Un altro possibile motivo della chiusura rapida del capitolo “Shell in Artico” è dovuta al fatto che il Ceo della ditta, Ben van Beurden, si sentisse in difficoltà nelle discussioni internazionali sui cambiamenti climatici dove lui – e la Shell – vorrebbero avere un posto di ruolo. In queste discussioni infatti, le trivelle petrolifere in Artico sono sempre additate come esempio di non compatibilità della Shell con il desiderio di fermare i cambiamenti climatici.
E quindi, non è che la Shell vuole mollare gli idrocarburi, è solo che invece del petrolio le è più conveniente propinarci il solito “gas naturale di transizione”. In pratica, si sono fatti un po’ di conti, e vendere gas come appunto metodo di transizione e tenersi l’immagine di ditta impegnata contro i cambiamenti climatici è più redditizio per loro che estrarre petrolio in Artico.  E poi ci sono i permessi governativi. Obama ha autorizzato le trivelle in Alaska, ma ha pian piano posto limiti sempre più stringenti. E poi c’è lo spettro Hillary Clinton, che ha già detto di essere contraria alle perforazioni di Artico. Questo crea ancora maggiori incertezze per la Shell per il medio termine, se Hillary Clinton dovesse vincere le elezioni del 2016.
Ad ogni modo è una sconfitta pesante per la Shell, considerati gli investimenti fatti e la figuraccia a livello planetario. E’ invece unavittoria per tutti quelli che si sono impegnati per tre anni per fermarli, anni in cui la Shell ha visto la sua immagine crollare a picco. Dai kayaktivisti di Seattle fino alla Lego che li ha mollati dal loro set di costruzioni grazie alle proteste da parte di mezzo mondo, non ci sono stati miliardi che hanno tenuto. . E cosi sono salve balene, orsi e trichechi, e un po anche le generazioni future.
Un altro passo in avanti.
Qui le immagini di varie campagne di sensibilizzazione in tutto il mondo contro la Shell in Artico http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/09/29/trivellazioni-la-shell-abbandona-quelle-in-artico/2078076/