tratto da https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/il-fatto-di-domani-del-29-aprile-2023/
MELONI SERRA I RANGHI DOPO LO SCIVOLONE SUL DEF. MA TRA ALLEATI RESTANO I SOSPETTI. “Può succedere, ma non deve succedere più”. Le parole dette ieri da Giorgia Meloni mentre era ancora a Londra volevano suonare rassicuranti per i cronisti (dopo la reazione d’ira neanche tanto celata alla notizia dello scivolone sull’approvazione del Def giovedì) ma alle orecchie dei parlamentari del centrodestra suonano come un richiamo all’ordine. Il governo fa i conti con la leggerezza di alcuni e l’impreparazione di altri, amplificata dai meccanismi parlamentari che dopo il taglio degli eletti sono diventati più stringenti. Fin dalla formazione dell’esecutivo, nella maggioranza si era posto il problema dei doppi incarichi: troppi deputati e senatori nominati sottosegretari e quindi facilmente impossibilitati a garantire la presenza in aula. Ieri Meloni ha detto che non cambierà nulla della squadra, ma poi ha aggiunto che i capigruppo devono farsi garanti della disciplina di partito. Come vedremo sul Fatto di domani, l’idea fatta circolare dalla premier è organizzare incontri periodici proprio con i capigruppo di coalizione. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, meloniano, la spiega così: “Alla Camera, a differenza del Senato, c’è la sensazione e ormai l’abitudine di avere una larga maggioranza, e questo può provocare comportamenti irresponsabili”, però poi aggiunge I deputati erano stati avvertiti per mail, per whatsapp, nelle chat di partito, dai capigruppo, dai dipartimenti. Fratelli d’Italia ritiene che gli alleati di Lega e Forza Italia stiano facendo troppe assenze nelle Commissioni e nei lavori parlamentari. Il sospetto è anche politico, insomma, non solo “morale”. Sul giornale di domani tratteremo il tema della disciplina politica anche con un’intervista a Giacomo Ciarrapico, autore della serie Boris con Mattia Torre e in questi giorni in scena a Teatro come regista della commedia (fanta)politica Un giorno come un altro. Lo spettacolo racconta quel giorno in cui l’astensione raggiungerà livelli quasi assoluti e soltanto il 4% della popolazione andrà a votare.
IL RICHIAMO DI MATTARELLA SULLA PRECARIETÀ. LAVORO, IL GOVERNO “CONCEDE” L’INCONTRO AI SINDACATI, MA I TAGLI SONO ASSICURATI. Il lavoro è dignità e il lavoro povero è inaccettabile. Le parole sono del Presidente della Repubblica, che oggi con una visita al distretto di meccatronica di Reggio Emilia ha aperto le danze delle celebrazioni della festa del lavoro. Sergio Mattarella se la prende con la flessibilità estrema: “La precarietà come sistema stride con le finalità di crescita e di sviluppo”, e si rivolge al governo e al Parlamento perché si impegni a migliorare la qualità del lavoro e alzare gli stipendi troppo bassi: “Deve essere assillo costante a ogni livello”. Non proprio quello che il governo si appresta a fare con la riforma del Reddito di cittadinanza, che nell’ultima versione sarà battezzato Assegno per l’inclusione ma resterà falcidiato. Sul Fatto di oggi abbiamo raccontato come l’inflazione stia erodendo il potere d’acquisto dei salari. Su FQ Extra è disponibile il longform Abbasso la povertà, dedicato a storie di welfare e precarietà, con video, grafici interattiva e un podcast narrativo. La ministra Calderone ha affermato che nel decreto in Cdm lunedì ci saranno misure per l’inclusione lavorativa. Non ne sono convinti i sindacati. Maurizio Landini è andato all’attacco del governo: “L’idea che in un momento in cui aumentano le povertà si taglia il reddito di cittadinanza a noi sembra una follia”. Il segretario della Cgil con i suoi omologhi di Cisl e Uil è stato convocato domani a Palazzo Chigi per discutere del decreto, ma le premesse non sono le migliori: “È chiaro che essere convocati la domenica sera per un provvedimento che hanno già deciso e faranno il lunedì mattina non è quello che abbiamo chiesto – dice Landini -. Oggi è il momento di investire sul lavoro, sulla solidarietà e soprattutto di andare a prendere i soldi dove sono, dove sono stati fatti i profitti, dove c’è l’evasione fiscale e non continuare a pensare che i lavoratori dipendenti e i pensionati sono i bancomat e pagano anche per quelli che evadono le tasse”. Sul Fatto di domani intervisteremo su questi temi Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Acli.
SICCITÀ, L’EMERGENZA IGNORATA PER LE MIRE OPPOSTE DI SALVINI E MELONI. Nel trentennio fra il 1991 e il 2020 sull’Italia è caduto il 18% di pioggia in meno rispetto alla media nazionale storica. Ma non basta. Nell’ultimo triennio, la siccità è ancora aumentata, con le regioni del Nord passate dall’essere le più piovose del Paese all’essere le più siccitose. I dati sono dell’Anbi, l’associazione nazionale dei consorzi di bacino, e fotografano la realtà di una crisi che nei prossimi mesi è destinata a intensificarsi. In tutto questo, come sta agendo il governo? In nessun modo, si direbbe. Perché la nomina del commissario all’emergenza siccità non è ancora arrivata dopo mesi di discussioni. Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture, la vorrebbe per sé oppure vorrebbe evitarla per mantenere il controllo, come abbiamo raccontato. Ma soprattutto, il decreto firmato dal governo per ora è una scatola vuota senza risorse, mentre le associazioni e gli imprenditori agricoli chiedono interventi immediati. Sul Fatto di domani ricostruiremo i dissidi che bloccano l’azione del governo sulla siccità e quantificheremo l’effetto del problema.
ZELENSKY INSISTE: “RICONQUISTEREMO LA CRIMEA”. ACCORDO SUL GRANO UE-KIEV: SOLIDALI MA NON TROPPO. Un deposito di carburante è stato distrutto nel porto di Sebastopoli, in Crimea, probabilmente dopo l’attacco di un drone ucraino durante la notte. Secondo il governatore della provincia annessa alla Russia, Mikhail Razvozhayev, le fiamme si sono estese a un’area di mille metri quadri. I russi hanno bombardato pesantemente Kherson, tanto da costringere le autorità ucraine a mettere in atto un piano di evacuazione di massa dei civili. Il presidente Zelensky ha affermato in un’intervista che la controffensiva che Kiev si appresta a lanciare punterà a liberare anche la Crimea. Affermazione che va contro il punto di vista degli Alleati, e degli Stati Uniti in particolare, che hanno più volte riconosciuto che quella per Putin è una linea rossa oltre la quale c’è il rischio di un’escalation nucleare. Zelensky non ha parlato di date, ma a farlo è stato il capo della brigata paramilitare russa Wagner, Yevgeny Prighozin, che dice di aspettarsi l’inizio della controffensiva ucraina per il 15 maggio, mentre continua le liti con Mosca e minaccia di ritirare i suoi uomini dal fronte Bakhmut). Il presidente ucraino fa pressione sull’Occidente non solo per la consegna di armi, ma stavolta anche per l’acquisto di grano. Dopo settimane di dure proteste da parte degli agricoltori, i governi di Polonia, Ungheria, Slovacchia e Bulgaria hanno siglato un accordo con l’Unione europea per limitare le importazioni di prodotti ucraini, accusati di fare dumping di prezzo rispetto alle produzioni nazionali. Zelensky se ne è lamentato direttamente con Charles Michel. Sul Fatto di domani leggerete il nostro approfondimento sulla vicenda.
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