione e si consulteranno regolarmente."
BILANCIO
Da più di 10 giorni la centrale nucleare di FUKUSHIMA DAIICHI rilascia scarti radioattivi nell'atmosfera: queste emissioni non sono né controllate né quantificate. Allo stesso tempo le stazioni di monitoraggio situate in tutto il pianeta registrano i livelli di radioattività dell'aria e seguono passo dopo passo l'evoluzione della radioattività nello spazio e nel tempo… ma vigilano gelosamente affinché questi dati restino segreti.
Questa situazione scioccante in tempi normali, è completamente inaccettabile in una situazione di emergenza radiologica. Ed è ancor più inaccettabile perché questa rete di monitoraggio è finanziata con il denaro pubblico!
Infatti gli Stati contribuiscono con un importo di € 55.700.000 per finanziare le stazioni di monitoraggio. I
cittadini americani respirano dal 17 marzo scorso le particelle radioattive rilasciate dai reattori nucleari e dalle piscine di stoccaggio del combustibile esaurito della centrale di FUKUSHIMA DAIICHI.
I contribuenti al bilancio della rete apprezzeranno di non avere alcun dato in compenso dei loro 12 milioni di euro. Un vero e proprio inganno. Si noti che con un versamento di € 3.600.000, i francesi non sono messi meglio.
La CRIIRAD riceve centinaia di telefonate da persone preoccupate della contaminazione dell'aria che respirano, agitate per se stessi e soprattutto per i loro bambini. Vorremmo informare correttamente, e tranquillizzare, se possibile, ma su delle basi solide, tutti i suoi corrispondenti che abitano nel Finistère, in Martinica o in Corea del Sud.
La CRIIRAD invita ogni cittadino, ogni associazione, ogni scienziato, ogni eletto… a mobilitarsi per ottenere la rimozione del segreto sui livelli di contaminazione dell'aria. Prossimamente sarà attivata online una petizione per raccogliere le firme in Francia, ma ciascuno all'estero può fin da subito fare appelli alla mobilitazione ed intervenire presso le autorità del proprio paese per denunciare la situazione.
NOTE:
1 - Il CTBTO - Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty Organisation -è un'Organizzazione istituita nell’ambito del trattato di interdizione totale delle prove nucleari (TICE in francese), accordo multilaterale firmato il 24 settembre 1996 www.ctbto.org
2 - La concentrazione di attività è espressa in becquerel per metro cubo di aria (contrassegnata da Bq/m3). Essa fornisce informazioni sul numero di disintegrazioni che si verificano per unità di tempo e di volume. Un valore di 15 Bq/m3 significa che in un metro cubo di aria, ad ogni secondo, 15 noccioli di atomi radioattivi si disintegrano emettendo radiazioni ionizzati. Questo valore diminuisce in funzione del periodo radioattivo del radionuclide considerato. Il periodo corrisponde al tempo alla cui fine l'attività è divisa per 2: 8 giorni per lo Iodio 131; 30 anni per il Cesio 137; 2 anni per il Cesio 134.
3 - “I have forwarded your request to the Division responsible for the Secure data. They will get back to you in regards to your inquiry. Best regards”, Annika THUNBORG, Spokesperson and Chief of Public Information, Preparatory Commission for the Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty Organization (CTBTO), UN, Vienna, Austria
4 - Lucien SCOTTI, Consigliere della Rappresentanza Permanente della Francia presso le Nazioni Unite e le Organizzazioni Internazionali a Vienna
5 – L’articolo 2 dello Statuto dell'AIEA: "L'agenzia si impegna ad accelerare ed accrescere il contributo dell'energia atomica alle cause della pace, della salute e della prosperità in tutto il mondo. Essa garantisce, nella misura dei propri mezzi, che l'assistenza fornita da essa stessa o dalla sua richiesta, sia sotto la sua direzione o sotto il suo controllo, non è finalizzata ad ulteriori scopi militari.”
Fonte: CRIIRAD
Recensione e diffusione in Italia per RNA - Fabienne Melmi - Angela Di Rito
DOSSIER
COSA SUCCEDE DURANTE IL ‘NORMALE’
FUNZIONAMENTO DELLE CENTRALI ATOMICHE?
«PIÙ TUMORI E LEUCEMIE
SPECIALMENTE NEI BAMBINI»
Epidemiologia ignorata dall’atomo
L’epidemiologia è una dottrina ignorata dal nucleare, anche per questo motivo i vari studi che dimostrano la pericolosità delle centrali nucleari durante il loro funzionamento normale sono sistematicamente osteggiati dall’industria atomica. Ecco alcuni casi d’indagini epidemiologiche sull’argomento e spesso ignorati.
Il caso delle Scorie di Asse. Germania
Attorno al deposito di scorie situato ad Asse, in Bassa Sassonia (Germania), si è verificato un aumento dei casi di leucemia fra gli uomini, e di cancro alla tiroide fra le donne. I numeri hanno seminato un certo nervosismo fra gli abitanti della zona. E le autorità si apprestano ad indagare. Nell’ex miniera di salgemma di Asse durante gli Anni 60 e 70 furono sepolti 126.000 fusti di scorie nucleari, al 90% provenienti da centrali atomiche. Il sito era ritenuto sicuro per un tempo indefinito ma molto, molto lungo. Negli ultimi anni tuttavia l’ex miniera è diventata instabile. Si sono verificate infiltrazioni d’acqua. Alcuni dei fusti che contengono le scorie si sono crepati, col risultato che l’acqua della miniera è radioattiva, e dev’essere costantemente pompata verso gli strati più bassi. Soprattutto, è necessario spostare le scorie. Un lavoro complesso e pericoloso, mai effettuato in precedenza, che dovrebbe iniziare nel giro di qualche mese. Ora il Registro dei tumori ha pubblicato dati secondo i quali nella zona di Asse, fra il 2002 e il 2009, si sono verificati 12 casi di leucemia fra gli uomini: il doppio del numero statisticamente atteso. I casi di cancro alla tiroide fra le donne sono stati addirittura il triplo di quelli statisticamente attesi.
Le centrali di Trillo e Zorita in Guadalajara
Lo studio è stato condotto dal Department of Sanitary and Socio-Medical Sciences, Area of Preventive Medicine and Public Health, Biostatistics and Epidemiology Units, University of Alcalá, Madrid, Spain. sui pazienti ricoverati nell’ospedale di Guadalajara nel periodo 1988-99 scelti, in base alla distanza di residenza dalle centrali, 10, 20, 30 km. Il risultato ha evidenziato che i rischi di contrarre un tumore correlato a un’esposizione radiologica ha un incremento lineare in relazione alla distanza di residenza per la centrale di Trillo, mentre non sono emerse occorrenze significative nella centrale di Zorita. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1740569/
L’Inghilterra e il Galles
Lo studio dell’ICRF Cancer Epidemiology and Clinical Trials Unit, Gibson Laboratories, Radcliffe Infirmary, Oxford, UK, ha analizzato 11 cause di morte legate eventi cancerosi in tre gruppi di popolazione, differenziati in base all’età, tra il 1969 e il 1978 in generale all’interno delle analisi effettuate dal sistema sanitario britannico. Uno dei parametri della ricerca era la prossimità a 15 impianti nucleari delle due regioni ed è emerso che c’è un significativo incremento di mortalità nelle persone al di sotto dei 25 anni per leucemia, per leucemia linfoide e per la sindrome di Hodgkin’s, fenomeni che non riguardavano il gruppo tra i 25 e i 64 anni. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2247055/
La Germania il Kikk studio
Uno studio ufficiale del governo Tedesco dalla Bundesamtes fur Strahlenschutz (BfS) l’Ufficio Federale per la Protezione dalle Radiazioni dimostra che il rischio del cancro sta aumentando per bambini che crescono nelle vicinanze di centrali nucleari. In particolare per la leucemia, un caso speciale di cancro. In Germania, tutti i casi di cancro nei bambini vengono registrati. Quindi, è stato possibile indagare sui casi di cancro dei bambini dal 1980 al 2003. Coinvolti nello studio di ricerca erano: 1.592 bambini d'età inferiore ai 5 anni che hanno preso la malattia, e 4.735 bambini in buona salute. Il risultato ha mostrato un rischio significativamente più alto di contrarre il cancro se i bambini abitavano nei pressi delle centrali. Secondo i normali valori statistici nazionali, ci sarebbero 48 casi di cancro e 17 casi di leucemia dentro il sopracitato raggio di 5 km intorno alle centrali nucleari. Sono stati riscontrati, invece, 77 casi di cancro (60% più del previsto) e 37 casi di leucemia (117% più del previsto). Sulla Radio Svizzera, il responsabile dello studio, Professoressa Maria Blettner (Università di Mainz) ha affermato che: «Possiamo provare statisticamente che il rischio per i bambini di contrarre il cancro aumenta se crescono vicino ad una centrale nucleare. Non possiamo arrivare ad nessuna conclusioni per gli adulti - semplicemente perché lo studio è relativo solo ai bambini». http://www.bfs.de/en/kerntechnik/kinderkrebs/kikk.html
Le conclusioni degli studi
Tutti questi studi giungono a un’unica conclusione: il rischio di cancro si incrementa per i soggetti che vivono nelle vicinanze delle centrali atomiche e in presenza delle cosiddette ‘piccole dosi’ di radiazioni rilasciate dalle centrali durante il loro normale funzionamento, ma bisogna aggiungere a ciò i così detti piccoli incidenti.
LE MINIERE RADIOATTIVE
Uranio: velenoso fin dall’inizio. Il caso del Niger
Greenpeace - in collaborazione con il laboratorio francese indipendente CRIIRAD e la rete di ONG ROTAB - ha realizzato un monitoraggio della radioattività di acqua, aria e terra intorno alle cittadine di Arlit and Akokan, a pochi chilometri dalle miniere di Areva, accertando che i livelli di contaminazione sono altissimi. «La radioattività crea più povertà perché causa molte vittime. Ogni giorno che passa siamo esposti alle radiazioni e continuiamo a essere circondati da aria avvelenata, terra e acqua inquinate, mentre Areva fattura centinaia di milioni di dollari grazie alle nostre risorse naturali» testimonia Almoustapha Alhacen, Presidente della Ong locale Aghir in'Man. Le analisi mostrano che in quattro casi su cinque la radioattività nell'acqua supera i limiti ammessi dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Nonostante questo, l'acqua viene distribuita alla popolazione. L'esposizione alla radioattività causa anche problemi delle vie respiratorie e non a caso nella regione delle miniere di Areva i tassi di mortalità legati a problemi respiratori sono il doppio che del resto del Paese. La contaminazione per le strade di Akokan, e presumibilmente in altre zone del circondario, è causata dalla folle idea di AREVA di "riciclare" gli scarti delle miniere di uranio per la costruzione delle strade: un modo comodo e poco costoso per smaltire scorie radioattive. Ai livelli di radioattività rilevati da Greenpeace basta stare fermi un'ora al giorno in queste strade per assorbire il massimo della dose annua ammessa dalla Commissione Internazionale per la Radioprotezione (International Commission on Radiological Protection, ICRP). La metà dell'uranio di Areva proviene da due miniere del Niger, paese che rimane poverissimo nonostante da oltre quarant'anni sia il terzo produttore di uranio al mondo. Areva ha firmato un accordo per iniziare a scavare una terza miniera tra il 2013 e il 2014.
GLI INCIDENTI
I cosiddetti “piccoli” incidenti
Non si sa molto sugli effetti dei cosiddetti “piccoli incidenti” di livello Ines compreso tra 0 e 3, in quanto è molto complicato correlare un evento puntuale all’interno di uno studio epidemiologico. Di sicuro però aggravano una situazione che a quanto si è visto è già compromessa. Solo nel 2007 sono stati 942 gli incidenti definiti come minori.
Gli incidenti più gravi
Negli ultimi 40 anni (1970-2010) negli oltre 440 impianti nucleari del Mondo si sono verificati 9 incidenti nucleari compresi tra il 4° e il 7° livello Ines.
1969, 4º livello INES, Lucens (Svizzera)
1973, 4º livello INES, Windscale (Gran Bretagna)
1979, 5º livello INES, Three Mile Island (Pennsylvania, USA)
1980, 4º livello INES, Saint-Laurent-Nouan (Francia)
1986, 7º livello INES, Chernobyl (Ucraina)
1987, 5º livello INES, Goiânia (Brasile)
1999, 4º livello INES, Tokaimura (Giappone)
2006, 4º livello INES, Fleurus (Belgio)
2011, 6° livello INES, Fukushima (Giappone)
Statisticamente si verifica un incidente grave ogni 4-5 anni e non sembra poco specie per il tipo di incidente. Ciò basta a smentire le statistiche dei nuclearisti che spesso affermano che la probabilità di un incidente grave è pari a quella di vincere al Superenalotto.
Gli effetti “normali delle centrali nucleari”
Le centrali elettronucleari sono a oggi 441 nel mondo, alle quali corrisponde il 13% della produzione elettrica totale. Innanzitutto distinguiamo tra funzionamento in condizioni normali e problematiche radioattive relative agli incidenti. Il primo problema è costituito dal trizio (isotopo radioattivo che si forma durante il normale funzionamento delle centrali), idrogeno a massa pesante, tre volte di più dell’idrogeno normale. Questo gas si forma di norma negli strati alti dell’atmosfera per azione dei raggi cosmici sull’azoto e sull’ossigeno; una parte contribuisce a determinare il fondo radioattivo naturale. La maggior parte del trizio presente sul nostro pianeta è di tipo antropico. Cioè prodotto dalle attività umane. Negli ultimi anni la quantità di trizio è aumentata enormemente. È definito un tossico di classe quarta dalla legge. In una centrale si produce un atomo di trizio ogni 10mila fissioni al secondo. Il trizio viene assorbito sia per ingestione, perché entra nella composizione degli alimenti, nonché sotto forma di acqua triziata, che per inalazione. Uno studio del governo tedesco ha dimostrato come vi siano aumenti d’incidenza di leucemie, in particolare nei bambini, e tumori vicino le sedici centrali nucleari del Paese, finanche a distanze di 20-30 chilometri da questi impianti. Le donne in gravidanza possono assorbire radiazioni: le staminali del feto sono sensibilissime e subendo una prima radiazione vi sarebbe una specie di preparazione proleucemizzante del clone; successive radiazioni potrebbero provocare la malattia.
Bambini e radiazioni
Il destino di molti di questi bambini si giocherebbe ancora quando sono in utero. Uno studio fatto in Romania mostra la quantità di trizio trovato nel latte. E la catena alimentare, peraltro, è caratterizzata dall’imprevedibilità dell’assorbimento. La distanza dalle centrali condizionerebbe la quantità di trizio assorbito; vi sono studi pubblicati che tuttavia evidenziano come quantità di trizio non trascurabile possano ancor essere significative a distanze di centinaia di chilometri dall’impianto nucleare. Il trizio cade sotto forma di vapore acqueo, e ha una grande importanza nella formazione delle piogge acide. Il trizio e il carbonio 14 vengono eliminati in situazione di normale funzionamento dai camini dove vengono trasportati nella troposfera, sono fortemente solubili, interferendo con l’uomo. Il trizio si concentra nel sangue e rimane nell’uomo, nella matrice organica in cui si è coniugato e vi persiste praticamente per tantissimo tempo a seconda della costituzione fisico-chimica dei diversi tessuti e del tipo di radionuclide.
Le altre sostanze radioattive
Oltre al trizio altre sostanze radioattive sono prodotte dalle centrali Il cesio (che ha un tempo di dimezzamento di 30 anni), lo stronzio 90 (28), lo iodio 131 (di 8 giorni ma con variabilità enorme, influenzato dall’età e dalle caratteristiche della persona) e il plutonio, che è un inevitabile prodotto delle centrali (25mila anni) ed è anche altamente tossico (la dose letale si stima in un milionesimo di grammo) e il carbonio 14 (5.700). Nei reattori delle centrali con le reazioni fissili, infatti, si forma anche il plutonio. Se inalato, anche in sola frazione di milligrammo, è letale per una persona. Anche lo iodio viene assorbito nella catena alimentare. La tiroide dei bambini è talmente “golosa” di iodio che l’assorbimento è velocissimo. In uno studio di qualche anno fa (dati Cnr sugli effetti di Chernobyl) si vede che dal 1987 in poi c’è un aumento lineare negli adulti e, dato su cui riflettere, ce n’è uno molto più importante, da un punto di vista dell’incidenza del cancro alla tiroide, nei bambini. Negli adolescenti si è avuto un assorbimento a linearità intermedia.
Le conseguenze
Quando evidenziata, la patologia si trova in uno stadio molto più avanzato e si presentava con metastasi linfonodali e polmonari con una frequenza molto superiore alla media; questi tumori erano molto più aggressivi. Un’altra patologia studiata sempre a Chernobyl è la cardiomiopatia da cesio, che ha generato infarti senza fenomeni infiammatori (gli studi sono quelli del dottor Yuri Bandazhevskij). L’Oms ha sempre ammesso che Chernobyl ha prodotto 4.000 vittime. Eugenia Stepanova, una ricercatrice del centro scientifico del governo ucraino dice: «Siamo pieni di caso di cancro della tiroide, mutazioni genetiche che non sono state registrate nei dati che erano sconosciuti venti anni fa». E ancora il vicecapo della commissione di valutazione per la radioprotezione: «Abbiamo studi che dimostrano come 34.499 persone, di quelle che partecipavano alla ripulitura, sono morte di cancro». Il tasso di mortalità è aumentato del 30%. Queste informazioni sono state ignorate dall’AIEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, ente nato sostanzialmente per la promozione del nucleare civile nel 1957 cui aderiscono 137 Paesi. L’AIEA ha una peculiarità che pochi conoscono. A essa, in tema di nucleare, deve rendere conto la stessa Oms.
Piccoli incidenti
Solo nel 2007 ci sono stati registrati 942 incidenti cosiddetti “minori”. Quindi non è che siano così rari come qualcuno sostiene. Incidenti che, peraltro, vengono quasi sempre nascosti. In Spagna hanno dato notizia di un incidente sei mesi dopo che era accaduto. In Francia hanno sconfessato apertamente alcuni studi scientifici che avevano dimostrato come si era verificato un aumento delle leucemie nei bambini nei pressi degli impianti. Dal 1980 al 2005, i casi di cancro della tiroide in Francia sono aumentati negli uomini del 433 per cento e nelle donne del 186% (Joseph J. Mangano, direttore del Radiation and public health project di NewYork). Negli Stati Uniti il 29 gennaio scorso si è scoperto che in una falda di una centrale americana (Vermont Yankee) il trizio presente è mille volte superiore rispetto a quello ammesso dall’Epa, l’agenzia americana, peraltro molto più restrittiva di quella europea. Questo trizio, ora, è in una falda di controllo, ed è monitorato.
(Fonte: Giuseppe Miserotti, Isde - Associazione medici per l’ambiente)
LA RADIOATTIVITÀ IN ITALIA
Gli incidenti più rilevanti, tra centrali, rifiuti e criminalità organizzata
Maggio 1974 - Casaccia (Italia). Si spacca un recipiente contenente plutonio. Non si sa altro.
Centrale Garigliano - lavori per la realizzazione della centrale. Gli incidenti furono 18 fino al 1982, ma solo nel novembre del 1980 ci fu la prima segnalazione ufficiale ai comuni limitrofi delle Province di Caserta e Latina. In quell'occasione venne denunciato un incidente dovuto alle infiltrazioni di acqua di falda nei sotterranei della centrale dove c'erano i contenitori di stoccaggio delle resine provenienti dal sistema di purificazione delle acque del reattore della centrale. L'incidente provocò la fuoriuscita di ingenti quantità di materiale radioattivo (in particolare Cesio 137, Cesio 134 e cobalto 60). Qualche giorno dopo l'incidente "si registrò la morte di 25 bufale che avevano pascolato in aree sommerse dal fiume e la moria di grossi pesci lungo il tratto di mare dove sfocia il fiume Garigliano.
1978 Maggio, Caorso - Il giorno del collegamento della centrale con la rete elettrica (26 Maggio '78) si sono avute fughe limitate nel reparto turbine. Ci sono valvole che non tengono, strutture portanti, come i tiranti che sostengono i tubi del gas radioattivo, mal progettati con calcoli sbagliati.
Marzo 1993 - Impianto ITREC di Trisaia, Rotondella, Italia. Primo incidente radioattivo nell'impianto: versamento sulla spiaggia di liquido contaminato della condotta di scarico a mare.
12 Maggio 2000 - Un sottomarino nucleare inglese subisce un’avaria e rilascia in mare l’acqua radioattiva del circuito di raffreddamento.
2 Ottobre 2000, Saluggia, la piena della Dora Baltea lambisce il deposito nucleare Eurex, il premio nobel Carlo Rubbia afferma che si è stata sfiorata la catastrofe planetaria.
22 Giugno 2001 – Puglia, un peschereccio ‘pesca’ un sottomarino nucleare USA nelle acque territoriali italiane.
15 Novembre 2002 – La Maddalena, un sommergibile nucleare USA entra in collisione con una motonave.
12 Agosto 2003 – La Maddalena, un sommergibile nucleare Usa si trova in avaria, sconosciute le cause.
17 Ottobre 2003 La Maddalena. Si avverte una scossa sismica, i militari italiani affermano che è dovuta a un terremoto in Corsica ma la Francia smentisce. Dopo 20 giorni, un giornale americano riporta la notizia che un sottomarino nucleare si era incagliato in una secca riportando gravi danni allo scafo e all’elica.
2004 – Vicenza presso le Acciaierie Beltrame, fusione accidentale di Cesio 137.
8 Gennaio 2004 – La Maddalena. La CRIIRAD rileva in campioni di alghe tracce di radioattività anomala.
29 gennaio 2004 – Galliate (No) Trafugato Kripto 85, mai più rinvenuto
1 marzo 2004 – Massacra (Ta). Trafugato Iridio 192.
3 Marzo 2004 – Napoli. Sequestrato presso le ferrovie materiale radioattivo
10 Agosto 2004 – Caprera, Un sottomarino nucleare USA s’incaglia, l’evento viene tenuto segreto per 2 settimane.
13 Novembre 2005 – Il CNR rileva tracce di trizio e Cs 137 sul Monte Rosa. Le tracce risalgono ai test nucleari effettuati nel '63 in Algeria e all'incidente nucleare di Chernobyl, e poi arrivate sul Monte Rosa, trasportate per migliaia di chilometri dalle correnti atmosferiche.
25 Novembre 2005 – Teverola (Mt), trafugato Iridio 192, rinvenuto dopo 4 mesi abbandonato in una strada in provincia di Salerno.
9 gennaio 2006 – Pozzuoli (Na), Trafugato Tecnezio 99M mai più rinvenuto
17 gennaio 2006 – Roma, Trafugati 6 fusti radioattivi.
27 febbraio 2006 – Catania, Trafugato Iodio 131, rinvenuto in seguito sul ciglio di una strada.
Maggio 2006 Laboratori Enea di Casaccia si verifica una perdita di plutonio che verrà riconosciuta solo 4 mesi dopo, 6 persone risultano contaminate.
31 agosto 2006 – Napoli, Trafugata una sorgente di Radio
31 agosto 2006 – Salerno, Trafugata una sorgente di Radio
12 Settembre 2006 La Maddalena. Il fronte indipendentista sardo denuncia che gli USA scaricano l’acqua radioattiva dei reattori atomici dei sottomarini davanti alle Bocche di Bonifacio.
Ottobre 2006 – Roma, laboratori nucleari della Casaccia. dichiarata fuga di Plutonio avvenuta 6 mesi prima.
1 Novembre 2006 – Roma, laboratori nucleari della Casaccia. Un inspiegata esplosione distrugge le porte del magazzino contenente plutonio.
1 Giugno 2007 – Abbiate Guazzone, Varese, Scoperta una fonte di Cesio 137
Ottobre 2007 – Basilicata, Riparte un inchiesta sul traffico di plutonio della ‘ndrangheta. Un pentito rivela che 600 fusti radioattivi sono stati sepolti nel materano e che navi cariche di bidoni radioattivi vengono regolarmente affondate al largo del Tirreno.
16 Novembre 2007 – Sarezzo, Brescia. Chiuse e Acciaierie Venete in seguito a un incidente di fusione di Cesio 137 che finisce nei fumi di scarico.
1 marzo 2008 – I Carabinieri sequestrano a Brindisi, Campobasso, Treviso, Milano, Lucca, Frosinone, Latina e Mantova 30 tonnellate di acciaio contaminato da Cobalto 60.
Giugno 2008 – Parma. Una partita di materiale radioattivo viene sequestrata dai carabinieri.
16 Giugno 2008 – Savignano Irpino, Avellino. Tracce radioattive trovate in un carico di rifiuti diretto alla locale discarica.
7 Luglio 2008 -Varese. Il quotidiano online “Varesenews”, riporta che sono stati registrati valori anormali di radioattività nell’aria. Nessun comunicato ufficiale.
23 Novembre 2009 – Saluggia. L’Arpa Piemonte trova nel sottosuolo Cesio 137 e Cobalto 60 nei dintorni del complesso di Saluggia di cui fanno parte l’impianto Eurex-SO.G.I.N. all’interno del Centro ricerche dell’ENEA, il Complesso Sorin e il Deposito Avogadro che contiene in una piscina 164 elementi di combustibile nucleare irraggiato, cioè quello scaricato dalle centrali nucleari. Di essi, 101 provengono dalla centrale nucleare di Trino Vercellese e 63 dalla centrale nucleare del Garigliano, situata a Sessa Aurunca (Caserta).
18 settembre 2010 presso la discarica, Cava Sari, veniva posto sotto sequestro un autocompattatore appartenente alla scuderia A.S.I.A Napoli spa. A un controllo si accertava la presenza di materiale altamente radioattivo tra i rifiuti solidi urbani provenienti da Napoli.
A cura dell’Ufficio Stampa della Federazione dei Verdi
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Deposito di scorie a Sabotino, l’incubo che diventa realtà
Nuova centrale nucleare a Montalto di Castro e deposito nazionale delle scorie a Borgo Sabotino, provincia di Latina. Il peggiore degli incubi per gli abitanti del capoluogo pontino e non solo si è materializzato ieri mattina con la pubblicazione sul quotidiano “Il Sole 24 Ore Roma” di un articolo che, recependo le indicazioni del Governo nazionale legate al programma nucleare, ipotizza la scelta del sito pontino per il famigerato deposito. Una semplice ipotesi che è bastata però a scatenare una valanga di reazioni da amministratori locali, cittadini e ambientalisti che non intendono accettare nuovamente la presenza di un impianto di questo genere dopo decenni di battaglie contro la più onerosa delle servitù. «L’idea che il deposito nazionale delle scorie nucleari possa essere realizzata a Borgo Sabotino - attacca il consigliere regionale del Pd Claudio Moscardelli - appare inaccettabile. Occorre una mobilitazione contro una scelta che umilia il nostro territorio che già ha subito la servitù della centrale nucleare». Il candidato sindaco ricorda come il Consiglio Regionale del Lazio abbia approvato qualche mese fa la mozione presentata dal centrosinistra per l’indisponibilità del Lazio ad ospitare centrali nucleari sul proprio territorio. E poi aggiunge. «Il programma nucleare del Governo nazionale prevede un investimento di 30 miliardi di euro per avere in funzione tra 15 anni centrali nucleari con reattori vecchi, di terza generazione, acquistati dalla Francia, per coprire il 7% del fabbisogno energetico. Rischiamo di mettere in funzione centrali vecchie tra 15 anni quando gli altri Paesi avranno il nucleare sicuro. L’ipotesi che il governo nazionale voglia destinare a Latina il sito per il deposito nazionale delle scorie è gravissimo - prosegue Moscardelli - e contro questa eventualità attueremo ogni forma di protesta politica e popolare per non consentire di fare scempio del nostro territorio». Anche il presidente dell’amministrazione provinciale Armando Cusani solleva dubbi sul progetto del Governo e ricorda come «il territorio pontino ha già dato in questo senso. Oggi l’area interessata all’ipotesi del deposito di scorie produce già un surplus di energia anche grazie agli investimenti sugli impianti verdi e fotovoltaici ». Come dire che da queste parti si sta puntando sulle energie alternative e pulite: il nucleare, per chi lo ha sopportato per decenni, è davvero un capitolo chiuso. Lo sviluppo di questo territorio viaggia su altri binari.
Elena Ganelli dal Corriere Pontino del 3 marzo 2011
MERCOLEDÌ 8 SETTEMBRE 2010
pic nic alla centrale nucleare
Pic nic alla centrale
Il deposito di scorie avanza in nome dell’emergenza, in silenzio e con appalto segreto. Ma nell’area nucleare di Latina ci vanno a caccia e pesca e a fare funghi...
Gio 01 Lug 2010 | di Francesco Buda | Energia
http://www.ioacquaesapone.it/articolo.php?id=553
Estate sicura? C’è chi si gode il mare a due passi dalla centrale nucleare di Latina, accanto al Centro sperimentale balistico dell’Esercito. Tutto recintato, cartelli di divieto d'accesso, di pesca e di qualsiasi attività balneare. ”Area videosorvegliata”, “Divieto di transito, accesso, sosta e pesca”, “Vigilanza armata”, avvertono i cartelli. Ma qui, nell'area nucleare e del poligono militare a Foceverde, entra chi vuole. Quel pontile di cemento, propaggine del canale delle acque di raffreddamento della centrale atomica, è un “molo” popolato di gente con canna ed esche; c’è chi attrezza grigliate sulla spiaggia militare, altri, a piedi o in barca, vanno sugli altri due canali accanto al reattore. Si accede indisturbati in questi luoghi. Anche là dove è in fase avanzata la costruzione del deposito di scorie radioattive. Ci vanno a fare funghi o a caccia.
Emergenze e imposizioni
A giugno abbiamo trovato cancelli aperti e reti con ampi varchi. Certo, se poi arrivi in faccia al reattore o al nuovo deposito nucleare, trovi il corridoio di sicurezza con doppia recinzione (dove in passato abbiamo trovato un cancello aperto, dopo aver parcheggiato l’auto nel boschetto del sito atomico...). Ma davanti a quel mostro e a quel magazzino per rifiuti radioattivi comunque ci arrivi. E se sei Osama Bin Laden quello che devi fare lo fai. Eppure qui è tutto un pullulare di segreti e allarmi per la sicurezza. Nel 2003 il capo del Governo in persona firmò un decreto per sancire lo "stato di emergenza dei siti nucleari" a causa - si disse - del pericolo di attentati terroristici. Un allarme spuntato quasi due anni e mezzo dopo l'11 Settembre e mentre l'allora capo del servizio segreto SISDE diceva che "non abbiamo notizie sulle quali si possano fare affermazioni concrete", nella sua periodica relazione al Sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Con quel decreto il Governo delegò un Commissario per gestire l’asserita emergenza e le attività per mettere in sicurezza i siti nucleari, sospendendo l'efficacia di una ventina di leggi, anche ambientali e urbanistiche, ed alcune norme dello Statuto dei lavoratori.
Non c’era da andare tanto per il sottile, ascoltare la popolazione, gli enti locali, fare gare d’appalto aperte a tutti. Urgenza? Premura per i rischi terroristici? Noi in questi anni, fino ad oggi, abbiamo continuato a trovare larga possibilità di accesso al sito nucleare di Latina. E così parecchi pescatori, cacciatori, fungaioli e coppiette. Sembrano loro le sentinelle della centrale. Senza violare lucchetti, né scavalcare o rompere reti.
Dov’era e dov’è dunque tutta questa allerta?
Come ti elimino la trasparenza
Quella dichiarazione d'emergenza ha portato il nuovo deposito "temporaneo" di scorie radioattive, piombato dall’alto con atto di imperio e in gran silenzio. A firmare la decisione, un generale del Genio Militare messo a capo della Sogin, società statale incaricata dello smantellamento e sicurezza dei siti atomici italiani. è una struttura importantissima, di interesse strategico. Sai com’è stato appaltato? Con il sistema della cosiddetta “procedura ristretta”, invitando pochissime ditte che dicevano loro, perché dichiarato “indifferibile ed urgente” (e perciò segreto) anziché con il classico bando di gara aperto a tutti. Anche la “cricca”, il giro di funzionari e imprenditori su cui indagano le Procure della Repubblica di Perugia e Firenze, gestiva lavori pubblici “indifferibili ed urgenti” tra una élite di poche ditte con appalti coperti da segreto. Il progetto del deposito radioattivo a Latina se lo è aggiudicato un consorzio di società tra Campania, Calabria e Sicilia.
Sono modi di maneggiare i lavori pubblici che hanno allertato la Corte dei Conti: già nel febbraio 2007, i massimi giudici in materia di contabilità pubblica hanno fatto la radiografia a questi metodi, esprimendo forti dubbi e dure critiche. Del resto tali procedure, oltre a scavalcare la libera concorrenza - che può aiutare a spuntare lavori di qualità al miglior prezzo -, evitano i fastidiosi controlli della Corte stessa, che ha proprio il compito di vigilare sui conti degli amministratori pubblici.
Con l’emergenza s’impone il deposito di scorie ma poi entra chi vuole
Oggi scopriamo che certe procedure sono proprio quelle predilette dalla "cricca", che - secondo magistrati ed investigatori - dominava il fior fiore degli appalti pubblici, compresi quelli della protezione civile. Tra loro anche quei due costruttori che nella notte del terremoto a L'Aquila se la ridevano al telefono, pregustando il business della ricostruzione abruzzese.
Lo stesso "giro" di quel costruttore così generoso da sganciare 900mila euro per un appartamento davanti al Colosseo intestato a Claudio Scajola (che dice di non sapere nulla di quel regalo) ex Ministro dello Sviluppo economico. Colui che doveva guidare, controllare e garantire il ritorno al nucleare in Italia. Insomma: un settore così delicato, complesso, rischioso e dai costi enormi come quello nucleare, meriterebbe la massima trasparenza ed un rigore superiore a qualsiasi altro affare di Stato. Possibile che sia gestito con appalti segreti? Possibile che da un lato si impongano depositi di scorie e veleni eterni e dall'altro è si possa entrare in quelle stesse zone "off limits" senza problemi?
Che emergenza e che tutela sono queste, laddove si possono fare pic nic e barbecue su arenili militari strategici, andare a pesca in acque atomiche, a caccia, a fare funghi e accendere fuochi in area nucleare?
Possibile che l’unica cosa “blindata” siano appalti e contratti pagati dai cittadini?
Quando cadde una bomba là vicino
Una bomba dal vicinissimo poligono di tiro che centrò una roulotte presso il campeggio di Foceverde al campeggio davanti, circa 200 metri in linea d'aria dal reatore Magnox, nell'inverno del 1984. Ci fu un referendum il giugno successivo per chiedere l'allontanamento del poligono oppure di spostare la centrale. Ad oggi reattore e il Centro sperimentale di prove balistiche sono ancora lì.
Incontro dibattito con il professor Bandashevsky a Pontinia l'11 settembre 2010 e con la Signora Galina Bandashevkaya e il presidente di Mondo in Cammino Massimo Bonfatti
presentazione di Massimo Bonfatti
Bonfatti presidente volontariato mondo in cammino nata nel settembre 2005 che si occupa dello spazio post sovietico, con gli interventi nelle zone colpite dal fallout dell'incidente nucleare di Chernobyl e di politiche di riconciliazione e integrazione e inter etniche, inter religiosa, Caucaso, Cecenia, Ossezia. Sembrano argomenti tra loro lontani Chernobyl e Caucaso ma sono uniti dal filo rosso essendo compromessa in entrambi i casi la libertdi espressione, informazione, permesso di parola.
Abbiamo iniziato con l'iniziativa “dar voce alle voci” ascoltando coloro che hanno avuto il coraggio di dire determinate cose e per questo hanno pagato. Entro la fine dell'anno saranno in Italia gli attivisti del Caucaso.
Il nucleare può essere affrontato dal punto di vista dello scienziato, del medico, del geologo, del fisico. A me interessa dal punto di vista del cittadino per il quale necessaria l'informazione.
Il patto scellerato del 1959 AIEA (Agenzia Internazionale dell'Energia Atomica) e l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità sono due agenzie dell'ONU, ha come conseguenza che tutti i dati degli incidenti nucleari vengono secretati. Dopo 10 anni dall'incidente di Chernobyl si sono riuniti a Ginevra gli scienziati portando faldoni di dati, che non sono mai stati rivelati in quanto secretati dall'AIEA , non solo di Chernobyl, dati che non conosceremo mai.
Come l'incidente del mese scorso che ha coinvolto nella penisola di Cola vicino la Norvegia ma i norvegesi se ne sono accorti con qualche giorno di ritardo.
Come per gli incendi in Russia che si sono sviluppati questa estate e la presenza di cesio 137 nessuno vuole parlare, si sta vivendo una seconda Chernobyl con la nuova emissione di cesio 137 simile a quella di Chernobyl.
Proprio per aver violato questo patto tra OMS e AIEA Bandashevsky stato incarcerato, per aver svolto degnamente il suo lavoro, perché ha denunciato anche in televisione, che i soldi stanziati per Chernobyl sono stati spesi malamente ed ha fatto un errore aggiuntivo nella sua ricerca di scienziato. Ha parlato di un libro pubblicato dieci anni prima dell'incidente radioattivo di Chernobyl con la mappa del fallout radioattivo in Bielorussia che la stesso fallout di Chernobyl già noto da oltre 10 anni (dopo che stato scoperto da Bandazhedvsky il libro stato ritirato dal commercio anche perché vi era la mappa del fallout radioattivo) prima dell'incidente nucleare di Chernobyl.
Tutti gli eventi che stavano venendo fuori erano gli esperimenti in atmosfera per gli esperimenti nucleari in America e in Russia. Il professore Bandashevsky ci parlerà della Bielorussia degli effetti in quel territorio, di cosa si può e si dovrebbe fare.
Non pensiamo che quello che successo in Russia non ci riguarda: voi sapete che anche in Italia c'stato il fallout di Chernobyl.
Nel Piemonte dove si sono svolte le olimpiadi invernali, su queste valli in val Belice (dove vengono ospitati i bambini colpiti dalle radiazione di Chernobyl per il risanamento) la presenza di cesio 137 simile a quella di Chernobyl. Lo stesso vale nel Trentino (dove i funghi sono tutt'ora contaminati dalla radioattività dal cesio 137 di Chernobyl), nel Gran Sasso dove gli effetti del fallout di Chernobyl sono ancora ben presenti.
Non si può fermare la radioattività che viaggia sotto diversi aspetti. Un mese fa questi alti livelli di radioattività sono stati riscontrati negli animali, per esempio nei cinghiali in Germania.
Altro esempio il ferro che viene rubato negli automezzi della zona Chernobyl per poi essere lavorato in Cina per poi arrivare a noi sotto forma di giocattoli per i nostri bambini.
Anche i funghi con radionuclidi raccolti in Bielorussia e rivenduti per pochi soldi che arrivano dalle zone contaminate vanno a diluire le confezioni di funghi che arrivano nelle nostre tavole.
L'avventura del professore Bandashevsky cominciata come scritto nel libro Bugie nucleari che viene venduta per sostenere questa campagna di aiuti e dell'indipendenza dell'OMS:
“anche questa notte arrivano di notte in vecchio stile sovietico mentre il professore Yuri Bandashevsky immette i dati degli ultimi esperimenti delle sue cavie di laboratorio a cui ha dato da mangiare cesio 137 nel suo archivio, con arresti cardiaci, danni al sistema nervoso centrale e necrosi delle cellule renali. Poveri topolini , pensa Yuri, come sono messi male mentre registra di dati. Pensa ai suoi famigliari. I pensieri vengono interrotti bruscamente dal rumore assordante, la porta viene abbattuta entrano 10 militari armati di tutto punto mitra spianati fanno irruzione in casa Bandashevsky come se fosse appena scoppiata la guerra 13 luglio 1999 ore 23.30 mettono a soqquadro disfano i letti, disfano il divano rovistano i cassetti, controllano ogni barattolo della cucina. I Bandashevsky sono allibiti. Cercano droga, armi e dollari, portano via computer, libri fascicoli anche in ospedale nell'ufficio in ospedale di Yuri. Yuri viene portato via, davanti agli occhi della moglie che chiede almeno di sapere dove viene portato il marito. in base al decreto speciale n. 21 per la lotta terrorismo con la possibilità di incarcerare senza capo di accusa specifica i criminali pericolosi per lo stato per un mese senza spiegazioni e senza diritto ad un avvocato. Bonfatti conclude con giudicate voi se questa persona che ascolterete adesso un pericoloso criminale.”
Intervento del professore Yuri Bandashevsky
Bandashevky espone i suoi ringraziamenti per l'ospitalità e per l'iniziativa.
Si rammarica per il l'impostazione del pc in lingua russa non compatibile con la configurazione del programma che non consente l'esposizione dei grafici.
Spiegherà gli avvenimenti in modo da spiegare in modo ugualmente comprensibile.
Il territorio della Bielorussia era gicontaminato da elementi radioattivi prima dell'incidente di Chernobyl scoprendo l'informazione durante gli studi con i colleghi della università sullo stato fisico della popolazione circostante in seguito all'esposizione agli effetti radioattivi dopo l'incidente.
Questo esemplare della pubblicazione stato rintracciato in una sola biblioteca e non più reperibile perché racconta delle radiazioni fin dagli anni 60 e 70 nel territorio della Bielorussia molto prima della catastrofe. Si tratta (questo libro) di una vera relazione del ministero della salute ex repubbliche sovietiche fonte autorevole non un semplice libro. In questo libro non si parla degli effetti radioattivi sulla salute della gente ma delle sostanze stesse contenute nei cibi che contengono sostanze radioattive e la conseguenza diretta dovrebbe essere quella di evacuare la popolazione e di intervenire in qualche modo.
Quando successo la catastrofe di Chernobyl, invece gli autori di questo libro non hanno divulgato i dati già presenti per non allarmare.
Feci vedere questo libro nel parlamento della Bielorussia i cui componenti sono rimasti molto scioccati e il ministro della salute ha rilevato il grande impatto delle informazioni contenute perché molto significative.
Quando il professore Bandashevsky e i suoi collaboratori hanno iniziato ad analizzare l'inquinamento presente nel territorio bielorusso ed i suoi effetti hanno scoperto questa carta (la mappa del fallout radioattivo nella pubblicazione di cui sopra del ministero della salute), che era datata 20 - 30 anni, prima dell'incidente di Chernobyl.
A dimostrazione di quanto dichiarato sulla mappa si possono consultare le date.
Le informazioni sulla pericolosità delle sostanze radioattive cesio 137 ci hanno sollecitato (Yuri Bandashevsky parla del suo gruppo di lavoro che dirigeva) di osservare gli effetti sulla popolazione.
Dopo 5 anni dalla catastrofe di Chernobyl nella cittdi Gomor si manifestato il cancro nella tiroide nei bambini e nessuno poteva spiegare come mai questo cancro si fosse già rivelato considerando che dovevano passare almeno 10 anni dall'incidente stesso (quindi la metà delle previsioni).
Gli esperti in un primo tempo non si sono spiegati la rapidità dell'evoluzione e la velocità di propagazione del cancro della tiroide nei bambini, anche se la tiroide assorbe molto velocemente il cesio 137 che non perun effetto della tragedia di Chernobyl ma era già presente nel territorio bielorusso .
Dal 1987 le popolazioni della zona sono state esposte sia al cesio 137 sia allo iodio che si sviluppava da queste cellule.
Il cesio 137 si diffonde nell'aria, nell'acqua, in tutto l'ambiente.
La condizione di salute delle persone va analizzata in vari punti di vista, la disfunzione della funzionalità degli organi vitali.
Abbiamo constatato dopo le autopsie sugli animali contaminati e anche delle persone che quantità molto elevate di questo elemento, il cesio 137, colpivano reni sistema cardiovascolare.
Questi dati sono dovuti alla collaborazione con vari esponenti qualificati di medicina, universitari, medici dal 1990 al 1997. Il cesio 137 va ad intaccare le funzionalità degli organi si intaccano i sistemi vitali dell'organismo con gli stessi effetti di un veleno . La popolazione del territorio bielorusso e dell'est europeo a contatto con queste sostanze per una cinquantina di anni. La crescente mortalità e la diminuzione del livello delle nascite nel territorio contaminato sono dovute proprio a questa esposizione alle radiazioni. Nei dintorni di Kiev si conta il livello di mortalit4 volte superiore rispetto ai territori circostanti e la popolazione si sta estinguendo. L'aspetto che spaventa di piche nessuno interviene e nessuno aiuta la popolazione.
Dei 10 milioni di abitanti nessuno si esprime.
Quest'anno ho pubblicato su un giornale francese il problema umano del chiudere un occhio quasi a voler dimenticare la catastrofe.
Dei problemi che si risentono maggiormente causa della morte malformazioni, tumori maligni e malfunzionamento del sistema cardiovascolare ogni anno la gente affetta da queste malattie e problematiche ne aumenta la percentuale in continua crescita anche e sopratutto la percentuale dei bambini affetti e la relativa mortalità.
Cresce in maniera esponenziale nei bambini il cancro alla tiroide che colpisce sempre più rispetto agli adulti. Il problema fondamentale in queste zone contaminato la mancanza dell'assistenza medica da parte di personale medico specializzato per alleviare i danni e gli effetti. Questa oggi la situazione nei territori circostanti Chernobyl.
Dopo che ho passato 5 anni in carcere sono stato deportato in Francia ho preso la decisione di non rimanere in Francia anche se mi hanno offerto ottime condizioni come cittadino. Ho trovato il momento giusto per presentare la mia relazione al parlamento europeo, sulla tragedia di Chernobyl che era completamente diversa dalle altre relazioni in proposito presentate.
Il parlamento europeo ne ha trovato la rilevanza rispetto agli altri studi e si impegnato per migliorare le condizioni di vita.
E' stato quindi aperto un centro di ricerca a Kiev che si pone due obiettivi principali: informare la comunità europea di quello che successo relativamente all'inquinamento in quello zone e in seconda istanza sensibilizzare l'aiuto richiesto alla parte occidentale europea per approfondire maggiormente.
Di questo centro fanno parte i 5 esponenti del parlamento europeo, nonché scienziati autorevoli e insieme cerchiamo di concretizzare quelle che sono le soluzioni e le cose da fare .
La massima del centro garantire il livello del benessere concentrando il modello stato di salute minimo per sopravvivere in quelle zone per non essere nuovamente intaccati dalle radiazioni cercando di cambiare nel meglio la situazione questo si potrà fare solo dopo aver adottato opportune misure di cui ora ne elencherà alcune posizioni principali che possono interessare l'Europa.
Visto che non c'nessuna garanzia che lo stesso incidente di Chernobyl non possa succedere anche in altre centrali nucleari.
In questo centro si creato un modello locale per poi arrivare alla diffusione su larga scala adottando lo stesso schema anche in altri territori rispetto alla sperimentazione.
Il primo principio del centro di ricerca di Kiev garantire la protezione dei cibi dagli elementi radioattivi: purtroppo le persone non sono a conoscenza delle quantità di radioattività presente negli alimenti che consumano perché non si possiedono gli strumenti per misurarne le quantità in quanto manca l'interesse piche delle persone delle strutture pubbliche ad informare del problema.
La cosa che mi ha stupito durante un convegno con scienziati francesi che hanno dichiarato la quantità anche nei termini precisi di cui però non ne erano a conoscenza gli abitanti interessati. Questo indica il fatto che manca un mezzo di comunicazione per garantire a tutti l'informazione visto che continuano i danni e gli effetti della radiazioni per vari fattori .
Oltre a non conoscere cosa contengono piante e cibi, la coltivazione doveva ridurre l'effetto delle radiazioni invece si ottenuto il risultato contrario.
Sprigionandosi nell'aria questi elementi radioattivi, il cesio 137 il bario (che deriva dal cesio) che sono molto difficili da rilevare e quindi da quantificare questi elementi si incorporano nell'uomo causando i danni negli organi vitali.
Perciò è importante introdurre nel territorio contaminato alimenti che non contengono sostanze radioattive, ma questo molto difficile perchè c'è la necessità di importare dall'estero e non si può coltivare nei territori locali per la presenza della radioattività.
Spero di riuscire a sensibilizzare l'opinione pubblica su questo importante problema. Sarebbe una buona cosa aumentare la diffusione delle informazioni a livello mondiale e almeno occidentale. Nono stante il centro di Kiev esiste da poco pidi un anno ci sono state diverse conferenze a Vancouver e a Kiev per informare.
Stiamo iniziando a produrre film e documentari sulla situazione di Chernobyl e a sostegno dell'informazione e dell'iniziativa sono stati creati siti web appositi chernobyl-dai.org per diffondere queste notizie in maniera ufficiale.
Gli elementi radioattivi vengono trasmessi dalla mamma ai feti e quindi ai bambini, ci deve essere un controllo del genere potrà garantire una diminuzione delle malformazioni.
Ogni anno il 30% dei bambini sono affetti dal malformazioni. Fa impressione la forte percentuale dei bambini che hanno compromesso il sistema cardiovascolari per il sono stati rilevati malattie gravi e funzionalità ridotte per colpa di questo elemento (cesio 137).
Mia moglie Galina ha impiegato molto tempo per indagare su questi problemi in particolare gli effetti nei bambini nel sistema cardiovascolare.
Separando l'aspetto famigliare da quello professionale assicuro che mia moglie un esperta qualificata che ha studiato questi effetti molto gravi.
L'elevato livello della contaminazione aumenta in maniera esponenziale la percentuale delle malattie. Adesso passiamo la parola a Galina perchè lei stessa possa informarvi della sua importante attività.
intervento della dottoressa Galina Bandashevskaya
Duecentoquarantamila bambini sono stati colpiti dal malfunzionamenti dell’apparato cardiovascolare conseguenti alle radiazioni.
A differenza dell'Ucraina non posso dire che la Bielorussia non si occupi del problema che persiste nei bambini in seguito all’esposizione delle radiazioni provenienti dall’incidente nucleare di Chernobyl.
Difatti il ministero della salute della Bielorussia fa andare due volte l'anno i bambini all'estero per alleviare l'effetto nocivo e addirittura vengono fatte le misurazione nell'organismo dei bambini però tutto finisce le non si parla dell'effetto delle radiazioni nei bambini cesio 137 finisce non si parla dell'effetto delle radiazioni lavorando nella clinica a Minsk mi capitato un caso di recente di una ragazza di 16 anni che avvertiva dei disturbi cardiaci a livello dei reni abbiamo iniziato ad esaminare i suoi organi trovando la disfunzione dei battiti cardiaci in seguito alle ricerche abbiamo scoperto che aveva vissuto per 11 anni nel territorio maggiormente colpito dalle radiazioni di Chernobyl
Dall'età di 6 anni, esaminando le sue cartelle cliniche, era stata riscontrata la presenza di cesio 137 e precisamente si dichiaravano livelli tra 400 e 600 becquerel .
Sono cifre veramente importanti .
Quando chiesi alla madre quali fossero state le precauzione suggerite dai medici curanti, la risposta stata nessuna, a parte il fatto di misurare tale elemento .
Secondo i dati delle cliniche della città di Minsk raddoppiato il malfunzionamento e l'ostruzione dei canali cardiovascolari in seguito alle esposizione delle radiazioni dopo l'incidente di Chernobyl.
Il battito del cuore dei pazienti a cui sono state riscontrate malfunzionamenti derivanti dalle esposizioni delle radiazioni non può essere controllato e per questo viene confermato dagli stessi cardiologi che non riescono a tenere a bada e risolvere.
Svolgo la mia attività di cardiologo da più di 20 anni mentre prima questi problemi si riscontravano negli adulti adesso si riscontrano nei bambini.
Sopratutto c'un numeroso spaventoso di bambini che hanno più pace maker degli adulti e tutto ci viene confermato dal ministero della salute ma nessuno ricollega causa ed effetto con l'inquinamento ambientale.
L'inquinamento ambientale e la stanchezza fisica vengono accertati dagli organi di controllo nei bambini a scuola e da vanti al computer .
Loro (medici , ministero della salute) dicono che la causa di questo affaticamento lo stress, mentre invece nessuno affronta il problema principale ricollegandolo alle radiazioni del cesio 137. Tutti capiscono che ciò è dovuto alle radiazioni che hanno subito, ma non si rileva un interesse della presenza forte fissa , una decisione per avvicinarsi per vedere quale sono le relazioni con il cesio.
La scuola e l'istituto di ricerca sui danni delle radiazioni di Chernobyl fondata dal professor Bandashevsky dopo il suo arresto si sciolta e non si potuto continuare la ricerca sulle quali stava lavorando.
La maggior parte dei ricercatori si sono trasferiti in Germani e d in America.
I collaboratori si sono trasferiti altrove.
Quelli che non si erano trasferiti non riuscivano a trovare lavoro nelle strutture mediche.
Anche io per trovare lavoro ho dovuto aspettare 9 anni.
Oggi le patologie dovute alle radiazione vengono analizzate solo per il cancro nella tiroide nei bambini. Non vengono riportate le relazioni tra il cesio 137 e le patologie cardiovascolari. Considerando i risultati delle indagini scientifiche, abbiamo deciso di avviare il progetto per la riabilitazione dei bambini affetti da malformazioni cardiovascolari.
Il progetto molto importante consente di rilevare nei neonati il malfunzionamento intervenendo il prima possibile per garantire loro un sistema normale nel sistema cardiocircolatorio.
Oggi tale malfunzionamento degli organi cardiovascolari rappresenta il 54% della mortalità delle malattie degli adulti che ebbero inizio da giovani.
E' stato predisposto un preciso schema di riabilitazione dei bambini e introdurre questa schema nei territorio circostanti la catastrofe di Chernobyl.
Considerato questo progetto non solo collegato alla salute dei bambini ma dell'intera nazione.
Nuovo intervento professor Bandashevsky
L'aspetto positivo di questo progetto che i risultati conseguiti potranno essere utilizzati a livello mondiale per tutti coloro che hanno e avranno necessità di intervenire. Il progetto contiene una decina di punti che non il caso di elencare completamente. E’ importante l’impegno continuo di tutti per sostenere questa causa che potrebbe colpire tutti noi nessuno escluso ed avere la possibilità di essere curati nel miglior modo possibile
Distinguo due elementi di aiuto per sostenere chi ha subito gli effetti di Chernobyl
Diffondere la verità e consolidare la solidarietà perché tutti insieme possiamo sconfiggere la morte e le malattie derivanti dalla radiazioni ed questo l’argomento di cui vale veramente la pena di parlare.
L’informazione veritiera sarà diffusa nel prossimo libro in uscita i cui autori sono gli scienziati che non si sono arresi e che hanno continuato a lavorare e non bisogna far finta di niente inutile negare l’inesistenza del problema e saranno scritti dagli scienziati che non si sono arresi e che continuano a diffondere la verità per testimoniare
Il libro sarà intitolato “Chernobyl 25 anni lincorporazione del cesio 137, radionuclidi, la salute degli uomini della gente.
Nuovo intervento Massimo Bonfatti
Sembra che il racconto del professore riguardi zone a noi lontani. Invece molti dati che sono in circolazione i dati ufficiali che ci possono riguardare con il fallout radioattivi anche nel centro Italia.
Pochi ne hanno parlato, nessuno ci ha detto quali sono le conseguenze.
I liquidatori (il personale intervenuto in seguito all’incidente di Chernobyl) hanno scavato 800 siti che non sono stati impermeabilizzati e che raggiungono due fiumi importanti (Dnepr e Dnestr) che alimentano 300 milioni di abitanti e quindi la radioattività ha raggiunto le falde acquifere e hanno raggiunto il Mar Nero e quindi il mar Mediterraneo per far capire come la contaminazione in qualche modo ci riguarda
Siamo stati fortunati perché sono intervenuti i robot umani “liquidatori” che hanno donato la propria vita a spegnere l’incendio radioattivo, in caso contrario, se non ci fossero riusciti in breve tempo, avremmo avuto una ricaduta non solo a livello europeo ma anche mondiale
Per questo è molto importante la controinformazione e quindi vi invitiamo ad andare nel sito del progettohumus.it o mondo in cammino per sottoscrivere la richiesta di indipendenza OMS e per rescindere il patto scellerato tra AIEA e OMS.
Vi invito a sostenere la pubblicazione perché tradurremo il libro in italiano scientifico di 300 pagine di cui parlava il professore con il contributo di diversi scienziati e stiamo cercando il contributo e l’aiuto.
Intervento del sindaco dottor Eligio Tombolillo
Ringrazia la Signora Galina e Yuri Bandashevsky per la loro dotta e chiara esposizione.
Perché oggi un convegno sul nucleare a Pontinia? per la presenza di due centrali nel nostro territorio Borgo sabotino e Garigliano, tornando di voga il nucleare potrebbero essere scelti nuovi siti.
E’ importante l’informazione alle popolazioni affinché gli amministratori locali possono fare scelte oculate. La nostra amministrazione è contraria al nucleare ma anche alle centrali a metano e a biomasse importate fuori dal nostro territorio, di contro siamo favorevoli all’energia che serve, solare e rinnovabile per il nostro territorio, con piccoli impianti e insediamenti che servono per lavorare e valorizzare i prodotti del nostro territorio.
Anche noi siamo disposti a dare un contributo a questi ragazzi esposti a questi elementi (cesio 137), con l’auspicio di incontrare nuovamente i relatori e concludo con una domanda al Professore chiedendo di sapere per quanti anni dovremmo ancora subire gli effetti delle radiazioni di Chernobyl.
Risposta del professore Bandashevsky
Purtroppo la situazione dell’inquinamento territoriale è una visione abbastanza pessimistica e registriamo solo l’aumento ci sono elementi che non si dissolvono anche a distanza di migliaia di anni. L’unica cosa che posso fare non alimentare il ritorno al nucleare, a al contrario la posizione appena affermata dal sindaco. L’energia atomica non giova da nessun punto di vista all’umanità che è stata usata e continuerà ad essere usata per scopi militari e di sicuro non per scopo umanitario e quindi va a nuocere e non serve all’uomo. Il territorio della Russia contaminato da questi elementi voi sapete della situazione attuale dell’incendio che si è sviluppato in Russia dove bruciavano gli alberi che contenevano al loro interno elementi radioattivi che si liberavano in aria gli elementi di inquinamento nucleare che andavano a posarsi sulle nubi circolando in un circolo chiuso.
Questo dimostra l’impossibilità a risolvere il problema dell’inquinamento radioattivo sui quali non c’è controllo con la diffusione nell’aria e nell’acqua dove non si può intervenire
Domanda dal pubblico
Cosa secondo voi spinge l’Europa ad una ricollocazione del nucleare in considerazione della mancanza di progetti sicuri per lo stoccaggio delle scorie.
Risposta del professore Bandashevsky
Si potrebbe benissimo dire che l’umanità viene sottomessa e soffocata agli interessi economici e militari. Purtroppo le guerre sussistono e quindi continuano i ricorsi agli armamenti e la prospettiva di un conflitto nucleare i programmi che sono connessi alle centrali nucleare sono collegati agli scopi militari ogni centrale nucleare in Russia era collegata alla produzione del plutonio per la distruzione di massa.
Di conseguenza i paesi dotati di centrali nucleari sono su posizioni differenti rispetto a chi non li ha. Quello che spinge la repubblica Bielorussa a costruire una nuova centrale atomica al confine con l’Europa perché nessuno va a pensare al vero motivo che ne dovrebbe impedire la realizzazione con il pretesto della mancanza di energia è invece l’armamento nucleare.
Risposta della dottoressa Galina Bandashevskaya
Come per tutte le cose sono i soldi hanno maggior peso nelle scelte. Purtroppo il ministero della salute ha un peso minore rispetto all’energia nucleare. Se l’autorità mondiale della salute pubblica continua a fare patti con l’AIEA O semplicemente a non ostacolare la realizzazione di centrali atomiche ed energia nucleare. Il problema delle patologie riguarda più il fatto sociale rimane ed è un argomento ristretto e di interesse in alcuni territori. L’energia nucleare atomica ha più possibilità rispetto alle organizzazioni mondiali della salute.
Risposta di Massimo Bonfatti
Il motivo è economico anche se tutti sappiamo che il nucleare è antieconomico. Dick Cheney (vice presidente degli USA ai tempi di Bush) negli anni 70 parlava dello Scià di Persia (attuale Iran) e diceva che era seduto su una fonte importante, quale il petrolio e si chiedeva perché costruisse centrali atomiche, visto che di energia ne poteva aver in gran quantità. 2 anni fa lo stesso Dick Cheney affermava che nessuno può credere che l’Iran avendo importanti risorse di petrolio ricorresse all’energia nucleare per produrre energia, ai fini civili.
Domanda di Libralato al Professor Bandashevsky:
Cosa pensa della nomina per l’agenzia nucleare del professor Veronesi medico, anche perché gli viene attribuita una dichiarazione che l’incidente di Chernobyl ha avuto effetti simili ad una influenza.
Risposta del professore Bandashevsky
Se non fossi stato un medico, per il mio lato umano avrei risposto un maniera brutale, brusca a questa affermazione. Speriamo che nessuno sia sottoposto a questo tipo di virus come viene definito.
Mi rapporto in maniera molto negativa con quelle personalità che fanno commenti dove non hanno competenza o dove non è il loro ambito di attività, in una materia dove non si ha la conoscenza specifica. Perché allora non sono rimasto in Francia? Perché a differenza di chi parla senza sapere sono tornato nei territori per studiare e verificare le persone colpite dalle radiazioni nucleari dell’incidente di Chernobyl. Se la vogliamo mettere in questo modo sono il loro avvocato mi sento di difenderli perché è molto pericoloso abitare in territori a livelli radioattivi. Guardando anche il mio stato di salute che sta peggiorando nell’ultimo anno e mezzo potevo rimanere comodamente in Europa essendo cittadino di 17 paesi europei possedendo il passaporto di libertà anzichè stare in paesi non influenzati sono tornato nelle mie zone per intervenire direttamente. La mia gente mi serve per rimanere umano e sono felice che mia moglie e le mie figlie siano d’accordo con me.
Domanda insegnante di matematica e fisica
da quando sono successi questi incidenti in Italia è cambiato l’insegnamento. Da voi in Russia vengono dati aiuti specifici e informazioni per aiutare studenti e famiglie?
Risposta del professore Bandashevsky
Forse è per questo che in Italia ancora non si è tornato al nucleare per gli effetti negativi di cui si parla sulla salute e sul cibo. Nelle ex repubbliche sovietiche questa informazione viene data solo in casi estremi e solo su alcuni argomenti. Trattano la storia non catastrofi e tragedie che vengono considerati episodi eccezionali mentre da noi si studiano la storia normale e non i fatti estremi.
sabato 11 giugno 2011
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