sabato 24 dicembre 2016

Tangenti Nigeria, 50 milioni all’uomo dell’ad Descalzi I pm: soldi a Roberto Casula. Trattava l’affare a nome dell’attuale capo azienda e di Scaroni

SCARONI
Era costantemente
informato da Descalzi
sulle trattative e
incontrava insieme a
Descalzi il presidente
della Nigeria
Goodluck Jonathan
ROBERTO
CASULA
Riportava
a Descalzi ed era
informato dei
movimenti di denaro
successivi alla stipula
dei resolution
agreemnts
Il grande affare dell’Opl 245
NEL 2011 IL GOVERNO NIGERIANO attribuisce
a Eni e all’olandese Shell (50% ciascuna) i diritti
di esplorazione di un grosso giacimento
petrolifero, chiamato Opl 245. Le due
compagnie versano 1,3 miliardi di dollari su
un conto del governo nigeriano a Londra
presso la banca Jp Morgan Chase. Quei
soldi poi vengono spediti alla Bsi in
Svizzera che si insospettisce e li
rimanda indietro. Viene congelata la
mediazione di 215 milioni di euro al
faccendiere Obi, che intenta una causa
legale. Altri 801,5 milioni di dollari
arrivano comunque ai conti nigeriani di
Malabu, la società titolare dei diritti di
esplorazione che è lo schermo per l’ex
ministro del petrolio Dan Etete che si era
assegnato la concessione quando era al
governo. Una parte di quei soldi, secondo quanto
sostengono i pm di Milano, finisce anche ad alcuni
dirigenti dell’Eni, in particolare a Roberto Casula
(50 milioni), anello più basso della catena che
faceva capo a Claudio Descalzi e Paolo Scaroni. GIANNI BARBACETTO
Milano
Una mega-tangente
pagata dall’Eni per
ottenere un grande
giacimento petrolifero
in Nigeria: questa è l’ipo -
tesi d’accusa su cui da due anni
indaga la Procura di Milano.
Ma ora, a leggere l’avviso di
conclusione delle indagini recapitato
ieri agli undici indagati
e alle due società (Eni e
Shell), si scopre che i magistrati
avrebbero chiuso il cerchio
anche sul “rientro” in Italia
di una parte della mega-
tangente, che sarebbe tornata
nelle tasche dei manager
italiani che hanno concluso
l’affare: 917 mila dollari arrivano
a Vincenzo Armanna, vicepresidente
delle attività
subsahariane dell’Eni; 50 milioni
di dollari in contanti a
Roberto Casula, responsabile
delle attività operative dell’Eni
in Nigeria; e 21 milioni di
franchi svizzeri al mediatore
Gianluca Di Nardo. Casula e
Armanna, secondo la Procura,
facevano riferimento diretto
ai loro capi, cioè Paolo
Scaroni, allora amministratore
delegato di Eni e oggi vicepresidente
di Banca Rothschild,
e Claudio Descalzi,
allora direttore generale della
divisione Exploration & Production
di Eni e dal 2014 amministratore
delegato della
società petrolifera. Di Nardo
era invece in stretto contatto
con Luigi Bisignani, faccendiere
e lobbista, gran mediatore
dell’affare nigeriano.
LA VICENDAsembra la sceneggiatura
di un film hollywoodiano

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