sabato 3 ottobre 2015

Cina & Co. Le potenze mondiali affittano a pochi euro ettari per le coltivazioni Deprediamo le terre di chi fugge dalla fame poi si fa presto a dire: “Aiutiamoli a casa loro” - Land grabbing Il fenomeno è in aumento esponenziale Neocolonialismo che foraggia anche le dittature

» ANTONELLO CAPORALE
Roberto Rosso, l'uomo che
dai jeans ha ricavato un
impero, qualche giorno fa si
domandava: “Come mai spendiamo
34 euro al giorno per ospitare
un migrante se con 6
dollari al dì potremmo renderlo
felice e sazio a casa
sua?”. Già, come mai? E perchè
non li aiutiamo a casa loro?
Casa loro? Andiamoci piano
con le parole. Perchè la loro
casa è in vendita e sta divenendo
la nostra.
Per dire: il Madagascar ha
ceduto alla Corea del Sud la
metà dei suoi terreni coltivabili,
circa un milione e 300 mila
ettari. La Cina ha preso in
leasing 3 milioni di ettari dall'Ucraina:
gli serve il suo grano.
E gli etiopi che arrivano a
Lampedusa, quelli che Salvini
considera disgraziati di serie
B, non accreditabili come
rifugiati, giungono dalla bassa
valle dell'Omo, l'area oggetto
di un piano di sfruttamento
intensivo da parte di
capitali stranieri che ha determinato
l'evacuazione di
circa 200 mila indigeni. Tra i
capitali stranieri molta moneta,
circa 200 milioni di euro, è
di Roma. Il governo autoritario
etiope, che rastrella e deporta,
è l'interlocutore privilegiato
della nostra diplomazia
che sostiene
e finanzia piani
di sviluppo.
Anche qui la
domanda: sviluppo
per chi?
L'Italia intera
conta 31 milioni
di ettari. La Banca
mondiale ha
stimato, ma il
dato è fermo al
2009, che nel
mondo sono stati
acquistati o affittati
per un periodo che va
dai 20 ai 99 anni 46 milioni di
ettari, due terzi dei quali nell'Africa
subsahariana.
In Africa i titoli di proprietà
non esistono (la percentuale
degli atti certi rogitati varia
dal 2 al 10%). Si vende a corpo
e si vende con tutto dentro.
Vende anche chi non è proprietario.
Meglio:
vende il governo a
nome di tutti. Case,
villaggi, pascoli,
acqua se c'è.
Il costo? Dai 2 ai
10 dollari a ettaro,
quanto 2 chili d'uva
e uno di melanzane
al mercato
del Trionfale a
Roma. Sono state
esaminate 464
acquisizioni, ma
sono state ritenute
certe le estensioni dei terreni
solo in 203 casi.
Chi acquista è il “g r a b b a t ore”,
chi vende è il “grabbato”.
La definizione deriva dal fenomeno,
che negli ultimi vent'anni
ha assunto proporzioni
gigantesche e negli ultimi 5 una
progressione pari al mille
per cento secondo Oxfam, il
network internazionale indipendente
che combatte la povertà
e l'ingiustizia.
IL FENOMENO si chiama “land
grabbing” e significa appunto
accaparramento della terra. I
Paesi ricchi chiedono cibo e
biocombustibili ai paesi poveri.
In cambio di una mancia
comprano ogni cosa. Montagne
e colline, pianure, laghi e
città. Sono circa cinquanta i
Paesi venditori, una dozzina i
Paesi compratori, un migliaio i
capitali privati (fondi di investimento,
di pensione, di rischio)
che fanno affari. È più
facile trasportare una tonnellata
di cereali dal Sudan che le
mille tonnellate d'acqua necessarie
per coltivarle.
E allora la domanda: aiutiamoli
a casa loro? Siamo proprio
sicuri che abbiano ancora
una casa? Le cronache sono
zeppe di indicazioni su cosa
stia divenendo questo neocolonialismo
che foraggia guerre
e governi dittatoriali pur di
sviluppare il suo business. In
Uganda 22mila persone hanno
dovuto lasciare le loro abitazioni
per far posto alle attività
di una società che commercia
legname, l'inglese New
Forest Company. Aveva comprato
tutto: terreni e villaggi. I
residenti sono divenuti ospiti
ed è giunto l'avviso di sfratto. Dove non arriva il capitale pulito
si presenta quello sporco.
La cosiddetta agromafia. Sempre
laggiù, nascosti dai nostri
occhi e dai nostri cuori, si sversano
i rifiuti tossici che l'Occidente
non può smaltire. La
puzza a chi puzza...
Chi ha fame vende. Anzi regala.
L'Etiopia ha il 46% della
popolazione a rischio fame. È
la prima a negoziare cessioni ai
prezzi ridicoli che conoscia

Le 5 potenze che hanno
trovato l’accordo nucleare
con l’Iran discutono a Parigi
delle crisi mediorientali
senza Roma, che si irrita
con l’Alto rappresentante Ue

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