In anteprima lo studio che sarà presentato lunedì 10 ottobre. E' la risposta del governatore Michele Emiliano per dimostrare al premier Renzi che il progetto di riconversione dell'acciaieria è possibile ed eliminerebbe le conseguenze nefaste per la salute dei pugliesi
di VITTORIO RICAPITO «L’Ilva si poteva decarbonizzare in 18 mesi già con le risorse messe a suo tempo a disposizione dal governo, eliminando l’intera area a caldo sequestrata dalla magistratura nel 2012, perché ritenuta fonte di malattie e morte». Parla l’ingegner Barbara Valenzano, direttore del dipartimento mobilità, qualità urbana, opere pubbliche, ecologia e paesaggio della Regione Puglia e custode giudiziario degli impianti finiti sotto sequestro. Lunedì 10 ottobre spiegherà il progetto di conversione a gas e forni elettrici dello stabilimento tarantino al convegno organizzato dal Consiglio nazionale degli ingegneri sulle soluzioni possibili per conciliare lavoro e tutela della salute dei cittadini. E' la risposta concreta che il governatore Michele Emiliano dà al premier Renzi dopo mesi di polemiche sulla pericolosità dell'acciaieria per la salute dei pugliesi.«Con 1,2 miliardi di euro in un anno e mezzo si sarebbe realizzato un nuovo impianto di produzione di due linee da 2,5 milioni di tonnellate all’anno ciascuna, per un totale di 5 milioni annui, all’incirca l’attuale assetto produttivo in marcia» spiega la Valenzano. Il progetto prevede la costruzione di forni elettrici da alimentare in un anno con circa 7 milioni di tonnellate di Dri, cioè il preridotto, un minerale semilavorato, 1,4 miliardi di metri cubi di gas naturale e 2500 gigawatt ora di energia elettrica (l’equivalente di meno di un terzo della produzione di energia da fonti rinnovabili prodotta in Puglia). Il preridotto ha potere calorifico decisamente maggiore del carbone. Col minore apporto di materiali, si ridurrebbe drasticamente il traffico di navi cariche di minerali ai moli del siderurgico. Una produzione probabilmente più costosa, ammette la Valenzano, ma «è da raffrontare con i costi sanitari sostenuti dalla Regione a fronte degli eccessi di malattie oncologiche e non e con i costi di bonifica delle aree esterne, come Mar Piccolo, il porto, a cui lo Stato sta facendo fronte».
Il progetto è rivoluzionario soprattutto per i risvolti ambientali. Con la decarbonizzazione scomparirebbero completamente i parchi minerali, dove attualmente tra fossile e minerale sono stoccate più di un milione di tonnellate di polveri ferrose che nei giorni di vento si abbattono sui quartieri più vicini alla fabbrica. Sparirebbero anche gli altoforni e tutti gli impianti di acciaieria più inquinanti come le cokerie, l’agglomerazione e i convertitori. Non si sentirebbe più parlare di “slopping”, le nuvole rossastre sulle quali ha indagato la magistratura. In pratica verrebbe smantellata l’intera area a caldo, sequestrata dai magistrati a luglio 2012.
«Attualmente – aggiunge l’ingegner Valenzano – i parchi minerari continuano ad essere fonte di immissione in aria di polveri, così come le cokerie di cancerogeni e mutageni come il benzopirene e l’agglomerato di diossine e furani che si
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