Chi non ricorda la famosa pubblicità del tonno in scatola "che si taglia con un grissino"? Era il 1987 e Rio Mare puntava tutto sulla qualità organolettica dei suoi prodotti, senza tenere in minima considerazione i costi ambientali di quanto arrivava sulle nostre tavole.
Da qualche giorno invece sui principali canali televisivi lo stesso famoso brand ha lanciato un nuovo spot che pubblicizza una linea di tonno pescato a canna. Una vera e propria svolta: Rio Mare, oggi leader in Italia con una quota di mercato di circa il 38 per cento, ha infatti deciso di puntare su un prodotto il cui valore sta proprio nella sostenibilità, con tonno pescato con un metodo che rispetta il mare. E sappiamo bene quanto le scelte del leader di un settore possano rivoluzionarlo.
Ma come ci siamo arrivati? Nel 2009, quando Greenpeace Italia ha incontrato per la prima volta l'Associazione Nazionale dei Conservieri Ittici italiani (ANCIT), il tema della sostenibilità nella produzione del tonno in scatola era praticamente sconosciuto. La maggior parte delle aziende non aveva politiche di sostenibilità e le etichette contenevano la semplice indicazione "ingredienti: tonno". Non vi era alcuna attenzione al fatto che la pesca industriale al tonno, aumentata in modo vertiginoso nel corso degli anni, fosse fuori controllo e stesse mettendo a rischio non solo specie marine sensibili quali squali e tartarughe ma le stesse popolazioni di tonno.
Per cambiare il mercato e garantire un futuro ai nostri oceani, Greenpeace ha lanciato nel 2010 la campagna "Tonno in Trappola", per informare i consumatori sui costi ambientali del tonno in scatola e spingere le aziende alla trasparenza e alla scelta dei metodi di pesca più sostenibili, come la pesca a canna o con reti a circuizione ma senza l'uso di FAD, sistemi di aggregazioni per pesci che stanno contribuendo a svuotare i nostri oceani.
Da allora molte cose sono cambiate. Le aziende hanno iniziato ad adottare principi di sostenibilità ambientale e le informazioni in etichetta sono aumentate, e oggi tutti i marchi presenti nella nostra classifica Rompiscatole specificano almeno il nome della specie e l'area di pesca. Il tonno pinna gialla fortemente in declino è stato in parte sostituito dal meno sfruttato tonnetto striato.
E ad ASdoMAR, primo brand in Italia a commercializzare tonno pescato a canna, si sono pian piano aggiunti altri marchi, da Coop a Rio Mare, fino a Carrefour. Per la prima volta quest'anno Rio Mare ha inoltre deciso di puntare anche sull'offerta di un prodotto - linea BIO - pescato con reti a circuizione "su banchi liberi" senza l'uso dei dannosissimi FAD.
Risultati raggiunti non solo per la pressione della nostra campagna "Tonno in Trappola" ma anche per la precisa richiesta dei consumatori italiani che non vogliono più essere complici ignari della distruzione del mare. Le scelte dei consumatori sono fondamentali: se vogliamo garantire un futuro ai nostri oceani dobbiamo imparare a consumare meno e meglio, scegliendo solo quei prodotti che arrivano da una pesca sostenibile.
Certo la strada è ancora lunga, e se Rio Mare vuole essere davvero un leader di sostenibilità deve tenere fede all'impegno di usare 100 per cento tonno sostenibile entro il 2017. Ma il primo importante passo è stato fatto, e l'auspicio è che ora anche altri marchi oltre a quelli già menzionati seguano questo esempio. Primo tra tutti Mareblu - brand di proprietà del colosso Thai Union - che, nonostante avesse promesso di usare solo tonno pescato a canna o senza FAD entro il 2016, ad oggi offre un solo prodotto sostenibile, per di più praticamente introvabile.
Per Mareblu dunque non ci sono più scuse: la sostenibilità è un valore importante per i consumatori italiani, per cambiare davvero occorre solo una reale e forte volontà aziendale. http://www.huffingtonpost.it/greenpeace-italia/quella-pesca-al-tonno-che-rispetta-il-mare_b_12910030.html
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