venerdì 8 marzo 2013

Guadagni milionari sulla spazzatura I signori che regnano sulle discariche

http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/inchiesta-italiana/2013/03/08/news/i_signori_dei_rifiuti_apertura-54051753/?inchiesta=%2Fit%2Frepubblica%2Frep-it%2Finchiesta-italiana%2F2013%2F03%2F07%2Fnews%2Fpianeta_rifiuti-54070602%2F Roma: la discarica di Malagrotta L'impero di Manlio Cerroni, re di Malagrotta, e gli altri potenti del settore che rappresenta una miniera d'oro. La presenza delle cosche sul fronte dei rifiuti e le indagini della magistraturaROMA - Facile il paragone, Re Sole. L’avvocato Manlio Cerroni, 86 anni portati sulle spalle senza che si siano mai incurvate, possiede e controlla quotidianamente dal suo Suv la più grande discarica d’Europa, Malagrotta, 250 ettari nel quadrante Ovest della capitale, tremila tonnellate di rifiuti tal quale inghiottiti ogni giorno da tutta Roma, Città del Vaticano compresa. I sacchi neri in polietilene di Alemanno e del Papa, tre ogni cinque finiscono qui. Oltre ai grandi crateri e gli alti colli, a Malagrotta ci sono anche un gassificatore, due impianti per la distribuzione del gas, quattro per lo stoccaggio di carburanti, una raffineria, un inceneritore per rifiuti ospedalieri, diverse cave. Su otto impianti a rischio di incidente rilevante esistenti a Roma, sei impattano in questa area. Ma dopo quarantotto anni di dura intrapresa e intensi rapporti con le ventitré amministrazioni che si sono succedute nella capitale d’Italia, l’ex sindaco Dc di Pisoniano, paesello fra i Monti Prenestini, si è un filo allargato. Manlio Cerroni oggi smaltisce e a volte (secondo le procure) inquina in Italia e nel mondo. A Brescia, a Collegno, sulla dorsale che da Roma raggiunge Perugia passando per il Trasimeno e l’Alta Valle del Tevere. In mezza Europa, a nord del Cairo, in Giappone e a quaranta chilometri da Sydney (c’era il premier al taglio del nastro). Un censimento analitico consente di contare 114 siti ambientali nel mondo in cui è presente la mano di Cerroni, imprenditore che fin qui ha trattato 250 milioni di tonnellate di rifiuti per discarica, incenerimento, per gassificazione, trasformati in mangime e compost. Quanto è cresciuto lo smaltitore di Malagrotta? Quali sono oggi i confini del suo impero? Nel corso delle stagioni imprenditoriali Manlio Cerroni ha registrato alla Camera di commercio italiana 66 società, quasi tutte dedite allo smaltimento. Nelle diciotto in cui possiede proprietà, le sue quote sono pari a 64 milioni e 133 mila euro. Il sole Malagrotta, la Città delle industrie ambientali, il Central Park dove farà pagare il biglietto con sprezzo dei cittadini confinanti di Massimina che ne assorbono i miasmi dolciastri, è nato sulla voragine scavata per costruire l’aeroporto di Fiumicino. Nel 1975 Cerroni ci trasportava carcasse di bovini prelevate dal mattatoio di Testaccio. Attorno al sole è cresciuta una rete satellitare di controllate e partecipate che oggi lo incorona imperatore dell’immondizia globale certificandolo come uno degli uomini più ricchi d’Italia: due miliardi l’anno è il suo fatturato stimato. Manlio Cerroni non si è mai quotato né indebitato, non ha una banca di riferimento, non ha mai accettato le avance parlamentari. Vive solo di rifiuti, e dalle sue colline controlla la politica. Il vantaggio competitivo "legittimamente conquistato sul mercato" se lo è preso, però, senza gare d’appalto. Semplicemente, ogni volta che l’amministrazione aveva un’urgenza - dal 2008 un’emergenza - l’avvocato era lì, pronto a scavare sul terreno appena intercettato. Manlio Cerroni oggi è al centro di quattro diverse inchieste penali convergenti: la procura di Roma gli contesta reati ambientali, il traffico illecito di rifiuti, la truffa, l’estorsione, l’associazione a delinquere. Per l’impianto di Albano Laziale, sette buche tutte sue anche qui, avrebbe intascato assegni superiori al servizio offerto per 9,2 milioni. Sulla futura discarica di Monti dell’Ortaccio, ancora, avrebbe effettuato gli scavi di allargamento abusivamente. Infine, per il gassificatore di Malagrotta avrebbe dichiarato il falso ai vigili del fuoco sulla portata dei depositi d’ossigeno per ottenere il dissequestro penale. Sopra tutto, c’è un’indagine confidential in mano all’antimafia sui rapporti fra i grandi imprenditori dei rifiuti. Da tutto questo, Cerroni si difende alternando otto avvocati difensori. In discarica partner-concorrenti. Il 24 giugno 2008 la Regione Lazio ha presentato il progetto di quattro termovalorizzatori dislocati in provincia di Roma. Erano tutti targati Cerroni. Nel Lazio esistono, oltre Malagrotta, dieci siti autorizzati e valgono 200 milioni l’anno. Metà degli invasi appartiene a gruppi dell’avvocato. Per l’impianto di riciclaggio di Colfelice la Procura di Frosinone ha disposto il sequestro dei contratti tra la Reclas e i Comuni di Frosinone, Alatri e Anagni: l’azienda avrebbe gettato in discarica rifiuti destinati al riciclo. Per organizzare il suo impero Manlio Cerroni si è circondato di uomini operativi a cui, spesso, ha lasciato casini e reati. Con questi uomini di fiducia, rapporti trentennali, ha costruito un ginepraio di incarichi societari difficile da attraversare: gli stessi notai gli hanno aperto spa in serie, liquidatori di sue controllate sono diventati sindaci e consiglieri in altre. Le aziende a controllo variabile di Cerroni possono essere concorrenti e partner allo stesso tempo. Alcune, capitali miliardari, sono nella disponibilità di società al minimo consentito dalla legge. Il braccio destro dell’avvocato è l’amministratore di Ecologia Viterbo, Bruno Landi, presidente della Regione Lazio da marzo 1983 ad aprile 1984 per conto di Fabrizio Cicchitto (Psi), animatore di “Riformismo e libertà”. Negli Anni Ottanta la Sogein di Cerroni - società vivente - ha finanziato tutti i partiti dell’arco costituzionale: gli appalti di Malagrotta passavano dal tavolo dell’andreottiano Elio Mensurati e del craxiano Paris Dell’Unto. Landi oggi è l’anello di congiunzione tra il gruppo Cerroni e la politica, una testa d’ariete in grado di penetrare i salotti regionali. A fianco dell’avvocato ottuagenario, ancora, c’è Francesco Rando. Attraverso le società Giovi gli controlla Malagrotta. Il Rando si è già preso cinque condanne in primo grado di cui tre confermate in Cassazione per aver fatto smaltire rifiuti pericolosi in discarica, per rumori molesti, per abusi (questi a Testa di Cane, dependance di Malagrotta). Per la discarica madre deve rispondere di omicidio colposo (avvelenamento delle acque e irregolarità nel trattamento meccanico) con altri otto, il processo è in corso. Vicino al gruppo è Angelo Deodati, consigliere di Pontina Ambiente, il figlio Antonio è stato liquidatore di un consorzio in gara per il servizio di nettezza urbana di Pomezia. L’ingegner Rosario Carlo Noto La Diega con quote di partecipazioni nel consorzio Gesenu e nella Reclas consente all’amico Cerroni di essere maggioranza e imporre le sue politiche ai comuni di Perugia e Frosinone. Ecco, spesso Cerroni si affianca ad aziende pubbliche - a Roma lavora con le municipalizzate Ama e Acea - per poi governarle dall’esterno attraverso patti di sindacato favorevoli. La figlia Monica, va ricordato, risiede in 17 società del babbo. Un nipote da dato il nome a una delle sue società pioniere. Con il centrosinistra di sottogoverno Cerroni è cresciuto: Chicco Testa alla guida dell’Acea di Roma e Mario Di Carlo all’Ama sono stati presidente e vice della squadra di pallavolo Auselda, di proprietà del nostro. L’Arpa, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio, nell’agosto 2008 assunse l’ingegner Fabio Ermolli, già direttore tecnico della Systema Ambiente srl, società di Cerroni. Ermolli oggi è chiamato a controllare per conto della Regione la corretta gestione della spazzatura che entra ed esce da Malagrotta. Anche i tecnici della giunta Polverini, formalmente nemica, si sono “accerronati” nel tempo: nell’analisi dei siti della Regione Lazio hanno presentato schede riguardanti Quadro Alto e Pian dell’Olmo precisamente copiate dai dossier ufficiali dell’imprenditore, errori di ortografia compresi. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini è arrivato a dire che a Roma i rifiuti - che oggettivamente sono in mano a Manlio Cerroni - sono pure in mano alla malavita. "Bestialità", gli ha risposto l’imprenditore. L’avvocato si è inserito anche nell’ultimo piano regionale, sette siti indicati, per proporre i suoi terreni, precedentemente opzionati con contratti capestro per i venditori delle terre. Monte Carnevale, vicino a Malagrotta, e Monti dell’Ortaccio, a un chilometro da Malagrotta, sono di proprietà del signor Cerroni. Pian dell’Olmo, vicino a Riano, è affittato dal signor Cerroni. I veleni dei casalesi. Le mani di Cerroni sono arrivate anche sulla discarica di Borgo Montello, la quarta d’Italia per grandezza. Per vent’anni, alle porte di Latina, sono stati interrati fusti tossici. Il pentito di camorra Carmine Schiavone ha raccontato: «Sono centinaia, li hanno portati i casalesi con i camion». I veleni rivelati sono a pochi metri dalle falde d’acqua che alimentano una delle zone a maggiore intensità agricola del Lazio. Chi ha cercato di ricostruire la verità su quella collina artificiale, Don Cesare Boschin, è morto incaprettato. Era in canonica. Dalla fine degli Ottanta i cinquanta ettari di Borgo Montello sono stati gestiti dai fratelli Pisante, i padroni del gruppo Acqua spazzati da Tangentopoli. Poi è arrivata la Green Holding, dove due storici avversari, il nostro Manlio Cerroni e Giuseppe Grossi, si sono spartiti il tesoro. L’ex direttore della discarica, Achille Cester, ricorda: «Quando arrivai era un Far West, l’invaso S4 galleggiava sul percolato, il resto lo buttavano nel fiume Astura. Il mio compenso per approvare queste operazioni era una notte di fuoco con due escort». Negli ultimi 15 anni Cerroni ha investito sui terreni attorno alla discarica: doveva essere ridotta, lui punta all’allargamento. Chi sono gli altri grandi imprenditori delle discariche italiane? Quali aree controllano? Fra i baroni dei rifiuti italiani c’è un deputato leghista quarantenne, Giovanni Fava da Viadana, diploma tecnico commerciale, capolista in Lombardia III alle ultime elezioni, in portafoglio 17 società che si dedicano allo smaltimento. Nell’ultima sessione trascorsa in Parlamento è stato a lungo membro della Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti e attraverso la Palladio Team Fornovo di cui è consigliere ha gestito in parallelo la discarica parmense di Monte Ardone, sequestrata dai carabinieri con 230 tonnellate di immondizia abusiva. Il ras di Pescara è Rodolfo Di Zio, proprietario della Deco, coinvolto in due inchieste, sotto processo per corruzione e smaltimento illecito. Possiede sei discariche delle sette presenti in Abruzzo, tutte al limite di capienza: gli fruttano un milione al giorno. Con la compiacenza dell’intero Pdl regionale ha frenato la raccolta differenziata, che qui galleggia al 28 per cento. Ha imposto i suoi invasi e sviluppato la politica dei bruciatori: bioessiccazione di rifiuti Tmb (in località Carapollo, Teramo), un affare da 15 milioni. La sua storia è già ascoltata: il privato finanzia il politico in sella, che riceve e gli apre le porte delle società pubbliche, quindi offre al privato appalti senza gara. «Io sono apolitico, finanzio tutti», ha detto l’imprenditore, intercettato. La particolarità di Rodolfo Di Zio, 71 anni, è che lui i soldi alla politica li dava in chiaro, pretendendo comunque i ritorni. La procura di Pescara ha individuato gli approdi dei suoi finanziamenti: i senatori Pdl Paolo Tancredi e Fabrizio Di Stefano, il parlamentare europeo Crescenzio Rivellini, i sindaci di Teramo e Pescara eletti nella tornata del giugno 2009. Per il biennio 2008-2009, 250 mila euro. La Deco, proprietaria dei locali della sede regionale del Pdl a Pescara, per mesi non ha chiesto l’affitto. E in un sms recuperato dagli investigatori, il presidente dell’Abruzzo, Giovanni Chiodi, ringrazia Di Zio per l’assunzione del genero del suo segretario. L’anziano imprenditore era in società con sei enti pubblici e 80 comuni per le discariche di sua proprietà: era lui a decidere le tariffe, a confezionare gli ordini del giorno per i consigli comunali, a ricordare ai politici distratti: «Ti sei dimenticato il modulo per il finanziamento elettorale». I ragazzi imperiesi di Dell’Utri. La scalata dei fratelli Pizzimbone, viveur imperiesi con le mani sulle starlette d’area e le discariche dell’occidente ligure (iniziò il padre socialista con il sito di Vercelli), è partita quando il giovane Pierpaolo, favorito del vescovo Tarcisio Bertone, si è allacciato con Marcello Dell’Utri fondando il primo circolo ligure del Buon governo. Lo battezzò nella sede della discarica di Imperia. Il primo di trentatré. Con l’acquisizione nella primavera 2004 del gruppo Aimeri (per un breve periodo nell’orbita Cerroni), i brothers liguri coprirono centinaia di comuni del Nord. Con il legame politico con Dell’Utri (Pierpaolo sfiorerà il Parlamento, primo dei non eletti a Catania), la Biancamano spa di famiglia si allargò al Sud vincendo due maxi-appalti in Sicilia a arrivando a realizzare un quarto del fatturato nell’isola. Sulla vittoria per l’Ato Caltanissetta 2, l’allora sindaco di Gela Rosario Crocetta segnalò la gara vinta in solitudine, con un ribasso d’asta dello 0,1 per cento, alla faccia delle sette aziende concorrenti consorziate in un’associazione anti-racket. Pigi, il più vecchio dei fratelli Pizzimbone, un 14 metri ancorato nel porto di Savona, è stato condannato per false fatturazioni. La discarica Ponticelli di Imperia, al limite di capienza, è sempre in proroga. Nel 2007 la società Biancamano è stata quotata in Borsa, con rapidi spostamenti delle controllanti in Lussemburgo e a Cipro. L’incontro del 2008 tra Gheddafi e Berlusconi aprì le porte al primo affare straniero dei fratelli: l’igienizzazione di Bengasi, appalto da 520 milioni. Lo scorso gennaio l’Aimeri Ambiente, che gestisce il servizio di igiene urbana a Catania, è entrata in un’inchiesta della Direzione antimafia: 27 arresti, fra i reati l’associazione di stampo mafioso. Il presidente del Crotone calcio, Raffaele Vrenna, protagonista del calcio scommesse e secondo due procure calabresi in stretta relazione con uomini della 'ndrangheta, è il titolare della più importante discarica calabrese, la Columbra, di un inceneritore costruito dall'azienda di famiglia Mida e di sei società di raccolta rifiuti. Vrenna è passato alla storia giudiziaria perché, condannato in primo grado per mafia, si è scelto come amministratore dei suoi beni (e dei suoi rifiuti) il procuratore capo della Repubblica Franco Tricoli. La segretaria del procuratore, Patrizia Comito, è la moglie dell’imprenditore, il principale imputato delle indagini del procuratore capo. 08 marzo 2013© Riproduzione riservata

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