giovedì 6 marzo 2014

monnezza d'oro Chiaiano, i boss delusi da Cesaro: “Non bloccò la discarica”

DUE PENTITI RACCONTANO IL RUOLO DEL DEPUTATO DI FORZA ITALIA DURANTE L’EMERGENZA RIFIUTI CON BERLUSCONI MONNEZZA D’O RO Nei verbali si parla dell’irritazione del clan Polverino e della consegna di un misterioso pagamento da un milione di euro di Vincenzo Iurillo e Nello Trocchia Nuovi pentiti, vecchi problemi. Luigi Cesaro, deputato di Forza Italia, già presidente della provincia di Napoli, viene nuovamente tirato in ballo, insieme al fratello costruttore, Raffaele Cesaro, dalle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia per presunti rapporti con soggetti legati al crimine organizzato. Per Cesaro, ai più noto come Giggino ‘a Purpetta e famoso per il suo italiano approssimativo, non è certo una novità. Già un anno fa il Fatto rivelò una richiesta di arresto della Procura di Napoli, per reati di camorra, a carico del deputato campano, al vaglio dell'ufficio Gip del Tribunale di Napoli. Al momento, a quanto risulta, la richiesta è ancora in fase di valutazione da parte del giudice per le indagini preliminari. Ora spuntano le parole dei due pentiti agli atti dell'inchiesta, condotta dai carabinieri del Noe che ieri ha portato al fermo di 17 persone, otto in carcere, nove ai domiciliari. SECONDO LA PROCURA di Napoli – pm Marco Del Gaudio e Antonello Ardituro, coordinati dagli aggiunti Francesco Greco e Giovanni Melillo – la discarica di Chiaiano, fortemente voluta dal governo Berlusconi nel 2008, fu realizzata e gestita da imprese legate al crimine organizzato. Ai domiciliari anche la commissione di collaudo, professionisti e imprenditori. E pensare che Guido Bertolaso, che aveva le chiavi del commissariato, promise: “Sarà la discarica più sicura del mondo”. Cesaro nell’inchiesta non è indagato. I collaboratori di giustizia raccontano come i clan di zona, i Polverino, avessero dubbi sulla realizzazione dell'invaso, nonostante le ditte appaltatrici fossero longa manus, secondo la Procura, del crimine organizzato, in particolare del clan Zagaria. In questo contesto spuntano le dichiarazioni sui Cesaro. Roberto Perrone, detto “Pa - perone”, è in manette dal 3 maggio 2011. Era il capozona del clan Polverino a Quarto (Napoli). Sentito dagli inquirenti l’8 settembre 2011, Perrone spiega che la camorra locale non era affatto contenta dell’apertura dell’invaso nella periferia di Napoli. Fino a chiederne ‘conto’ alla famiglia Cesaro. “Indipendentemente dai rapporti e dagli interessi di Polverino con Carandente (tra gli arrestati per la discarica di Chiaiano, titolare della ditta di subappalto, ndr), Peppe Polverino non fu per niente contento dell’apertura di quella discarica perché essa andava a deprezzare l’intera zona da Marano (Napoli) fino ai Camaldoli, in cui Polverino stesso aveva enormi interessi economici soprattutto nell’edilizia...”. Perrone circostanzia l'ostilità dei Polverino verso la discarica: “Posso dire questo ricordando un episodio: l’incontro avvenuto il Natale scorso tra Peppe Polverino e il cugino Toratti, ossia Salvatore Polverino, in cui si parlava del P.I.P. di Marano e del fatto che Raffaele Cesaro, fratello del Presidente della Provincia Luigi Cesaro, non aveva adempiuto puntualmente all’impegno, consegnando al Polverino la somma di un milione di euro. In quell’occasione Polverino apostrofò malamente Raffaele Cesaro e il fratello Luigi, proprio ricordando il fatto che l’apertura della discarica aveva portato danno al clan e che essi, evidentemente, non lo avevano impedito”. MOLTO PIÙ RECENTE il verbale di Giuliano Pirozzi, un ex imprenditore ‘colletto bianco’ del clan Mallardo, egemone a Giugliano (Napoli) e in buoni rapporti con i Casalesi. Il 17 gennaio 2013 Pirozzi rivela cosa sa sugli affari delle discariche del napoletano. Quelle autorizzate, come Chiaiano. E quelle abusive, come un invaso a Giugliano controllato da Carandente. E parla di Cesaro. Collegandolo ad Antonio Dell’Aquila, capogruppo Pdl nel consiglio comunale di Giugliano poi sciolto per camorra, definito “il naturale punto di riferimento tra la camorra e la politica” nel territorio giuglianese. “Dal punto di vista politico (Dell’Aquila) aveva un rapporto preferenziale con Luigi Cesaro e con i suoi rappresentanti politici nell’amministrazione provinciale; inoltre, aveva rapporti imprenditoriali con i fratelli di Luigi Cesaro in quanto i fratelli di Antonio Dell’Aquila sono costruttori che hanno svolto affari con il gruppo Cesaro”. Antonio Dell'Aquila, tra l'altro, è anche cugino del boss Giuseppe Dell'Aquila, detto Peppe ‘o ciuccio. Perrone e Pirozzi vanno ad aggiungersi al frastagliato arcipelago dei collaboratori di giustizia che hanno parlato di ‘Giggino ‘a Purpetta’, capeggiati da Gaetano Vassallo, il ministro dei rifiuti del clan dei Casalesi e da Luigi Guida detto ‘O Drink’, reggente del clan Bidognetti prima del pentimento. Cesaro si è sempre difeso ribadendo la sua estraneità alle contestazioni smentendo ogni tipo di relazioni e incontro. Rapporti spericolati che, ogni volta, riaprono finestre sul passato di Cesaro. Il deputato campano, per connivenza con il clan del boss Raffaele Cutolo, fu arrestato nel 1984, condannato in primo grado e poi assolto, prima in appello e poi in Cassazione, dove a firmare la sentenza fu il giudice Corrado Carnevale. Il suo nome finì nel decreto di scioglimento per camorra del suo comune di origine e in due informative dei carabinieri dove si leggeva “È solito associarsi a pregiudicati di spicco”. Anno 1991, roba passata. Da allora Cesaro ha conosciuto solo successi fino a diventare il fedelissimo campano di Silvio Berlusconi con un posto al sole in Parlamento. il fatto quotidiano 6 marzo 2014

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