di Franco Fondriest e Luca Lombroso | 22 novembre 2013 Gesto clamoroso alla COP 19, la conferenza mondiale sui cambiamenti climatici che si sta svolgendo a Varsavia: i delegati delle associazioni della società civile e ambientaliste lasciano il mastodontico stadio dove si stavano svolgendo i lavori per protesta, abbandonando la partecipazione alla conferenza delle nazioni unite sul clima.
Nel frattempo, proseguono i lavori e gli incontri bilaterali dei ministri: i discorsi della high level session, i side event, come se nulla fosse. Sembra, qui a Varsavia, che i potenti della terra vivano fuori dal mondo, come extraterrestri chiusi nello stadio (che sembra proprio una astronave) della città. Nessuno di loro si e accorto della clamorosa protesta.
Anche gli scienziati sono ancora dentro, pur simpatizzando per la posizione degli ambientalisti e della società civile. Del resto lo scienziato dice pure che è suo compito studiare il clima o gli impatti socio economici o altro, non prendere posizione politica. Per estremo, uno scienziato puro direbbe a chi si sta per buttare da una finestra, posso calcolarti la forza d’urto o la probabilità di sfracellarti, ma non spetta a me dirti di non buttarti.
Lo scoglio del negoziato non sono solo le riduzioni di emissioni di gas serra, di quelle se ne riparlerà a Lima per la COP 20 e a Parigi alla COP 21 quando si dovrà decidere quanto ridurre di emissioni climalteranti dopo il 2020.
Qualcuno su Twitter ha commentato: ma cos’è la COP, una agenzia di viaggi?
Questa, comunque, doveva essere la COP della finanza, ovvero dei soldi da stanziare per un apposito fondo climatico verde e per il loss&damage, perdita e danni. Ovvero, ripagare i danni a chi, paesi in via di sviluppo, li subisce. Ma i soldi non ci sono per il clima mentre ci sono per le banche, lo ha ricordato oggi la ministra dell’ambiente di Cuba e come disse lo scomparso presidente venezuelano Hugo Chávez nel 2009 a Copenhagen: “se il clima fosse una banca sarebbe già stato salvato”. Ora però, a furia di rimandare le promesse, i nodi vengono al pettine. Il Ministro dell’ambiente Andrea Orlando nel suo discorso ha parlato, manco a dirlo, di sviluppo sostenibile. Lo si fa da anni ma non funziona, perché con sviluppo si sottintende crescita, che è insostenibile. Poi, si vorrebbero conciliare economia e ambiente, magari con la green economy. Peccato che la TAV in val di Susa o le nostrane bretella A22 e Cispadana non siano certo sostenibili e forse neanche sviluppo.
Tutti piangono e cercano soldi, ma i soldi ci sono, basti pensare alle spese militari o appunto ai salvataggi delle banche. E poi, per combattere i cambiamenti climatici più che investire denaro, occorre smettere di spenderne, soprattutto in grandi opere costose e impattanti, ma anche nel consumismo e nell’usa e getta.
Vogliamo mitigare le emissioni? In molti side event si è detto che spetta anzitutto alle città e alle Regioni agire, e allora, é relativamente semplice: dirottiamo i soldi necessari a Cispadana, bretella A22, Passante Nord di Bologna, nuova E45, ecc… su trasporti pubblici, risparmio ed efficienza energetica, fonti energetiche rinnovabili. Basterà? Forse, perchè a lungo termine servirà ben altro: un cambiamento radicale di modo di vivere, di pensare e di modello socio economico; intanto però tante cose si possono fare con grandi benefici.
Il negoziato non è ancora finito, si andrà probabilmente a oltranza per decidere le linee guida di cosa decidere nel 2015 e agire dal 2020; nel frattempo, le catastrofi non aspettano i tempi della diplomazia. http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/22/conferenza-mondiale-sul-clima-la-protesta-degli-ambientalisti/786989/
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