Cerroni: "il biogas è oro. Veltroni era d'accordo con me a lanciare il biogas già negli anni '90. E lo è anche Marino"
Il re (o il monopolista se si preferisce) della monnezza romana, l'avv. Manlio Cerroni, attacca la politica "ingrata" che ha generosamente foraggiato trasversalmente e si dichiara fervente biogassista. Per Cerroni il biogas è oro e dice che la sua idea di far marciare i mezzi pubblici a biometano (da biogas da monnezza) piace un sacco al sindaco Marino
http://sgonfiailbiogas.blogspot.it/2014/05/il-biogas-e-loro-di-domani-parola-del.html
fonte: http://www.iltempo.it/cronache/2014/05/11/affari-e-poteri-forti-cosi-mi-hanno-fatto-fuori-1.1248660
Parla Manlio Cerroni: «Affari e poteri forti,
così mi hanno fatto fuori»
ESCLUSIVO IL TEMPO La seconda parte dell’intervista al re delle discariche, indagato dalla procura di Roma per l’affaire rifiuti
Ecco la seconda parte dell’intervista a Manlio Cerroni, re delle discariche, indagato dalla procura di Roma per l’affaire rifiuti. Nella prima parte del botta e risposta con Il Tempo, Cerroni ha affrontato vari capitoli scottanti. Ha parlato di un complotto ordito ai suoi danni, della politica (di destra, di centro e di sinistra) che dopo aver beneficiato dei suoi finanziamenti ha fatto finta di non conoscerlo, ha spiegato il perché della chiusura della discarica di Malagrotta e dei tentativi di aprire altri siti per non far soffocare Roma sotto la monnezza. Alla fine della prima parte Cerroni lasciava intendere che dietro al complotto che starebbe all’origine del suo disarcionamento dal business dei rifiuti, potevano esserci varie "entità" politiche, economico-finanziarie, persino giudiziarie. Accuse pesanti. Riprendiamo proprio dall’ultima frase con quell’accenno all’Acea che per la giornata di ieri ha mandato in fibrillazione la politica romana incuriosita da ciò che state per leggere.
«Buono, il caffè... allora ragazzi, dove eravamo rimasti?»
All’Acea avvocato, e al complotto messo in piedi dalla politica e dall’alta finanza per farla fuori dal business dei rifiuti. Così almeno ha detto lei. Che fa, ritratta?
«No, no, ma che ritratto. Anzi. Rilancio. Osservatori attenti non fanno fatica a intravedere un guadagno enorme, pazzesco, per chi riuscirà - se mai ci riuscirà - a soppiantarmi. I rifiuti sono oro, e certa gente lo sa bene, per questo punta a prendersi il mercato che era, anzi è, mio».
Si va bene, avvocato, ma l’Acea che c’entra?
«Ci arrivo. Non vi dice niente che nel consorzio Coema (istituito per gestire il gassificatore di Albano, ndr) io ho solo l’8 per cento delle quote, mentre Ama e Acea hanno il 67 per cento? Qualcuno ha favoleggiato sui rapporti tra me e l’ingegner Caltagirone, che è in Acea. Dicono che io ho contattato lui, che lui ha contattato me, che ci odiamo, ci amiamo. Hanno detto di tutto, ma una cosa è certa anche perché non l’ha mai nascosta: Caltagirone ha un grande interesse per i rifiuti».
È un imprenditore. Fa affari sui rifiuti all’estero. Che c’è di male?
«Nulla. Peccato che il suo giornale a un certo punto ha preso ad attaccarmi in modo pesante».
Tutti, noi compresi, non le abbiamo risparmiato critiche.
«C’è modo e modo. Tutta questa storia dell’inchiesta, del Supremo, del Monopolista, del Ras della monnezza - per usare espressioni care al prefetto Pecoraro o alla signora Renata Polverini - ha qualcosa di kafkiano. Voi giornalisti ci avete inzuppato il pane in questo minestrone ma nessuno si è soffermato a leggerle bene le carte giudiziarie perchè le cose sono assolutamente diverse da come le avete raccontate».
E cos’è che non avremmo raccontato?
«Anche dalla cattività, dall’esilio cui sono stato relegato, ho trascorso gran parte delle giornate di questi mesi a leggere documenti, informative, ragionamenti degli investigatori, e soprattutto giornali. Ho letto cose che qualificare come velenose è un eufemismo, cose che difficilmente inciampavano nella verità. Ho scritto a chi ha scritto male di me, spiegando i fatti. Ma la contrapposizione, a ridosso delle indagini poi sfociate negli arresti, si è fatta più intensa. Nonostante le ripetute diffide alla fine li ho dovuti querelare».
Non è per difendere la categoria, ma se poi lei è precipitato nello scandalo rifiuti che c’entrano i giornalisti?
«Lasciate stare quest’argomento che è meglio».
Senta avvocato, sta dicendo che a un certo punto con Caltagirone lei stava per entrare in affari? È così?
«Ho seguito attentamente l’Ingegnere durante la sua campagna d’Oltralpe. Mi era piaciuto».
Si riferisce al braccio di ferro con la società Gaz de France sulle quote di Acea?
«Proprio quella».
Cerroni a questo punto allunga una mano sul tavolo, afferra un bicchiere e butta giù come se avesse attraversato il deserto del Sahara. Due ore filate a ribattere punto su punto. Riparte a sorpresa.
«L’ho incontrato, su suo invito, a marzo del 2012 negli uffici di via Barberini. Abbiamo avuto un lungo incontro e ci siamo salutati con l’intesa di arricchire la documentazione e di rivederci per trovare, se possibile, anche attraverso Acea, soluzioni utili per questa città. Con Francesco (Caltagirone, ndr), ci siamo ritrovati poi per parlare di prospettive mettendo a fuoco anche l’aspetto industriale».
A ottobre dell’anno scorso?
«(allarga le braccia sconsolato). E da allora non ho saputo più nulla».
Seguendo il suo tortuoso ragionamento ci sta dicendo che dopo la politica anche l’alta finanza le ha voltato le spalle?
«Rileggetevi gli articoli al vetriolo del Messaggero. La risposta la trovate lì. Hanno suonato le campane a morto ma io, come vedete, sono più vivo di quanto pensano gli interessati a far soldi sui rifiuti. Il biogas è l’oro del domani».
Passiamo ad altro. Che farà il Supremo adesso?
«Ho grandissimi progetti. Mi aspettano in tutto il mondo, da Monaco a Buenos Aires fino in Australia, dopo che hanno visitato Malagrotta. Continuerò a far crescere il mio gruppo perché non dimenticate che nel mondo dei rifiuti io sono il numero uno. Voglio mandare avanti quel famoso discorso di alimentare i mezzi dell’Ama e dell’Atac con il combustibile prodotto dai rifiuti. Oggi ci sono le condizioni per farlo».
Quanta energia si produce con i rifiuti?
«Da un chilo di monnezza si ottiene un chilowatt. Ma la parte più interessante per la città è il metano».
A proposito di città. In che rapporti è con il rappresentante dei cittadini romani?
«Su Ignazio Marino occorre un po’ di pazienza. Intanto voglio raccontarvi di quando ero bambino».
Un altro flashback avvocato? No, per favore...
«Sarò breve. Come sapete sono nato nella campagna romana, a Pisoniano. Da ragazzino vedevo i carri pieni di verdura partire per i mercati di Roma. Poi li vedevo tornare con gli scarti. Tanti scarti. Montagne di scarti. Allora pensai a cosa si potesse fare con quegli scarti. Da lì è nato tutto ed oggi produrre combustibile da rifiuti è il vero business legato alla monnezza. L’hanno capito in tanti. Forse troppi. L’aveva capito pure il sindaco Marino...».
E poi cosa è successo?
«Il sindaco mi ha chiamato il 29 settembre. Diceva che ci dovevamo vedere. Io dico: e vediamoci. Vado in Campidoglio. Marino mi mostra il suo ufficio e mi fa notare che è disadorno. Figuratevi. A me, che di sindaci ne ho visti 33, e che le stanze le ho viste sempre imponenti e importanti, quell’ufficioa somigliava più a quello dell’usciere del Campidoglio che al salotto del sindaco di Roma. Vabbè. A un certo punto mi allunga una mano sull’avambraccio e mi dice: "Avvocato io voglio progettare Roma 2035, con chi lo devo fare?" Allora io gli dico: "Ma tu l’hai visto che io ho 88 anni? Hai visto che è dal ’26 che vado avanti coi rifiuti?" Lui non fa una grinza. Inizia a raccontarmi dei Fori Imperiali, dell’isola pedonale. Fori di qua. Fori di là. Di questo, di quello. E penso: ma mica l’hai fatti tu i Fori, l’hanno fatti i romani».
Sì, ok. Ma qualche consiglio gliel’ha dato a Marino sullo smaltimento della monnezza romana?
«Gli ho detto che aveva la possibilità di passare alla storia, un progetto che io e l’ex sindaco Rutelli avevamo pensato alla fine degli anni Novanta. E cioè trasformare biogas in biometano in quantità sufficiente per alimentare i camion della monnezza e non solo. Altro che Fori senza macchine»
Perché non realizzò quel progetto con Rutelli?
«All’epoca non si poteva fare perché Roma non produceva abbastanza differenziata. Inoltre oggi la legislazione consente di immettere in rete il metano in purezza. E a Malagrotta c’è un impianto in grado di renderlo puro al 97%».
A Marino piace tanto la mobilità sostenibile. Dunque l’idea poteva piacergli...
«Piacergli? Ha detto che era un’idea fantastica e che dovevano approfondirla. E poi è successo quello che è successo. È arrivato lo tzunami, il complotto, le manette e son scappati tutti».
Malagrotta continuerà a produrre biogas anche post mortem?
«Post mortem di chi? (sorride e con la mano fa il segno di darci un sacco di botte, ndr)».
Di Malagrotta avvocato, di Malagrotta, per carità!
«Malagrotta continuerà a produrre energia per altri 35 anni. Sarà una produzione sempre più in calo fino a quando esaurirà le sue risorse».
Chi pagherà il capping (chiusura totale, ndr) di Malagrotta?
«C’è un progetto presentato in Regione ed è in istruttoria. Devono decidere ancora chi. Noi siamo disposti a pagare per la nostra parte».
A proposito di soldi. Ci ha già raccontato del complotto ordito, a suo dire, nel 1973 dalla Loggia P2 di Licio Gelli per toglierle il giocattolo dei rifiuti. All’epoca il pm Nitto Palma indagò sull’ipotesi che lei avesse manomesso le bilance che pesavano i rifiuti in entrata per "fare la cresta" sui rimborsi. Oggi la Procura le contesta una sovrafatturazione. Come risponde a quest’accusa. Anche questo fa parte del complotto?
«La risposta è semplice: perché non sono stati fatti riscontri con le autorità di vigilanza sui conti del Gruppo? Non solo. A riprova dell’assoluta trasparenza ho condiviso l’idea che il conto del consorzio Colari sia affidato al Prefetto de Sena e che ne diventi il presidente. Il Supremo Monopolista non ha nulla da nascondere».
Ancora una nota dolente, avvocato. L’inquinamento dell’area intorno a Malagrotta. Anche su questo non ha nulla da nascondere? Secondo uno studio del Politecnico di Torino ci sarebbero fuoriuscite di percolato dal polder (rivestimento che isola il terreno dalla discarica, ndr).
«Dire che Malagrotta inquina è una bestialità. L’Arpa (agenzia regionale protezione ambientale, ndr) ha condotto per tutti questi anni periodiche verifiche attraverso la centralina che ha installato nell’area della discarica. I parametri sono nella media delle altre zone della città».
Non ci riferivamo all’aria, infatti. Ma al sottosuolo. Nel rio Galeria le macchie si vedono a occhio nudo.
«I parametri del rio Galeria sono nella norma. Il percolato di Malagrotta viene trasferito negli impianti di depurazione, nella maniera più assoluta».
Ci ha raccontato di aver salvato più volte la Capitale e di essere corso in soccorso di tutti i sindaci. Ma qualche errore lo avrà pure commesso in oltre mezzo secoldo di attività?
«Mettiamola così. Ho pensato troppo a lavorare e poco alle pubbliche relazioni, si dice così? Public relations? Lavoro e famiglia, famiglia e lavoro. Non c’era altro per me. Posso dire di aver fatto una vita monastica, da vero missionario».
Dalle intercettazioni, però, lei intratteneva rapporti altissimi, a tutti i livelli, con sindaci, ministri, assessori, consiglieri...
«Loro venivano da me, non io da loro».
Ma qualcuno le ha mai detto grazie per questa sua "vita da missionario"?
«Di grazie ne ho ricevuti tanti ma la riconoscenza è il sentimento della vigilia».
Lei si sente deluso dalla politica, lo ripete in continuazione...
«Ho dato tutto me stesso, e di fronte ai guai, tutti se la sono data a gambe».
Cosa avrebbe dovuto fare la classe politica? Cosa si aspettava?
«Impegno, riconoscenza pubblica, serietà. Tranne rari casi, la politica non si è dimostrata alla mia altezza. Prendete Alemanno. Una volta gli dissi: se tu fossi un sindaco consapevole chiederesti alla regina d’Inghilterra una di quelle belle carrozze che ha usato per il matrimonio del nipote (il principe William, ndr), la spediresti a prendermi a Malagrotta e mi faresti scortare in Campidoglio. Ad Alemanno ho scritto lettere, ho spiegato tutto nel settembre 2010, ho pure preparato un convegno dove rassicuravo la gestione dei rifiuti a Roma per un ventennio. In più ho fatto fare una stele di marmo per la dipartita di Malagrotta, se volete saperla tutta intitoleremo lo stradone il "Viale della fortuna di Roma". ( Cerroni prende fiato ).Scherzavo naturalmente sulla carrozza della Regina».
Mica tanto avvocato. Questo aneddoto lo ha raccontato anche al pubblico ministero, durante l’interrogatorio.
«La verità è che oltre a sommi poeti come Carducci o illustri letterati, la cittadinanza di Roma mi spetta di diritto. Perchè io ho dei meriti che altri insigni cittadini onorari non hanno. Ad Alemanno ho scritto lettere, ho spiegato tutto».
Senta Cerroni, ma lei la fa la raccolta differenziata?
«Che domande. Certo che la faccio»
No, perché a Roma è sentore comune che l’Ama non la faccia.
«Su questo non rispondo. L’Ama si serve di gente che fa queste cose. Mi dovete domandare un’altra cosa: se la differenziata è fatta bene, possono arrivare guadagni e posti di lavoro?
Si dia la risposta...
«Enormi guadagni, sì. E un’infinità di posti di lavoro. Queste sono le mie proposte da anni, ma chissà perché non vanno avanti. Anziché visitare i Fori i turisti andrebbero a visitare la discarica di Malagrotta».
Voce di popolo dice che lei ha pagato la manifestazione di un principe per protestare contro la discarica di Corcolle caldeggiata dal prefetto Pecoraro.
«Un principe? Ma che state dicendo?»
Tiri la riga, e faccia un rewind della sua vita. Che le viene in mente adesso?
«Er Gallina»
Chi?
«Er Gallina, un mio dipendente, l’unico capace di trovare il famoso ago nel pagliaio. Riusciva a tirare su una moneta dispersa fra tonnellate di monnezza. Per una vita sapete quanta gente importante mi ha chiesto la cortesia di fermare i camion prima dello scarico in discarica e ripescare oggetti preziosi? Ricordo la signora Angiolillo, disperata per un confanetto di lettere finito nel cestino di casa. Oppure l’ex ministro Scelba che mandò un esercito di carabinieri a presidiare l’area per salvare un astuccio di pelle con 18 milioni di lire e un pacco di lettere. Ecco, er Gallina era una specie di mago, ed io un computer già allora. Conoscevo ogni camion, ogni tratta. Avevo, e ancor oggi ho, una memoria incredibile tanto che quando la polizia giudiziaria è venuta a perquisirmi l’ufficio s’è pure storta: "Cerroni, tiri fuori i computer, sappiamo che ce l’ha". Mai avuto un computer in vita mia, alla fine si son dovuti arrendere all’evidenza. Sono il computer di me stesso».
Morale della favola dei rifiuti?
«La morale, cari giornalisti che per settimane mi avete fatto a pezzi, è che la verità alla fine viene sempre fuori, anche quella nascosta nella monnezza. Er Gallina insegna, Cerroni è la riprova».

Nessun commento:
Posta un commento