mercoledì 17 dicembre 2014

Gaeta caso Cerroni e Carrubba I controlli «sgraditi» sul porto Il commissario di Arpa Lazio infastidito dalle richieste della Procura di Cassino

lla sttoriia
Nelle intercettazioni sul caso Cerroni: «Un pm si è inventato che dobbiamo stare 20 giorni sul pontile»
DIALOGHI
« ME CHIAMANO ALLE
SEI E MEZZO DA LATINA
... CHE C’È... SICCOME
LÌ CI STA UN PROBLEMA,
UN PM DI CASSINO S’È
INVENTATO CHE
SECONDO LUI L’ARPA
LAZIO PER VENTI
GIORNI DOVREBBE
STARE SU UN PONTILE AL
PORTO A VERIFICARE
COME TRATTANO I
RIFIUTI FERROSI, MA TE
PARE UNA COSA
NORMALE MICHELE? »
L’ultimo anno vissuto pericolosamente,
in bilico tra un’inchiesta, molte
proteste, un corteo e la domanda
dei comitati civici di maggiore trasparenza
su ciò che entra: è la storia
recentissima del porto commerciale
di Gaeta, apparentemente strategico
per la Regione Lazio. Invece si scopre
che persino i controlli ambientali sono
un «fastidio» per l’Agenzia regionale
per la protezione dell’ambien -
te.
DI GRAZIELLA DI MAMBRO
Da almeno due anni il Comitato
contro le polveri sottili di Gaeta
si batte per sapere esattamente
cosa entra nel porto di Gaeta. E’ una
guerra perduta dentro una notizia che
sembrava dimenticata e che, invece, per
una serie di «sfortunate» coincidenze
investigative torna alla ribalta, più ambigua
che mai.
I rifiuti pericolosi
Partendo dai dati di fatto si sa che il
5 novembre 2014 viene chiusa l’in -
chiesta della Procura di Cassino con
la denuncia di diverse persone e società
operanti nel trasporto verso il
porto commerciale di Gaeta; tutti, a
vario titolo, rispondono di gestione e
traffico illecito di rifiuti poiché avevano
dichiarato di aver fatto entrare al
porto materiale adatto a partire immediatamente
per l’estero ma in realtà
la merce stoccata doveva essere
riprocessata, cosa che è avvenuta tra
marzo e novembre scorsi. Una volta
terminata questa operazione i rifiuti
adatti all’esportazione sono stati imbarcati
sulla motonave Michelle 1 e
spediti in Albania, così è scritto negli
atti anche se è difficile verificare la
effettiva destinazione una volta che
hanno lasciato il porto italiano. Il
giorno precedente il dissequestro, per
una curiosa coincidenza, Rocco Antonio
Burdo, direttore dell'ufficio intelligence
della Direzione centrale
antifrode e controlli dell’Agenzia
delle Dogane e dei Monopoli viene
audito in Commissione parlamentare
d’inchiesta sui rifiuti e dice a proposito
dei rifiuti pericolosi che questi
«devono essere caricati in container e
su navi... pertanto, la logistica portuale
nel traffico di rifiuti è importantissima.
I Paesi che hanno fatto maggiori
investimenti nella logistica portuale
tendono ad attirare i traffici di
rifiuti...». Nel corso dell’audizione
emergono le preoccupazioni per il
traffico via mare dei rifiuti.
I controlli disponibili
Buona parte della consapevolezza del
problema nonché l’esito degli accertamenti
dipendono da chi controlla. E
il porto di Gaeta ha avuto fortune
alterne in questo senso, quando non è
stato del tutto sfortunato. Un primo
sequestro di un maxideposito di materiali
ferrosi avvenne, infatti, a dicembre
del 2013 e cominciarono in
quel momento i primi rilievi della
Procura di Cassino, che per farli aveva
bisogno di Arpa Lazio (Agenzia
Protezione Ambiente). La quale
quando ha saputo che sarebbe dovuta
andare al porto più a sud di tutta la
Regione l’ha presa con fastidio, come
si evince da una telefonata intercettata
in quei giorni nell’ambito dell’in -
dagine della Procura di Roma su Manlio
Cerroni; ecco cosa dice l’allora
capo di Arpa Lazio Corrado Carruba
all’assessore (tuttora in carica) regionale
all’ambiente Michele Civita. Entrambi
dovrebbero essere interessati
a ciò che accade nel porto di Gaeta,
invece Carruba quasi se la prende con
l’ufficio inquirente: «...io sono stanco
al pari di te Michè (Michele Civita
ndc)... a me stasera mi girano le palle,
io so’ stato a lavorà tutto il giorno,
mo’me chiamano alle sei e mezzo da
Latina ... che c’è... siccome lì ci sta un
problema, un pm di Cassino s’è inventato
che secondo lui l’Arpa Lazio
per venti giorni dovrebbe stare su un
pontile al porto a verificare come
trattano i rifiuti ferrosi, ma te pare una
cosa normale Michele? noh... siamo...
cioè non esiste al mondo...».
Non si preoccupa Carruba del fatto
che se quei controlli al porto non li
può o non li vuole fare l’Arpa non si
sa a chi altri spettino. Però si capisce
quanto è difficile anche arrivare ad
avere un monitoraggio serio e prolungato
sul questo martoriato approdo
che sta a Gaeta ma sembra essere ai
confini del mondo.
Gli appelli civici
Il comitato contro le polveri sottili e
l’Assemblea popolare del Golfo
chiedono di sapere cosa c’è «dietro
questi residui» e aspettano la notifica
della chiusa inchiesta per valutare se
costituirsi parte civile e avere in questo
modo accesso a tutti gli atti dispo-
nibili, l’unica traccia per ricostruire
cosa è accaduto fino ad oggi nel porto
di Gaeta. «Durante le indagini sono
stati riscontrati gravi illeciti amministrativi
connessi con reati ambientali
accertati - dice Paola Villa dell’As -
semblea popolare del Golfo, che segue
la vicenda - per questo occorre
cercare di capire l’intera filiera del
recupero».
La difesa
Proprio ieri la società Intergrup che
movimenta le merci ferrose al porto
ha sottolineato in una nota che « tutta
la merce in arrivo in area portuale,
prima dell'eventuale sosta temporanea
è sottoposta al vaglio, verifica e
controllo degli Enti di competenza»,
compresa l’Arpa che, come si è visto,
si era molto risentita persino delle
verifiche chieste dalla magistratura
inquirente.
Il primo blocco
per le verifiche
LE TAPPE
Il 5 marzo 2014 vengono avviate le operazioni
di riprocessamento di un maxicarico di
rifiuti ferrosi sequestrato dalla guardia costiera.
Le operazioni terminano a novembre
scorso con accuse nei confronti di diversi soggetti
e ditte che effettuano il trasporto verso il porto
del sud pontino. Si rileva infatti che il materiale
aveva una composizione diversa da quella dichiarata
nei documenti di trasporto e stoccaggio.
La manifestazione
popolare
A novembre 2013 c’è stata la prima grande
manifestazione popolare dei cittadini del
comprensorio del golfo di Gaeta contro le
polveri sottili che si sprigionano dai carichi di
materiale diretto al porto e gli eventuali danni alla
salute dei residenti. Ma soprattutto si chiede maggiore
trasparenza su ciò che entra nel secondo porto
del Lazio su cui dovrebbe vigilare la Regione Lazio
e il suo organismo di controllo ambientale, l’Ar -
pa.
Il sopralluogo
dei parlamentari
Agiugno 2014 c’è stato il primo sopralluogo di
un gruppo di parlamentari (Movimento 5
stelle) ma buona parte delle informazioni
richieste erano coperte dal segreto istruttorio poiché
era allora in corso (appunto) l’indagine della Procura
di Cassino che aveva disposto le verifiche per un
periodo di venti giorni sul pontile del porto. La
società privata che effettua le operazioni dice che
nessun passaggio nei controlli previsti è stato mai
saltato.
IL QUOTIDIANO - Mercoledì 17 Dicembre 2014

Gaeta 25

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