Una consapevolezza che parte dal IV secolo dopo Cristo "quando gli avamposti segnalarono all'Impero Romano - spiega Rocco Chiriaco, storico degli alberi - la fine delle foreste e la prima crisi della Roma antica". Non solo. L'albero per i Celti nel I secolo avanti Cristo rappresentava la vita, infatti collegava grazie alla sua forma (radice-tronco-rami) il sottosuolo al cielo. "Non ci sono fonti celtiche - spiega l'astrologo Gaetano Massimiliano - ma tramite i romani sappiamo le loro conoscenze astrologiche e le associazioni di alcuni alberi sacri, come il frassino, la quercia e il nocciolo, con mesi lunari che formavano lo zodiaco celtico composto da 13 mesi e 13 alberi, dove alle caratteristiche fisiche dell'albero corrispondevano qualità personifiche; la quercia simboleggiava forza e sicurezza".
Nel '900, nella psicologia il pioniere dell'aspetto psicodinamico legato all'albero fu lo svizzero Carl Gustav Jung, esattamente nel 1945, con il saggio "L'Albero Filosofico".
"L'albero - spiega la psicologa, Gioia Fabiani - viene descritto come elemento simbolico della rappresentazione dei sogni dei suoi pazienti, poi dal '50 ad oggi rappresenta uno strumento diagnostico con il 'reattivo dell'albero' di Karl Koch, per cui la forma disegnata dal paziente rappresenta ciò che siamo e la nostra storia". Dall'Yggdrasil (frassino) massimo simbolo del collegamento tra terra e cielo del XIII secolo sono stati influenzati scrittori e musicisti. "Ha ispirato Tolkien nella trilogia del Signore degli Anelli - ricorda Antimo Palumbo, storico degli alberi - e Wagner nella tetralogia dei Miti Nibelunghi".
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