martedì 27 ottobre 2015

Grande opera, grande spreco: quante incompiute coi soldi (inutilizzati) della Ue

Per i dieci progetti più rilevanti, Bruxelles ha messo sul piatto 1 miliardo e mezzo. Ma quattro non sono praticamente partiti. Mentre l'Italia ha saputo usare solo un terzo delle risorse. E adesso l'Europa potrebbe dirottare altrove il denaro non adoperato

L'asticella è fissata al 31 dicembre. Il giorno di san Silvestro scade il termine ultimo per presentare a Bruxelles la lista delle spese sostenute coi fondi strutturali europei del programma 2007-2013. Ma dopo aver tirato le somme sarà un capodanno amaro per l'Italia, che avrà buttato al vento l'occasione di realizzare una serie di lavori di ampio respiro coi soldi della Ue. Nettare, in tempo di bilanci a secco.

I dieci progetti col maggiore impegno economico della Commissione avevano a disposizione un miliardo e mezzo di aiuti comunitari, su cinque necessari complessivamente per i lavori. Eppure, quando ormai mancano una manciata di settimane alla deadline, ne sono stati spesi appena un terzo. Fra ritardi, problemi burocratici e ricorsi vari, molti cantieri non sono neppure partiti, mentre altri hanno un ritardo mostruoso rispetto alla tabella di marcia.

A conferma di quanto sia discutibile concentrare le risorse europee su opere che richiedono tempi lunghi, drenano fondi a progetti più rapidi da realizzare e soprattutto rischiano di perdere il denaro inutilizzato (il cosiddetto disimpegno automatico). Già, perché adesso al danno rischia anche di aggiungersi la beffa: i soldi per il ciclo 2014-2020, che sarà definito nei dettagli nei prossimi mesi, potrebbero essere dirottati su altri fronti.



Prendete il risanamento ambientale pensato per i Regi Lagni, una serie di canali idrici realizzati dai Borboni tra Napoli e Caserta che raccolgono le acque nere di un centinaio di comuni prima di riversarle in mare a Castelvolturno. Trasformate in discariche a cielo aperto, sono divenuti una delle principali cause di inquinamento del litorale domitio, tanto che nel 2010 la Procura di Santa Maria Capua Vetere, indagando sui depuratori e gli scarichi abusivi, spiccò una ventina di arresti ipotizzando il disastro ambientale.

E così un anno dopo, su richiesta della Regione Campania, l'Unione europea ha messo sul piatto per la bonifica 172 milioni, i tre quarti dell'intero importo (230 milioni). Ebbene,quattro anni dopo i lavori sono ancora fermi al palo, come certifica Opencoesione, il portale governativo che monitora l'uso delle risorse: la scorsa estate non era ancora stato effettuato nemmeno un pagamento.

Sorte identica a quella di vari altri “Grandi progetti” varati nel 2011 dalla giunta Caldoro, che pure all’epoca giubilava: «Produrranno crescita, sviluppo e anche nuovi posti di lavoro. Ci faranno uscire dalla crisi prima degli altri». Vedi la riqualificazione del fiume Sarno, fortemente inquinato e caratterizzato da frequenti esondazioni (l’ultima nei giorni scorsi) che mettono in pericolo le 800 mila persone che vivono a ridosso del bacino: 150 milioni di fondi europei che rischiano di andare in fumo senza che sia stato speso neppure un euro.

Praticamente ferma è anche la riqualificazione dell’area orientale di Napoli. Per il miglioramento della zona compresa fra Ponticelli, San Giovanni a Teduccio e Barra, fortemente degradata e a volte gravata ancora da fogne abusive, c'erano belli e freschi 207 milioni, al 75 per cento finanziati dall'Europa. Ma la spesa certificata è inferiore 100 mila euro (lo 0,05 per cento) sborsati a ottobre 2014. Poi più nulla, anche perché ai ritardi si sono aggiunti poi una pioggia di ricorsi: la scorsa estate erano ben sette i cantieri fermi per pendenze giudiziarie.

Sempre a Napoli non ha ancora mosso un passo neppure il progetto che doveva trasformare il volto del porto: nuove infrastrutture, fondali più profondi, lo spostamento dei punti di ormeggio e di carico dei prodotti petroliferi, una rete fognaria più moderna per smaltire le acque nere, produzione di energie alternative da fonti rinnovabili. Anche qui Bruxelles aveva messo gran parte delle risorse: 116 milioni su 154. Tutti rimasti sulla carta: negli ultimi mesi sono state aggiudicate solo le gare per la bonifica dagli ordigni bellici e per un'indagine archeologica sui fondali.

In realtà, seppure con standard lontani da quelli europei, qualcosa si è mosso anche nel capoluogo partenopeo. Il completamento della linea 1 della metro, ad esempio, che riceve finanziamenti dal 2000, è l'opera su cui Bruxelles ha investito maggiormente: più di 500 milioni su un progetto da oltre un miliardo. La spesa si è fermata al 40 per cento ma quanto meno negli ultimi anni sono state aperte quattro stazioni (che diverranno cinque l'anno prossimo), mentre il governo in primavera ha messo sul piatto altri tre miliardi e mezzo.

Soldi che andranno a finanziare anche il completamento della linea 6, che coi suoi 360 milioni spesi su quasi 650, è riuscita a realizzare una discreta performance rispetto alle altre italiche incompiute. Il tutto per la presumibile gioia dell'immaginario vecchietto di piazza Dante citato dal comico Alessandro Siani, che davanti agli interminabili cantieri si domandava: «Ma a Napoli la metropolitana la stanno costruendo o la stanno cercando?».

Rispetto ai risultati registrati dalla cura del ferro in Sicilia si tratta infatti di risultati mirabolanti. Nell'isola l'unica eccezione è il raddoppio della statale Agrigento-­Caltanissetta, il cui primo lotto (35 chilometri) è quasi ultimato. I lavori, partiti nel 2009, sono affidati dall'Anas allo stesso raggruppamento di imprese che realizzarono il viadotto sulla Palermo-­Agrigento crollato a inizio anno pochi giorni dopo l'inaugurazione: le coop rosse Cmc e Ccc (finite al centro di diverse indagini della magistratura) e la catanese Tecnis, i cui vertici sono stati arrestati nei giorni scorsi proprionell'inchiesta sulla corruzione nella società partecipata del ministero dell'Economia . Resta tuttavia un fatto che sono finora stati spesi 400 milioni su 500.

Tutt'altra storia per il passante ferroviario di Palermo(oltre un miliardo di investimento) o la velocizzazione della Palermo-Agrigento, che non hanno utilizzato nemmeno un terzo dei fondi. Mentre i lavori per il raddoppio della Palermo-Messina fra Termini Imerese e Cefalù, 170 milioni per una ventina di chilometri, vanno avanti dal 2008 e non sono ancora terminati. «Nel gennaio 2010 ci si assicurava che sarebbero entrati in servizio entro il 2011, purtroppo questo non è avvenuto e si è accumulato un ritardo grave» lamentava ai tempi del governo Monti il senatore dem Giuseppe Ferrante nel corso di un questione time.

Sono passati altri tre anni, senza grandi cambiamenti.Da cronoprogramma, dopo l'ennesimo slittamento, adesso i cantieri dovrebbero chiudersi a giugno dell'anno prossimo. Difficile da credere, visto che in sette anni sono state impiegate appena metà delle risorse disponibili. http://espresso.repubblica.it/attualita/2015/10/22/news/grande-opera-grande-spreco-quante-incompiute-coi-soldi-inutilizzati-della-ue-1.235726?ref=HEF_RULLO

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