martedì 23 agosto 2016

Commissione rifiuti: audizioni sul traffico di rifiuti nel Lazio

Premessa. La Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti ha ascoltato in audizione i rappresentanti di comitati e associazioni di cittadini residenti nella provincia di Roma in merito alla situazione legata alla presenza di discariche sul territorio (seduta del 13 luglio 2015) e i professori del Politecnico di Torino (seduta del 12 novembre 2015) che hanno illustrato lo studio voluto dal Consiglio di Stato sulla situazione della discarica di Malagrotta. Il 16 marzo 2016 è stato ascoltato Giorgio Libralato, consulente tecnico delle famiglie di Borgo Montello, in provincia di Latina, dove sorge una discarica a cui lo scorso gennaio la magistratura ha posto i sigilli a causa di una “situazione di pericolo per la salute pubblica”.  Il 30 marzo 2016 si è svolta l’audizione del Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Latina, Andrea De Gasperis. Le audizioni si inseriscono nell’ambito dell’approfondimento che la Commissione sta svolgendo sulla regione Lazio: vedi al riguardo anche la scheda sulle audizioni relative al porto di Gaeta.
La gestione dei rifiuti. Giancarlo Ceci, rappresentante dell’Associazione cittadinanza, servizi e cultura Colle del Sole (versante est della Capitale), riferisce delle ispezioni condotte dalla Comunità Europea relativamente alla questione rifiuti a Roma e Napoli nel 2013. In particolare sottolinea un passaggio delle conclusioni raggiunte a livello comunitario, ovvero “di come nel Lazio le popolazioni locali si sentano completamente ignorate dalle autorità politiche, che le hanno trattate con una tale, manifesta incuria in un periodo tanto lungo, senza agire sulle gravi conseguenze cumulative di una politica dei rifiuti”.
Ceci analizza la questione della gestione rifiuti nella Capitale, mettendo in evidenza la mancanza di un efficace “piano di gestione dei rifiuti”. La regione non avrebbe neanche “un piano di gestione dell’efficienza energetica e non è in grado di fare una corretta pianificazione della destinazione e collocazione degli impianti, ovvero della elaborazione di metodologie che possono portare alla chiusura del ciclo dei rifiuti…non ha un piano di tariffe regolate e predeterminate per quanto riguarda gli sversamenti nelle discariche…non ha ancora individuato le cosiddette aree non idonee per le biomasse e il biogas”.
La discarica di Rocca Cencia. Il rappresentante dell’Associazione Colle del Sole sposta poi l’attenzione sul piano che prevedeva di realizzare nel Comune di Gallicano, a 6 chilometri da Rocca Cencia, un impianto di trattamento di funzione organica (umido) “da 40.000 tonnellate, per un costo di 30 milioni di euro”. “Sembra che adesso lo si voglia ritirare – aggiunge Ceci – e proporre un impianto di trattamento aerobico, sempre da 40.000 tonnellate, che dovrebbe essere gestito non si sa bene da chi. Mancano, infatti, assolutamente, persino le tipologie delle zone da individuare per queste realtà”.
Denuncia la mancanza di pianificazione, le decisioni prese in situazione di emergenza, “una toppa momentanea alla risoluzione del circuito complessivo dei rifiuti e non la soluzione ottimale”, e la presenza di troppi progetti relativi alla costruzione di nuovi impianti, asserendo che alcuni protagonisti di tali proposte sono rimasti coinvolti in inchieste giudiziarie. L’Associazione denuncia una sordità da parte delle autorità istituzionali, in particolar modo la Regione Lazio, in merito alla numerose criticità nella gestione denunciate dai comitati dei cittadini.
Sulla situazione di Rocca Cencia, si sottolinea come esista già un impianto AMA con la possibilità di “trasferenza” di 200 tonnellate al giorno di frazione organica. Il tutto in una realtà dove, “a distanza di 50 metri, ci sono le prime abitazioni; nel raggio di 3 chilometri ci sono 100.000 abitanti, mentre nel raggio di 7-8 chilometri ne abbiamo 250-300.000”. Il piano sopraindicato prevede la costruzione di un ulteriore impianto per il trattamento della frazione organica con biogas che secondo Colle del Sole “comporterebbe, oltre ai normali inquinanti gassosi, ai liquidi microbiologici e al compost, che continua a non essere di qualità, un pericolo di incendio…e un trasferimento di mezzi pesanti e leggeri di oltre 650 unità giornaliere”.
La parola è poi passata ad Andrea De Carolis, architetto e ingegnere urbanista, il quale evidenzia altre criticità, tra cui la presenza nelle vicinanze dell’area del parco archeologico “tra i più importanti d’Italia e del mondo”, di Gabii, e la presunta abusività dell’impianto già esistente “per quanto riguarda la persistenza di vincoli archeologici agenti sul lotto. Inoltre, come evidenzia la relazione ambientale, manca l’autorizzazione paesaggistica dell’esistente”.  In conclusione viene sottolineata l’esistenza di una serie di fattori epidemiologici, prodotti dal dipartimento epidemiologico del servizio sanitario regionale, per i quali “la nostra zona prevale, in tutta Roma e in tutto il Lazio, per numero di morti causate da tumori”.
La discarica di Magliano Romano. I rappresentanti dell’associazione che si oppone alla discarica di Magliano Romano, 35 chilometri a nord della Capitale, evidenzia come il progetto sia partito nel 2007 ma è ancora in divenire, essendo in corso di valutazione della Regione Lazio la procedura VIA (Valutazione Impatto Ambientale). Il sito indicato è infatti posto a 500 metri dal Parco di Veio e a 1.000 metri dal Parco regionale del Treja. Sulla discarica c’è anche la contrarietà espressa dalla Conferenza dei Sindaci  tenuta da 17 Comuni dell’area Cassia-Tiberina-Flaminia. Perplessità sono state espresse anche sul privato proprietario della cava che dovrebbe essere adibita a discarica, “la società Idea 4, che si definisce «società esperta in rifiuti», mentre è nata solo per questa cosa nel 2006, e nel 2007 è diventata esperta nella gestione dei rifiuti, pur non avendoli mai trattati perché si è sempre occupata d’altro”. Nello specifico di edilizia.
Ulteriori criticità evidenziate: la vicinanza del sito al centro di Magliano Romano (800 metri, rispetto ai 1500 di distanza minima imposta dal piano rifiuti regionale), la presenza nei pressi di aziende che producono carne biologica. Ulteriore elemento è “la carta idrogeologica della Regione Lazio”, la quale indica l’esistenza della falda “sotto al piano della discarica a 25 metri… Un altro dato oggettivo sta nel fatto che ci troviamo nei Monti Sabatini, nel settore nord della provincia di Roma, di origine vulcanica, dove la permeabilità delle rocce è abbastanza alta. Permeabilità significa che l’acqua molto facilmente attraversa le rocce e ha l’attitudine ad arricchirsi di ioni di varia natura, in funzione del chimismo delle rocce e di qualunque altro tipo di materiale”.
La discarica intercomunale di Roncigliano, Albano Laziale. Aldo Garofalo, del comitato Albano Noinc, ricorda alla Commissione come sia l’ARPA regionale che il CNR abbiano rilevato per tale discarica “una situazione di inquinamento, soprattutto delle falde acquifere”. Il sito, che tratta rifiuti solidi urbani e serve dieci Comuni dei Castelli Romani, è finito in un’inchiesta che ha coinvolto Manlio Cerroni, proprietario della società che la gestisce e di altre analoghe impegnate nel settore rifiuti. “In occasione della scadenza dell’autorizzazione integrata ambientale relativa all’ultimo degli invasi – da 500.000 tonnellate – della stessa discarica, l’ARPA Lazio ha accertato una serie incredibile di violazioni, mancate prescrizioni e comunque illegalità. Questa situazione era, a nostro giudizio, tale da richiedere, da parte degli enti preposti, quantomeno l’intimazione all’immediata bonifica e alla chiusura precauzionale della stessa discarica, cosa che non è avvenuta”.
Discarica di Cupinoro. Tocca poi a Marco Tellaroli, Comitato Cittadini di Bracciano in movimento, sul tema della discarica nata come “illegale” e regolamentata negli anni successivi. Nel 2004 nasce la società di gestione Bracciano Ambiente, partecipata al 100% dal Comune, con “l’obiettivo di sostituire tutte le ditte private nella gestione del conferimento dei rifiuti e portare la discarica al compimento della sua totale capienza, che era di circa 2,2 milioni di metri cubi”. Le criticità evidenziate da Tellaroli sono la mancanza di trattamento per i rifiuti e la presenza intorno al sito di terreni agricoli, “nonché falde acquifere sotterranee, dove l’acqua della zona di Cupinoro va a influire sia nel Lago di Bracciano, sia nei comuni limitrofi”.
Altra problematicità l’apertura di una cava limitrofa, poi sequestrata nel 2014 perché sprovvista di tutte le autorizzazioni ambientali, di altri 450mila metri cubi. Viene infine sollevata la questione della gestione economica, relativamente a 12 milioni del cosiddetto fondo post mortem e di 11,7 milioni di ecotassa, il cui utilizzo da parte degli amministratori, secondo il Comitato che riferisce di indagini della Finanza e della Corte dei Conti, non sarebbe stato chiarito.
La situazione della discarica di Malagrotta. Nella successiva audizione di novembre, con le professoresse del Politecnico di Torino, Maria Chiara Zanetti e Rajandrea Sethi, si è affrontata la spinosa questione relativa alla situazione dell’inquinamento e dello stato geologico della discarica di Malagrotta. Il lavoro del Politecnico è stato svolto nell’ambito di una richiesta del Consiglio di Stato.
I tipi e la fattibilità degli interventi. Il primo aspetto affrontato era relativo al dislivello peziometrico tra il polder, la barriera laterale impermeabile costruita nel 1987 (la discarica è stata aperta nel 1974) per evitare l’uscita di percolato in falda, e l’esterno. “Quello che era stato osservato è che i livelli interni risultavano essere superiori rispetto all’esterno. Il fatto che ci sia una differenza di livello fa sì che possano esistere dei flussi idrici dall’interno verso l’esterno. Se c’è un dislivello topografico, l’acqua tende a migrare da quote piezometriche superiori a quote piezometriche inferiori. Nella zona interna il livello dell’acqua è più elevato, mentre in quella esterna risulta essere più basso”.
Il risultato dello studio su questo specifico punto evidenzia come si possa affermare “che gli interventi richiesti dall’ordinanza… sono efficaci ai fini della tutela della salute pubblica e della risorsa idrica sotterranea. In particolare, l’inversione del livello piezometrico, presente all’interno e all’esterno del polder, permetterebbe di ridurre in modo considerevole o annullare il flusso di acqua contaminata da percolato in uscita dal perimetro del polder. Si ritiene, inoltre, che tale misura rientri nelle norme di buona gestione di un sito isolato idraulicamente”.
Il secondo aspetto riguardava la fattibilità di tali interventi, valutando “quanta acqua si dovesse rimuovere dalla zona perimetrata per far sì che localmente il dislivello si annullasse”. Nel descrivere i tempi i tecnici riferiscono di due anni per “ottenere un annullamento o una riduzione significativa del flusso” attraverso l’utilizzo di un “sistema di pozzi perimetrali”
L’inquinamento. Gli altri quattro quesiti posti al Politecnico riguardano “lo stato qualitativo delle acque nella zona circostante” e la possibile responsabilità della discarica “relativa a un cambiamento del chimismo delle acque di falda”.
“Quali che fossero gli indicatori considerati, tipicamente legati alla qualità dell’acqua di percolato all’interno di discariche di rifiuti solidi urbani come quella in questione, abbiamo potuto ravvisare una certa influenza della presenza della discarica di Malagrotta sulle acque di falda a valle della discarica” spiegano gli esperti del Politecnico. E aggiungono: “Si può già dire che l’acqua di falda, ancorché a monte, presenta alcune caratteristiche di inquinamento. Ci siamo focalizzati sulla discarica e non conosciamo la storia di tutta la zona. Pertanto non siamo in grado di indicare il motivo preciso. Comunque, anche a monte, l’acqua di falda presenta dei parametri che non rientrano perfettamente in linea con i requisiti di cui al decreto n. 152 del 2006. Sicuramente l’acqua di falda a valle è molto più inquinata rispetto a quella a monte”.
Sollecitati dai Commissari sul tracciare una sorta di bilancio degli studi condotti, viene evidenziato che “la discarica di Malagrotta, ai sensi del decreto n 152 del 2006, inquina. Certamente, non essendo stato fatto nulla, continua a inquinare. È stato chiesto se le prescrizioni sono sufficienti…Sicuramente annullare il dislivello tra polder e falda è un buon sistema per limitare o addirittura eliminare, se si arriva fino ad annullare totalmente il dislivello, la fuoriuscita e l’interferenza tra la discarica e la falda. Mi permetto di osservare che forse si potrebbe aggiungere un drenaggio del percolato all’interno della discarica….Infatti la fonte dell’inquinamento è proprio il percolato. Spesso, per eliminare più in fretta la fonte di inquinamento, conviene andare direttamente dove c’è la fuoriuscita, quindi intervenire proprio sul percolato. Questa potrebbe essere, eventualmente, una modalità aggiuntiva per accelerare l’efficienza del trattamento di bonifica… Non c’è un rischio sanitario e ambientale per la popolazione esposta al di sopra di certi livelli (ovviamente l’acqua non è potabile, nda). È chiaro che comunque il problema andrebbe risolto”.
Borgo Montello e la possibile presenza di rifiuti tossici. Giorgio Libralato nell’aprire la propria audizione ricorda come la vicenda della discarica di Borgo Montello, soggetta a procedura di infrazione da parte delle autorità europee, si trascini ormai da decenni. La discarica, gestita dalle società Indeco ed Ecoambiente, è finita sotto inchiesta nel gennaio 2014. Inchiesta che ha condotto al sequestro, da parte del GICO della Guardia di Finanza, di una sua “parte attiva”. Sulla possibile presenza, nell’invaso SO, di fusti metallici contenenti rifiuti tossici, il consulte riferisce di una “massa metallica confermata dalle ricerche dell’INGV”. Lo scavo nell’invaso è iniziato nell’agosto 2012 a seguito di un finanziamento di 700mila euro da parte della Regione Lazio, 400mila dei quali destinati all’appalto di scavi “effettuati solo parzialmente”.
“Durante una conferenza pubblica, il 20 settembre 2012, il direttore dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – sostiene il consulente – dichiara che non vengono fatti tutti gli scavi perché per loro quello che avevano trovato era sufficiente per dire che quella massa metallica era o del ferro che si trovava nei copertoni o armature metalliche delle recinzioni dell’epoca”. Libralato cita due dichiarazioni, del pentito Carmine Schiavone e dell’assessore provinciale dell’epoca, secondo cui gli scavi non dovevano essere effettuati nell’SO ma in altro invaso. Tra i dati citati dal consulente anche quelli relativi all’inquinamento delle falde certificati dall’ARPA nel 2013 e da analisi svolte da periti del Tribunale di Latina, secondo cui la protezione delle falde non sarebbe stata completata. Fatti che portano ad un processo ancora in corso a carico di esponenti dell’epoca della società Ecoambiente. Nel citare una delle perizie Libralato sintetizza che “la falda ha una certa quota: se non la si analizza per l’interezza della quota, probabilmente si hanno dati non attendibili, perché un inquinante può essere più pesante dell’acqua, un altro meno pesante; se non si verifica per tutta l’altezza, questo problema non si evince”.
Le autorizzazioni integrate ambientali e i sigilli alla discarica. Riferendosi all’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) Libralato dichiara che la Regione Lazio nel 2009 sosteneva il falso nel dichiarare la proprietà della discarica in capo ad Ecoambiente. Aggiunge che secondo le famiglie di Borgo Montello la discarica andava chiusa nel 2012, a scadenza delle autorizzazioni assegnate alle due società (Indeco e Ecoambiente) che invece “continuano ad operare”. Conclude ricordando che le nuove Autorizzazioni, conferite nel 2015, sono state impugnate dai cittadini di Borgo Montello, per problemi legati alla polizza fideiussoria e perché Ecoambiente non ha a disposizione l’intera area sottoposta al sopracitato sequestro della Finanza.
Nel citare l’inchiesta che ha portato ai sigilli alla discarica posti lo scorso gennaio, il consulente ricorda come l’indagine abbia stabilito che “i volumi dell’Indeco erano stati superati di oltre 100.000 metri cubi rispetto all’autorizzato” e che secondo il comitato di Borgo Montello questo superamento “avrebbe portato a un guadagno di circa 10 milioni di euro da parte dalla società Indeco per il volume di affari corrispondente”.
La presenza di inquinanti nelle falde. Sollecitato dai commissari, Libralato fornisce dettagli sui livelli di inquinanti emersi dalle analisi dell’ARPA sulle falde: i valori di arsenico sono superiori a trenta volte rispetto a quanto consentito dalla legge e sono state rintracciate presenze di ferro e manganese.  Il comitato sottolinea la mancata realizzazione di studi epidemiologici in merito: “Quest’indagine epidemiologica non è stata chiesta solo dai cittadini. Viene chiesto da ASL, ARPA e anche dalla Regione Lazio. Prima di rilasciare qualsiasi autorizzazione vale il principio di precauzione. Se non c’è quest’indagine, non possiamo procedere o autorizzare niente”.
Le indagini della Procura. Il tema della discarica di Borgo Montello è stato affrontato anche nell’audizione della Procura di Latina. I magistrati evidenziano che, in base ad un “controllo svolto dai tecnici”, la discarica aveva superato la sua capacità di contenimento dei rifiuti e che il provvedimento di sequestro sopra citato, per l’invaso S8, è stato confermato dal Tribunale del Riesame. Più in dettaglio, risulta “violata l’autorizzazione integrata ambientale e sono stati abbancati rifiuti, per quello che ci risulta, pari a circa 120mila metri cubi in più…senza che ci fosse stata nessuna verifica preliminare da parte degli organi competenti ai controlli”. Attualmente sulla discarica sono autorizzate soltanto le attività di manutenzione e quelle ordinarie per evitare danni all’ambiente.
Le problematiche normative e sui controlli. Nel prosieguo dell’audizione il sostituto procuratore fa emergere quelle che a suo avviso sono le criticità dell’impianto normativo, in particolare del decreto legislativo n. 33 del 2003 in merito alle discariche. “Mi riferisco alla gestione post mortem, alla questione accantonamenti, alla questione fideiussioni. Sono tutte questioni che rischiano di vanificare assolutamente la tutela ambientale.  Si è voluto amplificare al massimo le garanzie da un punto di vista economico…ma stiamo e sto constatando nelle indagini che purtroppo questo rischia di essere soltanto un ammasso di carte… Vorrei vedere che cosa succederebbe se un giorno fossero effettivamente attivate queste polizze fideiussorie”. Altra criticità evidenziata è il tema degli accantonamenti, su cui la Procura comunque ha chiesto l’archiviazione per l’ipotesi di reato di peculato: “Perché una società accantona realmente e un’altra solo contabilmente? È possibile tollerare questa libertà di azione o forse non sarebbe meglio disporre che gli accantonamenti vadano direttamente alla regione o siano effettivi con un vincolo di destinazione?”
Sul tema economico vengono snocciolati alcuni dati su Borgo Montello: in base ad una consulenza tecnica emerge che dal 1998 ad oggi sono stati riversati in discarica 5.422.923 tonnellate di rifiuti, “per incassi pari grosso modo a circa 276 milioni di euro”. In tema di controlli si ribadisce che “dovrebbero essere automatici, sistematici, e non arrivare, come pare in questo caso sia avvenuto, solo a seguito di iniziative anche di impatto dell’autorità giudiziaria”.
I benefit ambientali. Altro capitolo affrontato è legato ai benefit ambientali da versare alle amministrazioni, proporzionati al quantitativo di rifiuti conferiti in discarica. Nel caso specifico di Borgo Montello, viene sottolineata una discrasia tra le somme che le società devono versare e quelle effettivamente incassate dal Comune di Latina. Una “sfasatura” di oltre 300mila euro ogni anno, dal 2011 in poi, tra quanto previsto (1,3 mln circa) e quanto realmente versato da Indeco (1 mln circa). Mancati versamenti che, specifica il sostituto procuratore, possono dipendere dal fatto che le società non siano pagate dai Comuni e siano impossibilitate dal versare l’intero ammontare dei benefit.  “A mio avviso la questione sorprendente è che non sono state date notizie, almeno allo stato, sugli approfondimenti che hanno fatto all’interno degli uffici comunali”.
(ultimo aggiornamento 18 aprile 2016)
(A cura di Claudio Forleo, giornalista professionista) http://www.avvisopubblico.it/osservatorio/contenuti-dellosservatorio/attivita-dinchiesta/commissione-bicamerale-sul-ciclo-dei-rifiuti/commissione-rifiuti-audizioni-sul-traffico-di-rifiuti-nel-lazio/

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