CARLO DI FOGGIA Una scia di disastri e occasioni perse lunga imille chilometri delloStivale, dalBelice (1968) al risveglio dell’Or colat, che squassò il Friuli nel ’76, fino a quel 6 aprile 2009 azzoppò L’Aquila. Tutto pagato a caro prezzo: oltre 150 miliardi dieuro eil contosalirà ancora. È la storia di una sconfitta, quella della “pr evenzione del rischio sismico” che l’Italia, spaventata dai costi, haderubricato amissione impossibile sul nascere, confinandola alla sola evoluzione normativa. E così ha partorito le “gestioni emergenziali”ul tradecennali, lecase senz’ac qua del Belice 46 anni dopo, le new town dell’Aquila che cadono a pezzi,il disastro di San Giuliano diPuglia trasformato in pioggia di soldi per Comuni mai lambiti dalle scosse dal governatore Iorio e via dicendo. Lungo elenco, conto salato e migliaia di morti.
CIFRE STILATE 7 anni fa dall’Ufficio studi della Camera: dal 1968 al 2009 la gestione de ll ’emergenza e la ricostruzione sono costate 135 miliardi di euro, oltre 90 messi dallo Stato. Con L’Aquilae l’Emilia (2012) - stima la Protezione civile - si arriva a 150 miliardi fino al solo 2013. Si pagherà a lungo: per il Belice fino al 2018; per l’Irpinia al 2020; per Marche e Umbria al 2024; per il Molise al2023; perl’Abruzzo al 2033. Solo per il Friuli tutto s’è completato nel 2006. Una storia virtuosa grazie a stanziamenti diretti in capo al commissario ad hoce a scelte strategiche cometrasformare il centro di Venzone in “opera pub blica ”. Meccanismo abbandonato già con l’Irpinia.
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