Dall'Ilva all'inquinamento del fiume Lambro, dopo la sentenza della Cassazione sul processo Eternit è ricca la mappa dei processi incentrati sull'ambiente che rischiano la prescrizione. Che si tratti di 'disastro' o smaltimento illegale, sulla mappa degli uffici giudiziari che si occupano di ecologia e benessere del territorio sembra incombere il pericolo dello 'stop', del nulla di fatto, o di quella che Antonio Pergolizzi di Legambiente non esita a definire "un'ingiustizia compiuta".
Tra i processi 'in bilico' - spiega il Legambientino, dopo aver analizzati alcuni casi sparsi per il Paese - ci sono per esempio quello che riguarda "l'impianto di incenerimento a Colleferro" e quello, sempre nel Lazio, legato alla "contaminazione della Valle del Sacco". Sotto il ticchettio del tempo che passa, e che viaggiano verso l'orizzonte 'prescrizione', si trovano poi altri processi: il primo sulla "Tamoil a Cremona per inquinamento di acque e suoli"; un altro sulla "discarica di rifiuti pericolosi a Buccinasco, in provincia di Milano". Ma soprattutto quello in cui si contesta alla "Lombarda Petroli l'inquinamento del fiume Lambro". Sempre in Lombardia, a Pavia, il processo su "Riso Scotti per combustione di rifiuti", che "dopo 4 anni non è neanche al primo grado". E a ballare sul fuoco della prescrizione c'è anche il processo sulla "discarica di San Calogero, a Vibo Valentia" dove sarebbero state smaltite illegalmente 127 mila tonnellate di rifiuti tossici e pericolosi.
Ma Pergolizzi ricorda anche i tanti processi ormai prescritti e, in alcuni casi, 'dimenticati' a cominciare da quella che viene ritenuta "una delle più gravi sconfitte per l'ambientalismo italiano: il processo alla discarica di Pitelli (La spezia) al centro di un traffico di rifiuti, e finito in prescrizione". Ed ancora la prescrizione per l'industria per il recupero del ferro "Busisi a Grosseto" che, tra l'altro, sembra compaia all'interno del "network di smaltimento in Campania" e che "nel 2000 era citata dalla commissione Rifiuti". Poi, ormai chiusa è la vicenda della "gestione illegale di rifiuti a Molfetta", quella della "discarica del Vallone all'Isola d'Elba" e quella "delle 30 mila tonnellate di rifiuti interrati nella piana di Sibari (Cs)". Inoltre, Pergolizzi ricorda sia la prescrizione del processo "Cassiopea nel 2011" per rifiuti tossici, "dove erano coinvolti anche i Casalesi", che il processo su "Porto Marghera". Da ricordare anche che di disastro ambientale si parla per Vado Ligure, di inquinamento ambientale per la discarica di Bussi, e che oltre all'Ilva a Taranto, alla presenza dei cantieri navali, è perimetrato uno dei Siti di interesse nazionale tra i più complessi. Sulla sentenza Eternit - conclude Pergolizzi - "il punto non è tanto la prescrizione ma la cattiva normativa ambientale. E la conseguenza è che manca una fattispecie specifica. Chiediamo perciò un segno di discontinuità, quello di introdurre i reati ambientali nel codice penale perché ora l'impalcatura giuridica fa acqua da tutte le parti. Il Senato si svegli, e i senatori decidano da che parte stare. Un Paese civile dovrebbe tutelare più e meglio i suoi cittadini".
Tra i processi 'in bilico' - spiega il Legambientino, dopo aver analizzati alcuni casi sparsi per il Paese - ci sono per esempio quello che riguarda "l'impianto di incenerimento a Colleferro" e quello, sempre nel Lazio, legato alla "contaminazione della Valle del Sacco". Sotto il ticchettio del tempo che passa, e che viaggiano verso l'orizzonte 'prescrizione', si trovano poi altri processi: il primo sulla "Tamoil a Cremona per inquinamento di acque e suoli"; un altro sulla "discarica di rifiuti pericolosi a Buccinasco, in provincia di Milano". Ma soprattutto quello in cui si contesta alla "Lombarda Petroli l'inquinamento del fiume Lambro". Sempre in Lombardia, a Pavia, il processo su "Riso Scotti per combustione di rifiuti", che "dopo 4 anni non è neanche al primo grado". E a ballare sul fuoco della prescrizione c'è anche il processo sulla "discarica di San Calogero, a Vibo Valentia" dove sarebbero state smaltite illegalmente 127 mila tonnellate di rifiuti tossici e pericolosi.
Ma Pergolizzi ricorda anche i tanti processi ormai prescritti e, in alcuni casi, 'dimenticati' a cominciare da quella che viene ritenuta "una delle più gravi sconfitte per l'ambientalismo italiano: il processo alla discarica di Pitelli (La spezia) al centro di un traffico di rifiuti, e finito in prescrizione". Ed ancora la prescrizione per l'industria per il recupero del ferro "Busisi a Grosseto" che, tra l'altro, sembra compaia all'interno del "network di smaltimento in Campania" e che "nel 2000 era citata dalla commissione Rifiuti". Poi, ormai chiusa è la vicenda della "gestione illegale di rifiuti a Molfetta", quella della "discarica del Vallone all'Isola d'Elba" e quella "delle 30 mila tonnellate di rifiuti interrati nella piana di Sibari (Cs)". Inoltre, Pergolizzi ricorda sia la prescrizione del processo "Cassiopea nel 2011" per rifiuti tossici, "dove erano coinvolti anche i Casalesi", che il processo su "Porto Marghera". Da ricordare anche che di disastro ambientale si parla per Vado Ligure, di inquinamento ambientale per la discarica di Bussi, e che oltre all'Ilva a Taranto, alla presenza dei cantieri navali, è perimetrato uno dei Siti di interesse nazionale tra i più complessi. Sulla sentenza Eternit - conclude Pergolizzi - "il punto non è tanto la prescrizione ma la cattiva normativa ambientale. E la conseguenza è che manca una fattispecie specifica. Chiediamo perciò un segno di discontinuità, quello di introdurre i reati ambientali nel codice penale perché ora l'impalcatura giuridica fa acqua da tutte le parti. Il Senato si svegli, e i senatori decidano da che parte stare. Un Paese civile dovrebbe tutelare più e meglio i suoi cittadini".
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