La parte dedicata ai servizi idrici del decreto sui servizi pubblici legato alla riforma della Pubblica amministrazione verrà stralciata dopo le proteste dei movimenti. Che però temono possano tornare in un'altra forma. Ecco cosa c'è da sapere
Qualche giorno fa il Ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, ha dichiarato di essere pronta a sottrarre la normativa sul servizio idrico integrato dal decreto sui “servizi pubblici locali di interesse economico generale” in discussione alla Commissione Affari Costituzionali di Montecitorio. Il Ministro ha aggiunto che nella riformulazione del testo si atterrà al parere espresso dalla commissione.
Cosa prevede il decreto?
Il decreto in discussione fa parte della riforma della Pubblica amministrazione. L'obiettivo è quello di dettare una disciplina organica del settore dei servizi pubblici locali (servizio idrico, rifiuti, trasporto pubblico locale, distribuzione di gas, attraverso un riordino del quadro normativo. Si stabilisce che è servizio pubblico di interesse economico generale solo quello che non può essere prestato dal privato alle stesse condizioni secondo criteri di economicità, efficacia ed efficienza. Quindi in sostanza il decreto punta sul mercato per l'erogazione dei servizi pubblici e ridurre la gestione pubblica dei servizi ai soli casi di stretta necessità.
Cosa accade ora?
La partita è tutta nelle mani della Commissione Affari Costituzionali della Camera, perché il Ministro ha detto che si atterrà alle indicazioni espresse dal Parlamento. I Movimenti per l'acqua auspicano che il parere si esprima nella direzione dello stralcio di tutte le norme riguardanti la gestione del servizio idrico perchè rappresenta l’ultima possibilità per mettere un freno agli appetiti delle grandi multiutility. Andrea Giorgis, relatore del Pd del decreto detta l'agenda e dice che prima di fine ottobre il parere non sarà pronto.
Una battaglia vinta per l'acqua pubblica?
Con lo stralcio delle norme dal decreto sui servizi pubblici di interesse generale è stato evitato un altro provvedimento che andasse contro la volontà referendaria del 2011, che portò 27 milioni di italiani, a scegliere la gestione pubblica dell'acqua. Il decreto Madia è caratterizzato da una forte spinta verso il mercato di tutti i servizi pubblici. Intanto, al Senato giace la legge sull'acqua pubblica, nata da una proposta di legge popolare presentata dai Movimenti per l'acqua pubblica, che poi a colpi di emendamenti la maggioranza ha svuotato di contenuti e tanto da essere rinnegata dai suoi stessi promotori. Approvata tra le polemiche lo scorso 20 aprile alla Camera, ora il rischio è che quelle norme che con ogni probabilità verranno stralciate dal decreto sui servizi pubblici possano rientrare dalla finestra.
Perché questo dietrofront?
A confermare che questo dietrofront sul tema dell’acqua potrebbe nascondere altro lo si apprende da fonti interne al Pd. Si avvicina la data del referendum per le riforme costituzionali e non si può ignorare che 27 milioni di italiani nel 2011 si espressero per l’acqua pubblica. Un bacino di elettori considerevoli, soprattutto oggi che i sondaggi dei “no” e dei “si” alla riforma Boschi si distanziano a cifre da prefisso telefonico.
Qual sono state le reazioni politiche?
Federica Daga del Movimento 5 stelle è la più cauta. Diffida dall'apertura del Ministro perchè “ha detto che si atterrà ad un parere di cui non esiste neppure una bozza. Come si fa?”. Ottimista invece il relatore della maggioranza, il dem Andrea Giorgis che spiega che si è voluto dare seguito ad una sollecitazione dei cittadini che in questi mesi hanno continuato a fare pressione sulle istituzioni per non tradire l'esito referendario. Il deputato del Partito democratico spiega che il parere andrà nella direzione che “bisogna uscire dalla logica che vada sempre preferito il mercato. Dobbiamo andare verso una disciplina ragionevole che rispetti l’autonomia degli enti locali nell’affidamento dei servizi e consideri il mercato uno strumento e non un fine in sé”.
Parzialmente ottimista è invece Paolo Carsetti, rappresentante del Forum Italiano dei Movimenti per l'acqua perchè spiega “lo stralcio delle norme sarebbe un fatto rilevante perchè eliminerebbe l'obbligo alla privatizzazione dell'acqua ma ciò modifica solo in parte il disegno del Governo volto a cedere al mercato la gestione dei servizi pubblici. Ad esempio sta rientrando dalla finestra la remunerazione del capitale - ossia i profitti garantiti in bolletta - per le società che si occupano di gestire il servizio idrico quando gli italiani nel referendum si erano espressi in maniera contraria”.
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