venerdì 2 novembre 2012
lo spreco dell'inutile ponte sullo stretto di Messina 8,5 miliardi di €
Ambientalisti uniti: non buttate miliardi
WWF, LEGAMBIENTE, ITALIA NOSTRA E FAI SCRIVONO A MONTI: SULLE GRANDI OPERE C’È IL TRUCCO 8,5
COSTO PREVISTO
IN MILIARDI
GIOCATTOLO DI LUSSO
Solo una certezza sul Ponte
di Messina: è molto costoso.
I pedaggi ne finanzieranno
solo una quota minima
900
PENALI PREVISTE
IN MILIONI
L’AFFARE È GIÀ FATTO
Grazie ai contratti fatti
dall’Anas, anche bloccando
l’opera il contribuente
pagherà quasi un miliardo Gli aggettivi sono scelti
con cura: orwelliana, pittoresca,
scandalosa. Le maggiori
associazioni ambientaliste
(Fai, Italia Nostra, Legambiente
e Wwf) così descrivono
l’ultima invenzione di Corrado
Passera per continuare a finanziare
le grandi infrastrutture
mentre tutte le altre voci
di spesa dello Stato vengono
tagliate senza pietà. E sembrano
sicure che il premier Mario
Monti, impegnato su troppi
fronti, non si renda conto dei
pasticci che i ministri combinano
sotto il suo naso.
Così i quattro presidenti delle
associazioni hanno scritto
una lettera al presidente del
Consiglio, per criticare i contenuti
preoccupanti “delll’art.
33, commi da 1 a 3, del decreto
legge n. 179/2012”, cosiddetto
decreto Sviluppo. Sarebbero
misure, come dice la relazione
tecnica, “per consentire la realizzazione
di quelle infrastrutture
di notevole rilevanza il
cui piano economico-finanziario
presenta dei costi di investimento
che impediscono
al piano stesso di raggiungere
l’equilibrio”, cioè le opere che
non servono a niente, o comunque
non si ripagano con
il traffico. L’accusa è che, con
la favola di attirare gli investimenti
privati sulle opere pubbliche,
cosa impossibile se l’opera
non è redditizia, “lo Stato
intende indebitarsi per garantire
una rendita ai privati”. A
chi va la sovvenzione, sotto
forma di credito d’imposta?
“Il presupposto irrinunciabile
di sapore orwelliano per attivare
le misure appena descritte
- scrivono gli ambientalisti -
è che sia dimostrata la non sostenibilità
del Piano Economico
Finanziario – PEF delle
opere in questione!”.
Da una parte si strombazza la
magia del project financing,
cioè le infrastrutture che si ripagano
da sole con i ricavi da
traffico. Dall’altra si fa la leggina
per far pagare allo Stato le
opere in perdita. Ma soprattutto
la lettera degli ambientalisti
adombra la questione
del conflitto d’interessi, quando
elenca le opere beneficiarie
dei tre preziosi commi: “La linea
ad AV Verona-Padova, le
due nuove linee C e D della
metro romana, l’autostrada
Fano-Grosseto, l’autostrada
della CISA, la Pedemontana
piemontese, la metropolitana
sub lagunare di Venezia. E nel
prossimo futuro, immaginiamo,
l’autostrada Nuova Romea,
opera valutata attualmente
attorno ai 10 miliardi
di euro, la Bre.Be.Mi. (autostrada
Brescia-Bergamo-Milano),
la tangenziale Est di Milano
e la Pedemontana lombarda”.
Siccome Passera e il
suo vice, Mario Ciaccia, vengono
da Intesa Sanpaolo, i
quattro presidenti malignano:
“A puro titolo di cronaca,
facciamo notare, a quanto ci
risulta, che Banca Intesa Sanpaolo
è il primo azionista di
Autostrade Lombarde (39,7%
del capitale) che a sua volta
controlla Bre.Be.Mi., e ha in
portafoglio il 26% di Pedemontana
e il 5% di Tem Spa
(che controlla Tangenziale
Esterna)”.
g. me. Il fatto quotidiano 2 novembre 2012
Proroga di due anni
al ponte mangiasoldi
PER NON AFFRONTARE LA GIUNGLA DI CLAUSOLE FIRMATE DALL’A NA S
IL GOVERNO RINVIA LE DECISIONI SUL VIADOTTO MESSINA-REGGIO LO SCONTRO
tra i ministri
sulla proroga
contestata: da una
parte c’è Passera,
dall’a l t ra
Fabrizio Barca Il fatto quotidiano 2 novembre 2012 di Giorgio Meletti
La parola chiave è
“bancabilità”, un
neologismo caro al
governo dei tecnici.
In italiano povero significa che
un’opera pubblica, ad esempio
il Ponte sullo Stretto di Messina,
si definisce bancabile quando
una banca, visti i piani di rientro
dell’investimento, si fida di finanziare
il privato che intraprende
la costruzione.
Il Consiglio dei ministri, dopo
lunga discussione, ha deciso
mercoledì sera che ci vorranno
due anni di tempo per valutare
“la sussistenza delle effettive
condizioni di bancabilità” del
Ponte sullo Stretto, e anche, incredibilmente,
la sua “fattibilità
tecnica”. Sul ricongiungimento
in acciaio e cemento di Scilla e
Cariddi da circa 30 anni governi
di ogni colore hanno fatto figure
barbine con i più illogici contorsionismi
verbali, ma il governo
Monti stavolta batte ogni record.
IL PRIMO QUESITO lo poteva
risolvere non in due anni, ma in
due ore una piccola équipe di ragionieri
cercati a caso sull’elen -
co telefonico. Il ponte costerebbe
circa 10 miliardi, e per ripagare
le banche che lo finanziassero
ci vuole - nelle migliori delle
ipotesi - una rata di mutuo attorno
ai 500 milioni l’anno per
40 anni. Il ponte dovrebbe cioè
fatturare 500 milioni più i costi
di esercizio e manutenzione.
Quindi dovrebbe incassare come
minimo pedaggi tra i 700 e i
900 milioni all’anno. Siccome
Autostrade per l’Italia, con 3 mila
chilometri di autostrade a pedaggio
non arriva ai 3 miliardi,
può il ponte da solo (3 chilometri
messi a disposizione di una
delle zone più povere d’Italia)
fatturare un terzo delle autostrade
italiane? I ragionieri scelti
a caso direbbero subito di no, il
governo dei bocconiani vuole
pensarci per due anni.
Il secondo quesito è ancora più
assurdo. Da 30 anni si discute se
la mente umana sia in grado di
progettare un’opera del genere.
Molti pensano di no. Il consorzio
Eurolink (Impregilo, Cmc di
Ravenna, Condotte e altri) ha
già consegnato da un paio d’an -
ni il suo progetto definitivo. La
società Stretto di Messina (statale)
l’ha approvato. Il governo
dice che servono altri due anni
per “valutare” se quella roba starà
in piedi. Basterebbe che Mario
Monti scendesse in via del
Corso e chiedesse al primo geometra
di passaggio per sentirsi
rispondere che, se c’è ancora un
dubbio dopo 30 anni di studi
profumatamente pagati ai più
titolati ingegneri del pianeta,
non saranno certo altri due anni
di tentennamenti a fugarlo.
In verità, dietro l’apparente
commedia dell’assurdo, dentro
il governo Monti si sta giocando
una partita durissima e poco
trasparente che vede schierati
interessi contrapposti. Il ministro
delle Infrastrutture, Corrado
Passera si è battuto per chiudere
subito la partita: il ponte
non si fa più, e lo Stato paga a
Eurolink ciò che il contratto stipulato
nel marzo 2006 prevede.
Tra costi già sopportati, lavori
già eseguiti, penale per la risoluzione
del contratto e altri dettagli,
il conto potrebbe sfiorare il
miliardo di euro.
IL MINISTROdella Coesione sociale,
Fabrizio Barca, si è ribellato
alla scorciatoia, già manifesta
quando sono stati stanziati
nella legge di Stabilità 300 milioni
appositi, per chiudere i
conti con Impregilo e soci. Proprio
ieri faceva discutere la notizia
dei 18 miliardi di debiti della
regione Sicilia. Non c’è spazio
per buttare altri soldi da quelle
parti. Il premier Monti, che è più
d’accordo con Barca che con
Passera, ha sottoscritto una scomoda
mediazione.
Il fatto è che Pietro Ciucci, padre-
padrone della Stretto di
Messina, ma anche messo da
Romano Prodi alla testa dell’Anas
nel 2006, ha architettato un
dedalo inestricabile di clausole
contrattuali, con le quali Eurolink
può in qualsiasi momento
trascinare in giudizio lo Stato e
farsi dare un sacco di soldi. Lo
stesso Ciucci, quando il governo
Monti ha “definanziato” il ponte,
ha fatto ricorso formale al
presidente Napolitano contro il
provvedimento, come se fosse
un lobbista dei costruttori e non
un servitore dello Stato. Ciò che
inquieta è che Ciucci motiva il
suo ricorso con il fatto che dire
basta all’operazione ponte costerebbe
appunto un sacco di
soldi in penali. I due anni di
tempo per valutare la bancabilità
hanno un senso giuridico: se
si accertasse che nessun privato
è disposto a mettere i soldi sull’opera,
la Stretto di Messina
può sciogliere il contratto con
Eurolink senza pagare un pezzo
di penale (circa 250 milioni). Ma
i precedenti fanno sospettare
che in questi due anni, andando
avanti con lavori e lavoretti, Eurolink
potrebbe preparare una
pila di fatture per ben più di 250
milioni da presentare all’incas -
so. È una partita a poker. Il partito
dello spreco e quello della
sobrietà sono entrambi rappresentati
nel governo. Il primo ha
già vinto, il secondo vuole impedirgli
di stravincere.
Tutte le tappe
di un progetto
ideato nel 1953
IL PROGETTO del Ponte sullo
Stretto di Messina ha quasi 60 anni,
ma non riesce a vedere la luce.
Furono le Camere di Commercio i
primi enti a sostenere la realizzazione
dell’opera. Il primo atto risale
al 1953 con una delibera approvata
all’unanimità dalla Consulta.
Per venire ai giorni nostri, il governo
Berlusconi nel 2009 ha riconfermato
il suo impegno a realizzare l’opera
i cui lavori avrebbero dovuto
concludersi nel 2016. L’11 gennaio
2010 è stato presentato al pubblico
il progetto preliminare del ponte. Il
20 dicembre 2010 la Società Stretto
di Messina ha ricevuto dal contraente
generale Eurolink il progetto
definitivo del ponte sullo Stretto
di Messina e degli oltre 40 chilometri
di raccordi stradali e ferroviari.
Il 27 ottobre 2011 l’aula di Montecitorio
ha approvato una mozione
dell’Idv, che impegna il governo “a lla
soppressione dei finanziamenti
per la realizzazione del Ponte sullo
Stretto di Messina”. Il 30 settembre
2012 Corrado Clini ha dichiarato
che “non esiste l’intenzione di riaprire
le procedure per il Ponte sullo
stretto di Messina”. Il fatto quotidiano 2 novembre 2012
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