di
Andrea
Palladino
Formia
L’aveva
pensata come
una
piccola
cittadella
inespugnabile.
Una
via
che
sale verso il monte, separata
dalla
statale Appia, poco
prima
che si inizi a intravedere
il
mare. Una villa, contornata
da
dépendance
e
appartamenti.
Un
simbolo per rendersi
riconoscibili
in maniera
tale
che chiunque, passando
da
quelle parti, potesse guardare
e
sussurrare: “Ecco, è lì
che
vive Ernesto Bardellino, il
fratello
del capo storico dei casalesi”.
Via
Unità d’Italia, Formia, è a
meno
di un chilometro da un
altro
simbolo, il Maracuja, l’ex
discoteca
e albergo di Cipriano
Chianese,
l’avvocato della
monnezza
accusato
oggi a Napoli
di
disastro ambientale. A
qualche
passo da un locale
molto
chic, dove spesso si affaccia
Katia
Bidognetti, figlia
di
“Cicciotto ’e mezzanotte”, il
boss
che ha regnato per decenni
insieme
a Francesco
“Sandokan”
Schiavone su
Terra
di Lavoro, oltre il fiume
Garigliano.
A pochi metri dalla
bella
residenza di Mario Cosentino,
fratello
del più noto
Nicola,
il deputato del Pdl che
per
un ventennio ha avuto in
mano
la Campania.
La
“cittadella” di Ernesto BarBardellino
– ex
sindaco socialista
di
San Cipriano d’Aversa e
fratello
di Antonio, il capo
storico
dei casalesi ucciso nel
1988
–oggi vale più di un simbolo
nel
sud pontino. Sequestrata,
poi
confiscata, alla fine
espugnata
e affidata al Comune,
dopo
un tira e molla durato
anni.
Tutto in mano allo
Stato.
O quasi, visto che in
quella
stessa via una casa la
moglie
e il figlio di don Ernesto
l’hanno
mantenuta, salvandola
dai
provvedimenti
del
tribunale. Così, tanto per
far
capire a tutti come vanno
le
cose. Cinque appartamenti.
Una
quindicina di locali, più
servizi.
È quanto ha ora a disposizione
il
Comune di Formia,
da
destinare a famiglie
senza
casa, messe sotto sfratto
da
una crisi che da queste parti
morde
come non mai. Un modo
per
far vedere che alla fine
lo
Stato caccia i cattivi, facendo
vincere
i buoni. Ma non
qui,
non a Formia, città che
Carmine
Schiavone chiamava
“provincia
di Casal di Principe”.
Qui
certi nomi pesano.
PRIMA
sono state le
ditte locali
a
non voler mettere piede
in
quegli appartamenti, rinunciando
ai
lavori per sistemare i
locali.
Poi uno a uno gli assegnatari,
che
hanno preferito
rimanere
senza una casa. Certi
sgarbi,
si sa, è meglio non farli.
Alla
fine di cinque appartamenti
solo
uno ha un inquilino,
mentre
i cantieri sono
stati
affidati a una società di
fuori
Formia. Gli altri? Vuoti.
“Con
i Bardellino che continuano
a
vivere a pochi passi è
una
situazione difficile”, spiega
il
sindaco Sandro Bartolomeo,
Pd,
al suo secondo mandato.
Appena
aveva preso possesso
dei
beni confiscati, un
anno
e mezzo fa, aveva assicurato
a
tutti che in pochi giorni
gli
appartamenti sarebbero
stati
assegnati. “Abbiamo difficoltà
a
far andare le famiglie
in
quelle case”, dice oggi.
Ernesto
Bardellino a Formia è
arrivato
alla fine degli anni 70,
comprando
da un imprenditore
locale
le concessioni per
costruire
villette e case nel parco
Solemar.
Da allora questa
zona
del sud del Lazio la chiamano
la
“Svizzera dei casalesi”.
Cemento
e locali, turismo,
logistica.
Scriveva già nel 1991
la
commissione antimafia presieduta
da
Gennaro Chiaromonte:
“Nel
sud pontino, ha
osservato
la Prefettura, il trasferimento
di
elementi della
camorra
(clan Bardellino,
Moccia,
Magliulo, Iovine-
Schiavone,
di gruppi di
Mondragone)
e della ’ndran -
gheta
ha provocato ‘l’aumento
dei
reati di rapina, estorsione,
intimidazioni
a titolari di cantieri,
furti,
usura, acquisti di
locali
pubblici, allo scopo di riciclare,
con
investimenti apparentemente
leciti,
i proventi
delle
attività illecite’”.
RACCONTARE
oggi Formia
può
costare caro. Francesco
Furlan
e Adriano Pagano sono
due
giovani cronisti che da
qualche
anno sfidano la stampa
locale
mainstream
. La
testata
che
hanno contribuito a fondare,
H24notizie.com
, ha
coniato
il
termine “Sistema Formia”,
pubblicando
per mesi le
intercettazioni
dell’ultima inchiesta
della
Procura di Latina,
che
vede una ventina di indagati
per
associazione per delinquere
e
vari reati contro la
Pubblica
amministrazione.
Una
storia di cemento e affari
per
pochi, in pieno stile pontino.
“Qualche
giorno fa abbiamo
pubblicato
una serie di
articoli
sugli appalti assegnati
dal
Comune, che nulla hanno
a
che vedere con l’inchiesta, a
un
imprenditore locale, Lino
Pace
–raccontano al Fatto
Quotidiano
– finiti
sotto la lente
d’ingrandimento
della Ragioneria
generale
dello Stato”.
Certe
cose, da queste parti, è
meglio
lasciarle perdere: “Una
sera
aspettavo Adriano davan ti a un negozio – spiega Furlan
– e
quell’imprenditore si è avvicinato.
Prima
ha iniziato a
inveire,
poi mi ha colpito con
uno
schiaffo in pieno volto. Mi
è
andata bene, è stato fermato
dalla
moglie”. Il peggio, però, è
venuto
dopo. Ed è il silenzio.
Tanta
solidarietà dagli amici,
da
qualche collega e dall’osser -
vatorio
antimafia. Ma nessuna
telefonata
dagli amministratori
locali.
Il sindacato dei giornalisti
aveva
lanciato l’idea di
una
mobilitazione locale ma,
con
il passare dei giorni, nulla
è
accaduto. “Andiamo avanti –
raccontano
Francesco e
Adriano
– anche se dobbiamo
continuamente
guardarci le
spalle”.
L’APPARENZA
a Formia è
quella
di un equilibrio che nasce
da
accordi che non vedi. Le
indagini
della Dda di Napoli
hanno
mostrato
il radicamento
sempre
più forte di tanti
gruppi
di camorra, oltre ai clan
storicamente
radicati nel sud
pontino.
Qui vive, ad esempio,
Erminia
“Celeste” Giuliano,
meglio
conosciuta come “Lady
Camorra”.
È la sorella di Luigi,
già
capo dell’omonimo clan di
Forcella.
Qui nel 2011 la Guardia
di
finanza di Roma ha sequestrato
50
milioni di euro al
clan
Mallardo di Giugliano
che
attraverso la famiglia
Dell’Aquila
ha investito per
decenni
in questa zona del sud
del
Lazio. Ci sono poi le indagini
della
Procura di Latina,
che
qualche anno fa colpirono
la
famiglia Bardellino, con
l’operazione
“Formia Connection”.
Per
quell’inchiesta il primogenito
di
Ernesto, Angelo
Bardellino,
è ora in attesa del
giudizio
d’appello che tarda ad
arrivare.
Nel 2011 era stato
condannato
in primo grado a
sette
anni e cinque mesi per
estorsione.
Da allora si occupa
di
produzioni musicali attraverso
una
società aperta in Romania,
facendosi
fotografare
insieme
ai cantanti italiani più
noti.
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