martedì 1 maggio 2018

discarica di Borgo Montello L’indagine della Squadra mobile di Latina (2013-2014)

Doc. XXIII
                                                                                                            N. 32

COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI
 E SU ILLECITI AMBIENTALI AD ESSE CORRELATI

 Relazione sul ciclo dei rifiuti di Roma Capitale e fenomeni illeciti nel territorio del Lazio
(Relatrici: Sen. Paola Nugnes, Sen. Laura Puppato)

 Approvata dalla Commissione nella seduta del 20 dicembre 2017

_______________

Comunicata alle Presidenze il 20 dicembre 2017
ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 7 gennaio 2014, n. 1



7.3.2 L’indagine della Squadra mobile di Latina (2013-2014) (pag. 424 -439)

La Commissione ha acquisito l'intero fascicolo del procedimento penale 14948/13/19 modello 44 contro ignoti della procura della Repubblica di Latina, archiviato il 20 aprile 2014[1]. Gli atti di indagine svolti - seppur  su fatti che il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto non penalmente rilevanti, disponendo l'archiviazione del procedimento - sono particolarmente significativi, in quanto permettono la ricostruzione puntuale della storia del sito di Borgo Montello, evidenziando importanti criticità.
Con una prima informativa del 15 ottobre 2013 - che ipotizzava il reato previsto e punito dall’articolo 439 del codice penale - la Squadra mobile della Polizia di Stato di Latina richiedeva all’autorità giudiziaria una specifica delega (con l’attivazione di intercettazioni telefoniche e ambientali) per approfondire quanto denunciato dal presidente dei Verdi del Lazio Nando Bonessio e dall’ambientalista Giorgio Libralato all’agenzia di stampa AGR: “Da 7 anni, ovvero dal 2005, le falde acquifere di Borgo Montello risultano fortemente inquinate da metalli pesanti e presenza di anomale masse magnetiche, ma nonostante ciò, nessuna precauzione è stata attuata dalle istituzioni competenti”. Tali dichiarazioni si basavano su quanto dichiarato dall’allora commissario dell’ARPA Lazio Corrado Carruba durante un’audizione della commissione “Criminalità” del Consiglio regionale del Lazio.
L’informativa della polizia giudiziaria riferisce su una prima attività di riscontro: “Questa Squadra Mobile ha avviato specifiche attività info-investigative da cui è scaturito che in una specifica porzione dell’area, ove insiste la discarica di Borgo Montello, che questo ufficio è in grado di raggiungere seguendo indicazioni precise, gestita attualmente dalle società Ecoambiente srl, per quanto attiene agli invasi denominati S0, S1,S2 e S3, ed Indeco srl, per l’area contrassegnata dalle sigle S4, S5, S6 e B2, sono stati interrati, tra il 1987 ed il 1990, rifiuti altamente pericolosi, tali da inquinare le falde acquifere”, allegando una mappa con l’indicazione precisa del punto di interramento.
L’informativa individua uno dei presunti responsabili dell’attività illecita: “L’interramento dei fusti contenti rifiuti pericolosi sarebbe avvenuto utilizzando la ditta di […], specializzata nel movimento terra. Il […] sarebbe stato ingaggiato, ricevendo per la sua opera ed il suo “silenzio” una cifra oscillante tra 60 ed 80 milioni del vecchio conio, da tale Proietto Andrea”. Va aggiunto che i nomi citati non risultano iscritti nel registro degli indagati nell’ambito del procedimento  14948/13/19 e che – a conclusione delle indagini – il giudice per le indagini preliminari ha disposto l’archiviazione, accogliendo al richiesta della procura della Repubblica di Latina.
Andrea Proietto[2] è stato uno dei due soci della società Pro.Chi.[3], responsabile della gestione della discarica di Borgo Montello dall’inizio degli anni ’80 fino al 1988/1989.
Una seconda informativa è stata inviata dalla Squadra mobile di Latina all’autorità giudiziaria l’8 gennaio del 2014, con ulteriori elementi particolarmente rilevanti.
L'inchiesta ha ripercorso le precedenti indagini partite all'inizio degli anni '90 – che hanno dato luogo alla citata condanna in primo grado e declaratoria di prescrizione in appello - per sversamento di rifiuti pericolosi. La Squadra mobile ha poi approfondito alcune informative dei primi anni '90, ricostruendo il complesso intreccio societario dei gestori dell'epoca (alcuni dei quali sono, dopo diversi passaggi di azioni, ancora oggi operativi sul sito di Borgo Montello).
Il risultato dello sforzo investigativo della squadra mobile di Latina ha portato alla individuazione puntuale di almeno due invasi dove – tra la fine degli anni '80 e i primi anni '90 – sono stati sversati rifiuti pericolosi[4].
I due punti individuati corrispondono con l'invaso denominato “B2”, inserito nella parte della discarica attualmente gestito dalla società Indeco srl, e la zona compresa tra i siti S3 e S1, oggi gestita dalla società Ecoambiente srl. Nel primo caso (B2) vi è una certezza per tabulas rispetto allo sversamento di rifiuti speciali pericolosi, comprovata nel corso di un processo penale (il giudicato sulla declaratoria di prescrizione conferma l’accertamento che aveva portato alla condanna in primo grado dell’unico imputato); nel secondo caso (S1-S3) vi sono almeno due testimonianze dirette concordanti e una testimonianza de relato particolarmente attendibile.
L'indagine condotta dalla squadra mobile di Latina ha ricostruito puntualmente una fase cruciale per la discarica di Borgo Montello, utilizzata all'inizio degli anni '90 anche per lo stoccaggio di rifiuti speciali non pericolosi e - come vedremo - pericolosi. Le originarie informazioni raccolte dagli investigatori provenivano dal fascicolo d’indagine aperto nel 1992 dalla procura di Latina [5].
Dai documenti allegati all'informativa citata è possibile ricostruire la storia del sito denominato "B2" - gestito dalla società Ecotecna – e della serie di autorizzazioni, concesse tra il 1990 e il 1991, in regime di emergenza (attraverso ordinanze del presidente della Giunta regionale), che hanno consentito lo smaltimento in discarica di rifiuti speciali, anche pericolosi[6].
E' bene sottolineare fin da subito che gli atti autorizzativi[7] si riferivano ad un "temporaneo" stoccaggio, come vedremo in dettaglio, la cui esigenza derivava da una presunta emergenza. Orbene, quei rifiuti sversati nel bacino B2 sono rimasti lì; terminata la fase di utilizzo del sito come discarica di seconda categoria B, la stessa società Ecotecna ha chiesto ed ottenuto un'autorizzazione per la realizzazione di un sito per rifiuti solidi urbani a copertura dell'invaso[8]. Oggi l'area è dunque stratificata, con alla base l'antico sito di conferimento di rifiuti speciali, anche pericolosi.
Prima di entrare nel merito delle vicende occorre avere un quadro d'insieme dei passaggi societari, che si incrociano con le autorizzazioni.
Di seguito uno schema cronologico riassuntivo:


21 febbraio 1990
Guastella Srl
Sito “B2” autorizzato da regione Lazio per rifiuti speciali (ord. 76 del 21 febbraio 1990)
26 marzo 1990
Guastella Srl
Sito “B2” autorizzato da regione Lazio per rifiuti anche pericolosi (ord. 215 del 26 marzo 1990)
maggio 1990
Guastella Ecomont
Incorporazione per fusione con SOREGIN
26 settembre 1990
ECOMONT Affitta B2 a ECOTECNA
ECOTECNA ECOITALIA (maggioranza) e LED (minoranza); ECOITALIA SERVIZI INDUSTRIALI srl (AD all'epoca Osvaldo Nirino, poi Paolo Borbon, riconducibile all'epoca al gruppo TEXECO)
1991
Ecotecna
La proprietà della Servizi Idustriali (controllore della Ecotecna) passa per il 50% al gruppo Acqua e il 50% alla BFI
31 dicembre 1992
Ecotecna, Sito B2
Scade il termine dell'ordinanza sospensiva del consiglio di Stato sulla sentenza del TAR di chiusura del sito B2
23 febbraio 1993
Ecotecna
Vista la situazione (chiusura della B2 per i rifiuti pericolosi), l'Ad Adriano Musso propone di riconvertire l'invaso in discarica per RSU
Dicembre 1994
Ecotecna
Il gruppo Bfi compra le quote della Servizi Industriali possedute dal gruppo Acqua

Il primo atto autorizzativo del sito “B2” di Borgo Montello è l'ordinanza numero 76 del febbraio 1990, firmata dall'allora presidente della regione Lazio Bruno Landi (che, negli anni successivi, entrerà come amministratore nel gruppo Cerroni, occupandosi, tra l'altro, proprio del sito di Borgo Montello). Gli elementi chiave del provvedimento sono:
a) stato di emergenza della regione Lazio per lo stoccaggio e il trattamento dei rifiuti di origine industriale; la documentazione a base della dichiarazione di emergenza (che in successiva sentenza del TAR Lazio dell'11 dicembre 1990 verrà definita “se per ipotesi esistente, non è stata, nonostante le molte parole, adeguatamente illustrata”) era costituita dalla risoluzione del Consiglio regionale numero 101 del 6 luglio 1989 e dalla successiva deliberazione della Giunta regionale numero 7394 del 5 agosto 1989[9];
b) la delibera ordinava alla società Guastella Impianti srl, gestore all'epoca dell'intera area di Borgo Montello, di attivare l'impianto di discarica per rifiuti speciali – escludendo inizialmente i pericolosi - “in via temporanea”; il progetto prevedeva il funzionamento per sei anni dell'impianto, per una capacità complessiva di 460 mila tonnellate; l'ordinanza indicava il periodo “temporaneo” in due anni, con una evidente contraddizione tra progetto e autorizzazione;
c) nella citata consulenza del pubblico ministero sono analizzati gli atti della consulta regionale richiamati dall'ordinanza; scrivono i consulenti: “In definitiva, a sommesso avviso degli scriventi, la consulta non ha approvato la realizzazione della discarica II B, anzi, non ha ritenuto naturalmente idoneo il suolo proposto per il suddetto impianto definitivo. La consulta ha espresso solo il parere di massima in relazione alla possibilità di realizzare in quel sito e con quel progetto una ‘messa in sicurezza’ di rifiuti industriali, provvisoriamente, per la eventuale bonifica locale, sempre nel rispetto delle esplicite prescrizioni formulate”. In realtà la prima ordinanza ordina la realizzazione di un sito definitivo, non più destinato a ricevere i residui delle bonifiche locali, ma rifiuti industriali provenienti da tutto il territorio della regione Lazio.
Di certo il volume di affari che il nuovo sito poteva produrre era ingente. In una nota della Guastella Impianti alla regione Lazio del 30 aprile 1990 era indicato il prezzo previsto per il conferimento, pari a 100-130 lire al chilogrammo. Considerando la quantità autorizzata, il valore commerciale dell'impianto era di almeno 46 miliardi di lire (stima con prezzo a 100 lire al chilo), nei sei anni di funzionamento. Cifra destinata a crescere ulteriormente negli anni (la stima fatta dal gestore in un ricorso presentato al TAR del Lazio dai legali della società Ecotecna il 18 maggio 1999 parla di “mancato guadagno” derivato dalla successiva chiusura dell'invaso superiore ai 66 miliardi di lire[10]).
La consulenza ha stabilito, rispetto a questo primo atto autorizzativo, la mancanza di un "idoneità naturale" del sito per "garantire una sufficiente protezione nei riguardi della migrazione di sostanze inquinanti verso il sottosuolo e verso le acque di falda". Sul punto l'analisi dei consulenti è chiara: “per quanto riguarda lo specifico progetto di discarica II B della Guastella impianti a Borgo Montello nel verbale della consulta (pagina 13) si afferma che il progetto stesso insiste su ‘suoli con caratteristiche naturali non idonee alla ubicazione di impianti di discarica di rifiuti industriali’”. Per cercare di ovviare a questa osservazione vennero realizzate dal gestore dell'epoca “opere di impermeabilizzazione artificiale, delle sponde e del fondo, attraverso un sistema combinato di barriere minerali (argille bentoniche) e barriera sintetica costituita da geomembrana in resina (polietilene ad alta densità, PEAD, spessore 2,5 mm)”. Soluzione, però, ritenuta adeguata solo per lo stoccaggio temporaneo e non per uno smaltimento definitivo.
La seconda ordinanza, firmata sempre dal presidente della regione Lazio Bruno Landi, datata 26 marzo 1990 (meno di un mese rispetto al primo atto autorizzativo), numero 215, integra e modifica l'ordinanza 76 del 21 febbraio 1990, autorizzando lo stoccaggio di rifiuti compresi all'interno della categoria B (paragrafo 4.2.3.2 della deliberazione del comitato interministeriale del 27 luglio 1994), inclusi i rifiuti pericolosi[11].
Successivamente il comune di Latina, la cooperativa Satricum e cinque cittadini propongono – con atti distinti - ricorso al TAR contro le ordinanze citate. Dopo una prima decisione dei giudici amministrativi (che accolgono il ricorso, prima sospendendo l'ordinanza 215 e poi anche la prima autorizzazione, l'ordinanza numero 76), il Consiglio di Stato, con la decisione 441/1991, sospende per un anno (fino al 9 aprile 1992) l'efficacia della decisione del TAR “in considerazione dell'interesse pubblico all'immediata attivazione dell'impianto in questione nelle more delle misure ordinarie”[12]. Il 14 aprile 1992 vi è un’ulteriore sospensione dell'efficacia della sentenza del TAR da parte del Consiglio di Stato (ordinanza n. 422/92), fino al 31 dicembre 1992.
Nel frattempo la terza ordinanza regionale, numero 575 del 4 novembre 1991, firmata dal presidente della regione Lazio, Rodolfo Gigli, richiamata la prima ordinanza del 21 febbraio 1990 e preso atto della decisione del Consiglio di Stato, ordinava alla società Ecotecna – che nel frattempo aveva affittato il ramo d'azienda dalla Guastella srl – di attivare l'impianto, stabilendo la tariffa a 120 lire al chilogrammo. Nel testo della nuova ordinanza si escludevano i rifiuti “tossico-nocivi”, ma, nel contempo, non veniva revocata l'ordinanza 215 che, a sua volta, aveva “emendato” il primo atto autorizzativo. Anche questa ordinanza verrà a sua volta annullata dal TAR del Lazio il 10 aprile 1992. Dopo la sospensione dell'efficacia delle decisioni TAR da parte del Consiglio di Stato (vedi sopra), l'8 maggio 1992 il presidente della regione Lazio firma una nota ordinando alla Ecotecna di riattivare l'impianto[13].
La sospensione della prima sentenza del TAR – che annullava le due ordinanze del 1990, chiudendo di fatto l'impianto – verrà reiterata per una seconda volta.
La già complessa situazione diviene paradossale nel 1993, quando il presidente della regione Lazio firma una nuova ordinanza, la numero 1/1993.
Annota la Squadra mobile di Latina su questo passaggio: “La citata delibera ha autorizzato la società Ecotecna [...] a continuare a ricevere rifiuti speciali, di cui al paragrafo 4.2.3.2. comma 1 della deliberazione 27 luglio 1984 del comitato interministeriale richiamata nell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 915/1982, con esclusione di quelli tossico nocivi, provenienti da impianti di stoccaggio della sola regione Lazio. Sebbene nella ordinanza n.1 del 1993 è stata prevista l’esclusione dei rifiuti tossico nocivi da conferire nella discarica di Borgo Montello, la categoria dei rifiuti speciali richiamata ai sensi della predetta deliberazione, contempla anche rifiuti tossico nocivi purché non eccedenti concertazioni di sostanze ritenute pericolose per la salute pubblica specificatamente indicate nel decreto del Presidente della Repubblica 915/1982”.
Tra il 1991 e il 1993 si crea dunque un intreccio complesso tra ordinanze della regione Lazio, decisioni contrastanti dei giudici amministrativi e cambi societari dei proprietari della discarica (la Guastella, che aveva concesso in affitto il ramo d'azienda alla Ecotecna, società riferibile all'epoca al gruppo Acqua dei fratelli Pisante e alla statunitense Bfi).
L'attenzione investigativa della Squadra mobile ha cercato di mettere a fuoco questo delicato passaggio: “In seguito all’adozione di detti provvedimenti da parte dei Presidenti della Giunta Regionale del Lazio (P.G.R.L.) pro tempore, il comune di Latina ha impugnato le citate ordinanze al tribunale Amministrativo Regionale, ottenendone l’annullamento. Ma la società gestore, e proprietaria dei terreni, della discarica, ovvero la Guastella Impianti, ha fatto ricorso al Consiglio di Stato chiedendo la sospensiva della sentenza. Il supremo consesso di Giustizia Amministrativa ha concesso una proroga all’esercizio dell’impianto per rifiuti speciali, successivamente prorogato di un altro anno fino al 31.12.1992”.
Dopo questi passaggi, particolarmente significativi, l’allora gestore del sito B2 di Borgo Montello intraprende alcune modifiche societarie:
 Medio tempore, la Guastella è stata incorporata dalla Ecomont srl. La Ecomont altro non è che la società Realizzazioni Industriali (So.Re.G.In). Infatti con verbale d’assemblea del 18.07.1990 i soci della So.Re.G.In, Maruca Biagio Giuseppe, Maruca Gabriella, Trincia Sergio e Ruggeri Patrizia, rappresentante del socio easing e Diversi (L.E.D.), hanno deliberato la incorporazione della Guastella e contestuale cambio di denominazione della So.Re.G.In in Ecomont srl. Il cambio di denominazione, così come l'incorporazione mediante fusione della Guastella nella So.Re.G.In, poi Ecomont, sono stati [...] frutto di un preciso piano delittuoso, i cui ideatori sono allo stato degli atti sconosciuti perché hanno utilizzato prestanome per realizzare detta progettualità illecita, teso a fare in modo che, formalmente ed apparentemente, vi fossero dei passaggi di proprietà tra persone giuridiche, solo esteriormente, diverse. Sul punto è plausibile ritenere, da quanto emerso nel corso delle attività investigative, per lo più documentali, compendiate nella presente comunicazione di reato, che tuttavia sono suscettibili di ulteriori integrazioni mediante attività di ricerca della prova anche di tipo tecnico, finalizzate ad individuare i promotori del sodalizio criminale in esame, che l'incorporazione tra Guastella ed Ecomont, così come il fallimento di quest'ultima, sono stati espedienti tesi a prolungare, in punto di fatto, la sospensiva rilasciata dal Consiglio di Stato per l'esercizio dell'attività di discarica alla Guastella. Infatti, la citata decisione è stata emessa perché avesse validità un anno. Ma una volta subentrato il nuovo, solo apparentemente soggetto giuridico (Ecomont), quest'ultimo ha chiesto il differimento dei termini, che sono stati autorizzati, per un ulteriore anno. Atteso che, come emergerà nel corso dell'esposizione dei fatti, Guastella ed Ecomontsono riconducibili ai medesimi soggetti, è verosimile quanto ipotizzato”.
Dunque, la complessa vicenda amministrativa ha di fatto creato una sorta di finestra extra ordinem che ha consentito lo smaltimento – non più temporaneo, ma definitivo – di rifiuti industriali, anche pericolosi, nell'invaso “B2”, per almeno due anni (ovvero per quel periodo temporale creato dalle due sospensioni della esecuzione delle sentenze TAR da parte del Consiglio di Stato). Situazione che, secondo la Squadra mobile di Latina, era stata creata ad arte attraverso cambi societari, decisi sostanzialmente per poter ottenere le sospensioni della decisione del TAR (che imponeva la chiusura degli impianti) da parte del Consiglio di Stato.
Si tratta ora di capire che tipo di rifiuti siano stati smaltiti nel sito in questione in quel periodo storico, utilizzando l’”opportunità” nata con le ordinanze della regione Lazio del 1990.
La procura presso la pretura di Latina già dal maggio 1992 aveva aperto un fascicolo d’indagine, ricevendo una prima comunicazione di notizia di reato dalla polizia provinciale (la ricostruzione degli atti presenti nel fascicolo viene svolta dai consulenti nonché nella citata sentenza nei confronti di Adriano Musso e la sentenza del 1997). Già in quell'anno un consulente del pubblico ministero aveva compiuto degli accertamenti, come è possibile leggere dalle motivazioni della sentenza:
“Nei sopralluoghi compiuti nel 1992 (dal marzo al settembre), il consulente aveva verificato che, nella predetta discarica, vi erano anche fanghi di depurazione provenienti dalla produzione di composti farmaceutici e chimici, residui di verniciatura ed altri materiali ricompresi nella categoria dei rifiuti tossico-nocivi […] Secondo il consulente, le caratteristiche di permeabilità, capacità di ritenzione e assorbimento del terreno in questione non erano tali da preservare le acque superficiali e di falda, condizione per lo smaltimento di rifiuti tossico-nocivi”.
Questo passaggio è particolarmente importante perché attesta l’avvenuto smaltimento di rifiuti pericolosi all’interno dell’area B2 della discarica di Montello, come abbiamo visto.
Su questo sito – giova ricordarlo – negli anni seguenti è stata realizzata una seconda discarica per rifiuti solidi urbani, mentre l’area adiacente l’invaso è oggi oggetto di richiesta di ampliamento presentata dalla società Indeco al settore rifiuti della regione Lazio[14]. L’intervento di bonifica dell’area – come già ricordato – non sembra però prevedere una procedura specifica che tenga conto della presenza di rifiuti industriali pericolosi.
Come si è ricordato, il procedimento si è concluso in primo grado con una sentenza di condanna e in appello con una declaratoria di non doversi procedere per intervenuta prescrizione[15].
La ricostruzione puntuale dei rifiuti conferiti nell'invaso B2 è contenuta nella consulenza[16] che si basa sulla consultazione della relazione tecnica compilata dal responsabile settore ambiente del presidio multizonale di prevenzione di Latina, documento contenuto nel fascicolo processuale della Pretura di Latina del 1992.
Scrivono i consulenti: “Gli accertamenti riguardano 19 schede concernenti altrettante tipologie di rifiuti smaltiti; orbene solo per 8 schede la relazione conclude con un giudizio di ‘corretta accettazione’ del rifiuto in discarica: per le altre schede si evidenziano analisi incongruenti e/o insufficienti, difficoltà varia di classificazione dei rifiuti, perplessità sulla correttezza di ammissione in discarica, impossibilità di classificazione e/o declassificazione da ‘tossico nocivo’ a speciale fino ad ‘assimilabile ai rifiuti urbani’ ”.
I consulenti avevano effettuato un sopralluogo nel marzo 1992 (quindi nella fase iniziale di coltivazione della discarica). I risultati hanno portato ad individuare una serie di rifiuti - alcuni con caratteristiche ascrivibili ai pericolosi (ex tossico nocivi) - smaltiti tra il marzo e il settembre 1992 (epoca degli accessi all'impianto da parte dei periti).
L'elenco che segue, dunque, è parziale e si riferisce solo periodo di sette mesi indicato:

- Fango di depurazione reflui nella produzione di sapone e detergenti sintetici. Produttore Colgate Palmolive di Anzio.
- Fango inorganico da impianto di depurazione dei reflui nella produzione e prima trasformazione dei metalli non ferrosi. Produttore Tubettificio europeo Spa di Anzio.
- Scorie metalliche sottoposte a lavaggio. Produttore Consortium di Ferentino.
- Materiale eternit proveniente dalla demolizione di tettoie raccolte presso lo stabilimento IRBI di Pomezia.
- Fango originato da impianto di depurazione per rifiuti organici servizi igienici, residui di fermentazione terreni produzione antibiotici. Provenienza IRFI di Ferentino.
- Fango da depurazione in processo di materie prime per la produzione di saponi e detergenti, indicato come “tripolifosfato di sodio su pallets”. Società Gezia navigazione spa, Anzio Padiglione.
- Fango di depurazione biologica prodotto in Cantina Produttori Frascati a Vermicino (Roma).
- “Polvere” ottenuta in impianto di depurazione delle acque reflue di processo di zincatura, fango secco trattato con fitopressa. Stabilimento Pisanti srl di Pomezia.
- Fango da depurazione, definito di natura organica, originato dalla depurazione delle acque reflue, processo con detergenti e saponi liquidi. Impianto Novembal di Sezze.
- Morchie di cabina di verniciatura. Società Devoto Claudio di Cisterna di Latina.
- Fango da depurazione di acque provenienti dal depuratore Consorzio per il nucleo di industrializzazione di Rieti – Cittadella.
- Scarti di pulizia, materiale disomogeneo di carta, plastica, vetro, polistirolo. Sigma Tau, Pomezia.
- Fanghi biologici stabilizzati, palabili. Impianto di depurazione a fanghi attivi per le acque dei servizi, cucine e “altro”. Biosint, Sermoneta.
- Terriccio e sansa proveniente dalla pulizia dei luoghi di stoccaggio della Pasqualini  spa, Cisterna di Latina.
- Fango industriale da cartiera. Cartiera di Subiaco.
- Fango filtro-pressato ottenuto nella depurazione dei reflui dalla produzione bibite. Terme di Recoaro, Castrocielo (Frosinone).
- Polietilene, carta, plastica sporca, pittura a fase acrilica indurita derivanti da ex imballi. Rover colori e vernici, Aprilia.
- Fango di natura prevalentemente organica da depurazione acque reflue da lavorazione dell'orzo. Orzo Saplo, Pomezia.
- Eternit obsoleto, disomogeneo, da demolizione tettoie. Ditta di produzione farmaceutici di Roma (nome non comprensibile sulla copia della perizia).
- Fango originato da produzione alimentare. Ica foods, Pomezia.
- Fango proveniente dalla depurazione di acque reflue miste. Klopman, Frosinone.

L'elenco, come detto, è parziale, anche se indicativo dei rifiuti smaltiti nel sito B2. I periti hanno però ricostruito la scansione temporale della tipologia di rifiuti potenzialmente conferibili nell'impianto, partendo dalle diverse ordinanze della regione Lazio, con le modifiche subentrate a seguito delle sentenze del TAR e del Consiglio di Stato. Nel periodo indicato vi è stata, dunque, una “finestra temporale” di circa due anni per l'accettazione dei rifiuti pericolosi.

21.02.1990
26.03.1990
Rifiuti speciali non tossico nocivi
26.03.1990
18.05.1990
Rifiuti speciali, anche tossico nocivi
18.05.1990
11.12.1990
Rifiuti speciali non tossico nocivi
11.12.1990
09.04.1991
Nessun rifiuto
09.04.1991
09.04.1992
Rifiuti speciali, anche tossico nocivi
14.04.1992
31.12.1992
Rifiuti speciali, anche tossico nocivi





Mappa contenuta all’interno della prima informativa della Squadra Mobile di Latina del 15 ottobre 2013: l’area corrisponde a una zona compresa tra gli invasi S3 e S1

In particolare, secondo la perizia e la sentenza di primo grado della Pretura di Latina, i rifiuti speciali “tossico nocivi” sicuramente conferiti in questo periodo sono:
- fanghi di depurazione di impianti di produzione di composti farmaceutici
- morchie di verniciatura
- fanghi di depurazione di impianti di produzione ed utilizzazione di composti chimici
Per quanto riguarda il periodo successivo al 31 dicembre 1992 non si hanno notizie in merito alla tipologia di rifiuti conferiti nell'invaso B2.
La prima informativa della Squadra mobile di Latina presentava una mappa con l'indicazione di un punto preciso a ridosso dei siti S1-S3, indicato da una fonte confidenziale come il luogo di interramento di fusti con rifiuti probabilmente pericolosi.
Il 12 settembre 2013 la Squadra mobile di Latina redige una informativa relativa alla “acquisizione di notizia confidenziale”:
“Nell'ambito della normale attività info-investigativa i verbalizzanti apprendevano riservatamente che negli anni pregressi e più esattamente a far data dall'anno 1987 al 1993 presso la discarica comunale di Borgo Montello (LT) denominata "Latina Ambiente' erano stati interrati numerosi fusti in metallo di cui però non sapeva indicarne il colore, contenenti materiali altamente inquinanti e nocivi per la salute pubblica, provenienti da aziende chimiche del nord d'Italia e trasportati con dei furgoni e camioncini i quali, per evitare possibili controlli da parte delle forze dell'ordine effettuavano percorsi diversi rispetto alle arterie ordinarie.
La fonte asseriva che negli ultimi periodi seppur erano stati eseguiti dei carotaggi volti ad accertare le contaminazioni dei terreni in seno alla discarica da parte degli organi preposti cosi come ampiamente pubblicato dalle cronache giornalistiche locali e nazionali, precisava che i rilevamenti erano stati effettuati su invasi diversi rispetto a quelli ove si trovavano interrati i bidoni”.
La fonte confidenziale faceva evidente riferimento alla campagna di scavi realizzata dal comune di Latina, dalla regione Lazio e dalla società Ecoambiente nell’area denominata S0. Secondo la fonte in realtà i “fusti” si trovavano in un altro invaso.
Si prosegue: “Nel corso del colloquio investigativo l'informatore dichiarava che uno dei due operai che si era adoperato all'interramento dei fusti in parola utilizzando delle pale meccaniche ed effettuato nelle ore notturne e lontani da sguardi indiscreti risultava essere tale […], frazione di Borgo Montello (LT) ubicata nelle immediate vicinanze della discarica. Per la sua prestazione e soprattutto per il "silenzio" avrebbe ottenuto lauti guadagni da parte di tale Proietto Andrea, titolare della società per la raccolta di rifiuti. l compensi stipulati verbalmente tra le parti, stimati attorno ai 60 - 80.000 milioni delle vecchie lire erano stati solo in parte erogati da parte dal Proietto Andrea. Con il passare del tempo, la circostanza relativa all'incompleto compenso stimato attorno ai 20,000 euro, faceva scaturire rabbia e rancore da parte del citato […], che finanche alla presenza di più persone lamentava l'insolvenza del Proietto Andrea. Nelle sedute intrattenute con le fonti, […], precisava che i percolati vigenti nei fusti oramai logorati dal tempo e che già all'epoca apparivano in ebollizione, stavano indubbiamente inquinando le falde acquifere sottostanti del circondario dei borghi limitrofi alla discarica [B.go Montello; B.go Le Ferriere; B.go Bainsizza e B.go Santa Maria] e che se non si fosse intervenuti con una immediata bonifica del sottosuolo si sarebbero verificati numerosi decessi, per carcinomi di ogni genere”.
Per confermare le indicazioni fornite dalla fonte confidenziale gli investigatori hanno consultato altre fonti, che – dopo “aver superato le paure” - hanno confermato quanto riferito.
La squadra mobile ha quindi operato un sopralluogo “riservato” all’interno della discarica insieme alle diverse fonti, per individuare con certezza il punto dello sversamento di rifiuti pericolosi (i “fusti”), individuando un’area a cavallo tra gli invasi S3 e S1. Nell’informativa sono riportate le coordinate GPS del punto di osservazione, con la foto dell’area indicata dai testimoni.
L'altra area di interesse corrisponde alla parte di discarica oggi gestita dalla società Ecoambiente. Come già ricordato, in questa zona di Borgo Montello furono creati 3 invasi tra gli anni '80 e '90, destinati ad accogliere I rifiuti solidi urbani della città di Latina. Secondo le testimonianze raccolte dalla commissione nel corso delle indagini direttamente svolte, in questa porzione della discarica sono stati sversati anche rifiuti di origine industriale, contenuti in fusti interrati senza le cautele previste dalla normativa dell'epoca[17].
Valorizzando queste prime informazioni fornite dalla fonte confidenziale, la Squadra mobile ha iniziato una ampia e complessa attività d’indagine sull’intero sito di Borgo Montello. Sono state riprese e analizzate le inchieste degli anni ‘90 – che spesso non hanno avuto un seguito – in grado di fornire importanti elementi, soprattutto se incrociate con le nuove testimonianze.
Le vicende societarie dei gestori dell'epoca sono complesse, con incroci molto spesso opachi. L'indagine citata della squadra mobile Latina ha inoltre ricostruito – riprendendo informative del 1994 – anche una possibile “copertura politica” di alto livello nei confronti dei gestori dell'epoca, che verrà richiamata più oltre.
Le testimonianze raccolte – sia contenute nelle indagini pregresse di Latina, sia raccolte direttamente dalla Commissione – indicano un periodo temporale preciso riguardo agli interramenti di rifiuti pericolosi, compreso sostanzialmente tra il 1988 e il 1994.
Si tratta di un momento storico chiave per la discarica, interessata da complessi passaggi di proprietà sia delle società che dei terreni.
La parte più antica della discarica di Borgo Montello (corrispondente agli invasi S0, S1, S2 e S3) era stata inizialmente gestita dalla società Pro.Chi, riferibile alle famiglie Proietto e Chini. Successivamente, tra il 1988 e il 1989, la Pro.Chi ha venduto il terreno e l'attività alla società Guastella srl, riconducibile all’imprenditore Biagio Maruca.
Questo passaggio di proprietà è solo l’inizio di un primo snodo importante nella storia della discarica di Borgo Montello, che è bene ricostruire, prima di ritornare al tema dell’interramento dei fusti all’interno della discarica.
Con assemblea dei soci del 1990, la Guastella delibera la fusione con una seconda società la Soregin srl, cambiando denominazione sociale in Ecomont srl. I soci della neocreata Ecomont risultano essere:
1. Maruca Biagio Giuseppe, nato a Bompietro il 3.06.1936 domiciliato a Roma in via Farini 16, sede legale della L.E.D., impiegato;
2. Trincia Sergio, nato a Ficulle (TR) il 20.11.1938 domiciliato a Roma in via Scipione Gaetano n. 13 professione operaio
3. Maruca Gabriella
La famiglia Maruca – già a capo della Guastella – è il punto di riferimento societario in questa delicata fase. La neo costituita Ecomont vedrà come amministratore delegato Riccardo Maruca, altro membro della famiglia.
Secondo le indagini di Latina, tra i soci della Ecomont vi è poi la L.E.D., avente per oggetto sociale la consulenza alle aziende. Questa ditta è risultata fallita con procedura concorsuale aperta il 19 luglio 1997 e conclusasi il 18 dicembre 2003.
Gabriella Maruca a sua volta aveva all’epoca dei legami con la società Indeco, ditta legata alla gestione degli invasi S4, S5 e S6, oltre al sito ex B2, ovvero l'area che ha accolto i rifiuti pericolosi all'inizio degli anni '90. Secondo le indagini della Squadra mobile di Latina, Gabriella Maruca avrebbe infatti lavorato per la Indeco dal 1991 al 1994.
Risulterebbero, poi, contatti diretti anche con la famiglia Proietto, ovvero i primi gestori della discarica di Borgo Montello. La stessa Maruca, infatti, risulta aver lavorato per la Romana Ambiente, ex Global service avente per oggetto sociale la gestione di discariche autorizzate. “La citata ditta – annotano gli investigatori della Polizia di Stato - ha annoverato tra i soci fondatori, nonché amministratore, Proietto Stefano, prossimo congiunto di Andrea, ex proprietario della Pro.Chi, a cui è succeduto proprio Maruca Riccardo, in sostituzione di tale Primiani Federico”. Risulta, poi, che “attualmente tra i proprietari delle quote sociali della menzionata società, la Romana Ambiente Global Service, vi è Pacini Simona, convivente di Maruca Riccardo”.
Il nuovo gestore Ecomont è stato oggetto di una procedura concorsuale aperta il 6 novembre 1996, conclusasi solo il 7 agosto 2013 con la dichiarazione di fallimento.
Prima dell'apertura della procedura la Ecomont ha venduto i terreni, relativi alla discarica di Borgo Montello, precedentemente ereditati dalla Guastella, che a sua  volta li aveva acquistati dalla Pro.Chi, alla società Immobiliare Giulia srl (divenuta poi Giulia Service srl). Un passaggio sottolineato nel corso dell'inchiesta di Latina, e ritenuto dalla Squadra mobile particolarmente delicato.
Un altro lotto di terreni della discarica è stato ceduto dalla Ecomont nel 1996, a ridosso dell'avvio della procedura concorsuale alla società Monika srl. In precedenza, la Guastella/Ecomont ha ceduto in via definitiva le attività riferite al conferimento di rifiuti urbani alla Indeco e di rifiuti speciali e tossico nocivi, in locazione del ramo d’azienda, alla Ecotecna Trattamento Rifiuti srl, a sua volta incorporata dalla stessa Indeco nel 2005.
Dunque il secondo snodo è il periodo compreso tra il 1994 e il 1996, quando i terreni e le attività escono dal patrimonio sociale della Ecomont – erede della Guastella – per essere acquisite da gruppi immobiliari (che, come vedremo, fanno capo ad un imprenditore colpito negli anni scorsi da un provvedimento di confisca dei beni per riciclaggio, Giovanni De Pierro) e società del settore ambientale (il gruppo Indeco, poi acquistato dalla holding della famiglia Grossi).
Rispetto al passaggio dei terreni la Squadra mobile di Latina segnala un episodio ritenuto indicativo. La Ecomont prima del fallimento cede alla società Cogea srl una parte del terreno (zona dove oggi insiste un operatore del settore dei rifiuti industriali). Il socio di maggioranza della Cogea è Aesti Italia srl Gruppo Sistemi & Servizi In Sigla Aesti Italia srl (capitale sociale 10.000 euro ed oggetto sociale bonifica e recupero ambientale); il presidente del consiglio di amministrazione è Alvaro Seccafieno “dipendente, da una consultazione in banca dati INPS della Pro.Chi, della Romana Ambiente, della Ecomont e della Indeco”. Annotano gli investigatori: “Pertanto, a distanza di circa 23 anni dall’atto di vendita tra la Pro.Chi e la Guastella, il patrimonio della Guastella/Ecomont (…) è ritornato nella disponibilità di un soggetto contiguo alla Pro.Chi e alla Indeco, Seccafieno Alvaro, gravato, secondo quanto emerso dalla consultazione nella banca dati in uso alle Forze di Polizia (SDI), da un provvedimento di sequestro preventivo da parte dell’Autorità giudiziaria di Latina per esercizio di attività di gestione rifiuti non autorizzata”.
Vi è di più. I terreni utilizzati dal 1998 in poi dalla società Ecoambiente srl (partecipata, tra gli altri, dalla Latina Ambiente, che vede come socio di maggioranza il comune di Latina) per la gestione di diversi invasi per rifiuti solidi urbani, sono stati oggetto di un contratto di locazione con la Capitolina srl, “senza verificare la piena titolarità della proprietà dei terreni”.
La tortuosa storia delle proprietà dei terreni si è parzialmente conclusa nel 2016, quando il tribunale di Roma ha decretato la confisca definitiva delle proprietà del gruppo “De Pierro”. Si tratta di una vera e propria holding riconducibile a Giovanni De Pierro, nato a Napoli il 30 maggio 1950; nel provvedimento di confisca del tribunale di Roma, sezione specializzata per le misure di prevenzione, del 25 luglio 2016,  l'imprenditore viene indicato come a capo di “un vero e proprio sistema criminale, consistente nella creazione di decine di società, tutte intestate a prestanome, che venivano utilizzate per brevissimi periodi come sub-appaltatrici (rectius come esecutrici del contratto di appalto) di servizi di pulizia e/o di facchinaggio, e attraverso le quali il De Pierro riusciva a separare i costi delle attività, in particolare quelli di natura tributaria e contributiva, dai proventi”.
Aggiungono i magistrati: “i proventi, infatti, venivano immediatamente trasferiti, senza alcuna giustificazione o con causali apparenti, quali ‘finanziamento’ o ‘giroconto’, ad altre società riferibili al De Pierro, mentre i debiti fiscali e contributivi, occultati mediante dichiarazioni mendaci, restavano in capo alla società, che veniva subito dismessa, con cambio di amministratori, cambio di denominazione (spesso con l'inversione dell'acronimo) e trasferimento all'estero. Le indagini hanno documentato come tale sistema fosse già in atto nel 1996, periodo cui si riferiscono i prelevamenti dal conto della società Florex, dal cui fallimento hanno avuto avvio le indagini. Non sono stati svolti accertamenti con riferimento ai periodi precedenti, in ragione del regime di prescrizione dei reati (in particolare dopo la modifica, intervenuta nel 2005, dell'articolo 158 del codice penale che ha escluso la unitarietà del termine di prescrizione nel reato continuato), anche se dagli elementi acquisiti in quel procedimento (in particolare avendo riferimento all'epoca di costituzione delle società cd. "madri") è possibile desumere che l'attività illecita abbia avuto inizio in epoca ben più risalente”.
Tra le società della holding De Pierro sottoposte a confisca vi sono le già citate Capitolina srl[18] e Immobiliare Giulia srl (poi Giulia Service srl)[19], con i relativi terreni. E' stata inoltre sottoposta a confisca la cooperativa Ideal Building Maintenance che possiede il 60,38 per cento della fallita Ecomont.
Le indagini della Squadra mobile di Latina hanno sviluppato ulteriormente la storia societaria della Immobiliare Giulia srl (divenuta poi Giulia Service srl), una delle ditte riconducibili a De Pierro, acquirente di parte dei terreni della discarica dalla Ecomont.
Si legge nell'informativa citata: “Relativamente alla Immobiliare Giulia è scaturito, da una disamina degli atti presenti presso la Camera di commercio di Roma, che tra i proprietari delle quote del capitale sociale vi fossero, fino al 1996, Maruca Giuseppe, dipendente della L.E.D. nonché conduttore dell’ufficio sito in via Ignazio Silone 252 a Roma, sede legale anche della Romana Ambiente Global Service […] locato a Maruca Alessandra, e Maruca Biagio Giuseppe, che annovera anche la carica di socio amministratore della Ecomont”. Dal 2002 Giuseppe Maruca torna in possesso delle quote della Immobiliare Giulia. In sostanza vi sarebbe stato passaggio di quote societarie tra De Pierro e Maruca.
In sintesi:
- nel 1990 la società Guastella impianti – riconducibile alla famiglia Maruca – crea per incorporazione la Ecomont srl, che diviene il gestore e proprietario degli invasi S1, S2, S3 (ovvero le zone indicate dai testimoni come luogo di interramento dei fusti con rifiuti industriali); esistono contatti di vario genere tra Pro.Chi. e la famiglia Maruca, evidenziati nelle indagini di Latina;
- tra il 1994 e il 1996 i terreni vengono ceduti a società riconducibili alla holding di Giovanni De Pierro, soggetto poi sottoposto a misure di prevenzione (confisca) per riciclaggio;
- anche la maggioranza delle quote della stessa Ecomont è finita nella disponibilità del gruppo De Pierro e sottoposta a confisca;
- la Ecomont cede alla Indeco i terreni e l'attività per la zona degli altri invasi;
- poco dopo la cessione dei terreni e della attività la Ecomont fallisce.
Secondo la Squadra mobile di Latina questi passaggi sarebbero serviti per sottrarre alla procedura concorsuale la proprietà dei terreni utilizzati come discarica, consentendo di proseguire l'attività di gestione di rifiuti solidi urbani “per assicurare a terzi, allo stato degli atti non ancora individuati, il profitto dell’attività illecita consumata nell’ambito del presente procedimento penale, corrispondente all’omessa bonifica del sito inquinato di Borgo Montello per fare in modo che potessero essere conferiti ulteriori rifiuti” (citata informativa della Squadra Mobile di Latina, pagina 29).
Oggi l'eredità della complessa situazione vede la confisca di buona parte dei terreni dove insiste la discarica di Borgo Montello, corrispondente agli invasi S1, S2, S3 – e successivi ampliamenti, compresa parte del “nuovo e distinto invaso”, la cui attività è proseguita fino all'ottobre 2016 – gestiti dalla società Ecoambiente. L'area è tra l'altro soggetta a bonifica ed è interessata dal procedimento penale in corso davanti al tribunale di Latina per avvelenamento delle acque. Una situazione che crea notevoli preoccupazioni per quanto riguarda l'impatto ambientale e le garanzie per la bonifica stessa.


[1] Doc. n. 1343/2
[2] Nato in Tunisia il 6 giugno 1937.
[3] Altri soggetti che hanno fatto parte della compagine societaria sono stati: Chini Umberto, deceduto, in qualità di vice presidente, a cui è subentrato, a far data dal 12.11.1998, Proietto Stefano, Proietto Ivo, quale membro del consiglio di amministrazione e Chini Rosamaria; nelle vesti di socio. Chini Umberto e Proietto Andrea sono risultati anche essere i proprietari originari dei terreni su cui è sorta l’attuale discarica di Borgo Montello gestita attualmente dalla società Ecoambientesrl.
[4] Come si vedrà nel paragrafo successivo, la Commissione ha approfondito quegli spunti investigativi ascoltando a sommarie informazioni testimoni diretti ed indiretti dei fatti, che hanno confermato gli episodi ricostruiti nell'indagine del 2013.
[5] La complessa – e particolare - sequenza degli atti autorizzativi è stata ripercorsa nel dettaglio dalla perizia svolta dai consulenti del pubblico ministero, Mauro Sanna e Marcello Ielmini, nell'ambito del procedimento penale 7436/92 rgnr, in relazione alla gestione del sito B2 da parte della società Ecotecna. Il quesito posto ai periti era: "effettuati i necessari accertamenti dicano se siano stati posti in essere comportamenti in violazione della vigente legge in materia di scarichi e/o rifiuti".
[6] Negli atti allegati alla citata informativa della Squadra mobile di Latina vi è, tra l'altro, il verbale di sopralluogo dell'area che verrà adibita ad invaso “B2”, destinata, come vedremo ad accogliere rifiuti speciali, anche pericolosi. Lo “speciale organismo” della regione Lazio (costituito ai sensi dell’ordinanza PGR 315/88), scrive: “Il giorno 31/1/1990 si è riunito presso la discarica di Borgo Montello speciale organismo […] Si rileva che nel territorio del comune di Latina il piano regionale non prevede discariche di seconda categoria tipo B. Effettuato il sopralluogo è stato riscontrato che l'area è già stata interessata da movimenti di terra che hanno prodotto uno scavo di forma rettangolare profondo circa 15 metri di cui la ditta ha asserito di aver dato comunicazione al comune […] Dal punto di vista geologico il terreno non presenta caratteristiche naturali idonee alla ubicazione di impianti di discarica di rifiuti speciali”.
[7] Ordinanza 76, del 21 febbraio 1990, ordinanza 215 del 26 marzo 1990 (a firma Bruno Landi) e ordinanza 575 del 4 novembre 1991 (a firma Rodolfo Gigli).
[8] Decreto commissariale 25 del 31 marzo 2005.
[9] Doc. n. 1342/2, pp. 246ss.
[10] Doc. n. 1343/2, p. 575
[11] La citata deliberazione del comitato interministeriale prevede per la categoria II B: “Sono impianti di stoccaggio definitivo nei quali possono essere smaltiti rifiuti sia speciali che tossici e nocivi, tal quali o trattati, a condizione che non contengano sostanze appartenenti ai gruppi 9 + 20 e 24, 25, 27 e 28 dell'allegato al decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982, in concentrazioni superiori a valori corrispondenti ad l/l00 delle rispettive CL determinate ai sensi del par. 1.2., punto l), e che, sottoposti alle prove di cessione di cui al par. 6.2., diano un eluato conforme ai limiti di accettabilità previsti dalla tabella A della legge n. 319 del 1976, e successive modifiche, per i metalli compresi nell'allegato al decreto del Presidente della Repubblica n. 915 dell'1982”.
[12] Doc. n. 1343/2, Ordinanza 575 Regione Lazio, allegato 9.
[13] La ricostruzione puntuale degli atti – tra Regione, TAR e Consiglio di Stato – è contenuta nella consulenza citata (Doc. n. 1343/2, pp. 241ss.)
[14] Nel corso dell’audizione dell’11 luglio 2016, il dirigente della regione Lazio Flaminia Tosini ha riferito: “Le due società avevano presentato, già dall'anno scorso, una richiesta di valutazione di impatto ambientale per l'ampliamento delle discariche in sopraelevazione e in ampliamento. I procedimenti sono al momento fermi presso l'ufficio VIA perché la regione Lazio mancava anche di una programmazione adeguata; c'era un piano di rifiuti che indicava delle volumetrie previste di gestione, ma che era rimasto fermo e non aveva avuto più aggiornamenti legati a questo aspetto”.
[15] L’appello della difesa è stato depositato il 10 aprile 1997. Relativamente al capo a) dell'imputazione (articolo 23 DPR 915/1982, per avere nella qualità di legale rappresentante dell'ente gestore della discarica di rifiuti industriali di Borgo Montello effettuato smaltimento di rifiuti tossico-nocivi. In Latina il 14.11.1992) la Corte di appello ha dichiarato non doversi procedere “perché i suddetti reati sono estinti per intervenuta prescrizione”; con la stessa sentenza i giudici di secondo grado hanno revocato l'ordine di “remissione in pristino dello stato dei luoghi”; l’esito dell’impugnazione risulta annotato sulla sentenza di primo grado, pagina 306 Doc PP 15948/13/44, procura della Repubblica di Latina.
[16] Doc. n.  1343/2 p. 30ss. perizia della relazione consulenziale contenuta nel fascicolo.
[17] All'epoca dei fatti narrati dai testimoni era già in vigore il DPR 915 del 1982; gli invasi S1, S2 e S3 non erano classificati come discariche 2 B (per rifiuti speciali) o 2 C (per rifiuti pericolosi). L'unica autorizzazione che risulta agli atti per lo stoccaggio di rifiuti speciali riguarderà, come visto, l'area “B2”. In ogni caso – come già si è detto parlando di questo invaso – l'area di Borgo Montello era stata ritenuta sia dalla speciale commissione della regione Lazio, sia dai consulenti giudiziari non idonea geologicamente per accogliere rifiuti speciali e pericolosi.
[18]              C.F. 03834261004
[19]              C.F. 04332211004

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