La strategia dell’ad Armani per rendere la società “autonoma
finanziariamente”: pedaggi sul Gra e sulla Salerno-Reggio Calabria
DANIELE MARTINI
S
i pagherà un pedaggio anche
sul Grande raccordo
anulare di Roma, sui 470
chilometri della Salerno-Reggio
Calabria (quando
prima o poi sarà finita), sui circa
800 chilometri di raccordi e autostrade
Anas come la Catania-Siracusa-Gela.
Il nuovo
presidente e amministratore
dell'azienda pubblica delle
strade, Gianni Vittorio Armani,
riprende un vecchio cavallo di
battaglia del suo predecessore,
Pietro Ciucci, e lo squaderna nel
corso di un'audizione alla Camera.
Prima di diventare operativa,
l'intenzione del nuovo capo
Anas deve ovviamente passare
al vaglio dei ministri competenti,
a cominciare da Graziano
Delrio, titolare dei Trasporti
e delle Infrastrutture. E finora
ogni volta che l'azienda delle
strade ha provato ad introdurre
l'argomento, è sempre stata respinta
con perdite.
L' INTE NZI ONE del nuovo capo
Anas appare però chiara, evidenziata
in una delle slides illustrate
ai parlamentari: con i pedaggi
“si imputerebbero i costi
delle infrastrutture stradali a
chi fruisce del servizio e in ragione
del grado di utilizzo, secondo
criteri di mercato”. Far
pagare gli automobilisti è il punto
centrale della strategia della
nuova Anas in versione Armani,
un disegno che rischia di somigliare
come una goccia d'acqua
fin dalle prime battute a quello
del dimissionato (dal governo)
Ciucci. Avvertendo forse questo
pericolo e di fronte alle perplessità
che subito sono cominciate
a serpeggiare di fronte all'idea
dei pedaggi, in serata il presidente
ha cercato di correggere il
tiro e all'agenzia di stampa AdnKronos
ha voluto spiegare che
“la nuova tariffa stradale non è
un pedaggio”, ma sarà a carico
della fiscalità generale. Cioè,
sembra di capire, sarà a carico di
tutti i contribuenti e non solo degli
automobilisti, anche se non è
affatto chiaro come potrebbe essere
pagata e riscossa. Forse
stanno pensando ad una formula
tipo “pedaggio ombra”.
Armani dice di puntare a un
obiettivo preciso: rendere la società
pubblica autonoma da un
punto di vista finanziario. Con
un duplice scopo: non farla più
essere un'”azienda con il cappello
in mano nei confronti della
politica” come il neo presidente
aveva annunciato subito dopo
l'insediamento in un'intervista
al Sole 24 ore. Ma soprattutto
metterla in grado di essere privatizzata,
così come il governo
di Matteo Renzi dice di voler fare.
Condizione essenziale perché
l'Anas possa essere messa
sul mercato con qualche speranza
che gli investitori siano
interessati a comprarla è che garantisca
utili. E l'unico modo
che l'azienda delle strade avrebbe
di produrre reddito vero e
non quello da burletta presentato
finora durante la gestione
Ciucci sarebbe proprio quello di
far pagare l'uso delle strade.
Armani ha ricordato che la
trasformazione dell'Anas avviata
nel 2002 si è fermata a mezz'aria
soprattutto perché “è rimasta
inattuata la disciplina
convenzionale e legale che già
consente, in via generale, alla società
di applicare tariffe sulle
tratte in concessione”. E invece
secondo il nuovo presidente, già
5 anni fa sarebbe stato approvato
un decreto che consente all'Anas
di introdurre i pedaggi
sulle sue strade. Oggi l'azienda
pubblica si finanzia soprattutto
in due modi: ricevendo circa
800 milioni di euro dalle concessionarie
autostradali private,
tipo Autostrade per l'Italia
dei Benetton, in base al contratto
di programma con lo Stato.
Più circa 2 miliardi di euro l'anno
direttamente dallo Stato per
la costruzione di nuove strade e
infrastrutture.
ARMANI in questi giorni ha avviato
anche la riorganizzazione
interna dell'Anas avocando a sé
quelle funzioni in passato ad altissimo
rischio, come le riserve e
le varianti in corso d'opera. È
stata inoltre nominata la nuova
terna della Vigilanza interna la
cui guida è stata affidata a un generale
della Finanza, Umberto
Fava. Al suo posto finora c'era
Alberto Brandani, uno stagionato
politico democristiano di area
fanfaniana, chiamato lo
“zio” da Pier Ferdinando Casini.
© RIPRODUZIONE RISERVATA il fatto quotidiano 23 luglio 2015
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