giovedì 29 dicembre 2016

Il Parlamento approva il Tav: non ha capito il trionfo dei No La riforma di Renzi era (anche) un esproprio dei poteri di autogestione dei territori

EQUIVOCI La questione non sono le “opere”ma la democrazia

WU
MING 1
Quindici fasce
tricolori. Pubblici
ufficiali contro
pubblici ufficiali,
la forza armata
dello Stato mandata
a sbaragliare quelli
che in teoria erano
suoi rappresentanti
Il voto alla Camera

Pubblichiamo una parte
d el l’intervento di Tomaso
Montanari, vicepresidente di
Libertà e Giustizia, al convegno
“Grandi Opere, grandi ombre”
organizzato in Senato.
» TOMASO MONTANARI
Il 20 dicembre
l’aula ha approvato
definitivamente
un progetto del 1990
La lezione della Carta
La parola ‘Nazione’
compare solo all’art. 9
insieme a ‘paesaggio’
e‘patrimonio artistico’
Il 20 dicembre, cioè due
settimane dopo il trionfo
del No al referendum costituzionale,
la Camera ha
votato definitivamente la ratifica
all’accordo tra i governi italiano
e francese per l’avvio
dei lavori del Treno ad Alta velocità
tra Torino e Lione. Un
voto che ha assai più a che fare
col passato che col futuro: non
solo perché il progetto risale al
1990 (quell’anno, per dire, Sanremo
fu presentato da Johnny
Dorelli e Gabriella Carlucci,
e fu vinto dai Pooh), ma perché
dimostra in modo plateale
la drammatica incapacità della
classe dirigente italiana di
leggere la direzione in cui si
muove il Paese.
Uno dei cuori della riforma
costituzionale firmata da
Matteo Renzi, infatti, riguardava
proprio le Grandi Opere:
le si definivano strategiche
per l’interesse del Paese, e si
stabiliva che esse fossero decise
dal governo di Roma, tagliando
completamente fuori
le Regioni. Il sindaco d’Italia
giurava che avrebbe preso
quelle cruciali decisioni
nell’interesse delle comunità
condannate al silenzio, ma
quelle comun

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