mercoledì 24 dicembre 2014

La cricca del Po Mentre le tangenti scorrono lungo il Po, si pone un problema al Premier Renzi e al Ministro Orlando

di Sigfrido Ranucci e Giulio Valesini http://www.corriere.it/inchieste/reportime/ambiente/cricca-po/ff378636-84b5-11e4-b9cc-80d61e8956c5.shtml Finisce sempre così. Si aspetta che intervenga un magistrato per prendere una decisione. Nessuno si assume una responsabilità, neppure se è pagato per quello. Come se il ruolo di responsabile di una struttura non includesse in sé la prerogativa o l’obbligo di prendere la decisione di spostare di poltrona un subalterno, anche solo per precauzione, o per prevenzione. Lo diciamo subito, a scanso di equivoci: in questa storia, che Report ha svelato in esclusiva domenica sera, sono tutti innocenti fino a prova contraria. Ci penserà la magistratura a definire le responsabilità penali, se ci sono. Pensavamo però di aver smascherato un sistema, almeno fino a domenica sera. Invece dopo la trasmissione ci è arrivata in redazione la mail del signor Giancarlo che ci scrive :” con il trucchetto delle bolle contraffatte durante le alluvioni del 1951 e 1966 avrebbero rialzato di sassi per un’altezza di oltre 2 metri, lungo tutto il Polesine fino a Rovigo, per il mancato controllo o del Magistrato Po, o del Genio Civile. Quindi- conclude Giancarlo- questi trucchi sono in vigore nelle nostre zone da oltre 60 anni. Saluti”. Quindi il giochino, almeno negli ambienti, sarebbe cosa nota. Eppure negli uffici dell’Aipo, ex Magistrato del Po, a nessuno è venuto il dubbio di controllare come sono andati i fatti. A controllare per esempio i reali quantitativi delle pietre poste negli argini in questione. Si aspetta sempre la magistratura. Che però in questo caso se l’è presa particolarmente comoda. Sono indagati 4 funzionari dello Stato e tre imprenditori che si occupano di mettere in sicurezza i fiumi. C’è un filmato realizzato nel 2008 che riprende una ruspa che invece di mettere in sicurezza gli argini del Po, disegna traiettorie nel vuoto; c’è un imprenditore che ha confessato di aver pagato tangenti in cambio di lavori e ha fatto anche i nomi; sono stati trovati documenti di forniture di pietre falsificati. Eppure le carte sono rimaste nei cassetti della Procura di Rovigo per circa 5 anni. Risultato: l’indagine che vede accusati di vari reati, dalla corruzione al falso, i dirigenti dell’Aipo e imprenditori, sarà sicuramente prescritta. Nessuno andrà a vedere perché i magistrati che avevano in mano quell’inchiesta hanno lasciato quelle carte a impolverarsi per 5 lunghi anni. Nessuno andrà a vedere perché quest’indagine che risulta chiusa dall’ agosto del 2013 è ancora lì, ferma. Ora in Procura a Rovigo è cambiata l’aria, ci sono magistrati nuovi e motivati, vedremo come andrà a finire. Una considerazione però questa storia la merita e pone un problema che giriamo al ministro Orlando e al premier Renzi. Esiste in Italia un termine per la durata massima delle indagini preliminari, ma non si dice entro quando, dalla fine delle indagini, deve essere esercitata l’azione penale. Solo per l’omicidio colposo il codice prevede (art. 416 comma 2 bis c.p.p.) che la richiesta di rinvio a giudizio deve essere fatta entro 30 giorni dal termine delle indagini. La vera riforma dunque non è solo allungare i termini della prescrizione, ben venga per carità, ma rendere certa la celebrazione dei processi e stabilire entro quale termine debbano essere rinviati a giudizio i soggetti sui quali sono state fatte indagini. Quanti sono oggi i processi per i quali sono scaduti i termini delle indagini (come a Rovigo) e non è si è andati a processo? Quale sia il danno a causa di questi ritardi è evidente se si pensa che in questo modo non vengono neppure effettuate le comunicazioni alla Corte dei Conti previste dall’art. 129 comma 3 delle norme di attuazione del c.p.p., impedendo in questo modo che altri organi possano attivarsi per recuperare quanto illecitamente sottratto alla collettività, o causato in termini di danni. L’indagine sulla cosiddetta “Cricca del Po” condotta dal Corpo Forestale di Padova, se sviluppata, avrebbe potuto rispondere a dei quesiti che invece rimarranno purtroppo senza risposta. Quanti argini sono stati costruiti fingendo un’emergenza che non c’era lungo i fiumi del nostro Paese? Quanti soldi sono stati drenati per fare opere inutili, invece di essere utilizzati per mettere in sicurezza dal rischio alluvioni? Dobbiamo aspettare le prossime alluvioni e contare altri morti, o contare altre centinaia di milioni di danni per scoprirlo? Guarda l’inchiesta “La cricca del Po” andata in onda a Report il 14 dicembre 2014 http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-6ba89669-1f16-4278-99fd-d769283c56fd.html 16 dicembre 2014 | 09:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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