LA CECITÀ CHE PORTA AL DISASTRO Il rischio che si corre è quello di divenire gli infermieri di disastri delle cui origini non ci si occupa
Il convegno
IL SECOLO DEI RIFUGIATI AMBIENTALI ? Milano, Palazzo Reale . Promosso da: Barbara Spinelli Copromotori : Costituzione Beni Comuni | Diritti e Frontiere ADIF | Laudato si’– Credenti e non credenti per la casa co m u n e Patrocinio : Consiglio Comunale di Milano, Milano in Comune | U n i ve rs i t à degli Studi, Ce n t ro d’e cce l l e n za Jean Monnet
BARBARA SPINELLI u ec e n to - d ue c en t o ci n q ua nta milioni di rifugiati ambientalientroil 2050:loannuncia l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, e la cifra spaventa. Già l’Europa non riesce ad accogliere i profughi di guerra, anche se i fuggitivi rappresentano solo lo 0,2% delle nostre popolazioni, ed eccoci alle prese con un allarme cataclismico. Il fatto è che non siamo abituati a una visione globale delle migrazioni. Perché confondiamo le parole senza analizzare nel loro insieme i fenomeni, perché separiamo le guerre e le persecuzioni dagli effetti del modello di sviluppo globale adottato da Occidente e Cina. Questa confusione non è alimentata solo da governanti politici.Loè anchedallesinistre, dalle ong. Tutti siamo chiamati a legare i fenomeni tra loro e al tempo stesso a distinguerli. Le parole innanzitutto: parlare di rifugiati ambientali è equivoco. Nella maggior parte i colpiti non sono veri profughi, così come li intende la Convenzione di Ginevra. Sono sfollati interni ai Paesi dove avviene il disastro. Meglio sarebbe dire sradicati forzati, e i migranti interni sono già fortunati perché una parte non riesce nemmeno a spostarsi ed è aggrappata alla terra devastata, a meno che la terra non sia sprofondata nell’a cqua come le isole oceaniche di Kiribati. Di loro bisogna prioritariamente occuparsi, non solo di quella parte di sradicati che alla fine, non più protetti nei propri Paesi, dovranno varcare le frontiere. I più sono concentrati in Africa, dove vive la maggior parte di rifugiati
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