venerdì 22 maggio 2015

I De Benedetti volevano comprare Eternit

AGLI ATTI DEL SECONDO PROCESSO SUI MORTI DA AMIANTO, LE TRATTATIVE (FALLITE) TRA OLIVETTI/CIR E LO SVIZZERO SCHMIDHEINY di Andrea Giambartolomei
Torino
Aveva fiutato la fine dell’Eternit ed era “disponibile
a molto pur di uscire”. Nel 1984
Stephan Schmidheiny aveva tentato di vendere
la sua società agli italiani, ma dopo alcuni incontri
con Franco Debenedetti, ad dell’Olivetti e
della CIR (fratello di Carlo De Benedetti, attuale
editore del gruppo Espresso), l’affare non andò
in porto: in Italia avevano capito che c’erano
troppi rischi per le finanze e per la salute. La
vicenda emerge dagli atti dell’inchiesta della
procura di Ivrea sulla morte di tredici ex dipendenti
dell’Olivetti per mesotelioma e ora quei
documenti sono entrati nei faldoni del procedimento
Eternit bis” (omicidio volontario pluriaggravato
per la morte di 258 persone) in corso
Torino, dove ieri la Regione Piemonte e lo Stato
si sono costituiti parte civile contro Schmidheiny
dopo gli appelli dei familiari delle vittime di
Casale Monferrato.
Faldone numero 14 dell’inchiesta di Ivrea del
pm Lorenzo Boscagli. Qui si trovano i documenti
scovati nell’archivio dell’Olivetti. Tra questi
c’è una cartellina con la scritta “ETERNIT (dr.
Schmidheiny)” e dentro alcune pagine di manuali
di medicina del lavoro dedicate all’asbestosi,
resoconti di incontri e un carteggio su carta
intestata “Ing. Olivetti & C.”. Negli appunti (non
firmati) di un “Incontro con Dr. Schmiedeini
(sic) a Zurigo il 15 maggio” si legge che “il colloquio
si è svolto in clima di straordinaria franchezza
e cordialità”.
SEGUONO una serie di informazioni
fornite dall’imprendi -
tore svizzero sulle cause in corso
per le malattie provocate
dall’amianto: “In Svizzera sono
per l’85% relative a prodotti isolanti

e solo per il 15% per Eternit;inoltre riguardano solo
operai della fabbrica e non installatori.
Situazione analoga in
Germania”. Se in Gran Bretagna
stavano abbandonando il
prodotto, in Italia, Francia e
Austria non rilevavano problemi. Inoltre “le assicurazioni
cambieranno la loro attuale politica
riconoscendo la diversità tra caso Eternit e caso
Mansville”, o meglio Manville, prima società a
fallire per i costi delle cause sull’amianto. Insomma,
pare che lo svizzero - che secondo i pm Raffaele
Guariniello e Gianfranco Colace era a conoscenza
della correlazione tra amianto e mesotelioma
dal 1977 - volesse rassicurare i possibili
acquirenti, ai quali confida anche che “Eternit
prevede di sostituire entro 5 anni
l’amianto con altre fibre, eliminando
quindi il problema alla
radice”.
Negative invece le informazioni
sulla situazione finanziaria
italiana. Diminuiva la produzione,
mancavano prodotti innovativi
e “non si è mai riusciti a
fare un cartello”, motivo per cui
i prezzi erano “molto più bassi
di quelli europei”: “Per questi
motivi hanno comunque deciso
di abbandonare la partita e
sono disponibili a molto pur di uscire”, annota la
persona che aveva incontrato Schmidheiny, probabilmente
lo stesso Debenedetti. Nelle conclusioni
poi si tracciano alcune soluzioni: “Possia -
mo esaminare a fondo i dati forniti e determinare
le condizioni di possibile acquisto?”, è la prima.
L’ultima: “Rispondere subito negativamente?”.
IL 12 OTTOBRE 1984 Franco Debenedetti (ora
indagato per omicidio colposo a Ivrea), scrive a
Schmidheiny ringraziandolo per le informazioni
ricevute dopo l’incontro a Venezia ed espone gli
esiti delle risposte ottenute da esperti tra cui quelle
di Benedetto Terracini e Corrado Magnani, esperti epidemiologi che collegarono amianto e
tumori. Il 23 ottobre Schmidheiny scrive all’ita -
liano che “continua l’evoluzione negativa
dell’Eternit”: “Temo, tuttavia, che la via sgradevole
non ci sarà risparmiata, se non giungeremo
ad una svolta al più presto”. Debenedetti, però,
non è convinto e molla l’affare. Di lì a poco l’Eter -
nit va in amministrazione controllata e nel 1986
chiude i suoi stabilimenti, ma lasciando Bagnoli,
Casale, Cavagnolo e Rubiera piene di amianto.
il fatto quotidiano 22 maggio 2015

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