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Il grafico e i dati parlano chiaro. E no, non si tratta di errori o di malscritture. Si parla di miliardi e miliardi di pesci – tonni, gamberetti, granchi, sgombri – morti durante e dopo gli 87 giornidel petrolio che fuoriusciva senza sosta dalle viscere della terra. Il gran totale è di trilioni di pesci, e cioè un uno con dodici zero: 1,000,000,000,000 esseri marini uccisi dal petrolio. I tassi di mortalità, deformazioni, ed aborti spontanei sono tuttora superiori alla norma.
Per i sopravvissuti si parla di lesioni ai corpi, anemia, problemi riproduttivi, al sistema immunitario, deformazioni congenite, stress.  Tutta la vita marina, dal plancton fino ai tonni del golfo ha risentito dello scoppio.
Qualche settimana fa il colosso britannico ha accettato di pagare 20 miliardi di dollari per le violazioni al Clean Water Act, oltre ad altri miliardi già spesi per la pulizia e per il risarcimento ai singoli Stati. Già sento gli echi dell’eccezionalismo italiano – da noi, nell’Adriatico, nello Ionio, nel Mediterraneo non potrà succedere mai e poi mai. Abbiamo fondali diversi, siamo più bravi et cetera et cetera et cetera.
Sì, può darsi. Ma può anche non darsi. E può darsi che in modi e tempi diversi, o con portata minore scoppi possano accadere anche lungo le nostre coste. Nessuno ha la sfera di cristallo e la domanda è sempre la stessa: chi ci guadagna a petrolizzare i nostri mari? Cosa ci guadagnano nel concreto i residenti del golfo di Taranto, la Sicilia, la riviera abruzzese o quella marchigiana? Anche nel Golfo del Messico, prima del 20 aprile 2010 dicevano che era tutto a posto. E invece…
Qui le immagini della vita marina che resta dopo lo scoppio del pozzo Macondo 5 anni e mezzo fa http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/06/golfo-del-messico-il-petrolio-ha-ucciso-un-trilione-di-pesci/2191948/