E
1500 malati chiedono
giustizia
a Strasburgo
I
RICORSI
La
Corte dei Diritti
dell’Uomo
stabilirà
se
l’Italia dovrà risarcire
le
vittime. Sono i cittadini
che
hanno vissuto
nelle
zone inquinate
diValeria
Pacelli
Sono
arrivati solo pochi giorni fa, sulle scrivanie
dei
giudici della Corte dei Diritti Umani
di
Strasburgo, circa 1500 ricorsi di malati di
cancro
o di altre patologie. Si tratta di cittadini
italiani
che vivono nei territori della “Terra dei
Fuochi”,
in Campania. Caivano, Torre del Greco,
Santa
Maria Capua Vetere e tanti altri paesi
del
napoletano e del casertano
dove
si trovano persone che
hanno
respirato quell’aria e
mangiato
prodotti coltivati in
terre
inquinate. Adesso, che il
caso è
diventato di portata nazionale
dopo
che sono stati descretati
gli
atti con le dichiarazioni
del
pentito Carmine
Schiavone,
la parola passa a
Strasburgo
che deciderà se l’Italia
dovrà
pagare i risarcimenti
a
quanti hanno avuto la colpa di
vivere
in un territorio succube
della
gestione della camorra. La Corte quindi stabilirà
se lo
Stato italiano dovrà rispondere per la
violazione
di due articoli della convenzione europea
dei
diritti dell’Uomo (C.E.D.U.): l’articolo
2 che
tutela il diritto alla vita e l’articolo 8 che
garantisce
il diritto al rispetto della vita privata e
familiare.
Molti dei ricorrenti che hanno presentato
il
ricorso sono deceduti, altrettanti combattono
ogni
giorno contro la malattia. Come una
donna
di 73 anni che per tutta la
vita
ha vissuto a Sant’Antonio
Abate,
in provincia di Napoli.
Le è
stato diagnostico un adenocarcinoma
e da
tempo è sottoposta
a
diversi interventi chirurgici
e
chemioterapia. “É
molto
probabile che la causa
della
sua attuale patologia –
scrivono
gli avvocati Giovanni
Romano,
Egidio Lizza e Massimo
Ferraro,
che si sono occupati
del
ricorso – sia da individuarsi
nel
fattore geografico di
provenienza
dalla terra dei fuochi. Occorre, infatti,
considerare
che (...) lo Stato Italiano non ha
finora
svolto un’effettiva e concreta azione di tutela
dell’ambiente,
palesando tutta la lacunosità
di
un’azione particolarmente deficitaria in termini
sia
legislativi che amministrativi.” La situazione
della
terra dei fuochi, spiega il ricorso, “nonostante
abbia
raggiunto dimensioni catastrofiche
ed
altamente perniciose per la salute pubblica
e per
la popolazione, è lungi dall’attirare la
giusta
attenzione e preoccupazione da parte del
governo
italiano, tale da tradursi in interventi
concreti
ed effettivi, che sanciscano una vera
svolta
rispetto ad un problema ormai trentennale,
se
solo si consideri che manca un sistema di
tracciabilità
rigorosa dei rifiuti speciali e industriali
particolarmente
tossici”. I rifiuti tossici,
“per
tanti anni sono stati illegalmente sversati
nei
comuni del casertano e del napoletano, nella
piena
consapevolezza del governo italiano, come
emerge
dalle dichiarazioni del collaboratore di
Giustizia
Carmine Schiavone”.
IL
PENTITO IL 7 OTTOBRE del
1997 presso la
Commissione
parlamentare d’inchiesta fece dichiarazioni
coperte
da segreto fino a ottobre scorso.
“Come
dice Schiavone - continua il ricorso - la
vicenda
ebbe inizio nel 1988 e di essa ne erano a
conoscenza
sia la Dna (direzione nazionale antimafia)
sia la
Dda (direzione distrettuale antimafia)
ben
prima della sua audizione dell’ottobre
del
‘97, avendo lo stesso più volte ribadito, che le
istituzioni
erano a conoscenza del traffico illecito
di
rifiuti sin dal 1993, avendo egli provveduto a
mettere
a disposizione la documentazione ed
avendo,
più volte accompagnato i rappresentanti
della
Criminalpol e dello Sco nelle zone degli
sversamenti
abusivi”. Le istituzioni, dice Schiavone,
sapevano.
I cittadini forse no. E adesso toccherà
a
Strasburgo decidere se l’Italia debba prendersi
o meno
la responsabilità di troppi malati.
Twitter:
@PacelliValeria
il fatto quotidiano 1 maggio 2014
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