“Ale, bruciato nell’impianto
riaperto con un decreto”
LAS C H E DA
Le indagini
Il 26 luglio 2012 il gip Patrizia
Todisco sequestra l’a cc i a i e r i a
e fa arrestare otto persone, tra
cui Emilio Riva. Il 26 novembre
nuovi arresti per l’indagine
“Ambiente svenduto”: tre
persone in carcere e quattro ai
domiciliari per accuse che
variano dall'associazione per
delinquere, al disastro
ambientale fino alla
co n c u ss i o n e
I decreti Salva-Ilva
Il 3 dicembre 2012 il governo
emana un decreto legge che
autorizza l'Ilva a produrre
nonostante i sequestri. Da
allora in totale sono otto i
provvedimenti “Salva Ilva”
Il processo
Il 23 luglio il gup Vilma Gilli
rinvia a giudizio tre aziende e
44 persone, tra cui Fabio e
Nicola Riva, molti dirigenti e
alcuni politici come Nichi
Vendola, il deputato Sel Nicola
Fratoianni, il sindaco di Taranto
Ippazio Stefano, l'ex presidente
della Provincia di Taranto
Giovanni Florido e l'ex
assessore provinciale
all'Ambiente Michele Conserva
Il casco gli si è fuso
in testa. La giacca di
protezione non poteva
salvarlo. La colpa
è di chi non ha fornito
la giusta sicurezza Il reparto era stato
sequestrato, il governo
lo ha riattivato
Il ministro Galletti
doveva telefonarmi
Io ancora aspetto
VALENTINA PETRINI
A
fo2, il reparto in cui è
morto mio marito, era
già stato sequestrato
anni fa e riaperto
per decreto. Dopo l’incidente
la Procura di Taranto
l’ha sequestrato nuovamente.
E sempre con un decreto
è stato riaperto. Un mese
e 15 giorni dopo l’incidente
mortale, cosa è cambiato lì
dentro? Cosa rende quel reparto
sicuro?”. Natalia Luccarelli
è la vedova di Alessandro
Morricella, l’operaio Ilva
di 34 anni morto il 12 giugno
scorso, bruciato vivo da
un getto di ghisa incandescente
che ha divorato il suo
corpo.
Quando sabato decide di
rompere il silenzio, la Camera
ha da poco approvato con
voto di fiducia il dl fallimenti
- ribattezzato ottavo decreto
Salva-Ilva - per riaprire l’Altoforno
2, sottoposto a sequestro
senza facoltà d’u so
dalla Procura di Taranto.
Signora Luccarelli, perché
ha deciso di rompere il sil
e n z i o?
Perché è un silenzio pesante,
mio marito non si è suicidato,
è stato ucciso. Conosceva i rischi
della sua professione.
Sapevano quello che poteva
succedere in quell’altoforno.
Non faccio il tifo per nessuno,
ma voglio i responsabili
della sua morte.
Chi era Alessandro Morrice
l l a?
Un giovane con tanto senso
del dovere. Ci siamo conosciuti
nel 2001 e fidanzati per
sempre. Poi nel 2003 è arrivata
l’assunzione all’Ilva. Avevamo
già deciso di sposarci.
Sin dal primo giorno ha lavorato
nei reparti più tosti.
Prima altoforno 4, poi nel numero
2. Non si lamentava
mai. Io non chiedevo, ma sapevo
che era un posto pericoloso.
L’8 giugno
è il giorno
del tragico
in cid ente.
Le va di
ra cco n t a rce
l o?
A le s s a nd r o
era di turno il
p o me r i g gi o .
A l l ’ ora di
pranzo, mi è
venuto a
prendere a
scuola. Sono
una maestra. Aveva un forte
mal di testa. Gli ho detto:
“Non andare a lavoro”. “Devo
andare”, mi ha risposto,
“la prossima settimana sarò
in ferie”. L’ho accompagnato,
l’ho baciato. È l’ulti ma
volta che l’ho visto.
E poi, cos’è successo?
Alle sette di sera suona il citofono.
Era un suo collega:
“Natalia, Alessandro ha avuto
un incidente”. Ricordo la
corsa in ospedale. La chiamata
all’infermeria dell’Ilva:
“Signora suo marito è grave…”.
Non posso descrivere
quello che ho visto al pronto
soccorso: era bruciato vivo,
dalla testa alle caviglie. Solo
il dorso del piede era integro.
E le dita della mano, l’unica
cosa che sono riuscita a stringere
prima di dirgli addio. I
suoi occhi verdi non c’erano
più, erano completamente
velati.
Lei ha capito cos’è che ha ucciso
suo marito?
Faceva la stessa procedura
da 13 anni:
misurava la
t e mp e r a tu r a
della ghisa
m an ua lmente
dal foro
di colata.
È stato investito
da una
bomba di
2mila gradi.
Gli è caduta
una secchiata
di lava bollente
in testa.
Un getto
di oltre 20 metri. Di chi è stata
la colpa? Io non ero lì. E
mio marito è sotto terra e non
può più parlare. Voglio giustizia.
Lo Stato lo deve alla
mia famiglia.
Indossava le dotazioni di sicurezza?
Giacca, scarponi,
guanti e casco?
Il casco gli si è fuso in testa. Si
immagini la plastica bianca
mescolata alla carne umana.
Pensa che una giacchetta alluminizzata
con i bottoni fino
alla coscia potesse salvarlo?
Sarebbe morto comunque.
È l’incidente che non
doveva succedere.
Glielo chiedo perché giovedì
alla Camera uno dei tre
amministratori dell’I lva,
Pietro Gnudi, non ha escluso
“ qualche errore uman
o”…
L’errore umano c’è stato, ma
non degli operai, non il suo.
L’errore è di chi ha aperto
quel reparto e non ha dato a
mio marito e a quei ragazzi le
giuste dotazioni per lavorare
in sicurezza. C’è qualcuno
che si addormenta ogni giorno
con la coscienza sporca. E
nessuno provi ad infangare
la memoria di mio marito, a
far ricadere su di lui e sugli
operai le colpe della sua morte.
Perché dice questo?
Chi deve capire, capirà. Vogliono
far ricadere su di lui le
colpe? Lo difenderò fino alla
fine dei miei giorni. È una
promessa.
Facciamo un passo indietro.
Nel 2012 l’inchiesta “A mbiente
Svenduto” t ravo l ge
l’Ilva. Suo marito che posizione
aveva?
Non faceva il tifo per la chiusura
dell’Ilva, ma nemmeno
perché restasse aperta per
forza. Si fidava dello Stato. Si
alzava la mattina e andava a
lavorare. Si fidava di chi gli
diceva, andate.
Il Presidente della Repubblica,
Sergio Mattarella, ha
inviato una corona di fiori al
funerale di suo marito.
Qualcuno del governo l’ha
co n t a t t a t a?
Dopo qualche giorno dalla
morte di Alessandro, i carabinieri
sono venuti a casa
mia, per dirmi che avrei ricevuto
una telefonata dal ministro
dell’Ambiente, Gian Luca
Galletti. Non ha mai chiamato.
Forse ha perso il mio
numero.
Oggi è in atto uno scontro
tra governo e magistratura
proprio sul sequestro
dell’altoforno 2. C’è qualcosa
che vorrebbe dire al Premier
Matteo Renzi?
Gli darei la giacca, il casco, i
guanti, le scarpe di mio marito.
Presidente Renzi, deve
andare lì dentro. Faccia la
stessa operazione che faceva
Alessandro, misuri a mano la
temperatura della ghisa.
Provi sulla sua pelle come si
sta in quel forno e se è sicuro.
Solo così potrà veramente
rendersi utile.
© RIPRODUZIONE RISERVATA il fatto quotidiano 26 luglio 2015
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