Data journalism / A oggi sono 97 i casi pendenti: con la Grecia siamo in cima alla lista dei 'peggiori'. Le sanzioni riguardano aiuti di Stato considerati illegali, emergenza rifiuti in Campania, scarti pericolosi e discariche abusive non bonificate. L'ultima stangata è sulle quote latte. Gravi carenze anche nella depurazione delle acque. Immigrazione: la Commissione Ue ci bacchetta sull'accoglienza di chi richiede asilo e sui minori
di MICHELA SCACCHIOLIROMA - Non c'è soltanto Sergio Marchionne ad avere la "pressione alle stelle" dinanzi alla decisione della Commissione Ue di giudicare illegali gli accordi fiscali tra Fiat Chrysler e il Lussemburgo, dove è presente Fiat Finance & Trade. Alle "stelle" è arrivato anche l'ammontare delle multe che l'Europa ha inflitto all'Italia nel corso degli ultimi dodici anni. Sanzioni che, tra il 2003 e oggi, sono costate al nostro Paese una cifra record, già sborsata, pari a 183 milioni di euro. Più che ad altre nazioni dell'eurozona. Con previsioni al rialzo visto che, a multa comminata, le infrazioni commesse si continuano a pagare fino a che la questione aperta non viene sanata. Si chiama "obbligo di ravvedimento" e pesa come una spada di Damocle.(scorri col mouse sul grafico interattivo per visualizzare i dati)
L'ultima stangata, ad esempio, è piombata nei giorni scorsi. Una tegola da 30,5 milioni di euro che l'Italia è chiamata a pagare all'Unione europea entro il prossimo 30 novembre per aver superato il quantitativo di produzione delle sue quote latte nel periodo 2014-2015 (l'ultimo in regime comunitario). Un'eccedenza che, secondo la Commissione Ue, è pari a 109.721 tonnellate. In via eccezionale, gli allevatori avranno a disposizione tre anni per rimborsare le autorità nazionali, senza tassi di interesse sull'importo dovuto.
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Per l'Italia, tuttavia, si tratta del primo sforamento (+1%) dopo cinque anni di sanzioni pari a zero per i nostri allevatori. Oltre al Belpaese, sono undici gli Stati membri che hanno prodotto più del dovuto, per un totale di quasi tre milioni di tonnellate e circa 818 milioni di euro di sanzioni: Germania (con la multa più salata: ben 309 milioni), Belgio, Olanda, Danimarca, Austria, Irlanda, Polonia, Estonia, Spagna, Cipro e Lussemburgo. Giusto un'annotazione: è dall'incasso legato a tali violazioni (almeno per buona parte) che l'Unione europea prende le risorse che andranno a dar vita a quel pacchetto di aiuti destinato in particolare allo stesso settore lattiero-caseario (oggi in grave difficoltà) da mezzo miliardo di euro.
Il punto, però, è che nel capitolo dedicato alle infrazioni europee non ci sono solo le quote latte a gravare sulle nostre casse pubbliche. Anzi. Secondo i dati elaborati da Openpolis per Repubblica.it, quei 183 milioni già pagati riguardano aiuti di Stato giudicati illegali, emergenza rifiuti in Campania, scarti pericolosi e discariche abusive non bonificate.
Come se non bastasse, ogni sei mesi scattano le penalità per i ritardi. L'ammontare dei pagamenti dovuti dall'Italia nel solo 2015 (stimato in 150 milioni di euro) è superiore a quello del 2014. Francia e Spagna si trovano in una situazione analoga. Ma il totale delle multe che l'Italia paga per non essersi messa in regola con i dispositivi comunitari e le sentenze della Corte di giustizia viene considerato elevato in rapporto agli altri Paesi.
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Di sicuro c'è che il processo di infrazione è complesso e articolato. E' suddiviso in cinque fasi e inizia con la rilevazione di una violazione rispetto alla normativa Ue. A quel punto, la Commissione invia allo Stato membro una 'lettera di costituzione in mora' per comunicare che una norma europea non è stata attuata. Il governo nazionale ha tempo due mesi per stilare le proprie osservazioni. Ma se la risposta non arriva o non è 'soddisfacente' per la Commissione, allora scatta il 'parere motivato'. Dopo altri due mesi, se lo Stato non si è uniformato, l'Unione avvia un contenzioso alla Corte di giustizia europea. Se il Paese non comunica di aver adottato la direttiva, si può imporre il pagamento. In due anni la Corte stabilisce se lo Stato deve pagare o meno. La Commissione europea ha indicato che l’Italia deve pagare in via forfettaria circa 9,92 milioni di euro per ogni infrazione. A questa cifra bisogna aggiungere la penalità di mora, che oscilla tra i 22mila e i 700 euro al giorno. Un mucchio di soldi.
A guardare le cifre di tutta Europa, emerge che tra il 2010 e il 2014 il numero complessivo di infrazioni risulta in calo, passando da oltre 2mila a poco più di 1.300. Nel solo 2014 la Commissione europea ha aperto 893 nuovi casi di inadempienza. I tre Paesi più colpiti sono stati Belgio (53), Bulgaria (52) eGrecia (52). L'Italia figurava nona, con 41 nuovi casi. Ad oggi, in totale sono ancora aperte 1.347 infrazioni, con Italia e Grecia in cima alla classifica dei Paesi con più procedure pendenti. Di queste, la maggior parte riguarda l'ambiente: sono ben 322 e rappresentano circa il 24% del totale. Seguendo il trend europeo, anche in Italia il numero di infrazioni pendenti è parso costantemente in calo: il punto più basso è stato raggiunto a fine 2014 con 'sole' 89 infrazioni ancora aperte. Vero è che questo dato accomunava comunque l'Italia alla Grecia e le piazzava entrambe in cima alla classifica dei 'peggiori'. A seguire c'erano la Spagna (86 casi), il Belgio (80), la Polonia (79), la Francia (78) e la Romania con la Germania (68).
Il trend ha poi invertito la tendenza e già nei primi 9 mesi del 2015 l'Italia è risalita a quota 97. Val la pena ricordare, inoltre, che l'Italia è il Paese che è stato portato più volte dinanzi alla Corte di giustizia europea. Tra il 1952 e il 2014, infatti, siamo arrivati alla fase giurisdizionale ben 641 volte. Nel complesso, su 3.791 occasioni di ricorso alla medesima Corte, il 17% delle volte c'è stata di mezzo l'Italia.
Nel dettaglio, delle 97 infrazioni che attualmente coinvolgono l'Italia, il 20% riguarda l'ambiente. In particolare, sulle carenze nel settore delladepurazione delle acque, proprio quest'anno la Commissione Ue ha inviato un parere motivato legato al ritardo. A marzo, sul sito del governo l'argomento veniva affrontato in questi termini: "Tre italiani su dieci non sono ancora allacciati a fognature o a depuratori, con quasi la maggioranza di chi vive in Sicilia, Calabria, Campania, un 30% in Lombardia e Friuli. Siamo in ritardo sulla capacità di depurazione. Solo due aree metropolitane italiane delle 14, quella fiorentina e torinese, hanno raggiunto una depurazione al 100 per cento. Questa situazione ha condotto già a due condanne della Corte di giustizia europea e la terza procedura di infrazione viaggia spedita e porterà inesorabilmente, se non si interviene con forza e determinazione alla terza sentenza di condanna, ed alla irrogazione di pesanti sanzioni". A seguire, una simulazione che "porta la cifra complessiva delle sanzioni Ue a circa 480 milioni di euro l'anno dal 2016 e fino al completamento delle opere". L'importo della penalità, suddiviso per regioni, colloca la Sicilia in testa con 185 milioni, seguita dalla Lombardia (74 milioni), Friuli Venezia Giulia (66), Calabria (38), Campania (21), Puglia e Sardegna (19), Liguria (18), Marche (11), Abruzzo (8), Lazio (7), Val d'Aosta e Veneto (5).
Molte delle 97 infrazioni sono recenti, ma oltre il 5% risulta aperto da almeno 10 anni. Non solo, la stragrande maggioranza - più del 76 per cento - riguarda violazioni del diritto dell'Unione. Le altre - in cifre assolute sono 22 - il mancato recepimento delle direttive nella legislazione nazionale.
In maniera particolare, vista l'attualità del tema, colpiscono le infrazioni pendenti che riguardano l'emergenza immigrazione. In merito, sono ancora aperte 6 infrazioni: una risale al 2012, un'altra al 2013, quattro al 2014. Sono tutte ancora in fase pre-contenziosa, ma riguardano sia le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in Italia, sia la situazione dei minori non accompagnati sia l'estensione dell'ambito di applicazione della protezione internazionale.
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Oggi l'esecutivo europeo ha aperto tre nuove procedure contro l'Italia: una per la mancata designazione delle zone speciali di conservazione, una per la mancata attuazione della direttiva sui piani regionali di gestione dei rifiuti (sono coinvolte Regioni e Province e solo 4 enti si sono messi in regola), infine - l'ultima - nel settore aeroportuale (la Commissione contesta il non rispetto delle regole per la consultazione delle tariffe aeroportuali in alcuni grandi aeroporti come Roma, Milano e Venezia).
Contemporaneamente Bruxelles ha chiuso cinque procedure aperte perché l'Italia si è messa in regola. Tra queste una riguarda il settore energetico: la Commissione riteneva che la normativa italiana che prevede l'obbligo per gli Stati membri di mantenere un livello minimo di scorte di greggio e/o di prodotti petroliferi fosse in contrasto con le disposizioni europee perché prevedeva limitazioni che favorivano il mercato nazionale violando i principi di libera circolazione di merci e servizi e il principio di proporzionalità. L'Italia si è adeguata alla richiesta della Commissione e modificato il decreto legislativo.
Ma non è tutto. Perché l'Italia e altri sei paesi Ue rischiano il deferimento alla Corte Ue, con conseguenti sanzioni, per il loro ritardo nel recepimento delladirettiva sul risanamento e sulla risoluzione delle banche (Brrd). Lo ha ribadito la Commissione europea nel pacchetto per il potenziamento dell'Unione economica e monetaria approvato di recente dal collegio dei commissari. L'esecutivo comunitario ha ricordato che "è essenziale" che la direttiva comunitaria sia in vigore per gestire le crisi bancarie, e a oggi ci sono ancora sette Stati membri (Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica ceca, Romania e Svezia) che non l'hanno recepita. "La Commissione europea - si legge nel documento - prenderà provvedimenti nei confronti di quei Paesi che non hanno recepito la direttiva Brrd". La Commissione ha inviato un parere motivato a undici Paesi lo scorso maggio, concedendo due mesi di tempo per fornire spiegazioni. Da maggio a oggi solo quattro di quei Paesi hanno fornito risposte soddisfacenti circa i ritardi. Per tutti gli altri adesso il rischio è di un deferimento alla Corte di giustizia europea, con il rischio di dover pagare (ancora) multe in caso di condanna.
Come se non bastasse, l'Italia rischia multe anche per i ritardi nel recepimento della direttiva sui sistemi di garanzia dei depositi (Dgs), per cui l'esecutivo comunitario ha chiesto spiegazioni a settembre. Restano ancora 14 Stati membri dell'Ue a dover recepire tale direttiva. Noi siamo tra questi.
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