«I limiti che fissiamo - ha sottolineato Zaia - sono i più bassi d'Europa e, nella cosiddetta "zona rossa", abbassiamo ulteriormente la quota di pfos a 40 nanogrammi, al di sotto del limite mondiale più basso, fissato dal New Jersey. È una risposta che vogliamo dare ai cittadini, visto che, parlando di una cosa serissima, non è il tempo delle polemiche, ma bisogna agire».
Dall'allarme lanciato dal Ministero nel 2013, presentando uno studio del Cnr, il Veneto si pone dunque come realtà all'avanguardia in Italia, pur richiedendo la fissazione di limiti nazionali, come avviene in Germania e Svezia. «Ci sono voluti - commenta al riguardo Zaia - ben quattro mesi per ricevere da Roma una risposta sulla nostra richiesta formale e ci è stato detto, appunto, che solo noi abbiamo questo problema e di attivarci direttamente per fissare i limiti. Stiamo sondando un ambiente nuovo, per cui abbiamo fissato spannograficamente questi limiti. Non ci stiamo a essere trattati come guastafeste, anche se siamo pronti ad un lavoro di squadra con Roma per la fissazione di limiti nazionali. Siamo pronti a correggere il tiro, ma, se questi saranno più alti, in ogni caso, noi rimarremo sulle nostre posizioni, pur sapendo che ci aspetta un dialogo non facile con i consorzi e costi per almeno un milione l'anno nella sola zona rossa, che comunque metteremo in seguito sul conto di chi verrà condannato».
«La gravità e l'estensione dell'inquinamento da Pfas in Veneto, e in particolare nelle province di Vicenza, Verona e Padova, richiedono una stretta e leale collaborazione tra tutte le istituzioni per essere affrontate in modo risolutivo. Non servono certo polemiche legate più a questioni di consenso per il referendum consultivo del Veneto che alla tutela dell'ambiente e della salute». Lo scrivono in una nota Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera, e Alessandro Bratti, presidente dellaCommissione bicamerale ecomafie. «Con il decreto ministeriale "Ambiente-Salute" dello scorso luglio - proseguono realacci e Bratti - sono stati introdotti standard precauzionali sugli Pfas, affinché ogni regione possa adeguare o ridurre i parametri in base alla peculiarità del suo territorio e degli inquinanti in esso presenti. Non ci sono ancora limiti nazionali uniformi per le acque potabili come per quelle di fognatura». «Vista la complessità e serietà della situazione - concludono Realacci e Bratti - abbiamo chiesto ai ministri dell'Ambiente e della Salute, nell'interrogazione appena depositata, quali misure intendano assumere per fissare limiti uniformi in tutto il territorio nazionale in tema di inquinamento da Pfas. Sarebbe inoltre importante che i Ministri interrogati, d'intesa con la Regione Veneto, fornissero un quadro degli interventi in atto per l'approvvigionamento e la depurazione delle acque nelle province venete colpite. Chiediamo infine quale siano le strategie per mettere in sicurezza e/o bonificare le falde contaminate»
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