lunedì 5 maggio 2014

LA FABBRICA DELLA MORTE La denuncia di "Happy Goodyear"Il documentario ideato, scritto e diretto da Elena Ganelli e Laura Pesino

E pensare che parlando tra di loro la chiamavano perfino “mamma Goodyear”, perché li retribuiva bene, li pagava sempre con puntualità, tredicesima e quattordicesima incluse, “se poi avevi bisogno di un prestito non si tirava indietro”. Sono alcune delle frasi pronunciate dagli ex operai della multinazionale di Cisterna di Latina che fabbricava pneumatici conosciuti e distribuiti in tutto il mondo. Invece quell’azienda si è dimostrata negli anni, e nei decenni, peggio, molto peggio della più crudele matrigna. La vicenda di quella che si è rivelata un’autentica  fabbrica di morte” per via dei suoi ex dipendenti ammalati e/o morti di tumore (almeno duecento, una cifra approssimata per difetto), è al centro del documentario “Happy Goodyear” presentato al pubblico di Latina sabato 3 maggio al cinema Oxer nell’ambito della rassegna Lievito promossa dal Movimento civico Rinascita civile; un lavoro di forte impegno civile e umano ideato, scritto e diretto da Elena Ganelli e Laura Pesino, entrambe conosciute e stimate giornaliste di Latina. L’opera ha vinto il Riff, Rome independent film festival 2014, quale miglior documentario italiano dell’anno. Prodotto dall’etichetta indipendente Soulcrime, “Happy Goodyear” si avvale di qualificate collaborazioni: Adriano Chiarelli produttore creativo, Marco Cirioni fotografia, Dario Sanvga suono in presa diretta, Luca Piermateri montaggio, Black Horses e Gdm musiche originali, Davis Torelli coordinatore di produzione. Il documentario è stato proiettato per la prima volta a Latina, dopo un’anteprima di qualche mese fa a Cisterna, e ha registrato una presenza massiccia di spettatori, che è andata oltre le più rosee previsioni di organizzatori e curatori, costringendo peraltro a ritardare l’inizio dello spettacolo, per permettere di smaltire la lunghissima fila al botteghino. Dopo il film, come previsto, si è tenuto nella sala dell’Oxer un breve dibattito coordinato dalla giornalista del Messaggero Monica Forlivesi.
TRENT’ANNI NEL TERRITORIO PONTINO. Produttrice di pneumatici da strada, la multinazionale statunitense Goodyear è presente a Cisterna di Latina dal 1965. Dopo circa trent’anni di attività, fra ristrutturazioni e riduzioni di personale, annunciò la chiusura nel 1999 per trasferirsi all’estero, nonostante un durissimo e coraggioso tentativo di occupazione durato oltre due mesi. Inutilmente, contro la dismissione interverranno anche sindacati e Governo. Dopo la chiusura, a fine anni ’80 un lavoratore scopre di essere malato di tumore: sembra un caso isolato ma la realtà è ben diversa. Se ne rende conto in particolare verso la fine degli anni ’90 Agostino Campagna, operaio e rappresentante sindacale, che in “Happy Goodyear” è allo stesso tempo guida materiale e memoria affettiva per i suoi compagni. Nel frattempo viene aperto un processo per le morti di tumore degli operai del cosiddetto “reparto Bambury”, dovute all’utilizzo di amianto nelle fasi di produzione. Campagna segna su un’agenda rossa i nomi di colleghi e amici che si ammalano, e poi va a raccogliere casa per casa le loro cartelle cliniche.
QUELLA FABBRICA DI MORTE. La multinazionale americana sembrava dovesse portare benessere e lavoro per l’intera comunità, insomma essere una panacea per una piccola città come Cisterna con un’economia fino a quel momento prettamente agricola. Ma la realtà era ben diversa. Nei vari reparti gli operai - sottolineano Ganelli e Pesino - respiravano polvere di nerofumo, fibre di amianto, solventi, vernici e ammine aromatiche, lavorando anche a mani nude. L’azienda forniva infatti solo semplici tute blu che i lavoratori non toglievano neppure a mensa. Nessuno indossava mascherine. Nessuno conosceva il tipo di sostanze che ogni giorno maneggiava né tantomeno i rischi che essi comportavano per la salute. “I controlli venivano fatti eseguire dalle stesse maestranze Goodyear - afferma nel film un ex operaio -, con tempi sempre più lunghi rispetto al previsto, e con esito sempre positivo”. Campagna ricorda anche come tra reparti di lavorazione e mensa non ci fossero distanze e aggiunge: “So che anche la cuoca è morta di tumore, e la cassiera è stata operata, sempre per un tumore”. Nel 2000 il Comitato familiari e vittime della Goodyear deposita una denuncia presso la Procura contro la multinazionale. Le accuse per nove dirigenti sono di omicidio colposo plurimo e lesioni plurime aggravate. Una tesi accolta dal Tribunale di Latina in primo grado, con un processo concluso con una condanna a 21 anni di reclusione complessivi per tutti gli imputati,  e ribaltata in parte davanti alla Corte d’Appello di Roma, che invece ha assolto alcuni imputati. Intanto è in corso a Latina un secondo processo per altri morti e altri malati. Questa volta gli imputati sono undici, tutti rinviati a giudizio nel maggio 2012 con le stesse accuse.
LE TESTIMONIANZE NEL FILM E NELL’INCONTRO. Nelle prime immagini del documentario c’è un primo piano di Fausto Mastrantonio, provato dalla malattia e dal ricordo degli amici che non si sono più, ma che cerca tuttavia di darsi forza, anche sotto la spinta della moglie, che tenta di rincuorarlo, e lo invita a reagire “perché abbiamo tutti bisogno di te; io che faccio senza te? E poi c’è la nipotina piccola, i figli da continuare ad aiutare”. Sembra quasi lasciarsi convincere, Fausto: “In fondo sto andando avanti da oltre undici anni: rispetto a chi non c’è più sono anni guadagnati”. Ma “Happy Goodyear” si chiude proprio con le immagini del suo funerale, e gli amici che seguono il feretro in bici, mentre il figlio Matteo pedala con quella del padre. “Ormai ci ritroviamo solo ai funerali” dirà Agostino Campagna. E lo stesso Campagna, insieme a Paolo Bortoletto di Borgo Montello, con Anna e Matteo Mastrantonio, hanno assistito sabato sera alla proiezione, condividendo con i presenti la loro vicenda umana e il profondo dolore senza rassegnazione per la morte del padre. Campagna e Bortoletto hanno ricordato anche un accordo intervenuto tra lavoratori e proprietà a fine anni ’80 per raddoppiare produzione e turni, data la crescente richiesta da parte del mercato. Un modo di affrettare ulteriormente la fine. Prima di loro avevano preso la parola l’onorevole Sesa Amici e Luigi Di Mambro, uno dei legali di parte civile.  Intanto i ricorsi civili per il risarcimento danni promossi dai parenti delle vittime e da ex operai sopravvissuti al cancro si moltiplicano. L’agenda rossa di Agostino Campagna continua a riempirsi di nomi e croci. Mentre l’importante percorso parallelo di denuncia contenuto nel documentario di Elena Ganelli e Laura Pesino è appena cominciato. Chissà? L’unione fa la forza. corrieredilatina.it

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