Il
Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio è un
aggregato di circa 900 associazioni e comitati e di decine di
migliaia di cittadini di tutta Italia che, mantenendo le peculiarità
di ciascun soggetto, intende perseguire un unico obiettivo: salvare
il paesaggio e il territorio italiano dalla deregolamentazione e dal
cemento selvaggio.
Il
Coordinamento di Roma e Provincia è nato grazie alla collaborazione
di alcune associazioni e comitati locali (oggi sono oltre 80) e ha
avviato un percorso per aggregare energie positive della città e
perseguire insieme l’obiettivo comune.
Questo
documento riporta un’analisi delle cause del degrado e della
distruzione del paesaggio a Roma e Provincia. Tuttavia le analisi si
prestano sempre a interpretazioni soggettive, mentre il paesaggio è
un bene comune universale, tutelato dalla Costituzione, la cui tutela
non è più barattabile con ipotetiche necessità di sviluppo. Questo
documento formula perciò delle precise richieste per la tutela del
paesaggio e del nostro territorio,
e conseguentemente chiede ai
partiti e alle coalizioni che si presentano alle prossime elezioni
Amministrative, a tutti i livelli, interventi specifici immediati e
duraturi in casi reali segnalati dai Comitati e dai cittadini.
Il
Manifesto è articolato in tre documenti, corrispondenti ad
altrettante proposte di cambiamento indirizzate alla gestione del
Comune di Roma, della Provincia di Roma e della Regione Lazio.
Manifesto-proposta
per il Comune di Roma
2
Articolazione
delle richieste
4
Manifesto-proposta
per la Provincia di Roma
6
Manifesto-proposta
per la Regione Lazio
8
PROPOSTE
PER IL COMUNE
DI ROMA
Il
principale problema di Roma è stata l’espansione urbanistica
incontrollata e caotica che, a partire dal dopoguerra, ha favorito la
libertà di speculare e di depredare il territorio senza nessuna
strategia di medio-lungo termine, in spregio delle corrette regole
della pianificazione.
Mentre
negli anni ‘60-‘80 grandi scempi furono per lo più perpetrati da
un abusivismo principalmente familiare, diffuso nelle borgate, dagli
anni ’90 il consumo di suolo è diventato appannaggio
di
grandi gruppi
di potere
economico
e
finanziario, capaci di influenzare pesantemente le decisioni
politiche e tecniche dell’Amministrazione capitolina. In quegli
anni la regola principe diventò il cosiddetto “pianificar
facendo”, cioè costruire pensando solo al guadagno immediato, non
alla città di domani e alla sostenibilità della sua crescita.
Questo
metodo dissennato ha generato un degrado enorme e diffuso, portando
Roma a diventare una metropoli di tre milioni di abitanti con servizi
pubblici inadeguati e contribuendo al dissesto del bilancio comunale.
Oggi, come tampone alla crisi economica, si continua a proporre un
metodo basato sull’espansione edilizia incontrollata e sulle grandi
opere, mentre il principale strumento di pianificazione, il Nuovo
Piano Regolatore, peraltro già carente in molti punti, è
continuamente stravolto da varianti a favore della rendita fondiaria.
A
chi si candida a Sindaco di Roma Capitale il
Forum chiede di intervenire con decisione su due obiettivi
strategici:
- fermare il consumo di suolo per un anno, attraverso una moratoria sulle nuove costruzioni, al fine di verificare quanto ci sia di costruito inutilizzato, sia pubblico che privato,
- tutelare e migliorare il paesaggio urbano, anche al fine avvicinare la qualità di vita dei cittadini a quegli standard europei dai quali la Capitale dista oggi anni luce.
È
una richiesta impegnativa,
ma non dovrebbe sembrare esoterica
poiché è l’unica che può garantire il futuro della città. Ne
spieghiamo le ragioni di seguito.
Fermare
il consumo di suolo. Negli
ultimi dieci anni, adducendo a giustificazione ora un preteso
rilancio dell’economia, ora una domanda di cubatura e viabilità
niente affatto documentata (l’Italia è da anni in stallo
demografico, ma in Europa ha il più alto tasso di cementificazione),
il Paese ha consumato una superficie di suolo fertile pari a Lazio e
Abruzzo. Nel solo Comune di Roma, una percentuale di suolo valutata
tra il 30% e il 40% dell’intero territorio comunale è stata
cementificata e impermeabilizzata (rapporto ISPRA 2012). L’effetto
è che ormai circa un quarto della popolazione vive e produce in una
desolante dispersione urbana, consumando una gran quantità di
energia, che il Paese non possiede e deve pertanto acquistare
all’estero, nei tragitti casa-scuola-lavoro-tempo libero.
Il
consumo del suolo a Roma
ha molte cause.
Ha
una causa primaria, evidente, nell’edilizia:
meno superficialmente, nel metodo delle varianti al PRG, delle
compensazioni urbanistiche, dell’uso distorto del project
financing (si concedono enormi
premi di nuova cubatura in cambio di opere pubbliche) creando di
fatto un’economia basata sul "credito urbanistico". Un
metodo che ha permesso un’imponente riedizione delle speculazioni
basate su una rendita che da fondiaria si è trasformata, attraverso
il ricorso a opzioni, in finanziaria, favorendo in parte attività
criminali di riciclaggio. Un metodo che non contempla la
sostenibilità economica giacché la realizzazione e la gestione dei
servizi per le nuove aree urbane richiedono ulteriori ingenti risorse
pubbliche che peseranno sui bilanci Comunali per molti anni.
Ha
una causa altrettanto rilevante nelle politiche
per la mobilità fin qui
attuate: politiche che, fallendo nella realizzazione di adeguate reti
pubbliche su ferro, e invece puntando tutto – a differenza
dell’Europa – sul trasporto privato, obbligano oggi centinaia di
migliaia di persone a ricorrere al mezzo privato, perché prive di
alternative. Una monocultura in chiave di “sviluppo economico” ha
favorito infatti con ogni mezzo l’impiego dell’auto, fino a
trasformarla in bene strumentale irrinunciabile e dal costo
spropositato.
Ha
una causa nelle grandi
infrastrutture, quelle avviate
e quelle in progetto: dalle due autostrade (Roma-Latina e Nuovo
G.R.A.) da
posare sul già martoriato Agro romano, inficiando la virtuosa
economia agricola di prossimità di Roma, agli imponenti centri
commerciali moltiplicatori di domanda di mobilità privata,
distruttori di panorami agricoli e distruttori del piccolo commercio
locale; a quelli logistici, inutilmente duplicati a servizio
d’ipotetici quanto fantasiosi scenari di aumento esponenziale del
traffico di merci e persone da e per la Capitale.
Ha
una causa meno evidente ma ugualmente importante nelle politiche di
smaltimento dei rifiuti
perseguite negli ultimi trent’anni. Politiche che hanno dato a Roma
il primato della maggiore discarica d’Europa (15 ettari di suolo
irrecuperabile, violentato da 1,46 tonnellate di RU annui), peraltro
ormai al collasso, mentre le direttive europee prevedono di
rimpiazzare le pratiche dell’accumulo o della distruzione dei
rifiuti con politiche di recupero, riuso e riciclo.
Ma
la causa essenziale del consumo di suolo oggi è il debito.
Roma ha un debito che supera i dieci miliardi di euro, in crescita da
diversi anni. A parziale copertura di questo debito l’Amministrazione
offre i beni comuni e in particolare il proprio suolo. Ma il suolo,
e con esso il paesaggio, è una risorsa non rinnovabile, la cui
essenza non si limita a quella di semplice bene d’uso: il suolo, e
con esso il paesaggio, conserva la cultura dei luoghi e la memoria
delle generazioni e una volta cementificato non è più recuperabile.
Noi
chiediamo che il nuovo sindaco garantisca, come stabilito dall’Art.
9 della Costituzione, la conservazione del suolo e del paesaggio come
diritto fondamentale dei cittadini.
Perché
il paesaggio di cui parliamo non è, almeno non è soltanto “la
bella veduta”. In ogni metropoli, e Roma non fa eccezione, il
paesaggio urbano è specchio
della qualità di vita dei
cittadini, che in quel
paesaggio vivono, amano, sognano, lavorano. La Capitale vanta un
paesaggio unico al mondo e per questo da sempre celebrato; eppure
molto di questo paesaggio appare seriamente degradato quando non
compromesso. Chiediamo dunque che il candidato Sindaco sottoscriva un
patto
per il decoro urbano, inteso nel senso più ampio e profondo.
Chiediamo
al Sindaco di ripristinare la centralità dell’interesse pubblico.
Di rinunciare alle varianti, alle compensazioni e alla monetizzazione
degli oneri concessori, di applicare le pratiche della Valutazione
Ambientale Strategica e dell’esproprio preventivo per la
realizzazione di opere di pubblica utilità. E di avviare, fin
dall’inizio del mandato, una
puntuale azione di censimento, eventuale recupero e successivo riuso
delle infrastrutture e degli immobili inutilizzati.
Perché a tutti gli effetti, gli immobili in abbandono costituiscono
dei rifiuti, e i rifiuti, oggi, le società civili li riutilizzano.
Chiediamo
che il Sindaco riconsegni il destino della città a una buona
urbanistica, che risponda
all’eventuale e comunque documentata domanda solo attraverso:
- la riqualificazione del già costruito, con la demolizione e ricostruzione dei complessi degradati;
- l’utilizzo delle numerose aree dismesse;
- adeguate politiche di incentivazione alla locazione da parte dei privati.
Chiediamo
inoltre che siano
vincolate in modo definitivo tutte le attuali aree verdi e agricole,
impedendo la distruzione e il degrado finale dell’ecosistema Roma.
Chiediamo,
in definitiva, che la garanzia del debito sia rappresentata dalle
energie che la città può sprigionare in termini di cultura, di
idee, di competenze, e di modello per l’intero Paese.
Articolazione
delle richieste
In
considerazione dell’unicità di Roma e del suo territorio, e dunque
in cima alle priorità fin qui stabilite, chiediamo che il nuovo
Sindaco metta in atto tutte le azioni necessarie all’istituzione
del Parco Regionale dell’Agro
Romano, al fine di tutelarne
l’intera estensione sia come bene
culturale, sia come preziosa
riserva di biodiversità,
sia come riserva alimentare
a chilometri zero, favorendo le iniziative tese a realizzare
coltivazioni di qualità e distribuzione a filiera corta.
Il
Forum chiede dunque al nuovo Sindaco, ma da subito anche all'attuale
Amministrazione, che si appresta a considerare la manovra urbanistica
dell’Assessore Marco Corsini, di :
- Fermare il consumo di suolo dovuto all’edilizia. Porre uno stop definitivo alle espansioni edilizie a scapito delle aree verdi urbane e dell’Agro. Chiudere definitivamente con le esperienze emergenziali: in particolare, fermare il piano di housing sociale dell’attuale giunta, cioè l’ipotizzata variante urbanistica che, intervenendo su duemila ettari negli ambiti di riserva localizzati nell’Agro, si appresta a riversarvi circa 30.000 nuovi alloggi. Chiediamo che si promuova l'uso pubblico dei beni demaniali (in particolare di quelli militari). All’opposto, chiediamo di avviare e rispettare in ogni contesto le Valutazioni Ambientali Strategiche, nonché di avviare un censimento delle cubature inutilizzate di proprietà pubblica e privata e impostare in prima istanza sul loro recupero ogni disegno di variazione delle destinazioni d’uso e di adeguamento dell’offerta alla domanda. Chiediamo inoltre di rispettare e valorizzare la vocazione agricola delle aree in questione.
Specificamente
al nuovo Sindaco, il Forum chiede di
- Fermare il consumo di suolo dovuto alla mobilità. Realizzare un piano di mobilità della Capitale caratterizzato da un ridotto impatto economico e ambientale. Sul piano dell’offerta, opporsi alla realizzazione di ulteriori autostrade o comunque di soluzioni basate sulla mobilità privata. All’opposto, potenziare la mobilità pubblica, in particolare quella su ferro, condividendo progetti che realizzino a Roma, in accordo al Piano Insolera, una rete di ferrovia metropolitana e una rete ciclabile adeguate alle esigenze dei cittadini. Sul piano della domanda, ripristinare e incentivare la localizzazione di attività e servizi a chilometri zero dalle residenze. Chiudere definitivamente con l’esperienza di commissario all’emergenza traffico.
- Fermare il consumo di suolo dovuto alle grandi infrastrutture inutili. Opporsi alla duplicazione dei poli logistici al servizio della Capitale (ad esempio il raddoppio dell'Aeroporto di Fiumicino), favorendo la progettazione di sistemi di gestione che utilizzino gli ampi margini di efficienza esistenti con le infrastrutture attuali.
- Fermare il consumo di suolo dovuto alla gestione dei rifiuti. Chiudere una volta per tutte l’era dello smaltimento dei rifiuti in discarica. All’opposto, ripensare radicalmente la gestione dei processi di smaltimento avviando il recupero, riuso e riciclo attraverso la raccolta porta a porta.
e.
Migliorare servizi e paesaggio urbano.
Migliorare la gestione delle aree
verdi. Roma è una città
verdissima, ricca di ville storiche come di giardini pubblici nelle
periferie, ma ancora più ricca di verde privato. La maggior parte di
questo patrimonio di flora e diversità vegetale versa in uno stato
pietoso. Chiediamo un appropriato regolamento del verde, una
lungimirante pianificazione e una costante manutenzione delle aree
verdi, pubbliche e private. Chiediamo, inoltre, di rinunciare al
cosiddetto sistema dei “punti verde qualità”, caso di scuola di
sudditanza del potere pubblico a quello privato.
Ridurre la pubblicità stradale.
Chiediamo di sconfessare la liberalizzazione selvaggia attuata dalle
Giunte precedenti e riportare Roma in condizioni degne di una
capitale culturale europea, eliminando l’attuale selva di
cartelloni e disciplinando rigorosamente, limitandole, le affissioni
pubblicitarie e politiche.
Migliorare la manutenzione stradale.
Piuttosto che realizzare nuove strade che, com’è dimostrato, non
fanno altro che distribuire ovunque traffico, rumore e inquinamento,
chiediamo l’impegno per un piano di messa in sicurezza e
manutenzione dell’esistente: del fondo stradale, dei marciapiedi,
nonché delle reti fognaria e di pubblica illuminazione. In modo da
adeguare le vie di Roma al rango di una Capitale europea delle nostre
dimensioni economiche e culturali.
Razionalizzare i parcheggi.
Un impegno straordinario per togliere le auto dalle strade di Roma
non può prescindere dalla disciplina e dalle infrastrutture della
sosta. Riteniamo che la nuova Giunta debba definire un piano
d’investimenti pubblici e privati per la realizzazione di aree di
sosta destinate allo scambio gomma ferro, e alla revisione dei
parcheggi in zona centrale che servono soltanto ad aumentare la
richiesta di mobilità privata.
Promuovere con decisione la mobilità
alternativa. Nelle città
europee è dato sempre maggior spazio alla mobilità alternativa e la
bicicletta si dimostra il mezzo con il miglior rapporto costi (zero
benzina, zero inquinamento) benefici (ad esempio, per la salute), al
punto che per la prima volta le vendite di biciclette hanno superato
quelle di automobili. Chiediamo al Sindaco l’impegno a realizzare,
entro la scadenza del proprio mandato, una rete ciclabile dotata di
efficienti infrastrutture di bike
sharing.
Migliorare le politiche di gestione
dell'energia e dell'acqua.
Attuare una politica che riduca in primo luogo l’impermeabilizzazione
dei suoli. Garantire il mantenimento delle società di gestione delle
infrastrutture di rete idrica ed elettrica della Capitale all’interno
della proprietà pubblica. Impegnarsi a una gestione migliore delle
risorse, riducendo le perdite di distribuzione mediante una politica
di risanamento degli acquedotti.
Migliorare l'offerta di servizi di
quartiere. Chiediamo al
Sindaco di impegnarsi per la pedonalizzazione, il decentramento e il
miglioramento dei servizi di quartiere: dai plateatici dei mercati
rionali alle scuole, dai servizi per la salute a quelli per gli
anziani; in modo da conservare ai quartieri storici e alle periferie
quel ruolo di aggregazione sociale che contribuisce a garantire una
buona qualità di vita.
Attuare politiche incisive per il
turismo e la cultura.
Chiediamo al Sindaco di emanare una nuova disciplina delle attività
turistiche, siano esse ricettive, di ristorazione, di trasporto o
altro, che consenta a Roma di riprendersi il primato che è nelle sue
corde e possibilità: divenire la principale meta di attrazione
turistica/culturale del pianeta.
Un’ulteriore
articolazione delle richieste è rappresentata dalle schede redatte
dai comitati e dalle associazioni presenti sul territorio per le
specifiche vertenze.
PROPOSTE
PER LA PROVINCIA
DI ROMA
La
politica urbanistica espansionistica di Roma investe, direttamente e
indirettamente, il territorio della Provincia, e a cascata i problemi
di Roma diventano quelli della Provincia.
La situazione
Criticità.
Attualmente il territorio della Provincia di Roma si sovrappone,
tranne alcuni distretti periferici dei Monti Lepini, della Valle
dell’Aniene e dei Monti della Tolfa con la programmata area
metropolitana della Capitale. La
preponderante presenza del distretto urbano capitolino ha fortemente
segnato il territorio provinciale contiguo. Ormai Roma in alcuni casi
è, di fatto, urbanisticamente saldata con i comuni della prima
cintura che mediamente si trovano a venti, trenta km lungo le vie
consolari. Lo sprawl
urbano ha ormai aggregato l’area Tuscolana-Anagnina ai Castelli
Romani, e il settore Tiburtino-Prenestino si sta agglomerando
anch’esso con Guidonia e Tivoli. Anche lungo la direttrice della
Via del Mare le recenti infrastrutture della Nuova Fiera di Roma e
dei centri commerciali a ridosso dell’Aeroporto di Fiumicino hanno
reso possibile il vecchio sogno del fascismo: espandere l’Urbe sino
a Ostia.
Nonostante
la penetrazione edilizia, lungo le consolari vi sono ancora molte
aree agricole di notevole estensione, come ad esempio la tenuta di
Castel di Guido sull’Aurelia, e la Tenuta del Cavaliere sulla
Tiburtina. Accordi di programma
e i PRUSST (Programmi di
Riqualificazione Urbana e di Sviluppo Sostenibile del Territorio) tra
la Capitale e i comuni limitrofi hanno “gettato il mattone” ben
oltre il Raccordo Anulare. Inoltre menti scellerate hanno proposto
una nuova autostrada a pagamento: già denominata GRA Bis, devasterà
aree tutelate e agricole in un semicerchio di 34 chilometri che
toccherà comuni a sud-est dell’hinterland capitolino.
La
nuova edificazione che, di fatto, ha fortemente ridotto il c.d. Agro
romano (convenzionalmente definito come la campagna intorno a Roma
sino alle prime alture) non è solo di tipo residenziale, ma è anche
dovuta all’impianto d’importanti funzioni e infrastrutture che
per le loro caratteristiche esulano dal contesto urbano di Roma. Ne
sono esempio i due hub
romani di Fiumicino e Ciampino; le zone industriali di Pomezia,
Monterotondo, Colleferro, Tivoli, Guidonia e Fiano Romano; il grande
sistema dei porti turistici e commerciali che, come un rosario di
spine, si vuole gettare sulla costa laziale da Civitavecchia a
Nettuno; e i distretti energetici del Fotovoltaico e delle Biomasse
in corso di definizione negli ultimi tempi.
La
distribuzione sul territorio provinciale di funzioni al momento
ancora in parte presenti nel Comune di Roma e che, per la vicinanza
delle aree abitate, richiedono di essere delocalizzate, sta
concentrando l’impatto di tali impianti su nuove aree in parte
scampate alla devastazione territoriale, sull’esempio dell’ormai
abortita localizzazione della nuova discarica di Roma a Corcolle/San
Vittorino.
Di
confortante c’è che la Provincia di Roma è caratterizzata da una
buona presenza di parchi e riserve regionali che, tra grosse
difficoltà e nonostante la debolezza della gestione Zingaretti,
tutelano il paesaggio e l’ambiente di vaste zone agricole. Anche
il nuovo Piano Territoriale Paesistico regionale ha introdotto
ulteriori forme di tutela con i c.d. Paesaggi Identitari. Rimangono
purtroppo, nei comuni della cintura, ancora vaste aree con
destinazione prevalentemente agricola che sono sotto pressione per la
trasformazione urbanistica che potrebbero subire. Si tratta di vere e
proprie zone “bianche” suscettibili in ogni momento di essere
considerate di scarso valore e quindi trasformabili, cioè
edificabili a vario titolo.
Il
futuro status di Roma Capitale è fondamentale per prevenire altro
consumo di territorio. La Provincia di Roma ha stabilito, tra gli
obiettivi primari della programmazione nella propria rete ecologica
(REP), il mantenimento di una green
belt, una cintura verde di
protezione e scambio della biodiversità tra i diversi distretti
provinciali in modo da ridurre al minimo anche la cementificazione di
tali aree. Se al contrario lo scenario dovesse prevedere di formare
comuni metropolitani aggregando le municipalità periferiche con i
comuni adiacenti lungo le vie consolari, si otterrebbe il risultato
di mettere in un unico
contenitore funzioni e residenzialità che al momento sono ancora
separate da una larga fascia di campagna di grande respiro
paesaggistico e culturale.
La nostra visione
Sul
piano delle politiche urbane e territoriali è necessario adottare
visioni strategiche di sviluppo che abbiano ripercussioni
determinanti sulla vita degli individui e delle attività economiche.
In
tale senso bisogna vincere una diffusa attitudine antiurbana di
decentramento in aree suburbane di attività legate al tempo libero,
agli acquisti e al lavoro. Queste ultime devono, infatti, essere
integrate nelle zone abitative, disincentivando in questo l’uso
esclusivo dell’auto come mezzo di trasporto.
La
qualità della vita dei cittadini e il tessuto delle attività
economiche vanno tutelati attraverso azioni che mantengano la rete di
prossimità, che valorizzino le identità, la memoria e la storia dei
territori.
E’
necessario promuovere un approccio globale ai problemi.
In
tal senso la compartimentazione dei singoli settori di competenza,
tipica dei sistemi di lavoro delle P.A., va rinnovata e superata.
Così come limitativa e angusta risulta un’azione di tutela e
sviluppo del territorio e dell’ambiente che si configuri
all’interno dei meri confini amministrativi, il più delle volte
limitanti in una visione di sviluppo sostenibile .
I
comuni tornino ai cittadini:
valorizzare l’abitare e gli
spazi pubblici
Promozione
di dinamiche di progettazione partecipata, aperte al confronto con
associazioni e cittadini e necessarie alla costruzione di vie del
partenariato. In ambito più propriamente urbano vanno intrapresi
percorsi di valorizzazione, attenti sia ai centri storici che alle
periferie. Negli ultimi anni si sta osservando il progressivo
abbandono dei centri storici da parte dei residenti e delle attività
commerciali e artigianali, con una conseguente perdita di
comunicazione e di scambio sociale all’interno delle comunità.
Abitare in una parte della città o del territorio provinciale non
significa solo dormirci, ma frequentarla, viverla, usarla. Bisogna
valorizzare l’abitare.
Nelle
principali città italiane quasi un milione di case sono
inutilizzate, eppure si continua a costruire, senza un progetto
metropolitano e ambientale, di trasporto pubblico e di servizi, senza
un piano di rilancio del turismo, che per l’economia italiana
potrebbe essere risanante, senza dare risposta all’accesso della
casa per i giovani, senza tenere conto delle categorie sociali in
difficoltà. A costruire consumando suolo che non verrà più
restituito.
Accanto
all’abitare, anche lo spazio pubblico e i suoi elementi
costituitivi devono trovare forme di valorizzazione: è nella piazza
che si esplica il concetto di città come Bene Comune; ma nei nuovi
insediamenti il più delle volte manca un progetto di piazza, e
laddove ci sono le piazze storiche non vengono debitamente
considerate. Lo spazio pubblico deve essere inteso per incontrarsi,
commerciare, celebrare e utilizzare servizi comuni. Basti guardare
alla storia e alla città storica per averne un esempio.
Lo
stop al consumo del territorio della Provincia di Roma potrà
diventare realtà soltanto se ci sarà un’inversione di tendenza. I
grandi movimenti di cittadini come “Salviamo il Paesaggio”
saranno fondamentali per bloccare definitivamente tali spinte
distruttive.
PROPOSTE
PER LA REGIONE
LAZIO
Poco
più di cinque milioni di persone popolano il Lazio: di queste, oltre
4.200.000 risiedono in provincia di Roma. Questo dato basta a
indicare come la politica urbanistica espansionistica di Roma, ormai
saldata con i comuni della sua prima cintura, investa direttamente e
indirettamente il territorio della Regione. In sintesi, i problemi di
Roma diventano quelli del Lazio, e le politiche regionali di maggior
rilievo economico diventano, nei fatti, politiche al servizio della
capitale. Prima di esporre la nostra visione diamo per sommi capi ed
esempi uno sguardo alla situazione attuale.
La situazione
Sviluppo urbanistico. La
Regione Lazio detiene uno dei tassi di sviluppo urbanistico più alti
in Italia, principalmente grazie alla Capitale e alle grandi opere ad
essa collegate. Tale sviluppo ha avuto un climax negli anni 2000:
secondo il CRESME la sola amministrazione Veltroni ha deliberato ed
approvato 25,6 milioni di metri cubi di edilizia residenziale e 22,5
milioni di metri cubi di non residenziale, per un consumo di suolo di
oltre 1400 ettari. Gran parte dello sviluppo urbanistico nelle varie
Province del Lazio è avvenuto in maniera caotica, senza assicurare
la contemporanea crescita dei servizi necessari ad assicurare una
buona qualità della vita dei cittadini (si vedano i paragrafi
sottostanti). Per questo motivo, in moltissimi casi, le nuove
edificazioni hanno causato conflitti con i residenti, quasi sempre
inconsapevoli delle reali implicazioni dei nuovi interventi.
In molti altri casi l’espansione
edilizia ha voluto occupare aree di pregio, mettendo a rischio
l’ottimale conservazione e la fruizione di beni paesaggistici e
storico-archeologici importantissimi. La Regione non ha svolto con
sufficiente rigore e indipendenza il suo ruolo di valutazione degli
impatti degli interventi e di verifica della correttezza delle scelte
strategiche dei Piani Regolatori, come anche delle loro varianti
locali (Accordi di Programma). La Regione ha inoltre tollerato l’uso
eccessivo da parte dei Comuni dello strumento del Partenariato
Pubblico Privato per l’esecuzione di opere pubbliche, per la
realizzazione di processi di trasformazione urbana e per la gestione
di servizi pubblici, strumenti che hanno spesso generato sprechi e
inefficienze.
Distribuzione
e logistica. Il polo logistico
di Orte, situato in zona strategica all’incrocio della coppia di
assi autostradale e ferroviario nord-sud con il quadrilatero ANAS che
lo congiungerà al porto di Civitavecchia, si candida nelle
intenzioni a servire il Centro Italia, e segnatamente le province di
Rieti, Terni e Viterbo; ma è chiaro che la clientela più importante
è formata dagli imponenti flussi commerciali che investono la
capitale. Flussi tuttavia in
calo, che non
giustificano una duplicazione:
eppure all’interporto di Orte si è affiancato l’intervento per
la realizzazione del polo logistico Roma Nord, i cui lavori nel
Comune di Fara Sabina si estendono su 180 ettari, 120 dei quali a
destinazione logistica e industriale, 11 per servizi (attività
ricettive, terziario, uffici, attrezzature sportive e ricreative), e
circa 700.000 mq di superficie coperta per un totale di circa dieci
milioni di metri cubi).
Mobilità
a lungo raggio. Il sistema
portuale vede i porti di Gaeta e Civitavecchia, il secondo in gran
parte dedicato al movimento turistico attratto da Roma con circa due
milioni e mezzo di croceristi annui. Lo hub
di Fiumicino ha registrato nel 2011 un traffico di oltre 37 milioni
di passeggeri. Dati questi,
anch’essi, in notevole calo nel
2012 (circa –10%, fonte ADR). Nonostante ciò importanti
imprenditori nazionali, acquisite dalla mano pubblica pregiate
estensioni di terreno agricolo sul litorale di Maccarese, esercitano
pressioni per il raddoppio
dell’aeroporto; dal canto
loro, l’ENAC e il ministro Passera aprono
all’aeroporto di Viterbo per
il traffico low-cost1.
Un intervento che non potrà – com’è naturale – non stimolare
gli appetiti degli amministratori locali della Tuscia in termini di
“sviluppo del territorio”: nuove strade, nuove case, nuovo
consumo del suolo per intercettare le briciole del traffico diretto
su Roma. Vanificando il motivo per il quale un turismo di qualità
potrebbe essere interessato a spender soldi laggiù: natura
incontaminata, arte e tradizioni, civiltà gastronomica con
ingredienti a chilometri zero.
Mobilità
a breve raggio. Negli ultimi
anni si è imposto per Roma un modello di città metropolitana
fortemente espansivo che ha dato un notevole impulso alla
residenzialità extra-urbana e al pendolarismo. In dieci anni la
popolazione residente di Roma è diminuita, ma la popolazione della
cintura è cresciuta di almeno 300.000 unità. Città come Terni, a
un’ora di treno da Roma, cercano di attrarre abitanti offrendo
agevolazioni e sconti sul trasporto ai pendolari: i quali, su base
nazionale, sono giunti a formare un
esercito di quattordici milioni di persone,
oltre un quinto degli Italiani e oltre la metà degli Italiani che
lavorano. Ma in Italia il pendolarismo ferroviario non ha vita
facile, e quando si pensa alla mobilità casa-lavoro si pensa
all’automobile e a nuove
autostrade. Nel Lazio si
comincia con il quadrilatero (SS 675 Umbro-Laziale), ormai in fase di
completamento, si procede con il nuovo corridoio Roma-Latina, e si va
a finire con la bretella Cisterna-Valmontone: 145 km di nuove strade
per una spesa (prevista a oggi) di quasi 3 miliardi di euro in
partenariato pubblico-privato, quindi a pagamento per gli utenti
(fonte ANAS2).
Rifiuti.
Per rendersi conto di come le esigenze di smaltimento di Roma
influenzino le politiche regionali basta pensare alla discarica di
Malagrotta, al tempo perso a polemizzare sulla localizzazione degli
impianti, alle dimissioni del commissario Pecoraro in seguito alla
vicenda Villa Adriana, al problema degli inceneritori e del loro
impatto ambientale. La Legge di Stabilità appena votata in
Parlamento sembra ora oltrepassare il vecchio piano regionale,
permettendo lo smaltimento di rifiuti nelle provincie limitrofe senza
il loro parere vincolante. Il principale teatro di smaltimento dei
rifiuti dei romani diventa quindi la Regione Lazio.
Energia.
Sebbene non si possa non essere favorevoli in linea di principio alle
forme di energia rinnovabile, il modo in cui queste sono promosse nel
territorio appare denso di
aspetti critici, legati ad
affarismo attratto dagli incentivi pubblici, con possibili e pesanti
conseguenze sul paesaggio e sulla fertilità dei suoli. Ad esempio la
Regione Lazio appare parte attiva nella promozione di Parchi eolici
in terreni detenuti dalle università agrarie. Ma le università
agrarie, detentrici di terre collettive, sono riconosciute quali
Beni Culturali e tutelati nel
Codice “in quanto testimonianza avente valore di civiltà”3.
Analoga se non peggiore la situazione per il fotovoltaico, anche
grazie alla semplificazione introdotta dalla L.R. 16/2011 che ha
portato da 1 a 1,3 MW (da 1,4 a 1,8 ettari) la soglia di esclusione
della VIA per gli impianti a terra, contribuendo ad aumentare la
quantità di campagna isterilita dagli specchi scuri dei pannelli.
Simili i problemi con le biomasse, la cui incentivazione rischia di
trasformare una fonte altrimenti virtuosa in falsamente sostenibile
mediante la delocalizzazione dei consumi, l’assenza di
cogenerazione, la mancata contabilizzazione delle energie fossili che
entrano in bilancio.
Sistema
dei parchi regionali. In
confronto all’espansione del cemento e dell’asfalto e al
conseguente consumo di suolo fertile condotti con l’avallo, quando
non su iniziativa, della Giunta Regionale, il
sistema delle aree protette del Lazio
appare
a essere benevoli negletto.
Eppure esso accoglie rilevantissimi tasselli di biodiversità,
consociazioni vegetali e animali di primaria importanza, aree
archeologiche e splendidi paesaggi tipici italiani. Dai sistemi
costieri legati alle dune e alle zone umide (ad es. Parco Nazionale
del Circeo) ai parchi regionali dell'Appia Antica di Veio e di Roma
Natura, che tutelano ampie aree agricole dell'agro, per arrivare ai
grandi Parchi regionali e nazionali che tutelano i principali gruppi
montuosi dell'Appennino centrale. Oltre alle aree istituite ai sensi
della Legge Quadro dei Parchi (L. 394/91) vanno ricordate numerose
aree Natura 2000 le quali, pur se non hanno ancora trovato piena
attuazione, sono comunque di grande rilevanza per la protezione della
Natura e del Paesaggio. I problemi principali del sistema regionale
sono legati al commissariamento degli Enti di gestione voluto dalla
Giunta Polverini, alle scarse risorse economiche e alla mancanza in
molti casi dei Piani d'Assetto.
Piano
Paesistico regionale. La
Regione Lazio, in ottemperanza alla normativa nazionale ha adottato a
fine 2007, con due delibere di Giunta, il nuovo Piano Territoriale
Paesistico Regionale (PTPR) che pubblicato sul BUR Lazio a febbraio
2008 è stato commentato nei tre mesi successivi da cittadini,
associazioni e amministrazioni locali. IL PTPR è stato elaborato con
principi innovativi che, oltre ad accogliere in modo puntuale i
numerosi vincoli paesaggistici e archeologici nella pianificazione di
area vasta, ha anche introdotto categorie nuove di tutela: i
cosiddetti “Paesaggi Identitari”. Nonostante le politiche di
promozione dei valori pertinenti all’Art. 9 della Costituzione
Italiana introdotte dal Piano, la “politica regionale” non ha
avuto tempo di concludere l’istruttoria entro il 2012, creando le
condizioni per un vuoto normativo pericolosissimo. Alla fine in
extremis è stata prorogata la scadenza per l’approvazione del PTPR
al 14 febbraio 2014, lasciando anche in vigore le norme di
salvaguardia. Questa situazione va sanata al più presto.
La nostra visione:
Sviluppo
urbanistico. E’ necessario
riconsiderare tutti i temi dello sviluppo urbanistico sotto il punto
di vista della sostenibilità e di una rigorosa analisi dei
costi/benefici a lungo termine. In quest’ultima dovranno essere
opportunamente quantificate le variabili che descrivono i beni
ambientali, i beni culturali, il benessere sociale. E’ necessario
riconsiderare le politiche di espansione residenziale nei territori
comunali. In particolare chiediamo che la Regione promulghi una legge
per fermare il consumo di suolo, imponendo norme più restrittive di
quelle attualmente previste nel c.d. DdL Catania.
E’
necessario aumentare il livello di partecipazione dei cittadini alla
formulazione dei Piani e Programmi e della loro attuazione. La
Regione dovrebbe ampliare il quadro normativo per raggiungere questo
obiettivo.
In
particolare chiediamo che la Regione promulghi:
- una legge quadro che imponga ai Comuni di assicurare un livello ottimale di coinvolgimento della cittadinanza attraverso dei processi decisionali inclusivi;
- una legge che imponga ai Comuni di informare la cittadinanza in modo proattivo sin dalle fasi iniziali di caso di nuovi interventi di sviluppo che riguardino il loro territorio, e che li obblighi a indire dei referendum consultivi in caso di interventi rilevanti;
- una legge che imponga ai Comuni la totale e immediata pubblicità informatica delle informazioni e degli atti amministrativi, tramite il loro sito web.
Riguardo
a quest’ultimo punto chiediamo alla Amministrazione Regionale di
assicurare lo stesso livello di accesso alle informazioni, ad esempio
pubblicando online i progetti, gli studi di impatto ambientale, i
pareri, le autorizzazioni e tutti gli atti relativi agli interventi
che riguardano il consumo di suolo (e non solo).
Distribuzione
e logistica. Riteniamo
ingiustificata la duplicazione di poli logistici. La riteniamo poi
esiziale quando avviene in zone
di alto valore paesaggistico e archeologico
come la Sabina. Chiediamo perciò alla Regione di interrogarsi a
fondo, tramite uno studio completo e attendibile, sulla necessità
del Polo Logistico Roma Nord.
Nel frattempo, chiediamo di fermarne la realizzazione in via
cautelativa per consentire indagini archeologiche e idrogeologiche
non soggette alle pressioni della committenza.
Mobilità.
Infrastrutture stradali, portuali e aeroportuali, quando non
indispensabili, riversano sull’ambiente un gran numero di
esternalità negative non compensate in alcun modo: arricchiscono di
denaro pubblico una classe imprenditoriale che spesso non investe sul
territorio, creano lavoro poco qualificato ed effimero (e se non è
effimero è di bassa intensità e quindi eterno, come i cantieri
aperti e mai chiusi), devastano i suoli, i fondali e i paesaggi.
Chiediamo
che nella valutazione
preventiva di tali opere siano d’ora in poi
trascurate tutte le esternalità
“positive” legate all’intercettazione di flussi diretti
altrove. Nella fattispecie,
chiediamo che i benefici non siano valutati principalmente in base a
ipotetici incrementi di PIL locale (anche a tacere delle esternalità
negative, l’apertura di un centro commerciale allegato a
un’infrastruttura di trasporto distrugge l’economia dei centri
urbani in misura superiore al vantaggio); chiediamo bensì una
valutazione in termini dell’effettivo risparmio globale di energia
e immissioni nocive da parte
delle popolazioni interessate, tenendo conto anche dell’effetto
rebound
(incremento di consumi a fronte di maggiore disponibilità di
risorsa) che il progetto potrebbe comportare.
Chiediamo
in particolare che la Regione si opponga:
- All’ampliamento dello hub di Roma Fiumicino: uno scalo la cui capacità potrebbe essere portata, laddove davvero ne risultasse documentata la necessità, a livelli molto maggiori degli attuali senza aumentarne la superficie di un solo metro quadrato, ma solo riorganizzando e riutilizzando le strutture esistenti.
- A progetti di infrastrutturazione stradale quali il GRA bis, destinati ad aumentare il traffico senza risolvere alcun problema di mobilità su area vasta.
A
nostro avviso la politica regionale della mobilità dovrebbe favorire
largamente il modo su ferro rispetto a quello su gomma.
Chiediamo
in particolare che la Regione si impegni ad approvare una legge che
ponga dei limiti allo sviluppo della mobilità su gomma, imponendo ai
Comuni di raggiungere entro 10 anni un indice minimo di 0,3 nel
rapporto tra l’offerta di mobilità privata su ferro e quella su
gomma.
Rifiuti.
Gli effetti delle politiche regionali adottate
per lo smaltimento dei rifiuti sono sotto gli occhi di tutti, né è
ammissibile che i cittadini continuino a vivere quella che è una
normale pratica di vita quotidiana come una perenne emergenza
ambientale, gestita in patente violazione delle normative europee.
Chiediamo che la Regione chiuda per sempre con il vecchio sistema
discariche + inceneritori (un monopolio di fatto) e predisponga un
piano sostenibile in termini ambientali, a consumo di suolo zero.
Uno dei pilastri di tale piano dovrà essere una legge regionale che
imponga pratiche virtuose per la riduzione dei volumi di rifiuto
all’origine, ponendo in primo luogo rigorosi limiti
all’uso degli imballaggi e
favorendo il riutilizzo degli stessi. Analoga legge dovrà imporre
severe norme per obbligare i Comuni ad utilizzare la raccolta
differenziata intensiva in
tutto il loro territorio. La Regione dovrà inoltre definire
con trasparenza l’intero ciclo
rendendo note ai cittadini le modalità di raccolta, trattamento,
trasporto e conferimento agli impianti finali, ed esibendo
annualmente (su web e altri media) un
rendiconto non solo in termini
economici, ma anche energetici ed ecologici.
Energia.
Gli abitanti e le attività del Lazio hanno bisogno di energia, e
autoprodurla è opportuno per ridurre la dipendenza dai mercati
esteri. Ma non a qualunque costo. Riteniamo che la produzione e
distribuzione di energia debba inquadrarsi in un piano complessivo
che analizzi i fabbisogni e individui le soluzioni più adatte a ogni
specifica situazione. Tale piano non può semplicemente basarsi
sull’incentivazione delle forme alternative, perché in questo modo
si rischia di autorizzare infrastrutture poco efficienti sul piano
energetico e invasive su quello ambientale e paesistico. Per evitare
forme di vero e proprio arbitraggio, attraverso cui i costi di
esternalità negative sono ribaltati sulle comunità, tale piano deve
tenere presente l’intero ammontare dell’energia necessaria a
produrre un kWh. La produzione di energia elettrica da impianti a
forte impatto visivo (eolico e fotovoltaico) va limitata, in
particolare per il fotovoltaico che ha l’ulteriore difetto di
isterilire i suoli.
Anche
la distribuzione dell’energia elettrica ha notevole impatto sul
paesaggio: proponiamo che la Regione predisponga uno studio per
l’interramento degli elettrodotti più invasivi, anche in vista
delle riduzioni di emissioni elettromagnetiche che si potrebbero
ottenere. La risonanza di un provvedimento del genere, adottato da
Nazioni – come la Svezia – molto meno dotate della nostra in
termini di tesori paesaggistici, accrescerebbe il prestigio della
Regione come meta turistica di qualità.
Sistema
dei parchi regionali. In vista
del rilancio del sistema dei parchi, necessario in una più generale
politica di miglioramento della gestione del patrimonio naturalistico
della Regione, chiediamo di chiudere la fase del commissariamento
degli Enti di gestione, di procedere al rifinanziamento e di lavorare
seriamente alla definizione dei Piani d’Assetto. La nostra regione
dispone delle migliori qualifiche per una gestione esemplare sul
piano nazionale. Inoltre, questi provvedimenti non hanno necessità
di giustificarsi con ragionamenti “economici”, trovando il loro
fondamento nel patto intergenerazionale quando non negli stessi
principi fondamentali della Carta Costituzionale.
Piano
paesistico regionale.
Chiediamo la rapida approvazione del PTPR e una politica regionale
che sappia imporsi all’attenzione nazionale allo scopo di
rafforzare la salvaguardia delle emergenze storiche, archeologiche e
naturalistiche di area vasta e dei paesaggi identitari.
Lo
stop al consumo del territorio della Provincia di Roma potrà
diventare realtà soltanto se ci sarà un’inversione di tendenza. I
grandi movimenti nazionali di cittadini come “Salviamo il
Paesaggio” saranno fondamentali per bloccare definitivamente tali
spinte distruttive.
1
la
Repubblica,
22 agosto 2012: “Ciampino lascia spazio a Viterbo […] nuova
struttura per le low
cost”
(http://www.repubblica.it/economia/2012/08/22/news/piano_aeroporti-41289665/)
3
Prospettare ad esempio 37 aerogeneratori alti circa 185 metri
nell’area della Roccaccia fra Tarquinia e Tuscania
(http://www.lextra.info/public/web/?p=8154)
sembra, è il caso di dirlo, piuttosto avventato.
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