venerdì 9 dicembre 2016

Latina Ambiente: l'azienda voluta e rovinata dalla politica

di Alessandro Panigutti Non ci si poteva aspettare che fosse un Commissario prefettizio a fare quello che un sindaco non aveva osato fare, benché Giacomo Barbato sia stato fortemente tentato di salvare la società che gestiva i rifiuti. A metterlo definitivamente sul solco opposto, erano state le inattese dimissioni del Presidente Giungarelli e dell’amministratore Barra, vissute da Barbato come una pugnalata alle spalle e buttate sul tavolo del Cda il 27 luglio, immediatamente dopo aver approvato il bilancio di esercizio, con un passivo di 1,4 milioni di euro. Un’inezia per una spa come quella, uno scoglio che oggi, in corrispondenza della dichiarazione di fallimento della società, l’azienda aveva già superato ripianando quel buco e offrendo un saldo mensile di esercizio attivo. Ma forse quello dell’ultimo anno e mezzo di gestione in regime di liquidazione è stato il periodo più felice, o il meno opaco se si preferisce, della vita ventennale della spa. Una vita la cui descrizione più aderente è stata proprio quella proposta dal gruppo di Forza Italia quando nel maggio 2015 aveva deciso di entrare in guerra con Di Giorgi.
Partito nel 1997 con un costo di 9 miliardi di lire, il servizio di igiene ambientale ne costava 12 già l’anno successivo, fino ad arrivare al Piano economico e finanziario di 23 milioni di euro nel 2015, che se volessimo tradurre in vecchie lire farebbe all’incirca 40 miliardi. Il costo del servizio, in vent’anni, è lievitato del 400%, in maniera inversamente proporzionale alla qualità del servizio offerto ai cittadini. Ma nessuno ha voluto accorgersene per tempo, e man mano che l’azienda andava perdendo smalto accumulando debiti, si svalutava anche la tenuta occupazionale dei dipendenti, che oggi sono 214 e che temono, a ragione, di poter essere i soli a pagare con la perdita del posto l’inettitudine gestionale della politica. Una politica che fin dall’inizio è stata l’anima del socio di maggioranza della spa, il Comune di Latina; una politica che fin dal primo giorno si è prestata a fare da scendiletto al socio privato, al punto di consentire al solito prefetto Barbato, all’indomani della presa in carico del palazzo comunale, di affermare di sentirsi dentro Latina Ambiente come un ospite in casa propria, visto che a dettare legge nella spa non era il socio di maggioranza ma quello di minoranza.
Acqua passata. Si poteva pretendere dal neoletto sindaco Coletta la prima vera assunzione di responsabilità come socio di maggioranza dopo vent’anni di inerzia? Avrebbe potuto riconoscere almeno in parte il debito del Comune verso Latina Ambiente e tendere una mano all’attestatore del piano concordatario, e mettere il Tribunale nelle condizioni di accettare quel piano. Ma spettava davvero a Coletta il compito di «salvare» vent’anni di gestione improduttiva? 
Probabilmente no. E non sarebbe cambiato granché.
Il Tribunale ha respinto il concordato ma ha accordato la gestione provvisoria. Tradotto, vuol dire che anziché un liquidatore ci sarà un curatore. La spa va avanti, ma a tempo determinato. 
Ma adesso, scavato il fosso che separa il passato dal futuro, una cosa Coletta ha l’obbligo politico e morale di fare, ed è quella di consentire agli oltre duecento dipendenti di Latina Ambiente di guadare il fosso della disoccupazione, garantendo loro continuità nella futura forma societaria dell’azienda che dovrà occuparsi dei nostri rifiuti, qualunque essa sarà.http://www.latinaoggi.eu/news/news/32942/storia-societa-voluta-e-rovinata-dalla-politica-latina-ambiente.html 

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