Gli
amici dei mafiosi
all’assalto
di Italgas
IL
GIGANTE DELL’ENERGIA CONTROLLATO DAL MINISTERO DEL TESORO
È
STATO COMMISSARIATO PER GLI STRANI AFFARI CON I FRATELLI
CAVALLOTTI,
SECONDO PENTITI E PM VICINI A BERNARDO PROVENZANO
A
PALERMO
La
Procura scrive che gli
imprenditori
aiutati dai
boss
avevano rapporti
“consolidati
”con
l’azienda,
anche se i loro
guai
giudiziari erano noti
SOTTO
TUTELA
Per
sei mesi gli uomini
del
tribunale dovranno
indagare
per capire
fino
a che punto
arrivava
l’influenza
di
Cosa Nostra
Per
sei mesi l’Italgas
sarà
sotto amministrazione
giudiziaria.
I
suoi uffici, i
bilanci,
le relazioni sugli appalti
e
le concessioni saranno
passati
al setaccio dai pm della
Procura
di Palermo che vogliono
capire
fino a che punto
imprenditori
molto in
odore
di mafia hanno affondato
i
loro artigli nel colosso
del
gas. Un gigante dell’e n e rgia
completamente
in mano
pubblica,
il cui capitale è interamente
controllato
da
Snam
e quindi da Cassa depositi
e
prestiti e dall’Eni.
1500
concessioni, una rete distributiva
di
53mila chilometri,
6
milioni di utenze cui
vengono
forniti 7,5 miliardi
di
metri cubi di gas, eppure
all’Italgas
hanno trattato per
anni
con i fratelli Cavallotti.
Siculi
doc, originari di Belmonte
Mezzagno.
Vincenzo,
Gaetano
e Salvatore Vito,
operano
da anni proprio nel
settore
della costruzione di
reti
per la distribuzione del
gas,
grazie ai rapporti con i
vertici
di Italgas, hanno lavorato
in
Sicilia, ma anche in
Liguria
e Toscana.
I
CAVALLOTTI sono
stati assolti
dall’accusa
di concorso
esterno
in associazione mafiosa,
ma
i magistrati palermitani
li
ritengono “social -
mente
pericolosi”. Ci sono
pentiti
che parlano e descrivono
“il
pluriennale rapporto
che
ha legato i fratelli Cavallotti
a
esponenti di rilievo” di
Cosa
Nostra. Finanche Bernardo
Provenzano
scriveva
“pizzini”
ai suoi amici per
sponsorizzarne
le imprese. E
lo
fa in occasione dell’appalto
per
i lavori di metanizzazione
dei
comuni di Agira e Centuripe,
regolarmente
vinti dai
fratelli
Cavallotti. Zio Binnu
fa
di più, e nella sua proverbiale
magnanimità
dà “il via
libera
a Cavallotti Vincenzo
per
la gestione dei rapporti
politici
attraverso cui ottenere
la
realizzazione dei lavori
per
la metanizzazione del comune
di
Monreale”, scrivono
i
pm palermitani. Anche Giovanni
Brusca,
detto “scanna -
cristiani”,
l’uomo che azionò
il
telecomando a Capaci, interviene
a
favore dei Cavallotti.
I
fratelli terribili, “vicini a
esponenti
mafiosi di primo
piano,
avrebbero goduto –
scrivono
i giudici della sezione
misure
di prevenzione del
Tribunale
di Palermo – di un
consolidato
rapporto di collaborazione
commerciale
e
imprenditoriale
con l'Italgas
spa”.
Che
è continuato anche
dopo
che le loro imprese sono
state
sottoposte a misure di
prevenzione.
Rapporti imprenditoriali
“diretti
e privilegiati”,
scrivono
i magistrati,
con
le sigle societarie dell’im -
pero
Cavallotti, fatto di “una
serie
di società formalmente
intestate
a degli stretti congiunti”.
Sigle
di comodo. Per i
magistrati
i Cavallotti “hanno
perseguito
un disegno finalizzato
a
eludere le misure di
prevenzione
patrimoniale e a
continuare
a esercitare attività
legate
alla metanizzazione,
avvalendosi
del medesimo reticolo
di
conoscenze e appoggi
di
alto livello in un settore
strategico
come quello della
distribuzione
del gas”. Erano
di
casa nei piani alti di Italgas
i
fratelli siculi, il loro rapporto
con
la società era “consolida -
to”,
la relazione con la struttura
dirigenziale
era “privile -
giata”,
si legge nelle carte della
procura.
Italgas
sapeva tutto della situazione
dei
Cavallotti dei
provvedimenti
di sequestro
delle
loro aziende, ma “non
ha
avuto alcuno scrupolo ad
affidare
la gestione delle reti
appena
acquisite dall'amministrazione
giudiziaria
ai medesimi
soggetti
che le avevano
realizzate
attraverso attività
aziendali
di origine illecita”.
C’È
UN EPISODIO indicativo
del
livello di condizionamento
dei
fratelli Cavallotti
sull’Italgas
e riguarda le reti
gas
cedute dalla Tosa, un'impresa
confiscata
e passata nelle
mani
dello Stato, che deve
risarcire
Italgas per 240mila
euro.
Soldi che l’amministra -
tore
giudiziario non ha, e allora
propone
una transazione
ai
vertici del colosso energetico:
sia
la stessa società a fare
la
manutenzione delle reti
gas,
con il ricavato sarebbero
stati
ripagati i danni. “Feci
presenti
al dirigente dell'Italgas
– fa
mettere a verbale
l'amministratore
giudiziario
dottor
Miserendino – che la
società
che rappresentavo si
trovava
ormai in stato di confisca
definitiva
e quindi apparteneva
al
patrimonio dello
Stato,
pensando che questo
argomento
potesse rafforzare
l'interesse
di un’altra società
dello
Stato – o partecipata come
nel
caso dell'Italgas – per
un’eventuale
collaborazione...
ma
la risposta fu abbastanza
ironica,
suscitò un sorriso
del
dirigente che si dichiarò
non
interessato”. Quei
lavori,
ovviamente, andarono
ad
una società dei fratelli Cavallotti.
TANTO
BASTA ai
magistrati
per
lanciare l’allarme “sulla
capacità
di condizionamento
che
degli imprenditori legati a
Cosa
Nostra sono in grado di
esercitare
sui processi decisionali
di
una importante società
pubblica
come Italgas”.
Queste
condotte da parte del
colosso
energetico pubblico
“non
appaiono frutto di scelte
episodiche,
isolate o casuali,
ma
risultano inserite in un
quadro
di decisioni commerciali e imprenditoriali che si
sono
reiterate e protratte nel
tempo
ed hanno dispiegato i
propri
effetti in diversi ambiti
territoriali
e operativi”.
L’obiettivo
dei magistrati ora
è
quello di operare “una attenta
opera
di analisi della
struttura
manageriale dei
processi
decisionali, al fine di
accertare
sino a che punto sia
estesa
l’influenza illecita da
parte
dei fratelli Cavallotti” su
Italgas
per “gli opportuni interventi
di
bonifica a tutela
della
società pubblica”. La vera
vittima
“delle attività di
condizionamento
individuate
e
di possibili altre ancora da
scoprire”.
di Enrico Fierro
il fatto quotidiano 22 luglio 2014
Di seguito la replica dei Signori Cavallotti
Di seguito la replica dei Signori Cavallotti
Di seguito la replica che tocca tutti i punti trattati nel suo articolo.
I fratelli Cavallotti, non sono mai stati vicini alla mafia. Ciò risulta in maniera chiara da una sentenza definitiva che ha assolto i fratelli Cavallotti dalla infamante accusa di concorso esterno in associazione mafiosa con la formula “perchè il fatto non sussiste“, essendo stati ritenuti, a seguito di un lungo e complesso procedimento penale, vittime e non complici della mafia. Le dichiarazioni rese dai vari collaboratori di giustizia hanno dimostrato come le imprese dei fratelli Cavallotti, piuttosto che essere state avvantaggiate illecitamente dalla mafia, alla stregua di tutte le imprese operanti in Sicilia negli anni ’80 e ’90 – periodo della massima recrudescenza del fenomeno mafioso – sono state costrette a pagare il pizzo e a subire furti e danneggiamenti nei propri cantieri, tutti denunciati alle autorità competenti. In particolare, gli stessi collaboratori di giustizia hanno indicato i Cavallotti non come degli uomini d’onore e neppure come dei soggetti vicini alla mafia ma, piuttosto, come imprenditori dei quali alcuni degli stessi collaboratori di giustizia avevano curato la “messa a posto” – intesa come pagamento del pizzo – ovvero avevano sentito parlare come imprenditori costretti a subire le vessazioni della mafia.
Quanto poi ai “pizzini” di Bernardo Provenzano, si tratta di missive dattiloscritte da questi inviate all’Ilardo e da questi consegnate al Colonnello Riccio. In queste missive si fa cenno, da una parte, ai lavori di metanizzazione dei comuni di Agira e Centuripe, eseguiti dalle società dei fratelli Cavallotti, dall’altra, alla Cooperativa “Il Progresso”. Il carteggio in parola va letto ed è stato valorizzato dai giuidici del processo penale come pagamento del pizzo, e ciò per le seguenti ragioni. Le gare per i lavori per la metanizzazione dei comuni di Agira e Centuripe (che si trovano in Provincia di Enna) sono state indette e aggiudicate a Palermo dalla Siciliana Gas (che non va confusa con la Gas s.p.a. di cui erano soci Ciancimino Vito, Lapis ed Ezio Brancato, consuocero di Giusto Sciacchitano, e che rispetto alle imprese dei Cavallotti operava in un regime di assoluta concorrenza). Sulla base di una nota “regola di mafia”, se Provenzano avesse voluto favorire l’aggiudicazione dei lavori ai Cavallotti, avrebbe dovuto rivolgersi al referente locale della consorteria mafiosa competente su Palermo luogo, nel quale vengono indette e aggiudicate le gare e non di certo all’Ilardo, referente della famiglia mafiosa di Caltanissetta ed Enna. Viceversa, l’indirizzamento delle missive all’Ilardo ha dimostrato che Provenzano faceva riferimento alla messa a posto. E ciò risulta compatibile con una ulteriore “regola di mafia” secondo la quale la riscossione del pizzo compete alla famiglia del luogo in cui i lavori vengono eseguiti. In disparte poi che, in relazione alle procedure di aggiudicazione di questi lavori, non è stata riscontrata alcuna irregolarità. Inoltre, l’importo indicato nei bigliettini è più basso rispetto a quello per il quale i lavori vengono aggiudicati, e ciò dimostra come quei bigliettini facessero riferimento non alla aggiudicazione dei lavori ma al pagamento del pizzo che, come hanno dichiarato diversi collaboratori di giustizia, viene calcolato in percentuale rispetto al valore di aggiudicazione dell’appalto, segno che i Cavallotti avevano indicato all’esattore del pizzo un importo inferiore a quello reale e ciò al fine di pagare di meno.
Quanto alle raccomandazioni di Brusca di cui avrebbero goduto i Cavallotti segnalo che il Brusca riferisce di essersi occupato, con riferimento alla metanizzazione del Comune di Monreale, esclusivamente della messa a posto delle imprese dei Cavallotti. Si precisa inoltre, che la metanizzazione del Comune di Monreale è stata promossa e realizzata dalla Comest attraverso il sistema della finanza di progetto. Vale la pena di ricordare soltanto che, in virtù dell’art. 21 della Legge Regionale dell’8 Gennaio del 1996, è stata consentita la promozione privata di concessione di opere pubbliche. Attraverso questo sistema la Comest ha ottenuto diverse concessioni per la costruzione e gestione della rete di distribuzione del gas metano in vari comuni siciliani. Questi lavori, estranei alla logica mafiosa di spartizione degli appalti, venivano realizzati, inassenza di finanziamenti pubblici, con gli utili di esercizio delle imprese Cavallotti e con il sostegno finanziario del sistema bancario a cui le società del gruppo facevano regolarmente ricorso.
La Comest e la Tosa, entrambe in amministrazione giudiziaria, hanno ceduto a Italgas alcune delle proprie reti gas. Successivamente, la Euro Impianti plus, previa regolare gara di appalto indetta da Italgas e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea stipula in ATI un contratto avente ad oggetto la estensione, manutenzione e l’ampliamento di reti gas nei comuni ricadenti nel centro operativo di Enna.
Nel 2010 viene riscontrato da Italgas un difetto in alcuni impianti acquisiti da Tosa e Comest.
L’amministrazione giudiziaria, avendo riconosciuto nel 2011 il difetto, si offre di provvedere alla manutenzione di quegli impianti. Tuttavia, nel corso dell’amministrazione giudiziaria, le due società avevano perduto tutti i requisiti tecnici previsti dalla legge e dal regolamento interno di Italgas necessari per potere eseguire lavori di manutenzione reti gas. L’opera di adeguamento dell’impianto di cui si discute, viceversa, avrebbe potuto essere affidata “direttamente” alla Euro impianti plus in virtù del contratto di cui sopra. Nondimeno piuttosto che affidare l’adeguamento alla Euro Impianti plus l’Italgas ha indetto una nuova gara alla quale sono state invitate diverse società censite nell’albo dei fornitori di fiducia della stessa Italgas dotati dei richiesti requisiti tecnici, economici e profesisonali fra le quali la Euro Impianti plus che, essendo già presente nel territorio, ha potuto presentare una offerta economica più vantaggiosa per Italgas aggiudicandosi in ATI, nel rispetto della legalità e senza sponsorizzazioni mafiose, i lavori di cui si discute con un risparmio per Italgas di circa il cinquanta per cento.
A ciò si aggiunga che nel corso della decennale attività di impresa dei fratelli Cavallotti non si è mai verificato alcun incidente in merito alle opere da essi interamente realizzate. Non si riesce a comprendere che cosa ci sia di anomalo nella costituzione di una società di capitali da parte di familiari di persone innocenti, ed, ancora, non si comprendere che cosa ci sia di anomalo, in un regime di libero mercato, nell’aggiudicazione di alcuni appalti da parte di questa società, dotata di tutti i requisiti necessari, a fronte di una offerta migliore e più vantaggiosa per l’ente appaltante rispetto a quella presentata da altri concorrenti.
Presso la Euro impianti plus, prima dell’applicazione delle misure di prevenzione sia personali che patrimoniali – pervenuta in data 20/10/2011 – vengonoassunti Gaetano e Vincenzo Cavallotti con la qualifica professionale di impiegato al livello Q del C.C.N.L. con mansioni di capo cantiere ed impiegato tecnico, essendo essi dotati di elevata capacità e particolare perizia sui cantieri che i lunghi anni di processo e di custodia cautelare non hanno potuto cancellare. Se dei soggetti volessero eludere le misure di prevenzione presterebbero la propria opera “ufficialmente”, alla luce del sole, con regolare contratto di lavoro presso una società che, secondo l’accusa, sarebbe stata costituita proprio allo scopo di eludere le misure preventive?Certamente no. E ancora: se dei soggetti volessero eludere le misure di prevenzione, reinvestirebbero gli utili di esercizio della società cosa che di fatto è avvenuta nella Euro Impianti plus piuttosto che dividerseli al fine di sottrarli ad eventuali misure ablative? Certamente no.Questo dimostra, senza alcun dubbio, l’assoluta liceità dei rapporti tra la Euro impianti plus e i fratelli Cavallotti Gaetano e Vincenzo che, nonostante la consapevolezza della loro acclarata innocenza, dopo l’ingiusta e ingiustificabile applicazione delle misure di prevenzione (sopraggiunta nell’Ottobre del 2011) hanno interrotto il rapporto di lavoro con la società amministrata dai figli. Va ricordato, inoltre che nel grado di appello del processo di prevenzione il Procuratore Generale, Florestano Cristodaro, ha chiesto la revoca delle misure di prevenzione sia personali che patrimoniali ritenendo ancora una volta i Cavallotti “vittime della mafia” ed invitando i giudici a “leggere serenamente le carte processuali“. Ed è questo un aspetto della vicenda che va sottolineato in quanto, pur tenendo a mente che la richiesta del Procuratore Generale non è vincolante nei confronti del Giudice, è noto che ai fini della applicazione delle misure di prevenzione, dal punto di vista dello standard probatorio, non è richiesta la prova della colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio ma il c.d. “indizio di mafia”, che sempre più ha assunto i caratteri del mero sospetto. Ora, se un Procuratore della Repubblica italiana, ha chiesto di revocare le misure di prevenzione, ciò significa, che con riferimento alla vicenda dei Cavallotti non è ravvisabile neppure l’indiziodella loro vicinanza alla mafia;E se questo dato così significativo viene letto insieme alla sentenza di assoluzione definitiva la conseguenza non può che essere una: i Cavallotti nonhanno mai avuto nulla a che fare con la mafia!
Continuare ad accostare i miei familiari alla mafia è offensivo e diffamante in quanto non corrispondente alla realtà. Per chi ha subito nel lavoro, nell’esercizio dell’impresa, financo nella vita privata, le vessazioni e le minacce del crimine organizzato non c’è nulla di peggio dell’essere accostato alla criminalità mafiosa. La mafia ci fa schifo e siamo assolutamente lontani dalla logica mafiosa dellaprepotenza, della prevaricazione e della violenza!”.
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