dagli anni '80 i verdi e gli ambientalisti chiedono (anche in
provincia di Latina, anche a Pontinia) chiedono la raccolta
differenziata dei rifiuti solidi urbani e l'energia naturale e
rinnovabile. In cambio decine di migliaia di posti di lavoro, nuovo
aziende, investimenti. Oltre naturalmente meno malattie, tumori, meno
spese sanitarie, ambiente migliore, agricoltura di qualità. E nuovi
posti di lavoro nel turismo responsabile e nell'agricoltura. L'Italia,
la provincia di Latina fanno l'esatto contrario. Difatti perde (la
nostra provincia) migliaia di posti di lavoro l'anno. Secondo le stime
nel 2011 ci saranno 10 mila posti di lavoro a rischio. Ma questo ai
pesudo politici ed amministratori non sempre interessa. Per fortuna
qualche persona intelligente ha fatto inserire nel programma
amministrativo della lista per Tombolillo, che ha vinto le elezioni
comunali a Pontinia nel 2006, la raccolta differenziata dei rifiuti
solidi urbani. E' ancora insufficiente (meno del 20%) ma finalmente,
sembra anche grazie ai contributi che la provincia ha erogato ad ogni
comune, sarà incrementata. La meraviglia è che anche sulla Migliara 47
(per ora solo sul lato destro, ma così va la politica) hanno portato i
contenitori per la raccolta differenziata. Così come già era avvenuto
sul Tavolato e in alcune migliare. Bastava, comunque, senza
finanziamenti, spostare i contenitori tolti dalla via del Tavolato che
vi sostavano in precedenza. Ma accontentiamoci la cultura prima o poi
arriva. Se nel 2010, con una raccolta inferiore al 20%,
l'amministrazione comunale ha risparmiato circa 100 mila euro, se
fosse arrivata al 60% (come altri comuni in provincia) ne avrebbe
risparmiati 300 mila. E in 20 anni abbiamo perso oltre 5 milioni di
euro, cioè più di un bilancio annuale. Accontentiamoci anche di
questo. A volte dove non arriva la cultura, arriva l'economia. Per
qualcuno tutelare l'ambiente è un fatto ideologico. Qualcuno che
ovviamente non si occupa né di salute, né di economia. Giorgio
Libralato http://www.repubblica.it/ambiente/2011/01/24/news/cgil_ambiente-11605971/?ref=HREC2-10
IL CASO
Rinnovabile significa lavoro
ma in Italia ancora troppi 'no'
Guglielmo Epifani, ex segretario della Cgil, lancia l'Associazione
Bruno Trentin. E affronta le questioni che legano occupazione e green
economy, il nucleare che rischia di rallentare la corsa del Paese, e
l'opportunità rappresentata dalle nuove fonti di energia. "Ma l'Italia
è dominata da una logica che blocca l'innovazione e il futuro"di
ANTONIO CIANCIULLO
I POSTI di lavoro assicurati dalla green economy? Tra qualche anno in
Germania supereranno quelli nel settore automobilistico. Il ritorno al
nucleare? Una sottrazione di fondi e di attenzione che rischia di
rallentare la corsa dell'Italia che può riagganciare il locomotore dei
paesi guida. Parola di Guglielmo Epifani. L'ex segretario della Cgil
ha scelto un tema caldo e una platea qualificata per lanciare
l'Associazione Bruno Trentin, il nuovo laboratorio di riflessione
sindacale.
Il tema è il rapporto tra energia e lavoro. A intervenire sono stati,
tra gli altri, il presidente dell'Abi Giuseppe Mussari, il segretario
dell'Ueapme (l'associazione europea delle piccole e medie imprese)
Andrea Benassi, il presidente della Lega Coop Giuliano Poletti, il
segretario della Cgil Susanna Camusso. Guest star: Jeremy Rifkin, il
teorico della terza rivoluzione industriale che ha dipinto lo scenario
di una democrazia rafforzata dalla creazione di una rete energetica
diffusa che toglie potere agli oligopoli, distribuisce ricchezza,
offre garanzie contro i blackout e protegge l'ambiente.
"Vent'anni fa la terza rivoluzione industriale sembrava un'utopia,
oggi è il modello verso cui marciano le tre economie più importanti:
Stati Uniti, Germania, Cina - ha detto Epifani - il nuovo sta
crescendo ma in Italia il vecchio resiste. L'88 per cento dell'energia
viene ancora dai fossili e la scelta del governo di far ripartire il
nucleare è in netta controtendenza rispetto all'andamento dei mercati.
Il 62 per cento degli investimenti è concentrato sulle fonti
rinnovabili e la percentuale tende a salire. In questo quadro che
senso ha puntare come minimo 20 miliardi di euro nella costruzione di
quattro nuove centrali e accantonarne più del doppio per uno
smaltimento corretto delle scorie e degli impianti?".
La Cgil chiede posti di lavoro. Subito. Investendo nella direzione
indicata dall'Europa che ha fissato gli obiettivi del 20 - 20 - 20
dando dieci anni di tempo ai paesi membri per potenziare le
rinnovabili e tagliare le emissioni serra che stanno facendo aumentare
il caos climatico, cioè le alluvioni, gli uragani, le siccità
devastanti e prolungate.
Su questa strada c'è un ostacolo: l'Italia è dominata dalla logica del
no che blocca l'innovazione e il futuro. Mantenere tutto fermo
significa però aggravare l'inquinamento. Assumersi la responsabilità
di una prospettiva di disastro climatico che si fa sempre più
minacciosa. Rifkin ha ricordato che la catastrofe del Golfo è pari a
sei - sette volte il disastro della Exxon Valdez, la petroliera
affondata in Alaska. Continuare ad affidarsi al petrolio, ha aggiunto
il presidente della Foundation on Economic Trends, vuol dire
continuare a moltiplicare rischi di questo genere.
Rischi ai quali, sottolinea Antonio Filippi, della Cgil, non
corrispondono vantaggi sul piano occupazionale: "Per produrre un
terawattora di energia elettrica servono 75 lavoratori nel nucleare,
918 nell'eolico, ancora di più nel fotovoltaico". L'occupazione verde
in Italia vale già oggi 100 mila posti di lavoro. Secondo l'Istituto
di ricerche economiche e sociali si può arrivare a quota 250 mila solo
nel settore delle rinnovabili. A patto di guardare avanti e non
indietro.
mercoledì 26 gennaio 2011
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