Scendendo a Sud, verso il Capo di Leuca, percorrendo una strada immersa negli ulivi, noti subito che c’è qualcosa che non va. Le piante non sono come le hai sempre viste, rigonfie di vita. Hanno chiazze marroni che denotano la presenza della Xylella.
Guardi angosciato l’inizio di una tragedia territoriale, ti senti di
attraversare un lazzaretto. Alcuni terreni hanno gli ulivi potati con
una ricrescita minima che promette bene. Ma la malattia la vedi sui
bordi di quella che ricordi come una delle più belle strade del mondo.
Una malattia subdola che colpisce un’area dove in molti
ci vedrebbero volentieri chilometri quadri di resort e di villaggi a
ridosso di un mare cristallino ed unico.
Ti lasci Gallipoli
alle spalle e giungi al capo in zona Torre Vado. Le dune qui sono più
basse, ma ancora vive nonostante l’aggressione del tempo e dell’uomo. Ti
meravigliano le scritte su cartelli enormi: Spiaggia Libera.
Il paradosso è che oggi si segnalano le spiagge libere, comunque sempre
accanto a quelle private. Ma vi è la necessità di annunciarle, presagio
di un confinamento della libertà. Quando si segnala, la libertà perde la
sua essenza e davvero diventa oasi nella desertificazione del mercato.
Anche qui incontro “custodi delle dune”.
Antonio lo conobbi nel 2001 mentre realizzavo un documentario sul Salento per la televisione svizzera. Mi mostrò la sua Pagliara (un trullo
senza punta, costruito in pietre a secco), forse la più grande del
territorio: 17 metri di diametro. Oggi Antonio nella sua pagliara vi ha
realizzato un agriturismo che gestisce insieme ad
un’altra struttura a Morciano, anch’essa unica: palazzo Laura. Una
palazzina ottocentesca con un ampio giardino che si utilizza come base
per scendere a mare sulle dune custodite con cura. Nella palazzina
Antonio cura tutti i particolari tra i quali la cura per le serrature
antiche delle stanze, una vera chicca: tutte diverse e soprattutto
ognuna di loro possiede un difetto voluto che ne consente l’apertura
solo dopo la spiegazione di Antonio. Una si apre al contrario, un’altra
ha bisogno di un piccolo movimento verso l’alto altrimenti non si apre,
l’altra ha bisogno di una leggera pressione su una molletta, insomma un
vero sistema di antifurto che ha nella unicità dei serramenti antichi
restaurati da Antonio sapiente custode delle dune, il fascino della cosa
d’altri tempi annunciata da una carrozza nel cortile.
Il palazzo è frequentato da ospiti illustri che vi si
rifugiano per alimentare i loro talenti. Facile imbattersi in un critico
musicale argentino residente a Londra che vi passa alcuni mesi all’anno
per scrivere i suoi articoli per le maggiori testate del mondo e che
nelle pause gioca con il piccolo Giulio, figlio di Antonio che, costante
presenza nel cortile, si addestra già quale custode delle dune. La
caparbietà di questi custodi è tale che ormai il Capo di Leuca si può
considerare una vera piccola isola nella Puglia, perché
panorami e conservazione dei territori hanno acquisito una stabilità
che nessuno oserebbe violare. Poi dovrebbe vedersela con i custodi delle
dune che non appaiono molto disponibili alle lusinghe dei moderni
devastatori di turno. I paesini del Capo vivono al ritmo della pizzica e
di consuetudini che hanno consentito a quei mari che si incrociano
sulla punta di restare per decenni incontaminati. Il fatto poi di
passare in un attimo dall’adriatico allo ionio rende la sensazione di
essere su un’isola ancora più forte.
Ma Antonio mi spiega che c’è molta ansia per la Xylella
perché le campagne sono piene di ulivi e se accadesse quello che accade a
Gallipoli, sarebbe una catastrofe. Il pericolo della contaminazione
poi, è aggravato dal fatto che la sputacchina spesso si aggancia sotto i
mezzi che entrano nei terreni e potrebbe così arrivare in altri senza
blocchi. È una catastrofe che non si risolve con gli abbattimenti, ma
con gli accorgimenti, mi spiega. E comunque nessuno può immaginare il
Capo senza ulivi…sono lì da sempre, pare ti guardino da pose bizzarre, e
dalle fronde ti sussurrino: “Uomo…non siamo che transiti, umili
transiti, nient’altro che transiti”.
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